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I vini di
Sergio Mottura
Incontro con l'azienda di Civitella d'Agliano
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wine corner by Tito Marotta
Un carbonaro vi racconta il Baccanale
C'era una volta un istrice, famoso per essere il più grosso della sua famiglia, per non avere nemici naturali, se non l'uomo/bracconiere, per essere presente solo sul territorio italico e, soprattutto, nutrendosi di vegetali, per vivere solo in zone non inquinate e particolarmente vitali.
Quale simbolo più denso di significato poteva essere preso da Sergio Mottura e figli per rappresentare i loro vini se non il simpatico roditore?
Bellissimo il racconto di Mottura padre su come sia cambiato il terreno nel momento che ha adottato sistemi di coltivazione biologica, di come la vita sia ritornata a essere presente nella terra e la riscoperta presenza dell'animaletto anzi citato che, se anche per natura avrebbe potuto arrecare danno all'allevamento delle viti, è stato visto come segno di crescita e non di distruzione.
Chi conosce da vicino la storia dei Mottura, può solo confermare lo sforzo che l'azienda ha fatto per elevarsi, controcorrente, a una produzione di qualità dove sì il rispetto del territorio, ma, soprattutto, dove i vini prodotti possano parlare di un territorio. Questo è sempre stato l'intento principale, ancor prima di ogni operazione commerciale.
E questo andare controcorrente ha fatto sì che l'intuizione di Mottura senior nell'interpretazione dell'uva grechetto fosse premiata. I vini da uve grechetto dei Mottura sono superbi. Già il Poggio della Costa, vino base dell'azienda, un rapporto qualità/prezzo assolutamente esorbitante, rappresenta una filosofia vincente.
Da che quell'uva doveva arricchire i vini di Antinori con la magistrale direzione del grande "vecchio" Tachis, concedetemi tutto l'onore al primo e più grande enologo italiano, a che, con la scelta di tecniche d'allevamento opportune, si è riusciti a confermare, per l'ennesima volta, l'equazione che un vitigno robusto, solo perché più resistente a virosi e parassitosi, se ben trattato, può esprimere il grande potenziale che le sue spesse bucce contengono.
Il Latour a Civitella 2005, poi, lasciato il legno nuovo del millesimo precedente, è veramente un cavallo di razza, uno di quei bianchi che bisognerebbe lasciare almeno dieci anni in cantina, ma per la fantastica facilità di beva anche da giovane, tipico equilibrio dei grandi vini, non penso che qualcuno possa resistere alla tentazione di berseli prima, anzi, subito!
Ancora due cenni sul merlot/montepulciano del Nenfro 2004 e lo splendidamente complesso e infinito per persistenza aromatica del grande e ormai quasi mitico Muffato. In tutti, comunque, la comune ricerca di un'espressione di territorio, con eleganza e dai caratteri definiti in netta successione.
L'unico disappunto?
Concedetemelo, visto il mio soprannome in Vinoinrete, il dispiacere di non aver degustato la bollicina prodotta dai Mottura da uve chardonnay, a chi non ha mai avuto il piacere, da provare!
Per finire, il nostro chef Rocco ci ha deliziato con una ribollita veramente stupefacente dove, per incontrare la territorialità dei vini, già meravigliosamente abbinati al piatto, s'è voluto usare uno splendido olio extravergine D.O.P. della Sabina.
E' stato un BACCANALE tra i meglio riusciti, di quegli eventi dove per magia si avverte una comunione di spiriti che chiunque non avrebbe voluto interrompere per nessuna ragione al mondo.
Peccato non esserci stati!
Tito Marotta
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Le ricette di Rocco
La ribollita - Zuppa di cavolo nero
tratta dal libro della vera cucina fiorentina
Ingredienti per 4 persone:
2 cavoli neri; fagioli scritti (rossi o borlotti) secchi: gr.60 (o gr.150 freschi); una patata; 2 pomodori maturi, un gambo di sedano, una cipolla, una carota, un rametto di pepolino(timo), pane casalingo, olio extravergine d'oliva (possibilmente toscano, speziato e amaro), sale e pepe.
Preparazione:
In una pentola rosolare in 4 cucchiai d'olio un battuto di cipolla, sedano e carota; poco dopoo aggiungere anche i pomodori, il pepolino e la patata sbucciata e tagliata a pezzi piuttosto grandi.
Lasciare insaporire un pò e poi unire le foglie di cavolo nero lavate e tagliate a listerelle, i fagioli (se secchi tenuti a bagno tutta la notte) e due litri d'acqua fredda.
Salare e cuocere a pentola coperta per circa due ore.
Si serve su di uno strato di pane tagliato a fette, con l'olio extravergine toscano crudo e senza formaggio.
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Come dice il nome, ribollita significa bollita di nuovo. Essenzialmente conosciuta come una zuppa povera e di magro, era uno dei piatti più diffusi della cucina contadina toscana. Era costume prepararla in quantità più che abbondante il venerdì, il giorno dopo si riscaldava e si mangiava nuovamente, fino alla domenica. La base è costituita dalla semplice zuppa toscana di magro, una zuppa contadina fatta con le verdure più comuni. Una volta preparata la zuppa, con le fettine di pane come spiegato prima, per ottenere una ribollita è sufficiente scaldarla in forno coperta da uno strato superficiale di fettine assai sottili di cipolla, naturalmente il tegame utilizzato è il tradizionale coccio. Una volta imbiondita la cipolla in superficie si può servire calda con olio a crudo, si raccomando la qualità dell’olio!, e, soprattutto, niente formaggio.
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wine tasting di Ciccio Cardelli |
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Poggio della Costa
IGT Grechetto
2006 |
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Latour a Civitella
IGT Grechetto
2005
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Nenfro
IGT Lazio Rosso
2004
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| Muffo
IGT Lazio
2005
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