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tratto da la Provincia Pavese - 30 gennaio 2003
Il marchio Dop alla svolta
Salame, un incontro fra Regione e ministero
Alessandro Disperati
VARZI. Giorni decisivi per il riconoscimento del marchio Dop (Documento Origine Protetta) per il salame di Varzi. Un documento che già era stato assegnato all'insaccato prodotto nella zona montana ma che successivamente era stato momentaneamente sospeso dalla Regione Lombardia in quanto mancavano alcuni requisiti fondamentali per la Dop. Primo fra tutti quello relativo alla certificazione del prodotto che non permetteva di porre sul salame il marchio di qualità. Ora qualcosa si sta muovendo. Anzitutto si è svolto l'incontro tra i rappresentanti dell'assessorato all'agricoltura della Regione Lombardia e la Commissione del ministero delle risorse agricole, presso la direzione agroalimentare e tutela del consumatore, a Roma. Durante questo incontro è stato approvato il nuovo marchio che verrà apposto sul salame. In lizza vi era il marchio proposto dal Comune, con lo stemma comunale ed un secondo marchio scelto dal consorsio di tutela del salame di Varzi. E' stato scelto proprio quest'ultimo. Ora si sta valutato il disciplinare sulla produzione del salame di Varzi ed a breve è stata preannunciata la decretazione del ministero. Sarà in sostanza questa l'ultima fase che permetterà poi di poter utlizzare il marchio Dop. Il consorzio nel frattempo ha inviato la documentazione che mancava e che aveva per l'appunto fatto slittare l'utilizzo del marchio. Fra i documenti principali mancava tra l'altro il nome della società che avrebbe dovuto certificare la perfetta qualità del salame: il sistema dei contorlli è stato individuato nella società Parma Qualità, la stessa che certifica il prosciutto crudo. A giorni, se non vi saranno intoppi burocratici, dovrebbe arrivare l'ok definitivo e pertanto il salame potrà fregiarsie della Dop, la denominazione di origine protetta rilasciata dall'Unione Europea e che riguarda solo altri 13 salumi di qualità prodotti nel Belpaese, e l'unico ad essere in possesso della Doc riconosciuta a partire dal 1989. Ma ecco come, secondo il disciplinare di produzione, nasce il salame di varzi. Il giorno stesso della macellazione del suino, il cui peso è bene che si aggiri attorno ai 160 kg., si procede alla scelta delle carni, che devono essere mature, povere d'acqua e selezionate esclusivamente dai tagli di spalla, coscia, lonza, filetto, coppa e, per quanto concerne la parte grassa, di guanciale.


tratto da la Stampa - 30 gennaio 2003
IERI AL TEATRO ALFIERI CONVEGNO INTERNAZIONALE ENOLOGICO SUL RUOLO DEI POLIFENOLI DELL´UVA
La grandezza di un vino comincia dalla buccia
Aperto l´anno accademico della scuola di specializzazione. Due borse di studio
ASTI. Il convegno internazionale "Polifenoli dell'uva e del legno" ha richiamato ieri al Teatro Alfieri un pubblico numeroso e qualificato di docenti e ricercatori italiani e stranieri. Moltissimi anche gli studenti della scuola enologica di Alba e altre realtà didattiche piemontesi. Ad aprire i lavori è stato il docente Vittorino Novello del comitato organizzatore insieme a Vincenzo Gerbi, referente del corso di Tecnologie Alimentari ad Asti e a Franco Mannini del CNR. Le relazioni sono state precedute dall'inaugurazione del nuovo anno accademico della Scuola di specializzazione in scienze viticole ed enologiche. La scuola ha sede a Grugliasco e corsi ad Alba e raccoglie studenti da tutt´Italia. Sono state assegnate borse di studio a Giulio Moiraghi e Cristos Hzolakis, di origine greca. Per Asti Studi Superiori è intervenuto Franco Valfrè, che ha confermato l´intesa con il Comune di Asti per giungere, entro fine anno, all'apertura dei cantieri della nuova sede universitaria alla l'ex caserma Colli di Felizzano. Il convegno dal punto di vista scientifico ha sottolineato l´importanza dei polifenoli e degli antociani che secondo la definizione di Donato Lanati, uno dei nomi più affermati dell´enologia nazionale sono la "culla che offre le possibilità di crescita e sviluppo di un grande vino armonico". I polifenoli sono contenuti soprattutto nelle bucce degli acini e per questo è importante ottenere una omogenea maturazione dei grappoli, anche attraverso il diradamento.


tratto da il Resto del Carlino - 30 gennaio 2003
"Sono i sommelier professionistiche possono tenere corsi sul vino"
URBINO - "Siamo preoccupati per il fiorire di corsi di degustazione di vini e cibi non riconosciuti dal Ministero". Otello Renzi, presidente regionale dell'Associazione italiana sommelier, interviene sui corsi: "Altre associazioni concorrenti stanno organizzando in questi periodi corsi di degustazione al vino e al cibo non riconosciuti dal Ministero, creando un po' di disorientamento tra gli appassionati e i professionisti. A questi ricordiamo che l'unica associazione riconosciuta con decreto del presidente della Repubblica è l'Associazione italiana sommelier, che è anche membro della Association de la Sommellerie Internazionale: siamo insomma gli unici a poterci confrontare in Europa". Renzi rileva che "specie nell'entroterra siamo alle prese con corsi di altre associazioni che si propongono sottocosto, ma i relativi diplomi hanno valore solo teorico, cioé sono cose da appassionati, e non hanno alcuna valenza professionale. Invitiamo chi vuole avvicinarsi al mondo del vino a farlo con i corsi tenuti solo da sommelier professionisti".


tratto da News Coldiretti - 30 gennaio 2003
ALIMENTARE: IL "POMODORO DI PACHINO" ENTRA IN EUROPA
E spaghettate, pizze e insalate diventano "Doc"
Il "Pomodoro di Pachino" IGP entra nella lista delle specialità tutelate dall'Unione Europea, portando così a 122 (il 20% del totale comunitario) i prodotti italiani che hanno ottenuto il prestigioso riconoscimento europeo, a conferma del successo del "made in Italy" alimentare. E' quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare che sono scaduti, senza intralci, i sei mesi, dalla pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale UE, a disposizione degli operatori per sollevare eventuali obiezioni. I consumatori potranno riconoscere e scegliere il vero Pomodoro Pachino IGP, per insalate, pizze e spaghettate "Doc", grazie ad un logo posto sulle confezioni, raffigurante la Sicilia con un cerchio nella punta estrema, dove è collocata la zona di produzione, all'interno di un rombo dagli angoli tondeggianti di colore verde scuro. La zona di produzione del "Pomodoro di Pachino" - precisa la Coldiretti - comprende l'intero territorio comunale di Pachino e Portopalo di Capo Passero e parte dei territori comunali di Noto (provincia di Siracusa) ed Ispica (provincia di Ragusa), ricadenti nella parte sud orientale della Sicilia. Le prime coltivazioni - precisa la Coldiretti - risalgono al 1925 ed erano localizzate lungo la fascia costiera in quelle aziende che disponevano di acqua di irrigazione da pozzi freatici. Il "Pomodoro di Pachino" - sottolinea la Coldiretti - è prodotto in una zona caratterizzata da temperature elevate e da una elevata quantità totale di radiazioni solari, mentre la vicinanza del mare determina una mitigazione del clima ed una scarsa frequenza delle gelate invernali-primaverili. Un insieme di fattori che ha favorito lo sviluppo delle colture sotto serra e che grazie alla qualità dell'acqua di irrigazione - precisa la Coldiretti - determina le peculiari qualità organolettiche. La rintracciabilità e l'origine del prodotto - conclude la Coldiretti - è garantita dal fatto che i produttori devono iscrivere i terreni in un apposito elenco e sono tenuti a presentare annualmente all'Organismo di controllo una denuncia di produzione. Anche le strutture di confezionamento devono essere iscritte in un altro apposito elenco e presentare una denuncia annuale di prodotto lavorato.
I PRODOTTI ITALIANI IN ATTESA DEL RICONOSCIMENTO COMUNITARIO
Prima pubblicazione già avvenuta: Pane di Altamura DOP, Uva da tavola di Mazzarone IGP, Ficodindia dell'Etna DOP, Olio d'oliva Monte Etna DOP, Olio d'oliva Molise DOP, Olio d'oliva Alto Crotonese DOP, Olio d'oliva Colline di Romagna DOP, Olio d'oliva Pretuziano delle Colline Teramane DOP, Clementine del Golfo di Taranto IGP.
Domande ancora in fase istruttoria: Olio d'oliva Valdemone DOP, Olio d'oliva Lucca DOP, Olio d'oliva Tuscia DOP, Olio d'oliva Tergeste DOP, Olio d'oliva Valle del Belice DOP, Olio d'oliva Terre Tarantine DOP, Olio d'oliva Caroceto DOP, Carciofo Paestum IGP, Melannurca Campana IGP, Mela Alto Adige DOP, Mela Val di Non DOP, Marrone di San Zeno DOP, Carota dell'altopiano del Fucino IGP, Farina di Neccio della Garfagnana DOP, Basilico Genovese DOP, Salame d'oca di Mortara IGP, Sopressa della Giudicarie DOP, Stelvio (formaggio) DOP, Fiordilatte dell'Appennino Meridionale DOP, Miele della Lunigiana DOP, Zafferano dell'Aquila IGP, Salame Cremona IGP, Lardo di Colonnata IGP.


tratto da La Nazione - 29 gennaio 2003
Il Chianti Rufina alla conquista della Russia
   Il Chianti Rufina alla conquista della Russia. I migliori vini della Val di Sieve brilleranno nella vetrina della Prodexpo, la più importante fiera agroalimentare russa, che si terrà a Mosca dal 3 al 7 febbraio. Il vino di qualità in Russia sta ottenendo buoni successi, e quello italiano è molto apprezzato. Per questo nel 1999 Prodexpo ha deciso di organizzare anche un International Tasting che premia i vini migliori nelle diverse categorie. Il Consorzio Chianti Rùfina ha deciso di partecipare a Prodexpo con una rappresentanza molto significativa. Ben 11 sono, infatti, le aziende che hanno aderito all'iniziativa e che esporranno i propri vini nello stand del Consorzio. "Quello russo è sicuramente un mercato con notevoli possibilità - afferma Ferdinando Frescobaldi, presidente del Consorzio Chianti Rùfina - a tutt'oggi ancora inespresse. In Russia ci sono circa venti milioni di persone con un tenore di vita molto elevato, e che sono interessate a tutti i prodotti di lusso e di immagine provenienti dall'Europa, e in modo particolare dall'Italia e dalla Francia. Il Chianti Rùfina è simbolo di qualità, di buon gusto e di toscanità, e quindi ha sicuramente tutte le caratteristiche per ottenere grandi successi in un mercato che si sta aprendo".


tratto da il Messaggero - 29 gennaio 2003
BRUXELLES IN CAMPO
Ue in guerra contro i pirati dell'alimentare
Dure condanne per chi vende, soprattutto all'estero, Parmigiano o San Daniele falsi
di ROMANO DAPAS
BRUXELLES- L'Italia e l'Europa si sono finalmente decise a dichiarare guerra alla pirateria alimentare. Il ministro delle Politiche agricole, Giovanni Alemanno, l'eurodeputata Roberta Angelilli e i legali della Provincia di Roma hanno annunciato, ieri, una serie di iniziative per debellare la piaga della contraffazione dei prodotti alimentari. E'stata addirittura prospettata l'ipotesi di denunciare la Commissione Ue alla Corte di Giustizia europea di Lussemburgo per non aver sufficientemente salvaguardato i prodotti nazionali tipici dagli assalti sempre più frequenti da parte dei pirati dell'agro-industria. Forse perché messi sull'avviso che l'Italia si stava per muovere, gli esperti dell'Esecutivo europeo presieduto da Romano Prodi hanno preparato una normativa che prevede carcere e multe salate per chi produce e commercia prodotti contraffatti, non solo alimentari, all'interno dell'Unione. Dal "giro di vite", che verrà reso noto in tutti i dettagli la prossima settimana, sarebbero esclusi gli atti di pirateria per uso privato, come il "downloading" di musica via Internet.
Ma anche l'industria agro-alimentare italiana lamenta danni finanziari che sono difficilmente quantificabili. Solo per il Parmigiano Reggiano, al posto del quale vengono messe in vendita, nei supermercati di mezza Europa, attraenti confezioni con in bella mostra il Tricolore e la dicitura "Parmesan", la perdita potenziale è di 3 miliardi di euro l'anno. Fra i prodotti più frequentemente oggetto di abusi e di frodi figurano, oltre al Parmigiano, il Grana Padano venduto in schegge, i salamini "tipo cacciatore", le salse di pomodoro, i prosciutti di Parma e di San Daniele ed altri generi alimentari che beneficiano, ma solo in teoria, del marchio Ue "Denominazione di origine protetta". Come ha sottolineato il ministro Alemanno, per motivare lo "stop" alla pirateria, "nell'Unione viviamo una situazione paradossale che impedisce agli Stati di promuovere i loro prodotti nazionali, ma non vieta ai soggetti privati di utilizzare i simboli che sfruttano l'immagine dell'Italia per alimenti che di italiano non hanno nulla". Obiettivo del governo è quello di ottenere una legislazione comunitaria adeguata, accordi multilaterali coi paesi terzi e "forti momenti" di mobilitazione popolare. L'azione giudiziaria promossa dalla Provincia di Roma mira, invece, a salvaguardare un ristretto numero di prodotti tipici laziali, dal pecorino al carciofo romano, dall'abbacchio al vino di Frascati.


tratto da Gazzetta del Mezzogiorno - 29 gennaio 2003
Una protezione contro il freddo e le imitazioni internazionali per le clementine del Golfo di Taranto grazie all'Igt (indicazione geografica territoriale)
Una protezione contro il freddo e le imitazioni internazionali per le clementine del Golfo di Taranto grazie all'Igt (indicazione geografica territoriale). La tutela comunitaria si aggiungerà alle 121 specialità alimentari italiane che hanno già avuto l'ambito riconoscimento dell'Unione europea.
È quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare che è stata pubblicata sulla Gazzetta ufficiale dell'Ue la domanda di riconoscimento e, se non verranno sollevate obiezioni entro i prossimi sei mesi, si procederà alla sua iscrizione nell'Albo delle denominazioni di origine dell'Unione europea. La zona geografica interessata alla coltivazione delle "clementine del Golfo di Taranto" comprende i comuni di Palagiano, Massafra, Ginosa, Castellaneta, Palagianello, Taranto e Statte.
La rintracciabilità del prodotto è garantita dal fatto che i produttori devono iscrivere i propri agrumeti in un apposito elenco attivato, tenuto e aggiornato dall'organismo di controllo. I produttori sono tenuti a comunicare gli estremi catastali per l'individuazione degli stessi agrumeti, la superficie, il sesto e l'anno d'impianto. Le "clementine del Golfo di Taranto" - riferisce la Coldiretti - devono essere immesse al consumo in confezioni chiuse, in maniera tale da impedire che il contenuto possa essere estratto, del peso massimo di 3 Kg o, in alternativa, in confezioni non sigillate, superiori a 3 Kg fino al massimo di 25 Kg, con il logo della denominazione apposto almeno sul 90% dei frutti contenuti nella confezione.
Sulle confezioni dovrà apparire la scritta "clementine del Golfo di Taranto" in caratteri almeno doppi rispetto a tutte le altre indicazioni.


tratto da la Sicilia - 29 gennaio 2003
Agrigento-agricoltura
Nuovo direttivo professionale per assegnare i Doc e gli Igt
(g.r.)
E' stato eletto nei giorni scorsi il nuovo presidente del Consiglio interprofessionale per le denominazioni di origine e le indicazioni geografiche tipiche dei vini della provincia di Agrigento. Ignazio Vassallo in rappresentanza della Confagricoltura è stato eletto presidente mentre come vicepresidente Tito Cangemi in rappresentanza della Cia.
Ignazio Vassallo, agronomo, è impegnato nel mondo agricolo non solo come dirigente sindacale, ma anche come dirigente di un ufficio periferico dell'assessorato Agricoltura e Foreste della Regione siciliana, è componente fondatore dell'Onav (Organizzazione Nazionale Assaggiatori Vini) di Agrigento.
La legge 10/02/92 n° 164 ha istituito i consigli interprofessionali presso le Camere di Commercio con compiti di Tutela e Valorizzazione dei vini Doc e Igt della Provincia. I consigli interprofessionali sono rappresentati da operatori che appartengono al settore viticolo, a quello della trasformazione e a quello del commercio, pertanto tutta la filiera è rappresentata in modo completo ed omogeneo.


tratto da Milano Finanza - 29 gennaio 2003
Time Off. Ecco l'atlante per orientarsi nel variegato mondo dei sigari. Tutti gli indirizzi migliori a Milano, Roma e Napoli.
Ti aspetto nel walking humidor, si parla di sigari
Tabaccherie storiche e associazioni per appassionati che reclamano il diritto al fumar lento. La riscoperta di una tradizione sempre accesa
Maria Valeria Vendemmia
Un giorno il maresciallo Montgomery disse a sir Winston Churchill: "Io non bevo, non fumo e dormo molto. Per questo sono sempre al 100%". Churchill rispose: "Io bevo molto, dormo poco e fumo un sigaro dietro l'altro. È per questo che sono in forma al 200%". E ancora oggi il rito di fumare il sigaro non sembra aver perso quel carattere di convivialità che sino alla fine dell'800 scandiva la fine di una cena e l'inizio della conversazione, rigorosamente fra uomini. Da sinistra a destra, che cosa hanno in comune Fausto Bertinotti, Pier Ferdinando Casini, Pier Luigi Bersani, Vincenzo Visco e Rocco Buttiglione? Un'unica passione: il sigaro. Forse per emulare grandi miti del passato, come Ernest Hemingway, Orson Welles, Che Guevara, Humphrey Bogart e Burt Lancaster (quest'ultimo contribuì alla creazione del mito del sigaro nel cinema con il Gattopardo, seguito, molto tempo dopo, dal grande Clint Eastwood nel western), oppure, più semplicemente, perché il tabacco di certi sigari ha una magia unica che, secondo alcun i appassionati, stimolerebbe la riflessione e il dibattito, come e più di un grande vino. Fatto sta che il sigaro, cubano o toscano che sia, continua a stregare. Ma dove si trova la qualità migliore e, soprattutto, quali sono i negozi specializzati e attrezzati alla giusta conservazione del tabacco? MF Personal ha sbirciato tra indirizzi e nomi per tracciare la mappa dei luoghi più in voga del momento a Milano, Roma e Napoli. Tra le sigarerie più fornite del centro di Milano c'è quella dei fratelli Bajlini in via Anfossi al civico 28. All'interno del negozio in uno spazio di 15 mq, che è possibile visitare tutti i giorni con la consulenza dell'esperto Gianni Bajlini, si trova la nuova cigar room. Qui sono esposte tutte le qualità di cubani esistenti in Italia oltre a un'ampia scelta di dominicani e di sigari di altra provenienza. La tabaccheria, inoltre, è dotata di un walking humidor, un locale umidificato e climatizzato con la più moderna tecnologia per conservare al meglio tutti i sigari che vi sono all'in terno.

Se si vogliono trovare tutte le 96 vitolas (termine che indica il formato del sigaro) cubane basta rivolgersi alla tabaccheria Noli, al civico 82 della Galleria Vittorio Emanuele. Sorto a cavallo dell'immediato dopoguerra, nel 1973 l'esercizio è stato rilevato dall'attuale proprietario, che l'ha trasformato da semplice tabaccheria a vero e proprio salotto per appassionati fumatori. Titolare dell'elegante punto vendita è Leonardo Noli. All'interno di questa vera e propria boutique del fumo un armadio in cedro massiccio climatizzato e umidificato conserva ottimamente ogni tipo di sigaro. Sempre a Milano il punto di riferimento ideale è lo storico Lorenzi (via Montenapoleone 9), che esiste dal 1929. Da una breve chiacchierata con Aldo Lorenzi, figlio del fondatore, emerge che il mondo degli accessori per sigaro è davvero sconfinato: dagli accendisigaro pregiati, anche se i veri cultori restano fedeli al fiammiferone fatto con legno di cedro, alle scatole umidificate realizzate dagli artigiani, che lavorano per L orenzi ormai da decenni (possono contenere da due fino a 1.000 sigari); un altro oggetto di culto è il fora-sigari o taglia-sigari, anch'esso realizzato artigianalmente, può essere, su richiesta, in oro, platino, oro bianco o con la speciale lama in damasco (un tipo di acciaio molto resistente composto di più strati) in oro bianco. Di quest'oggetto Lorenzi produce più di 100 modelli, con prezzi che variano dai 10 ai 1.000 euro.

Spostandosi al centro, la capitale offre agli appassionati del sigaro un posto unico: lungo via Colonna Antonina c'è la tabaccheria della famiglia Fincato, una delle due Case del Habanos presenti in Italia, vera e propria istituzione per i fumatori romani, compreso il presidente della camera, Pier Ferdinando Casini. E ancora degli ottimi sigari si possono acquistare da Palombini in piazzale Adenauer.

A Napoli la tabaccheria Sisimbro in via San Pasquale a Chiaia ha al proprio interno un walking humidor di 20 mq, dove si possono trovare tutte le specialità di cubani importati in Italia come il Montecristo A e il Partagas D3, entrambi prodotti in edizioni limitate. Sempre più spesso, però, l'amante del buon tabacco è costretto a cedere il passo di fronte a categorici divieti che mettono alla porta l'amico sigaro.

Il maggiore importatore italiano di sigari cubani, rappresentati a livello mondiale dalla società Habanos S.a., è Diadema, che ha realizzato una crescita del 23% nel 2002 rispetto al 2001, con più di 2 milioni di sigari venduti e 11 milioni di euro di fatturato.

Il mondo del sigaro ha anche un importante risvolto sociale. A testimoniarlo ci sono le numerose associazioni e club privati riservati agli intenditori. Nei ristoranti e nei bar, infatti, è difficile ottenere il consenso ad accendere un sigaro. Dunque, in linea con la tradizione dei club con accesso riservato ai soli uomini e apposite sale per fumare, ancora perfettamente attivi a Londra, a Milano a difendere i diritti dei fumatori di sigaro c'è l'associazione culturale Cigar club association (www.cigarassociation.it), presieduta rispettivamente a livello nazionale e locale da Angelo Bigi e Simone Scelsa. Ogni martedì il club si riunisce presso il Republic, dove tra poco partiranno corsi di degustazione per intenditori e non. Un posto molto di moda è il Cigair club, in via Molino delle Armi (www.cigair.it), dove è possibile degustare i sigari Oneoff prodotti direttamente dal proprietario Andrea Molinari. L'accesso al Cigair è riservato ai soci, oggi 2.400 circa solo a Milano, fra cui Ezio Greggio, Enzo Iacche tti, Luciano Pavarotti e Mike Bongiorno (presidente onorario). Tra questi, molte persone del mondo dello spettacolo, a cui viene offerta una platinum card, che dà diritto a un armadietto umidificato personale dove conservare i propri sigari. C'è poi l'Hotel de la Ville (via Hoepli 6), sede del più serio e austero Havana club, presieduto da Gianfranco Rocciola. Alla Bodeguita del Medio (via Col di Lana 3) si può fumare liberamente, sorseggiando del buon rhum. Infine ce ne sono alcuni di Roma dove si ritrovano gli amanti del sigaro: l'Hotel Regis, in via Emanuele Orlandi, dove si riuniscono i 15 membri della Compagnia del fumo lento, per i quali fumare costituisce un vero e proprio culto; il ristorante Le Bain al numero 32 di via delle Botteghe Oscure; il fumoir delle Terrazze dell'Hilton e il ristorante L'Antico Arco nei pressi di Porta San Pancrazio, l'unico dove si può fumare stando a tavola. Chi poi facendo un viaggio volesse sapere dove può andare a comprare un raffinato e pregiato sigaro può farlo da Davi doff a Londra in Jermjn Street, da Gerard a Ginevra e da Nat Sherman a New York. (riproduzione riservata)

La biblioteca del Cigar Aficionado
Per i meno esperti e per gli appassionati ecco qualche suggerimento su alcuni libri per apprezzare il sigaro e l'arte del fumare: La piccola enciclopedia del sigaro di Eric Deschodt (9,90 euro); Sigaro mio, sigari da tutto il mondo (autore Guido Savelli, Idealibri editore, prezzo 33,57 euro); Il sigaro toscano, mito italiano (autori Enrico d'Anna e Mauro De Vincentiis, Lupetti Costo editore 25,82 euro); Toscani, passione in fumo (a cura di Gianluca Corradi, edito da Alinari 80 euro); Il Toscano, guida completa al sigaro italiano tra storia e leggenda (edito da Giunti, scritto a quattro mani da Francesco Testa e Aroldo Marconi,12,39 euro); L'amatore del sigaro (firmato da Zino Davidoff, edito da Mursia.13,50 euro); Avana - La leggenda del sigaro (edito da Mondadori, testi di Charles del Todesco, foto di Patrick Jantet, 37,18 euro).


tratto da la Tribuna di Treviso - 29 gennaio 2003
Una strada per superare le rivalità del Prosecco
Accordo per una azione sinergica tra Conegliano e Valdobbiadene
VALDOBBIADENE. Basta alle rivalità per le bollicine più famose del Nordest, almeno sulla carta, visto che gli scogli da superare sono ancora molti, per un completo accordo commerciale: la nuova Strada del Prosecco vedrà insieme 17 comuni dell'alta marca trevigiana, dalla storica area Doc di Conegliano Valdobbiadene alla Colli di Conegliano Doc. Della strada si è detto e scritto molto, nelle scorse settimane, ma ieri l'iniziativa è stata ufficializzata. Il patto per la nuova azione sinergica tra le due aree produttive del prosecco è stato siglato ieri a Valdobbiadene, presenti i vertici delle istituzioni pubboiche, Provincia, Camera di Commercio, Comunità Montana delle Prealpi trevigiane, e degli enti di promozione e valorizzazione, ad iniziare dai Consorzi di Conegliano Valdobbiadene e dei Colli di Conegliano.
L'atto costitutivo del nuovo organismo, destinato a diventare il punto di riferimento per la promozione del Prosecco ma anche delle risorse turistiche e paesaggistiche dell'alta marca trevigiana, è stato sottoscritto da 25 soci. Tra questi, i rappresentanti dei comuni di Cappella Maggiore, Colle Umberto, Conegliano, Farra di Soligo, Fregona, Miana, Pieve di Soligo, Refrontolo, San Fior, San Pietro di Feletto, San Vendemiano, Sarmede, Susegana, Tarzo, Valdobbiadene, Vidor e Vittorio Veneto.
Nei mesi scorsi il Comitato promotore della Nuova Strada del Prosecco, che aggiornerà quella storica del 1966 (la prima strada del vino in Italia), aveva anche lanciato un concorso di idee per il logo del progetto, che verrà scelto e presentato ufficialmente ad aprile, al Vinitaly di Verona.
La nuova arteria "enologica" dovrà prima essere calata sul territorio, coinvolgendo direttamente nell'iniziativa le cantine, le enoteche, i ristoranti, gli alberghi, le produzioni tipiche, i tour operator. Requisito fondamentale per il riconoscimento della nuova strada del vino da parte della Regione - in base alla legge veneta del 7 settembre 2000 - è che al progetto aderisca almeno il 30% dei produttori.


tratto da il Giorno - 29 gennaio 2003
Sforzato re per una notte
MILANO - Lo Sforzato (o Sfursàt) deve il suo nome alla tradizionale pratica di appassimento dell'uva Nebbiolo che in Valtellina ha origini antichissime. Il nettare di questo vino, caro, prezioso, perla dell'enologia lombarda, per i suoi profumi e i sapori al palato ha sempre entusiasmato i gourmet e gli amanti del berebene. Appassita fra le nevi della montagna su speciali cassettine di legno, l'uva viene pigiata solo in febbraio lasciando poi spazio a 24 mesi di affinamento in bottiglia. Conoscerne gli aromi non è semplice, ma questa sera il ristorante del Four Seasons Hotel aprirà le sue porte con una danza di sapori a cui è difficile dire di no. Ben sei bicchieri - dal Canua della Conti Sertoli Salis al meraviglioso Sfursàt '99 della Nino Negri, dal Fruttato Cà Rizzieri della Rainoldi al Ronco del Picchio di Fay, allo Sforzato 2000 di Triacca e Prevostini - accompagneranno una passerella di delizie valtellinesi: dalla crema di castagne, alla trota in mantello, fino al raviolo di polenta con ragù di lepre e al Bitto rigato in padella con miele. Il costo della cena è di 100 euro; prenotazioni allo 02.77081435.
El.Ca.


tratto da il Messaggero - 29 gennaio 2003
Primo corso per sommelier a Cittadella
g.do.
CITTADELLA. Con la memoria rivolta a Flavio Soranzo, si riapre il corso di qualificazione professionale per sommelier. A partire dal 6 marzo prossimo, e per 13 giovedì di seguito, le lezioni si terranno all'enoteca "Il vino" di via Monte Asolone, dietro la caserma dei vigili del fuoco.
Era qui che lo scorso 3 ottobre era diretto il presidente dei sommelier veneti, atteso per la "prolusione" del primo corso riservato all'Alta Padovaba come alla Pedemontana. Purtroppo un pauroso incidente d'auto se l'è portato via per sempre. Per informazioni e iscrizioni si possono chiamare i numeri telefonici 335.5286277 (Bruno Maniero), 049.637966 (hotel Piroga) e 049.9401890 (enoteca "Il vino"). Al corso in partenza a marzo vengono ammessi anche "uditori", semplici appassionati che vogliono approfondire le loro conoscenze, senza obbligo di frequenza.


tratto da il Corriere delle Alpi - 28 gennaio 2003
PRODOTTI TIPICI
Firma "doc" per la montagna
v.d.
CADORE. Nuova vita per i prodotti agricoli e artigianali della montagna. Nascosta nelle pieghe della legge finanziaria 2003, c'è un provvedimento che riguarda la montagna e la possibilità di classificare come "prodotti tipici del paese", i prodotti della lavorazione della terra, della lavorazione del latte, e dell'artigianato.
Un po' quello che è successo per il vino, che ha ottenuto la denominazione di doc (di origine controllata), anche i prodotti della montagna potranno avere una loro protezione e un loro simbolo che li distingua da altri prodotti similari.
E' comunque doveroso usare ancora il condizionale, perché sembra che questa norma della finanziaria non sia bene accetta alla Commissione europea. In ogni caso, l'Italia ci prova: per rendere operativa la nuova regolamentazione, il ministro delle politiche agricole e forestali dovrà istituire un apposito Albo dei Prodotti agroalimentari autorizzati a fregiarsi della qualifica aggiuntiva di "prodotto nella montagna".
Non solo: viene introdotta la disposizione che prevede che la Regione del Veneto possa selezionare i paesi di alta montagna ad alta marginalità, e autorizzarli a utilizzare la dizione sopra indicata.


tratto da il Messaggero Veneto - 28 gennaio 2003
L'associazione isontina, nata nel 1980, continua a promuovere la cultura del vino e dell'alimentazione
Club enologico sempre attivo
Visite alla Casa dell'ape a Lucinico e alla tenuta Russiz di Capriva
CAPRIVA. Aderendo a una proposta del professor Mazzoli, presidente della Federazione italiana circoli enogastronomici, il 17 febbraio 1980 si riunì a Monfalcone un gruppo di undici amatori che diede vita al "Club enologico isontino". Erano spinti dal comune desiderio di far sentire la loro voce sulle problematiche della vitivinicoltura nell'Isontino; dare un contributo critico al miglioramento del prodotto vino e, come attività collaterale, dedicarsi alla ricerca e al recupero delle tradizioni locali e regionali nel campo delle arti, della cultura e delle attività sociali.
Nella prima fase, l'attività del club fu indirizzata soprattutto alla formazione culturale e professionale dei soci avvalendosi della collaborazione di due esperti e amici quali Marcellino Pillon e Claudio Fabbro. Nei 23 anni di attività il club è stato particolarmente impegnato nella conoscenza della produzione vinicola regionale e nazionale, organizzando conferenze, corsi informativi e formativi, sedute di degustazione, viaggi in tutte le regioni italiane, divenendo veri precursori del turismo enogastronomico, oggi tanto in voga. Le riunioni sociali che, per tutto l'anno, si tengono ogni venerdì sera, sono occasioni importanti di incontri con produttori, esperti, artisti, giornalisti e di degustazione guidata.
Oltre alle attività illustrate, il club ha organizzato, negli anni scorsi, con notevole successo di pubblico e di critica, conferenze sull'alimentazione, una mostra filatelica con tema la vite e l'uva, un premio regionale di poesia e quattro premi nazionali di narrativa.
In questi ultimi anni ha partecipato attivamente anche all'organizzazione della risorta "Festa del vino" (che si tiene all'inizio di giugno), voluta dalla Pro Loco e patrocinata dal Comune di Monfalcone. Il club, volutamente, nel corso della sua attività, non ha mai superato i 35 soci attivi e, a norma di statuto, ha eletto soci onorari diversi esponenti che hanno dato un particolare contributo al settore enogastronomico. Non potendo, per statuto, essere soci effettivi i produttori di vino, il club ha associato pure diverse aziende agricole di cui si sono riconosciuti particolari meriti. Il club ha adottato come proprio simbolo lo stemma della contea inglese dell'Essex, patria del diplomatico Prior, autore del motto molto significativo che riassume la filosofia di vita del sodalizio: "Colui che beve troppo non può apprezzare".
Nell'ambito delle iniziative tese a conoscere più da vicino le realtà imprenditoriali agricole singole o associate i soci del club - guidati dal presidente Vittorio Aglianò - hanno fatto visita, nei giorni scorsi, alla "Casa dell'ape" di Lucinico, dove il presidente Renzo Obit e collaboratori hanno illustrato il suggestivo mondo dell'alveare e le tecniche che portano alla produzione del buon miele. Successivamente, a Russiz Superiore di Capriva del Friuli il titolare della tenuta leader del Collio e presidente del Consorzio di tutela dei vini doc, Marco Felluga, ha ricevuto gli ospiti isontini accompagnandoli nelle vigne e nelle cantine d'affinamento, per concludere in bellezza con il pranzo sociale nel salone delle feste della prestigiosa tenuta, apprezzando le delizie proposte da Samuele Puntel, noto chef della trattoria "Alle viole" di Gradisca.


tratto da la Sicilia - 27 gennaio 2003
Le strade del vino
Le strade del vino e le guerriglie politiche
Prima, nessuno considerò la loro importanza e la loro utilità economica e turistica, adesso le vogliono tutti. Tutto ciò succede da quando le Regione Siciliana ha fatto una legge che prevede i contributi europei e che permette un fitto reticolo viario del vino in tutta l' isola . Anche per quelle borgate di astemi che non coltivano la vite. " Una , nessuna e centomila " titolerebbe questa commedia il sempre attuale Pirandello.
I più abili politici sono già in campo con la copia della Gazzetta Ufficiale sul tavolo. Le amministrazioni locali , a corto di finanziamenti assistenziali , corrono a prendere posizione per ottenere l ' imprimatur assoluto da Palermo. Ci saranno , dunque, percorsi di destra e rotte del vino di sinistra. Con la esclusione delle deboli istanze di vignaioli che ritenevano di affidarsi alla storia ed all'archeologia per ripristinare, a costo zero, millenari percorsi che risalgono ai visitatori Egei e Fenici. Come è accaduto per i percorsi storici famosi come la Via del sale , la Via della seta , la Strada delle terme o delle Favole della Germania. Naturalmente questa corsa burocratica artefatta e politicamente montata che invaderà la Sicilia, priva di fondamenti concreti, offrirà uno scenario risibile della nostra economia agricola da sconvolgere i turisti stranieri, affamati di riferimenti storici e culturali, di motivazioni economiche, di tradizioni fondate , di tendenze vocazionali che , poi, trovano riscontro nei musei, sulle tavole dei ristoranti, nelle botteghe artigiane e nelle aziende produttrici.
E dire che la Sicilia avrebbe avuto le carte in regola per servirsi di numerosi documenti storici millenari per trainare turismo di alto livello e compratori di prodotti tipici unici al mondo. Con in testa i suoi famosi vini.
Per alcuni , disinformati di storia e di archeologia, sembrò esagerata la definizione " Strada del vino più antica di Europa " , quella che collegava dall' interno il porto di Kamarina col mare di Catania, anche se la denominazione proveniva dagli autorevoli studiosi americani della Princeton University che scoprirono Morgantina.. Nasce, a questo punto una proposta :
Perché non organizzare , invece, viaggi di studio per amministratori pubblici siciliani in Germania per verificare la destrezza organizzativa, il buon senso e la economicità delle sue famose " strade" su cui si fonda un turismo di grande successo?
Salvatore Cosentino
www.scosentino.it



tratto da la Tribuna di Treviso - 27 gennaio 2003
Il Prosecco vola in Giappone
Debutto della Doc trevigiana all'ICE di Tokyo
a.m.
Il Prosecco con gli occhi a mandorla. Per tre giorni a partire da oggi il Prosecco di Conegliano Valdobbiadene incontrerà il Sol Levante grazie all'iniziativa della Regione Veneto e dell'Unione Consorzi Vini Veneti che, nell'ambito del programma di valorizzazione dell'agroalimentare veneto, promuove con l'ICE di Tokyo delle opportunità per presentare ad importatori, distributori e giornalisti giapponesi alcune aziende produttrici. I vini Doc e Docg del Veneto saranno i protagonisti dell'evento: per il Prosecco di Conegliano Valdobbiadene saranno presenti le aziende Bisol, Ruggeri e Bellenda. Lo spumante di Conegliano Valdobbiadene sta ottenendo un ottimo successo in Giappone, sempre più spesso proposto anche in abbinamento alla cucina etnica, come hanno confermato i giornalisti giapponesi Osamu Mori e Koji Shibata durante la loro recente visita al Consorzio per la Tutela del Prosecco. Ed anche il mercato conferma questa tendenza, con un 20% delle aziende produttrici di Prosecco doc che esportano in Giappone. Il territorio di Conegliano-Valdobbiadene verrà descritto come la terra del Prosecco Doc agli esperti giapponesi, che hanno già dimostrato un grande interesse per la denominazione. Poi saranno i vini ad essere protagonisti con due seminari di approfondimento.


tratto da Naturalmenteitaliano - 27 gennaio 2003
Ue e imitazioni mettono a rischio i prodotti tipici italiani
Lo denuncia la Cia chiedendo un intervento di difesa
"Molti dei prodotti tipici italiani rischiano di scomparire dalle tavole di tutto il mondo". E' quanto denuncia la Cia - Confederazione Italiana Agricoltori - sottolineando che norme Ue, imitazioni e contraffazioni danneggiano la nostra agricoltura di qualità, con perdite economiche rilevanti, causate da un attacco, incontrollato, che si sta ormai perpetrando con sempre più insistenza e che, oltre agli aspetti economici, rischia di colpire l'immagine stessa dell'agricoltura del nostro Paese. Per questo la Cia evidenzia la necessità di intervenire a livello internazionale per difendere le nostre produzioni tipiche.
E' la sentenza della Corte di Giustizia dell'Ue - che condanna l'Italia e la Spagna per aver vietato la commercializzazione con la denominazione "cioccolato" dei prodotti contenenti sostanze grasse vegetali diverse dal burro di cacao - a preoccupare la Confederazione perchè rappresenta un duro attacco alla qualità e costituisce un precedente pericoloso per tutti i prodotti alimentari. "La sentenza Ue, le conseguenze che comporterà e alcune direttive comunitarie, - evidenzia la Cia - rischiano di mettere fuori mercato moltissimi prodotti tipici e di qualità della nostra agricoltura. Prodotti che possono scomparire dalle tavole non solo italiane, ma di tutto il mondo e con essi una cultura che si fonda su tradizioni millenarie".
Secondo la Confederazione, infatti, "oggi ci sono assurde norme igieniche comunitarie che vanno a colpire l'opera che gli agricoltori si tramandano da generazioni nel confezionare e trasformare i prodotti alimentari. Così prodotti, apprezzati in tutto il mondo, come il lardo di Colonnata e il formaggio di Fossa, tanto per citare i più famosi, nel giro di poco tempo rischiano di non essere più trovati sui mercati, poiché la produzione, a causa delle direttive Ue, viene messa al bando".
Allo stesso modo anche alimenti tipici italiani che vengono imitati e contraffatti all'estero subiscono gravi danni, una vera "rapina" d'immagine del nostro prodotto: il caso più noto è quello del "Parmesan", ma ce ne sono tanti altri.
"A breve - sempre secondo la Cia - molti prodotti dell'agricoltura italiana potrebbero subire pesantissimi contraccolpi".
Sulla "lista nera" ci sarebbero anche: prosciutto di Parma e di San Daniele, culatello di Zibello, capocollo e soppressata di Calabria, speck dell'Alto Adige, Valle d'Aosta Lard d'Arnad Dop, gorgonzola, Parmigiano Reggiano e Grana Padano, Pecorino Romano e Sardo, caciocavallo Silano, arance rosse di Sicilia e nocciola di Giffoni, gli oli di oliva Brisighella, Canino, Cilento, Riviera Ligure, Sabina e dell'Umbria.
"D'altra parte - conclude la Cia - i prodotti tipici costituiscono un patrimonio economico notevole. Basti pensare che rappresentano oltre il 10 per cento della produzione agricola italiana, realizzano un fatturato annuo che tocca i 9 miliardi di euro e danno lavoro, tra attività dirette e indotto, a più di 300 mila persone. Oltretutto, questi prodotti sono una risorsa insostituibile per l'economia locale, in particolare per alcune zone marginali di montagna e di collina che, altrimenti, non avrebbero molte altre possibilità di sviluppo".



tratto da il Giornale di Brescia - 27 gennaio 2003
Corso di caseificazione alla scuola casearia Giardino di Orzivecchi
Formaggio fai da te anche per dilettanti
Imparare a trasformare il latte in azienda. È questo lo scopo del corso di caseificazione del latte bovino, arrivato alla quinta edizione, che inizierà lunedì 24 febbraio presso la Scuola Casearia "Giardino" di Orzivecchi, con possibilità di convitto. L'iniziativa ha sempre riscosso unanimi consensi per la sua impostazione eminentemente pratica, e ha dato la possibilità a molti produttori di latte di avviare una promettente e redditizia attività di caseificazione aziendale con l'offerta, poi, di prodotti di particolare pregio e qualità, particolarmente apprezzati dai consumatori. Per non dire della possibilità di utilizzare, legittimamente, il latte fuori quota consegne. Il corso si svolgerà con la formula "full immersion" da lunedì 24 a venerdì 28 febbraio per sei ore al giorno e si avvarrà, quali docenti, dei professori della Scuola Casearia di Orzivecchi. Nelle esercitazioni pratiche si imparerà a caseificare i formaggi cotti (grana-sbrinz), quelli semicotti (Montasio), i freschi e lo yogurt. Il corso comprende anche l'apprendimento dell'utilizzo delle strumentazioni per il controllo della acidità del latte, la presentazione delle attrezzature per la realizzazione di un minicaseificio, la preparazione del latto fermenti/innesti e l'analisi dei prodotti lavorati con la ricerca e le correzione dei difetti di caseificazione. Le iscrizioni al corso, a numero chiuso, possono essere formalizzate presso la segreteria dell'Unione Agricoltori di Brescia (tel. 030/2436225) entro il 6 febbraio.


tratto da Corriere della Sera - 26 gennaio 2003
Aperta l' Enoteca provinciale, ogni sera "lezione" sui vini romani
Brindisi inaugurale per la nascita dell' Enoteca provinciale di Roma in vicolo della Campana, 5. Uno spazio di circa 350 metri quadrati ricavato nelle sale dello storico Palazzo Mancini, vicino piazza Nicosia, per raccogliere le etichette più importa nti e promuovere le realtà gastronomiche del territorio provinciale. Ogni sera, dalle 19 all' una di notte, i sommelier dell' Ais aiuteranno i consumatori ad approfondire le conoscenze sui vini locali.


tratto da la Tribuna di Treviso - 26 gennaio 2003
I vini Doc del Friuli uniti in federazione
UDINE. Il coordinamento della promozione del sistema vitivinicolo del Friuli-Venezia Giulia è l'obiettivo principale del nuovo manifesto del vino friulano concepito da "Doc", neonata Federazione dei consorzi di tutela dei vini Doc della regione, che rappresenta tutti e nove i consorzi per un totale di 2.250 produttori (il 75% dei vignaioli con denominazione d'origine). Presidente del nuovo organismo è Piergiovanni Pistoni, vicepresidenti, Marco Felluga e Adriano Gigante. Tra gli altri scopi previsti nel manifesto: elaborare strategie di lungo periodo, ridefinire l'immagine del vino, affrontare la vicenda Tocai, approfondire i temi legati all'ingresso della Slovenia nell'Ue.


tratto da la Sicilia - 26 gennaio 2003
progetto enoturistico
La "Strada del vino dell'Etna" comincia a prendere forma
Ieri mattina, presso il Centro direzionale della Provincia regionale, si è svolta la riunione preliminare per la costituzione del comitato promotore della "Strada del vino dell'Etna".
All'incontro, moderato dal presidente della Provincia Nello Musumeci e dall'assessore provinciale all'Agricoltura Ignazio Gambino, hanno preso parte i sindaci dei Comuni interessati, le aziende vitivinicole del territorio etneo e i rappresentanti dell'Ente Parco dell'Etna, dell'Ordine degli Agronomi, dell'Onav (Organizzazione Nazionale Assaggiatori Vino), della Fisar (Federazione Italiana Sommelier Albergatori e Ristoratori) e dell'Ais (Associazione Italiana Sommelier).
Ma cos'è la Strada del vino? Si tratta di un percorso "evocativo" che fa riferimento a strutture reali. In pratica un itinerario turistico che, in armonia con gli obiettivi delle politiche di sviluppo rurale, ha lo scopo di valorizzare ed incentivare i territori ad alta vocazione vitivinicola.
Questo itinerario comprende vigneti, cantine ed aziende agricole, enoteche, musei della vite e del vino, centri d'informazione ed accoglienza, aziende specializzate in produzione tipiche di qualità, strutture turistico recettive, valori naturali, culturali ed ambientali.
La costituenda "Strada del vino dell'Etna", secondo un primo accordo raggiunto ieri, partirà da Riposto e arriverà a Randazzo passando per Giarre, Santa Venerina, Pedara, Trecastagni. Milo, Zafferana, S. Alfio, Piedimonte Etneo, Linguaglossa e Castiglione.
Il comitato promotore sarà composto da undici membri: quattro aziende; cinque sindaci dei comuni interessati ; un rappresentante della Provincia ed uno del Parco dell'Etna.



tratto da il Messaggero - 26 gennaio 2003
La "prima" del Torcolato resta un rito
Torchiatura-show in piazza a Breganze
Del celebre passito vengono prodotte 100.000 bottiglie
re.mal.
E' stata la bella piazza Mazzini di Breganze a far da cornice nei giorni scorsi alla tradizionale "prima" del Torcolato. Un rito che si ripete ormai da sette anni, con tutto il suo carico di suggestione. Dal torchio sistemato sul liston della piazza, mosso dalle muscolose braccia di alcuni operai della Cantina Beato Bartolomeo di Breganze, alle 16,30 sono uscite le prime attese stille del grande passito che dal 1995 si fregia della Denominazione di origine controllata. Tra gli applausi dei presenti.
Il Torcolato è un vino speciale, di antica tradizione. Specie per quanto riguarda il territorio delle colline che si distendono alle falde dell'Altopiano di Asiago. Viene ottenuto dalla torchiatura di grappoli di uva vespaiola, lasciati ad appassire fino a gennaio-febbraio e legati a spaghi intrecciati (i torcoli, appunto) appesi in luoghi ben aerati e asciutti. L'ultima produzione è di 100.000 bottiglie da mezzo litro, frutto della vendemmia 2001. Ma il trend è in crescita. Dalla vendemmia 1995 il Torcolato, con l'ottenimento della Doc, ha visto allargarsi la sua popolarità. Da allora, ogni anno, la prima torchiatura avviene in pubblico, utilizzando grappoli forniti da tutti i produttori. Il successo del Torcolato - come ha sottolineato nel corso della "prima" il noto produttore locale Fausto Maculan - è legato alla sua dolcezza complessa, non banale, non stucchevole, fatta di grande equilibrio, di appropriata acidità, di bella freschezza e un lieve retrogusto appena amarognolo. Il gusto, soprattutto nel prodotto più eccellente, rivela grande maturità ed equilibrio. In grande di migliorare invecchiando. Sa di miele, di vaniglia e di frutta tropicale.
Il Torcolato è un vino di antica tradizione, che si degustava nelle case nobili, ma anche in umili fattorie fin dai secoli passati. Era quasi considerato un "ricostituente". Ne parla nel Settecento il poeta vicentino Aureliano Acanti in un suo celebre ditirambo. Mentre agli inizi del Novecento Arnaldo Carli, uno dei più esperti viticoltori breganzesi dell'epoca, ne decanta le proprietà medicamentose. Insomma, il Torcolato è qualcosa di più di un semplice passito. La "prima" dei giorni scorsi è stata anche l'occasione per inaugurare la nuova cantina di microvinificazione, allestita alla "Beato Bartolomeo". E' costata 50.000 euro. Consentirà di intensificare le sperimentazioni in atto per la modifica e l'integrazione del disciplinare di produzione. Un impianto all'avanguardia che, insieme alla recente Zonazione viticola dell'area a Doc di Breganze, consentirà ai produttori di avvalersi di due strumenti in più per migliorare ulteriormente i propri prodotti. La Cantina usufruisce del laboratorio di analisi della Cantina Beato Bartolomeo attraverso cui vengono eseguite le analisi basilari per il controllo delle vinificazioni. Le operazioni seguono le direttive messe a punto con il professor Attilio Scienza dell'Università di Milano, e sono differenti per i vini bianchi e per i rossi.


tratto da il Messaggero - 25 gennaio 2003
Diverse qualità: bianco, rosso e novello che ha riscosso successo quest'anno con la degustazione nella cantina "Bacco"
Il vino delle fraschette diventa Doc
Nettuno: il Cacchione si fregerà del marchio già dalla prossima vendemmia
di ANTONELLA MOSCA
Il Cacchione di Nettuno - quello delle vecchie fraschette ormai scomparse - si nobilita con la Doc, la Denominazione di origine controllata approvata dal Comitato nazionale di tutela dei vini e dalla Igt. Il disciplinare della Doc "Nettuno" interessa i vitigni e i vini della città e quelli della vicina Anzio, che si era inserita nella procedura perché ancora qualche vigna, soprattutto nella zona di Falasche, produce la tipica uva locale. Il Cacchione, infatti, che si coltiva da sempre sul litorale, ha un caratteristico chicco allungato e produce un vino giallo oro con un sapore secco e "deciso" e un particolare profumo che lo distingue da altri vini da tavola laziali. L'approvazione è avvenuta presso il Ministero per le politiche agricole e forestali dopo un lungo iter lungo avviato dalla cantina sociale "Bacco" di Nettuno, che circa sei anni fa aveva lanciato l'idea insieme al Comune.
Non è stato semplice raggiungere questo obiettivo - sui cui hanno lavorato Cantina, Comune e Regione Lazio - ma già dalla prossima vendemmia sarà possibile commercializzare i vini locali con la nuova Doc "La Doc apre nuovi scenari alla nostra produzione locale - dicono Giuseppe Bruni e Giuseppe Combi, presidente e vice presidente della "Bacco" - e dà valore al lavoro dei nostri contadini che hanno voluto mantenere questa coltivazione, anche se è difficoltosa ed ha una resa minore rispetto ad altri vitigni. Ma il Cacchione a Nettuno è una tradizione e chi non ha voluto rinunciarvi ora è stato premiato".
La tipologia più pregiata è rappresentata dal "Nettuno Doc. Cacchione" che è costituito all'85% dall'omonimo vitigno, c'è poi il "Nettuno Bianco" composto con Cacchione al 30-70% e con Trebbiano toscano al 30-50%. Il rosso, invece, è costituito da vitigni Merlot e Sangiovese e prende le denominazioni "Nettuno Rosso" e "Nettuno Novello". Quest'ultimo ha riscosso un notevole successo, all'inizio di novembre, con la degustazione organizzata proprio alla cantina "Bacco" e un buon giro di vendite. Poi c'è il "Nettuno Rosato" che viene ottenuto dalla combinazione di Sangiovese e Trebbiano.
Ovviamente soddisfatto il sindaco, Vittorio Marzoli. "Dopo tanti anni - dice - si è raggiunto un importante obiettivo per la città e l'economia del territorio. Questo risultato arriva nell'ambito di una serie di iniziative che prevedono il rilancio e la valorizzazione dei prodotti enogastronomici nettunesi". E l'assessore regionale all'agricoltura, Antonello Iannarilli, commenta: "Un altro prodotto tipico si aggiunge al paniere Doc del Lazio, attraverso la collaborazione con il Comune di Nettuno. Abbiamo visto coronato un progetto che qualche anno fa sembrava impensabile". Ovviamente alla Cantina "Bacco" - come in tutte le aziende vitivinicole della zona che vogliono attenersi al disciplinare della Doc - si sta pensando già alle nuove etichette da disegnare per la prossima stagione, con impresso il prestigioso riconoscimento.


tratto da il Mattino - 23 gennaio 2003
L'Aglianico superstar di Di Majo Norante svetta al comando
Nessun dubbio, c'è don Luigi sopra tutti: è il rosso simbolo di questa regione sempre incerta tra Campania, Abruzzo e Puglia. Per Luca Maroni è "il primo vino che rende fantastico il fantastico frutto del Molise". Lo produce Alessio Di Majo Norante nella Contrada Ramitelli a Campomarino in provincia di Campobasso (tel. 0875. 57208, sito dimajonorante.com), azienda simbolo ed emergente, impegnata con le viti dall'800. Dal 1968 anche con le etichette e le bottiglie.
Diciamo la verità, è sempre interessante conoscere i vigneti per misurare le influenze culturali sul territorio: ecco allora che tra i 60 ettari in declivo verso i valloni Sciabolone e Madonna Grande di Alessio troviamo i campani falanghina e greco insieme nella bottiglia Biblios e assoluti, dal centro arrivano invece il Sangiovese e il Prugnolo. Nel don Luigi, il primo molisano a conquistare i tre bicchieri della guida del Gambero Rosso-Slow Food, ci sono il montepulciano all'80 per cento e il tintilia, vitigno poco conosciuto ma diffuso anche in Campania.
Ma la sorpresa quest'anno è costituita dall'aglianico, una vigna di 13 ettari a Madonna Grande dove il terreno è calcareo e argilloso, una condizione ideale per i rossi come ben sanno gli appassionati. Nel Ramitello era stato messo per la prima volta in compagnia del montepulciano con ottimi risultati e soprattutto buon rapporto tra qualità e prezzo. Adesso è in purezza nel Contado, giudicato migliore del don Luigi nell'ultima edizione della guida trebicchierata. Vendemmiato tra la fine di ottobre e l'inizio di novembre, come in Irpinia, questo aglianico si presenta più morbido, soprattutto quando è reduce da un affinamento che può toccare anche i due anni pieni.
Caldo, abbastanza fresco, concentrato, con forti e persistenti sentori di viola e prugna invece del tipico tabacco del Taburno e di Taurasi, il bicchiere si afferma insomma come uno dei più interessanti del panorama nazionale.
L'ennesima conferma di questo vitigno da noi preferito ad ogni altro, finalmente ben lavorato da chi non ha fretta e punta in alto.


tratto da la Stampa - 23 gennaio 2003
Bomboniera una bottiglia di vino
Tante curiosità e in primo piano la gastronomia
CASALE MONFERRATO. Tutte le novità per gli sposi di inizio millennio e con qualche chicca speciale. L'appuntamento è per domani e domenica nella galleria Santa Croce, in via Roma, nell'ambito dell'ottava edizione di "Autori in matrimonio", un´occasione imperdibile per chi si appresta al grande "sì", curato da Studio Graffiti di Anna Cotti. E quest'anno una gran parte della mostra è dedicata alla parte gastronomica, da banchetti nuziali e catering alla presenza di un'azienda vinicola che propone un'insolita bomboniera. L'inaugurazione è domani pomeriggio, alle 16: verrà servito un rinfresco a cura degli chef del ristorante Tufo, gufo e tartufo di Frassinello, con la proposta di alcune ricette tipiche della cucina monferrina accompagnate da un grignolino, rigorosamente del Monferrato. Anche nella giornata di domenica il ristorante Gufo, tufo e tartufo presenterà una serie di degustazioni di dolci che verranno offerte a tutti i visitatori. "Dobbiamo registrare un aumento di presenze di espositori legati alla gastronomia - dice l'organizzatrice Anna Cotti - dai ristoranti, ben tre (Il Capriolo di Forneglio di Crea, Il Melograno di Terruggia e Gufo, tufo e tartufo di Frassinello), ai servizi di catering (Villa Demidoff di Saronno e La Bettola alla Fornace Crocicchio di Carisio nel Vercellese) oltre alla dimora storica per cerimonie, Villa Corrado, a Zizzano di Camino. Una crescita che sta a dimostrare l'importanza del settore gastronomico nel giorno del matrimonio, dove ovviamente c'è sempre interesse a fare bella figura con parenti e amici". Fra le novità dell'ottava edizione di "Autori in matrimonio" c´è una singolarissima bomboniera realizzata dall'azienda vinicola La Scamuzza di Vignale. "E´ una bottiglia di vino rosso, Barbera Monferrato 2001, che abbiamo lanciato all'ultima edizione di Cantine aperte - spiega la titolare dell'azienda Laura Bertone -, denominata `´Baciami subito´´ e che presenta un'etichetta molto particolare, accattivante. Un messaggio romantico che ha interessato alcuni ristoranti che la mettono in tavola nel giorno di San Valentino, mentre alcune coppie di sposi, soprattutto giovani, le hanno acquistate per regalare come bomboniere aggiungendo alle bottiglie i confetti nuziali".


tratto da il Messaggero Veneto - 23 gennaio 2003
Intervista a Resi Perusini che ritirerà il premio
Pregiatissimo grappolo di uva Picolit
di Elena Commessatti
Dicembre 1973: Giannola e Benito Nonino decidono di isolare le vinacce di uva Picolit e distillano una grappa che diventa la prima grappa di singolo monovitigno, la Grappa cru monovitigno Picolit. È una rivoluzione che trasformerà questo prodotto da cenerentola a regina delle acquaviti. Sarà d'esempio per tutti e il successo è tale che la grappa di Picolit diventa oggetto di culto per i collezionisti di tutto il mondo, battuto alle aste internazionali, da Christie's e Finarte, argomento di interesse di riviste internazionali. Prima pagina di Wine Spectator nel 2000, pagina intera sul New York Times nel 1997, presente in una puntata intera della soap opera più famosa del mondo, The sopranos, in bella vista su un tavolo accanto a Tony, uno dei protagonisti.
Gennaio 2003: a trent'anni dalla creazione del Monovitigno Nonino, Il premio Risit D'Aur 2003 è simbolicamente assegnato al Grappolo di Picolit e consegnato da Ulderico Bernardi a Resi Perusini, nipote di Giacomo Perusini, illustre agronomo che nei primi del Novecento, in modo altamente professionale e lungimirante studiò il Picolit e continuò la tradizione di fine Settecento del conte Fabio Asquini.
Abbiamo raggiunto Resi Perusini. Lei ha deciso di seguire il percorso tracciato dalla sua famiglia, occupandosi dei vigneti a Gramogliano e continuando, in collaborazione con l'Università di Udine e con il Consorzio dei Colli Orientali del Friuli, a sperimentare. Ha appena impiantato un antico clone aziendale di Merlot. Questione di geni, appunto. - Mi sembra che lei abbia ereditato molto dal nonno...
"Ogni generazione della mia famiglia ha sempre lavorato seguendo un percorso di memoria e innovazione sperimentale. Mio nonno, agli inizi del Novecento, in un ambito estremamente periferico, quale era il Friuli della Rocca Bernarda e in un settore allora ignoto, come quello del vino, ha avuto la lungimiranza di seguire un tracciato professionale degno dei più grandi vignaioli francesi".
- Ha anche pubblicato i suoi studi in un trattato, Il Picolit. Era il 1906.
"Sì, era un agronomo esperto. Il trattato è il primo studio ampelografico sul Picolit. Il nonno ha fatto un'analisi chimica comparata del suo Picolit e di quello del conte Fabio Asquini, di cui conservava una bottiglia, diventando così il trade-union della tradizione di studi cominciati nel Settecento e che con l'Ottocento avrebbero rischiato l'oblio se non fosse intervenuto lui. Ora vorremmo ripubblicare il suo libro completando i suoi studi con una ricerca a più voci sulla storia attuale del Picolit, tecnica ed economica. Anche mia nonna, Giuseppina Perusini Antonini, rimasta vedova, ha continuato il lavoro di ricerca, con i suoi figli, specializzando l'azienda nei vitigni autoctoni. Mio padre si è occupato di ribolla gialla, altro prodotto vinicolo che ha ormai raggiunto vette di eleganza e di raffinatezza".
- Il punto di incontro tra lei e la famiglia Nonino è quindi l'interesse comune di un lavoro di sperimentazione altamente tecnologico nato dall'amore della tradizione.
"Sono molto contenta di essere simbolicamente io a ricevere questo premio. La famiglia Nonino, con la grappa ha sempre seguito una via parallela alla nostra. E vorrei aggiungere che capisco il successo di questo premio internazionale perché non è affatto un premio pilotato. Ho ricevuto soltanto quindici giorni fa la telefonata di Giannola che mi diceva: "Ciao, riceverai l'invito per il Risit e avrai una lieta sorpresa"".


tratto da Alto Adige - 23 gennaio 2003
Kuenhof, da ripidi versanti una coltivazione quasi eroica dedicata ai palati più fini
Angelo Carrillo
BRESSANONE. L'asprezza del clima di montagna uniti a una tecnica di alto livello. Peter Pliger ha abbandonato da tempo gli esperimenti con la piccola botte di rovere francese, che, a detta sua, mal si addice ai vini che nascono nelle condizioni estreme del più nordico dei territori viticoli d'Italia. A loro preferisce le grandi botti di legno di acacia dalla lunga durata e la resa costante. Nelle due belle e linde cantine ricavate nello storico maso dell'XI secolo abitato da circa 200 anni dalla sua famiglia nascono circa 25 mila bottiglie l'anno suddivise tra quattro varietà di vitigni nordici: Veltiner Sylvaner, e Gewurztraminer e l'ottimo Riesling, che non facendo parte della Doc Val D'Isarco viene imbottigliato come vino da Tavola col nome Kaiton. Paradigmatico anche per i suoi vicini vignaioli, compresi quelli della sempre migliore cantina sociale e per la storica Abbazia di Novacella, il suo esempio ha fatto scuola e ha segnato una vi che in futuro non mancherà fi portare nuovi e più generosi frutti. Parliamo in particolare delle varietà nordiche, che stanno dando risultati sempre più incoraggianti. I vigneti sono distribuiti sui ripidi pendii su cui poggia l'imponente e bella costruzione per secoli di proprietà del vescovo di Bressanone. Vini essenziali, puliti, limpidi che rispecchiano perfettamente il carattere dei luoghi da cui provengono e forse anche quello delle persone che li fanno e che negli ultimi dieci anni hanno dato una smossa alle acque quiete e un po' stagnanti della Val D'Isarco proponendo una strada alternativa alla viticoltura tradizionale. Non per nulla il padre di Peter è stato per decenni conferente della storica cantina dell'Abbazia di Novacella da cui il figlio si è staccato alla fine degli anni 80 cercando di applicare una personale visione ecologica e filosofica della vita sia al suo ambiente che al suo lavoro. Uso assai contenuto della chimica in vigneto, tecnologie di cantina ridotte all'osso, i bei risultati sembrerebbero soprattutto il frutto di un tenace lavoro in vigna e del non forzare la mano in cantina. Questo gli ha consentito di superare sostanzialmente indenne annate difficili come il 2000, con pioggia e grandine e di poter ottenere quelli che già appaiono dalle prime prove di botte risultati eccellenti da annate medie come il 2001. Bellissimi i vigneti, ripidi, panoramici ma anche difficili. Una viticoltura che viene giustamente definita eroica sebbene i prezzi dei vini siano assolutamente sproporzionai in basso rispetto allo sforzo. Forse la grande sfida di Pliger è quella di riuscire a ricavare da condizioni impegnative vini originali.
Kuenhof, loc. Mahr 110 Bressanone. (0472 850546).


tratto da l'Eco di Bergamo - 23 gennaio 2003
«Le bollicine di Franciacorta come lo Champagne»
Un altro riconoscimento per la Franciacorta. Arriva da Oltreoceano ed è firmato Robert Parker, il "principe dei mercati del vino", della guida internazionale "The Wine Advocate". Parker, in generale, incorona le "bollicine" franciacortine e, in particolare, così si esprime sull'azienda Bellavista di Erbusco, del gruppo Moretti: "Una brillante purezza e una grande eleganza. Una "maison" capace di produrre una strepitosa gamma di bollicine che sono il punto di riferimento qualitativo per la produzione italiana del settore".
Queste bottiglie - dice dunque l'esperto - sono tra le migliori in Italia e competono con lo Champagne da pari a pari. Nel dettaglio, Parker ha premiato cinque prodotti di Bellavista: Blanc de Blancs, Brut, Gran Cuvée '97, Cuvée rosa '97, Pas Opere '97. Più che soddisfatti, ovviamente, il presidente di Bellavista, Vittorio Moretti, e il direttore-enologo Mattia Vezzola. "È un premio al nostro lavoro - hanno commentato - fin dall'inizio abbiamo puntato sull'eccellenza della nostra produzione".
Non è la prima volta, del resto, che la Franciacorta ottiene riconoscimenti di questo genere e di questo livello. Non più di sei mesi fa, ad un'altra grande casa della zona, la Ca' del Bosco, aveva addirittura sbaragliato i produttori di Champagne in una degustazione alla cieca promossa dall'autorevole settimanale tedesco "Die Zeit" che aveva condotto un'inchiesta sui vini spumanti di tutto il mondo. Primo era appunto risultato il Franciacorta Docg "Dosage zero" di Ca' del Bosco, che aveva così battuto una concorrenza rappresentata da tredici Champagne francesi, tre spumanti metodo classico italiani, sei Sekt tedeschi, tre Cava spagnoli, due Mousseux francesi, un argentino, tre sudafricani, due californiani, due austriaci e un israeliano.
Che quelle di Franciacorta siano "bollicine" speciali lo dicono anche le guide più note e gli esperti più autorevoli. Burton Anderson - sfidando la nota suscettibilità dei maestri d'Oltralpe - ha definito la Franciacorta "la Champagne in miniatura della Lombardia". E la stessa cosa ha fatto Luigi Veronelli: "Non sapremo mai se franca o latina questa Corte. Sta di fatto che le sue uve son tali da far concorrenza ai francesi, sin nel campo della loro supremazia sicura, lo Champagne".
Hugh Johnson - esperto piuttosto francofilo - ha parlato di "produttori straordinari" e non ha esitato a concedere le quattro stelle, cioè il massimo, alle migliori aziende della zona.
E l'edizione 2003 del "Gambero Rosso" - la guida italiana più autorevole in campo enologico - ha assegnato il massimo dei riconoscimenti (i famosi "tre bicchieri") ad alcune aziende di "bollicine" della zona: Ca' del Bosco con il Franciacorta Cuvée Annamaria Clementi Brut 1995, Uberti con il Franciacorta Magnificentia Satèn, Bellavista con il Franciacorta Gran Cuvée Brut 1998, Monte Rossa con il Franciacorta Cabochon 1998, Majolini con il Franciacorta Electo Brut 1997, Villa con il Franciacorta Extra Brut 1998.
Anche l'edizione 2003 della Duemilavini, la guida dell'Associazione italiana sommeliers, ha attribuito il massimo dei riconoscimenti, e cioè i "cinque grappoli", a molte aziende della Franciacorta. Sono il Brut Satèn 1998 del Mosnel, il Magnificentia Satèn 1998 e il Comarì del Salèm di Uberti, il Satèn Brut di Ricci Curbastro, il Gran Cuvée Brut 1998 e il Pas Operè 1997 di Bellavista, la Cuvée Annamaria Clementi 1995 di Ca' del Bosco. Fra le novità della Duemilavini, anche l'inserimento dell'azienda leader in Italia nella produzione di spumanti metodo classico: la Guido Berlucchi che, con la sua Cuvée Imperiale Berlucchi Brut 1997, recentemente insignita a Roma dell'Oscar del Vino 2002, ha ottenuto il massimo dei punteggi.



tratto da Naturalmenteitaliano - 22 gennaio 2003
Franciacorta: una Docg senza obbligo di sigla
Dal 1° gennaio solo il nome identifica il vino
Solo Franciacorta. Dal primo gennaio, infatti, il vino lombardo non ha più l'obbligo di far seguire la sigla Docg poichè "il solo nome proprio del territorio di produzione garantirà la provenienza certa del prodotto, il complesso metodo di produzione e la qualità esclusiva di questo prestigioso vino il cui successo sul mercato è strettamente correlato alla spiccata vocazionalità delle colline franciacortine alla coltura del vitigno Chardonnay, che proprio su queste colline riesce ad esprimere il meglio di sé". E' quanto si legge in una nota del Consorzio per la tutela del Franciacorta unico vino italiano - tra i prodotti vitivinicoli ottenuti con lenta rifermentazione in bottiglia -che potrà chiamarsi con quest'unico termine identificativo della tipologia del prodotto, del metodo di produzione ed del territorio di produzione.
Risale, infatti, allo scorso 29 aprile l'approvazione, da parte della Commissione della UE, del nuovo Regolamento per la designazione, la denominazione, la presentazione e la protezione dei prodotti vitivinicoli nei paesi della Unione Europea. "Oltre a precisare tutti i dettagli delle menzioni obbligatorie e facoltative, le relative dimensioni, ed il loro posizionamento sull'etichetta di un vino - sottolinea il Consorzio - l'art. 30 consente alcune deroghe dall'obbligo di indicare la menzione specifica tradizionale per alcuni vini pregiati, per i quali è permessa la commercializzazione indicando solo il nome della regione o zona di provenienza quale identificazione del prodotto posto in vendita."
Soddisfazione per questa conquista è stata espressa da Pierangelo Plebani, direttore del Consorzio per la tutela del Franciacorta, sottolineando che si tratta di "un risultato davvero lusinghiero che premia il forte impegno da sempre profuso dai produttori franciacortini, di percorrere questo filone nella comunicazione sia consortile che delle singole aziende. Chiamare Franciacorta e basta, il prodotto di punta nella piramide qualitativa delle uve Chardonnay e in misura molto inferiore di Pinot bianco e Pinot nero, prodotte nei 1.300 ettari di vigneti franciacortini, non rappresenta certo un punto di arrivo, bensì un punto di partenza su cui costruire, consolidare e rafforzare l'immagine di forte qualità e di unicità di questo prodotto: il Franciacorta. Le tipologie di prodotto in cui viene proposto il Franciacorta rimangono, - ha continuato Plebani - con la sola sostanziale differenza che le aziende produttrici identificheranno il prodotto riportando semplicemente in etichetta Franciacorta Brut, Franciacorta Satèn, Franciacorta Rosé, senza più l'obbligo di farle seguire dalla sigla Docg, né tanto meno dalla menzione comunitaria VSQPRD. Il regolamento fissa il 1° Gennaio 2003 quale data di entrata in vigore di tale norma: dovremo attendere solo qualche mese per vedere in commercio le bottiglie che riporteranno Franciacorta e null'altro sulla propria etichetta".


tratto da la Repubblica - 22 gennaio 2003
Riconosci dall'etichetta se il vino è di qualità
Come assicurarsi un buon vino? "Scelte", il periodico dell'Unione nazionale consumatori, ricorda alcuni "indizi di supposta qualità". Regola base, seguire la gerarchia stabilita dalla legge del '92: in teoria, i vini "Docg" (denominazione d'origine controllata e garantita) valgono più dei semplici "Doc", che sono migliori dei prodotti "Igt" (indicazione geografica tipica) e via via dei "vini da tavola col nome dell'uva" e "da tavola con nome di fantasia". Se un vino riporta in etichetta una "sottozona" (comune, frazione, località) o addirittura, cita la vigna di produzione, questo dovrebbe costituire un ulteriore indice di qualità.
Altri indizi positivi sono l'essere confezionato in bottiglia di vetro e non in scatola; l'indicazione dell'annata, obbligatoria solo per i vini "Docg", per alcuni Doc e per i novelli (mentre è vietata per quelli da tavola); l'essere "imbottigliato nella zona di produzione", o "all'origine", "dal viticoltore", "dall'azienda agricola". Esistono poi indicazioni utili a conformare la scelta ai propri gusti. La definizione "secco" non è obbligatoria, ma se è presente, garantisce un residuo zuccherino non superiore ai 4 grammi/litro; ancora, "superiore" o "vendemmia tardiva" denotano vini di gradazione superiore alla media.


tratto da il Messaggero Veneto - 21 gennaio 2003
Allarme degli alcolisti
E a proposito del consumo di vino, l'Arcat regionale (Associazione Club alcolisti in trattamento) lancia un interessante allarme in una nota in cui afferma: "Diversi giornali hanno pubblicato i risultati di una ricerca americana secondo la quale il consumo quotidiano di vino e/o birra avrebbe un'azione preventiva rispetto al rischio di attacchi cardiaci. Il possibile effetto preventivo dell'alcol rispetto agli attacchi cardiaci non è una novità di oggi. Uno dei più noti sostenitori dei due bicchieri di vino rosso al giorno per prevenire l'infarto è stato il famoso cardiochirurgo Christian Barnard. Barnard era un produttore di vini rossi. Barnard è morto poco tempo fa. Per un infarto. Un'altra ricerca tra le più propagandate diceva che, a un livello di consumo pari a un bicchiere al giorno, la portata del beneficio in relazione alle malattie cardiovascolari viene annullata dall'aumento di insorgenze di cancro, soprattutto a gola, stomaco, tratto urinario e cervello. Il tasso di mortalità sale invece per entrambe le malattie dove si è rilevato un consumo di due o più bicchieri al giorno".
"Il rapporto tra l'uomo e il bere - continua l'Arcat - è una realtà complessa, con molte variabili che entrano in gioco, diverse da persona a persona. Per questo sarebbe bene adoperare prudenza: andrebbe sempre ricordato, per esempio, che ci sono moltissime persone che, per vari motivi, non dovrebbero mai bere bevande alcoliche (alcolisti, donne in gravidanza, bambini, malati di fegato, epilettici, chi assume psicofarmaci eccetera). Naturalmente tutti sappiamo che, per fortuna, la maggioranza delle persone beve senza mai arrivare ad avere problemi per questo motivo; non si tratta di demonizzare il bere, né di dare spazio a sciocche e insensate tentazioni proibizionistiche, ma occorre essere consapevoli che abbiamo a che fare con una sostanza che in Italia è oggi la quarta causa di morte, la prima in Europa per i giovani tra i 15 e i 29 anni".


tratto da il Giornale di Vicenza - 21 gennaio 2003
Alla manifestazione di domenica a Breganze s'è fatto il punto della situazione e si sono illustrati i programmi futuri
Promozione vinicola nel nome del Torcolato
Lavori di zonazione viticola dell'area breganzese interessano vitigni strategici
(p.m.)
Mattinata piuttosto intensa per i partecipanti alla "Prima del Torcolato", apertasi con l'inaugurazione della struttura di microvinificazioni nella cantina "Beato Bartolomeo" di Breganze. Dopo il taglio del nastro da parte di Giorgio Carollo, presidente di "Veneto Agricoltura", Antonio Brian, presidente della Cantina e del Consorzio tutela vini doc Breganze, ha fatto gli onori di casa. Prima della degustazione di alcuni vini prodotti dai soci del consorzio sono state illustrate due importanti iniziative in corso. Nel 2002 sono incominciati i lavori di zonazione viticola dell'area Doc Breganze, contestualmente al progetto di costituzione di una cantina di microvinificazione capace di ospitare 70 campioni da un quintale ciascuno. L'indagine, coordinata dal dott. Giannone e seguita dal responsabile del Consorzio, Alberto Brazzale, ha permesso l'individuazione di 29 zone parcelle rappresentative delle zone omogenee, che interessano vitigni strategici come il Merlot, il Cabernet Sauvignon, il Tocai friulano, la Vespaiola e il Pinot grigio. Nonostante l'annata non facile, i prodotti "microvinificati" hanno avuto un ottimo percorso fermentativo e sono attualmente ad un buon livello evolutivo. I vini prodotti dovranno fornire dati di confronto tra le varie zone ed offrire materiale per l'allestimento di un panel di degustazione creato appositamente per l'esame organolettico di questi vini. Il direttore della cantina "Beato Bartolomeo", Andrea Bottaro, ha illustrato la richiesta, inoltrata alla Regione Veneto, di modifiche al disciplinare di produzione attualmente in vigore. In particolare, si vorrebbe includere Merlot e Tocai nelle denominazioni previste e l'apertura dell'uvaggio ammesso nel Breganze Rosso con un minimo di 50 per cento di Merlot e Breganze Bianco con un minimo di 50 di Tocai. Merlot e Tocai, con un passato di "cenerentole" della qualità, sono oggi le avanguardie della riscoperta del monovitigno nelle sue massime espressioni di qualità. Il progetto prevede anche l'innalzamento ai vertici della qualità del Breganze Rosso e Bianco, con blend diversi, in grado di esprimere sensazioni sconosciute per i prodotti di monovitigno. Da Fausto Maculan, vicepresidente del Consorzio, è partita la proposta di una riappropriazione del nome Torcolato, legandolo ad un progetto di promozione, controllandone l'utilizzo per i prodotti collaterali, dal panettone alla grappa. La creazione di un marchio è finalizzata alla verifica della qualità dei prodotti, con la richiesta di un contributo per le attività del Consorzio. Nella Ghiacciaia di piazza Mazzini è stata offerta una degustazione di prodotti tipici della Comunità montana; il sindaco di Breganze e presidente della Comunità, Francesco Crivellaro, ha illustrato la storia del manufatto che, ben restaurato, è diventato luogo di iniziative promozionali. Durante il pranzo servito nell'azienda di Fausto Maculan, il liutaio breganzese Fabio Dalla Costa ha illustrato i procedimenti per la costruzione di un violino. Il connubio musica-Torcolato è stato particolarmente indovinato e avrà ulteriori sviluppi con un probabile concorso per le parole dell'inno al Torcolato su musica di Antonio Vivaldi. Nel pomeriggio, dopo la costituzione della "Antica Fraglia del Torcolato" con il giuramento di fedeltà allo statuto, è iniziata, alla presenza del prefetto Angelo Tranfaglia, la spremitura. In chiusura, nel duomo, apprezzato concerto per archi e flauto "Inno al Torcolato".


tratto da la Repubblica - 21 gennaio 2003
Sono sempre di più gli uomini e le donne che si iscrivono a scuola di degustazione di vino. Per passione, vanità e cultura
Aggiungi un corso a tavola è la carica dei sommelier
di FABRIZIO RUSSO
Si incontrano ovunque: nei winebar, mentre roteando enormi bicchieri, cercano di percepire le sfumature olfattive di un Barolo; al ristorante, mentre consultano la carta dei vini, alla ricerca della bottiglia capace di esaltare le caratteristiche di un piatto; nei circoli più esclusivi e nei bar di quartiere, impegnati in feroci dispute dialettiche su "lieviti selezionati o selvaggi". E in migliaia affollano decine di corsi che cercano di offrire una conoscenza mirata per districarsi tra milioni di bottiglie, o magari semplicemente per sapere cosa ordinare al ristorante. Vi presentiamo una mappa ragionata delle "scuole" di degustazione. Iniziamo con l' A.i.s. (Associazione italiana sommelier) che guidata dal suo presidente Franco Ricci, ha formato migliaia di appassionati. Il 10 marzo, nella sede storica all'hotel Hilton, via Cadlolo 101, avrà inizio il 30 Corso di qualificazione professionale: 48 incontri e tante degustazioni, per completare la prima delle tre tappe necessarie ad acquisire la qualifica di Sommelier, al costo di 2200 euro, più 110 di iscrizione. Slow Food si adopera da anni per diffondere una nuova filosofia del gusto che coniughi conoscenza e sapere; la Condotta Romana ha in programma due "Master of Food" dedicati al vino. Ieri presso l'enoteca Manzoni, P.le Ardigò, è iniziato il Corso di 1 livello: 6 lezioni, 220 euro, libro di testo e valigetta con bicchieri da degustazione compresi; a partire da martedì 11 febbraio: corso di perfezionamento. Gli incontri, strutturati in due fasi, prevedono una parte didattica e un'altra incentrata sull'analisi sensoriale. La delegazione "F.i.s.a.r." di Roma, organizza corsi per sommelier in 10 lezioni, al prezzo di 450 euro; sede l'hotel Borromini a via Lisbona 7."Enotime" propone un pacchetto di incontri dal titolo "De Gustando", che comprende un percorso gustativo denominato "Sapori perduti". Il prossimo corso, in 6 lezioni, inizierà il 26 febbraio al Jolly Hotel di Corso Italia, al costo di 210 euro.Molte le proposte delle enoteche: da "Costantini", a piazza Cavour, parte in questi giorni il corso diretto da Fabio Turchetti: 7 incontri basati sulle conoscenze degli elementi basilari, a 165 euro e oggi prende il via un corso di approfondimento. A "La botte e l'uva" (via C. Bosi, 10) Edmondo e Raffaella, riuniscono piccoli gruppi di appassionati, con i quali condividere qualche bicchiere di vino e un ampio corredo di cognizioni enologiche. Una delle mete preferite dagli enofili di Monteverde, al "Vino del '99" (via L. Albertoni, 80) ha inaugurato il 13 gennaio una nuova serie di 7 lezioni, al costo di 220 euro. Nel filone formativo del vino, si inseriscono anche alcune riviste del settore: il "Gambero Rosso", a via E. Fermi 161, concluderà, nel mese di aprile il primo master in comunicazione e giornalismo enogastronomico, dal costo di 6500 euro, ma sono previsti altri corsi, a prezzi più popolari. "Porthos" (via L. Mantegazza 60) ha appena aperto le aule di un corso di degustazione con quattro incontri dedicati al matrimonio tra cibo e vino che replicherà il 3 marzo.Agli enoappassionati più pigri, segnaliamo un corso on line, è il "Light" di Vinolandia (info@vinolandia.it) con lezioni interattive e materiale didattico consultabile direttamente dalla poltrona di casa, a 160 euro. Sui banchi di scuola dunque, a studiare, per il bere di tutti .


tratto da Libertà - 20 gennaio 2003
L'allarme della Coldiretti: nel mondo ci sono troppe imitazioni
Parmigiano, crociata contro i "falsi"
di Patrizia Bianchi
Roma - Nel mondo ci sono troppe imitazioni del Parmigiano, e questo danneggia notevolmente l'export italiano. La denuncia arriva dalla Coldiretti, che ha deciso di sferrare un attacco al Parmesan, che si vende un po' ovunque dal Nord America all'Australia all'Estremo Oriente, piuttosto che al Parmesao brasiliano, al Parmesano sudamericano, al Regianito argentino. L'Italia, sottolineano dall'associazione di agricoltori e allevatori, ha un patrimonio rappresentato da 30 formaggi Dop, denominazione di origine protetta, riconosciuti dall'Unione Europea, e da 400mila tonnellate di prodotti doc (origine controllata. Numeri che posizionano il Bel Paese davanti al nemico numero uno in questo settore, la Francia, che conta 37 Dop e 4 Igp (indicazione geografica tipica) per un totale di 200mila tonnellate.
Il parmigiano è uno dei gioielli nazionali: intorno al formaggio emiliano gira un fatturato di 870 milioni di euro. Le vendite all'estero, comprendendo anche il grana padano, valgono 235,26 milioni, 8mila aziende producono il latte per i caseifici che lo producono, 598 in tutto, e che in media sfornano 2 milioni 700mila forme in un anno. In Europa, il Parmigiano è tutelato dalle imitazioni anche grazie alla sentenza della Corte di Giustizia dello scorso 25 giugno, che ha vietato la commercializzazione del Parmesan. Ma fuori dal continente, la situazione cambia e non solo per il re dei formaggi. La Coldiretti segnala, per esempio, che sul sito americano www.antigocheese.come, oltre al Parmesan è possibile comprare Provolone, Pecorino romano o Asiago rigorosamente prodotti nel Wisconsin, mentre su www.riccardosmarket.com si trova addirittura un Parmesan Chesse con una crosta nera. Del resto, negli Usa è facile anche bere un bicchiere di Chablis che non ha nulla a che vedere con la Francia ma che è invece prodotto in Calfifornia, e lo stesso vale per notissime etichette del vino Made in Italy. Certo, vanno molto più di moda le vere bottiglie italiane, o francesi, e lo stesso vale per il Parmigiano. Ma secondo la Coldiretti è molto facile che i consumatori siano tratti in inganno, e le imitazioni del formaggio emiliano provocano danni per milioni di euro.
L'associazione si rivolge quindi all'Unione Europea perché faccia più sforzi per impedire, anche nel resto del mondo, la commercializzazione di prodotti con un nome legato a un territorio protetto da un marchio.


tratto da Milano Finanza - 20 gennaio 2003
Sassicaia. Magnum in difficoltà
di Cesare Pillon
Se in bottiglia normale il Sassicaia si è comportato l'anno scorso alle aste internazionali in modo altalenante, nelle bottiglie di grande formato è stato invece decisamente deludente. La tabella, che espone le migliori quotazioni spuntate nel 2002 da magnum, doppi magnum e imperiali, segnala solo tre casi di aumento di prezzo contro nove di diminuzione. Risultato preoccupante per gli investitori, e in qualche caso disastroso, come l'aggiudicazione en primeur di un'imperiale (bottiglia da sei litri) del millesimo 2000 a una cifra che si è dimezzata nel giro di 12 mesi. Proprio questo caso estremo chiarisce però molte cose. Il prezzo base era identico all'anno scorso, 2 mila euro, e chi ha comprato l'imperiale di Sassicaia nel novembre 2002 non si è tirato indietro, pagandolo il 21% in più. Se la quotazione del 2001 era più che doppia è solo perché qualcuno, pur di aggiudicarselo, aveva accettato di pagarlo il 166% in più: una sopravvalutazione insensata. Forse, però, è proprio questo il momento di investire nelle bottiglie di grande formato di Sassicaia: le loro quotazioni, troppo depresse, non possono che risalire. È assurdo, per esempio, che un magnum della vendemmia 1989 venga quotato 157,41 euro: la bottiglia normale che contiene lo stesso vino della stessa annata vale oggi 137,07 euro, cioè solo il 13% in meno.


tratto da il Messaggero Veneto - 20 gennaio 2003
Nasce il comitato "Vinum loci"
CORMÒNS. Il vino isontino cresce e con lui le iniziative a esso correlate.
Venerdì 31 gennaio, alle 13, nella sede della Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura di Gorizia, in via Crispi 10, si terrà un incontro in cui sarà presentato il neo-costituito comitato "Vinum loci".
La nuova realtà nel panorama dell'associazionismo locale propone un progetto di valorizzazione dei vini e dei vitigni antichi e autoctoni.
Illustreranno l'iniziativa, fra gli altri, il presidente della Camera di commercio isontina, Emilio Sgarlata; il professor Attilio Scienza, docente ordinario di viticoltura dell'Università degli studi di Milano; il professor Pierluigi Bonfanti, preside della facoltà di agraria dell'Università degli studi di Udine.
E ancora interverranno il dottor Paolo Benvenuti, direttore generale dell'Associazione nazionale "Città del vino"; e, infine, il dottor Silvio Barbiero, segretario nazionale dell'organizzazione "Slow food".
Nell'occasione, la direzione di "Gorizia fiere" offrirà agli intervenuti un "Quick lunch".



tratto da Corriere della Sera - 20 gennaio 2003
TERAMO
Bicchieri in cattedra: nasce l'università del vino
Nascerà in Abruzzo la prima "Università del vino", promossa dai 20 Comuni che aderiscono all'associazione "Città del Vino d'Abruzzo", in collaborazione con l'Università di Teramo. L'ateneo consentirà la formazione di professionalità specifiche in un settore, che impone un costante perfezionamento delle tecniche di lavorazione e una crescita della qualità dei prodotti. I corsi e le altre iniziative delle Città del Vino d'Abruzzo fungeranno da sostegno, organizzativo e promozionale, per i produttori locali.
UNIVERSITÀ DEL VINO
www.unite.it


tratto da il Resto del Carlino - 20 gennaio 2003
ROSSO PICENO, FALERIO E VERDICCHIO: SI CAMBIA
ANCONA - Verranno modificati i disciplinari di tre vini Doc: Verdicchio dei Castelli di Jesi, Falerio dei Colli Ascolani e Rosso Piceno. Le relative consultazioni, con i soggetti interessati, sono state concordate con la commissione del Comitato Vini del ministero delle Politiche Agricole, che ha esaminato le richieste fatte nel 2001 dal Servizio Agricoltura. Il 24, alle 10, a Offida, nella la sede dell'Enoteca Regionale, si terrà la pubblica audizione per "Rosso Piceno" e "Falerio dei Colli Ascolani"; il giorno successivo, alle 16, questa volta a Moie di Maiolati Spontini, nella sala del cinema Ariston, è inprogramma l'audizione per il "Verdicchio dei Castelli di Jesi". "Non si tratta di stravolgimenti - sottolinea l'assessore all'agricoltura Giulio Silenzi - ma di adeguamenti, che puntano a offrire una più ampia gamma di tipologie, differenziando così il prodotto per rispondere meglio alle esigenze di mercato. I vini marchigiani riscuotono sempre più consensi, anche all'estero e il successo è legato allo sforzo di aumentare le loro caratteristiche di tipicità e personalità". I disciplinari dei vini in questione erano già stati modificati: nel 1995 il Verdicchio dei Castelli di Jesi e, nel 1997, gli altre due. Ma in cosa cambieranno questi vini? Per il Verdicchio dei Castelli di Jesi cambia la gradazione della tipologia Passito, passando da 14 a 15 gradi. La doc Falerio avrà due tipologie, invece che una. Per quella "Falerio" viene modificata la base ampelografica (mentre ora il Trebbiano va dal 20 al 50%, la proposta è che non superi l'80%, con un contributo di un massimo del 50% di altri vitigni a bacca bianca) e viene aggiunta la tipologia "Falerio Superiore", con l'utilizzo di vitigni autoctoni miglioratori, dal 10 al 30% (Passerina e Pecorino). Per il Rosso Piceno, invece, due sono le tipologie aggiunte, una "Rosso Piceno Classico", che riguarda la sola provincia di Ascoli e, l'altra, "Rosso Piceno Sangiovese", che deve essere costituito da almeno l'85% del relativo vitigno, aumentando quindi la percentuale massima dell'attuale disciplinare, che rimane invariata per le altre tre tipologie del Rosso Piceno. L'esigenza della tipologia "Rosso Piceno Sangiovese" era già stata presa in considerazione l'anno scorso con un apposito decreto a settembre, ora la proposta di modifica lo comprende nel nuovo disciplinare. Il Verdicchio dei Castelli di Jesi, il vino più conosciuto delle Marche, interessa il territorio collinare della provincia di Ancona e limitati territori di quella di Macerata. La denominazione "Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico" è riservata al Verdicchio prodotto nella zona originaria più antica. La superficie vitata supera i 3 mila ettari, con una produzione commercializzata a doc di oltre 192 mila ettolitri. Il Falerio dei Colli ascolani è un altro bianco, prodotto nelle colline ascolane, che lambiscono anche la provincia di Macerata. Si coltiva su una superficie di 467 ettari, con una produzione commercializzata a doc di 20 mila ettolitri. Il Rosso Piceno è il vino più diffuso nelle Marche e interessa tutte le province, esclusa Pesaro e quella che dà origine all'area di produzione del Rosso Conero, l'altro rosso in provincia di Ancona. La denominazione "Rosso Piceno Superiore" è invece ristretta a una piccola zona dell'ascolano. Gli ettari vitati sono oltre 2 mila con una produzione commercializzata a doc di circa 86 mila ettolitri.


tratto da Panorama - 20 gennaio 2003
Canguri in bottiglia
di Antonio Melis
Le migliori etichette italiane guadagnano gloria: 22 sulle prime cento dell'autorevole Wine spectator. Ma sui mercati mondiali, Stati Uniti anzitutto, avanzano nuovi produttori: australiani. Che hanno un vantaggio formidabile

Non è passata inosservata neppure ai tedeschi la sconfitta subita dai francesi negli Usa a opera delle etichette italiane. Sugli europei incombe però la minaccia delle case australiane che, con vigneti di grandi dimensioni, possono produrre su scala superiore e a costi più bassi. Per questo hanno preferito presidiare le catene commerciali mentre gli avversari andavano al ristorante.Il successo dei vini italiani negli Stati Uniti viene sottolineato per esempio dal settimanale Stern. In Germania in passato il consumo di vino italiano era limitato per lo più alla gamma medio-bassa. Le etichette "made in Italy" sono diventate tuttavia anche ben altro, e il settimanale sottolinea la leadership conquistata oltreoceano dai nostri vini (621 milioni di euro in valore nel 2002; +21%) a spese di prestigiose bottiglie francesi.Il vino italiano che sta andando meglio negli Usa è proprio quello di livello superiore, che si colloca nella fascia di prezzo finora presidiata dagli eterni rivali retrocessi in seconda posizione. Il magazine tedesco porta a conferma della sua tesi la "certificazione di qualità" conferita agli italiani dalla prestigiosa testata di settore Wine spectator, che a fine 2002 tra le prime 10 etichette del mondo ne ha selezionate tre di Brunello di Montalcino, una delle quali, quella prodotta da Villa Banfi, si è classificata seconda.
TRENT'ANNI DI RICERCA. Ma da dove viene questo exploit, che secondo Stern non deve sorprendere (Kein wunder, nessun miracolo, è scritto nell'articolo)? Da decenni di sperimentazioni condotte nelle suggestive colline che si estendono tra Firenze e Siena e poi a sud, verso Montalcino e Montepulciano, scendendo a Grosseto per risalire poi, lungo la costa tirrenica, fino a Bolgheri. È lungo questo itinerario che si è sviluppato il mito del vino toscano, che ha poi trainato l'immagine di tutte le etichette italiane: tra le prime 100 del mondo nel 2002 Wine spectator ne ha classificate 21, dal Piemonte alla Sicilia.
PRODUTTORI ILLUMINATI. Per comprendere il fenomeno bisogna tornare indietro di almeno trent'anni, quando i produttori più illuminati si avvidero del rischio cui andava incontro il settore, caratterizzato da alti volumi, sì, ma da qualità mediocre e da una domanda che in prospettiva non sarebbe stata in grado di smaltire le grandi quantità allora immesse nel mercato. Fu negli anni '70, infatti, che dagli oltre 100 litri di consumo pro capite si cominciò a scendere, sempre più velocemente, fino ai circa 50 attuali. Lo spopolamento delle campagne e il trasferimento di molte persone nei centri urbani, impegnate in attività che richiedevano un minor dispendio di energie, trasformarono il consumo di vino. La Toscana da questo punto di vista giocò d'anticipo con i "supertuscans", vini non doc eppure eccelsi come il Sassicaia, il Tignanello e il Solaia, quest'ultimo riconosciuto già nel 2000 da "Wine spectator" come il migliore del mondo.
RINASCIMENTO TOSCANO. Il "rinascimento" del vino toscano non passò inosservato a John Mariani, un affermato commerciante italoamericano di etichette importate dall'Europa. Dal suo incontro con Ezio Rivella prese avvio una delle più entusiasmanti avventure dell'enologia italiana. Rivella, girando il Paese in lungo e in largo, si era reso consapevole sia dei difetti del mondo vinicolo dell'epoca, sia delle opportunità che un grande investimento avrebbe potuto offrire. Rivella espose a Mariani l'idea che aveva da tempo: creare una grande impresa nel cuore della Toscana, dove i terreni per produrre qualitativamente non mancavano. L'italoamericano credette in Rivella e finanziò l'operazione facendo nascere, all'inizio degli anni '80, Villa Banfi: 800 ettari piantati a Sangiovese, il vitigno che dà vita al Brunello di Montalcino, uno dei primi vini a ottenere la denominazione di origine controllata e garantita. La vastità della tenuta (la più grande d'Italia) testimonia il senso di una profonda innovazione, se si pensa che ancora oggi la superficie media vitata delle aziende italiane non supera l'ettaro, segno di proprietà estremamente frammentate per le quali è difficile raggiungere una produttività adeguata contenendo i costi.
PICCOLE DIMENSIONI = ALTI COSTI. Già, i costi. È a causa loro che su francesi e italiani si sta allungando l'ombra dei paesi emergenti. La più minacciosa è quella dell'Australia, che ha già conquistato un posizione di rilievo nel Regno Unito applicando una strategia commerciale ora replicata negli Stati Uniti che mira al tallone d'Achille degli europei: la loro scarsa attività di marketing nelle grandi catene di iper e supermercati con la propensione, invece, a privilegiare il rapporto con la ristorazione di alto livello. A difesa di italiani e francesi va detto che almeno finora questa è stata una strada quasi obbligata a causa dei prezzi imposti dai costi di produzione, dovuti in buona parte alla parcellizzazione dei vigneti. Si comprensibile la situazione tornando al concetto di superficie media vitata di cui dispongono le imprese: un ettaro in Italia, due ettari in Francia, ma... 111 in Australia! La sproporzione è evidente, le case australiane si avvantaggiano di una produzione su scala enormemente maggiore che ha consentito di abbordare nelle migliori condizioni le catene di supermercati.
BOTTIGLIE CHE PARLANO DA SOLE. Mentre italiani e francesi storcevano il naso all'idea di vedere le loro pregiate etichette su scaffali a "libero servizio", in punti vendita privi di un esperto capace di assistere il consumatore che nel carrello della spesa aveva magari già inserito saponi e detersivi, gli australiani hanno scelto il pragmatismo, facendo in modo che le loro bottiglie parlassero da sole con retroetichette ricche di informazioni circa il vino contenuto e le possibilità di abbinamento al cibo.Una strada che poi anche gli altri hanno dovuto seguire tentando di recuperare il ritardo con azioni di trade-marketing, quelle dirette ai (o effettuate con) buyer della distribuzione commerciale per i quali è importante capire quanto guadagna la catena vendendo un vino piuttosto che un altro.
ORIGINE O TIPOLOGIE D'UVA? Chi dispone di grandi vigneti parte avvantaggiato perché ha la possibilità di far crescere i profitti del supermercato e di ritagliare, dal prezzo di vendita delle bottiglie, le risorse finanziarie adeguate a sostenere le forme di comunicazione discrete ma pur sempre costose che il vino richiede, non volendo, e non dovendo, essere confuso con birra e soft drink. Il problema sta nel fatto che gli australiani negli Usa si sono già posizionati bene acquistando pure alcune case vinicole californiane e stringendo importanti accordi distributivi. A questo deve aggiungersi uno stile di produzione già sperimentato negli Stati Uniti e apprezzato dai consumatori americani che gradiscono vini più leggeri, fruttati e distinti più che per origine (come Bordeaux o Chianti) per tipo di uve: Cabernet, Sauvignon, Chardonnay e così via. Australiani e americani, come "nuovi produttori", hanno in sostanza diversi punti che li accomunano e lo stesso dovrebbe dirsi di italiani e francesi che potrebbero scoprire di non doversi più considerare sempre e comunque avversari.
SUA MAESTÀ RESTA IL BRUNELLO. È il verdetto più atteso dal mondo dell'enologia internazionale. La rivista americana Wine Spectator, considerata la bibbia del vino, anche quest'anno ha stilato la classifica delle cento migliori bottiglie del mondo. Per l'Italia, il 2002 è stato un trionfo: 21 etichette sono entrate nella prestigiosa graduatoria e tre nelle prime dieci. Tre brunelli per l'esattezza: il Castello Banfi al terzo posto, il Pian delle Vigne Antinori al settimo e il Castelgiocondo dei Marchesi de' Frescobaldi all'ottavo.Enrico Viglierchio, direttore generale di Banfi, spiega così lo straordinario risultato ottenuto: "Abbiamo investito in passione, risorse finanziarie, ricerca e cantina. Ecco il segreto. Il brunello premiato, che produciamo in 400 mila mila bottiglie è il nostro orgoglio". In totale sono sette le grandi firme che producono questo vino toscano, incoronate da Wine Spectator, cui non è sfuggita la straordinaria annata del 1997: una delle migliori vendemmie del secolo. Al primo posto, invece, un francese: lo Châteauneuf-du-Pape del 1999, di Guigal. Ma negli ultimi due anni a trionfare erano stati due italiani: il Solaia e l'Ornellaia, rossi preparati nelle aziende dei fratelli Antinori. La classifica valuta le bottiglie in base a quattro criteri: qualità, prezzo, produzione e un fattore x, che viene chiamato "exctiment". I degustatori americani della rivista, per compilare la superclassifica, hanno assaggiato bendati più di 11 mila vini. Nei cento, resta ancora massiccia la presenza dei cabernet sauvignon californiani. Un vitigno che piace molto agli americani e che, in ogni edizione, non manca mai di affollare il rinomato elenco.


tratto da La Nazione - 19 gennaio 2003
La "cacao valley" si ribella: «Un sopruso»
di Emanuela del Mauro
PISA - La decisione dell'Unione Europea di dare il via libera alla "circolazione delle merci" - ovvero anche ai prodotti di cioccolateria "surrogati" perché preparati con sostanze grasse vegetali diverse dal burro di cacao - ha suscitato una levata di scudi da parte delle associazioni pisane per la tutela delle produzioni artigianali doc e da parte di Legambiente. Da ora in poi, infatti,i prodotti che contengono fino al 5% di "grassi diversi" saranno in vendita sotto la generica denominazione di "cioccolato", e non più di "surrogato", imposta a suo tempo da Italia e Spagna. E da più parti il verdetto della Corte di Giustizia Europea appare come una minaccia al decollo del progetto di Pisa come porta della "Tuscan chocolate valley", inaugurato col successo di Anteprina Eurochocolate all'ex stazione Leopolda (80mila presenze, dall'11 al 13 ottobre del 2002). La Confartigianato intende continuare la battaglia per il cioccolato "puro", e chiede all'Ue la possibilità di tutelare il prodotto made in Italy con il marchio Stg (specialità tradizionale garantita). "Per salvaguardare, senza rischio di equivoci - dicono - il vero cioccolato di qualità, artigianale, italiano, senza grassi diversi dal burro di cacao e privo di ingredienti e derivati di organismi geneticamente modificati".
Legambiente, Confartigianato e Cna mutuano la definizione dalla "Garzantina" delle Scienze, che testualmente dice "Cioccolato: prodotto alimentare composto da cacao e zucchero, con o senza aggiunta di burro di cacao e aromi" e così bocciano senza appello la "bocciatura" ricevuta dalla Corte di Giustizia europea, che ha condannato Italia e Spagna per violazione dell'articolo 28 del Trattato sulla libera circolazione delle merci. "Quello che per la Corte è un limite al libero mercato - si legge in una nota congiunta delle tre associazioni di categoria che hanno sponsorizzato a Pisa la manifestazione 'Anteprima Eurochocolat' - per artigiani, ambientalisti e consumatori è invece il fulcro di una battaglia a sostegno della qualità e per la trasparenza dell'informazione, ovvero il diritto ad essere sempre correttamente informati sulla qualità dei prodotti in commercio, necessità inalienabile nel caso di prodotti alimentari. Perché - concludono - le normative europee devono tendere a standard elevati, e non al 'ribasso' come avvenuto per altri prodotti enogastronomici pregiati".


tratto da il Messaggero - 19 gennaio 2003
Ricerca Usa: "Il cioccolato è un toccasana per il cuore"
SCRANTON (Pennsylvania) - Il cioccolato, cibo degli dei, fa bene al cuore oltre che allo spirito. Una ragione in più per cedere alla tentazione arriva dal convegno dell'American Chemical Society: i ricercatori della University of Scranton, in Pennsylvania, infatti, hanno messo sotto la lente di ingrandimento cioccolatini e tavolette per e hanno scoperto che i polifenoli, di cui il cioccolato è ricco, rappresentano un vero toccasana per il nostro cuore "abbattendo del 20% i rischi di complicazioni cardiache". Una barretta di cioccolato contiene tanti polifenoli quanto un bicchiere di buon vino rosso e contribuisce a diminuire del 10% i livelli di colesterolo cattivo (LDL) dal nostro sangue. Ma non solo: le proprietà antiossidanti del cioccolato sono pari a quelle di aglio e fragole, specie se si predilige quello fondente. "Quello nero, infatti - spiega Joe A. Vinson - oltre a contenerne in altissime concentrazioni, ha gli antiossidanti di migliore qualità".


tratto da il Resto del Carlino - 16 gennaio 2003
CIOCCOLATO, L'IRA DI ALEMANNO: "QUESTA DECISIONE VA CONTRO LA QUALITÀ"
ROMA - Le associazioni dei consumatori sono sul piede di guerra, e per l'occasione si alleano con il ministro dell'Agricoltura e con Legambiente. Gianni Alemanno bolla la decisione della Corte europea come un'iniziativa che "va contro la qualità e la corretta informazione dei consumatori", e suggerisce un sistema di etichettatura chiaro e trasparente che metta in grado l'acquirente di sapere con certezza che tipo di cioccolato compra: "Interverremo urgentemente presso il ministero delle Attività produttive - annuncia - per chiedere una regolamentazione ad hoc che riconosca il vero cioccolato di qualità". Al suo fianco, Legambiente, Confartigianato e Cna, che propogono di ottenere, per i prodotti tradizionali confezionati solo con il burro di cacao, il marchio di Specialità Tradizionale Garantita (Stg) già in uso per cibi artigianali come, ad esempio, la mozzarella. Questo consentirebbe al buongustaio di scegliere con più chiarezza tra le cioccolate preparate con altri grassi vegetali e quelle "doc".


tratto da la Stampa - 16 gennaio 2003
ALESSANDRIA
LA PROVINCIA: PAGATI PER I DANNI FINO A 14 MILA EURO AD ETTARO

Flavescenza sulle viti "pioggia" di rimborsi
di Giorgio Longo
ALESSANDRIA Buone notizie per la vitivinicoltura. Ieri a Palazzo Ghilini l´assessore all´Agricoltura della Provincia, Giuseppe Nervo, ha comunicato ai rappresentanti delle associazioni di categoria e ai tecnici la proroga del "Rifinanziamento della Misura U", il piano che prevede rimborsi alle aziende che hanno subìto danni dovuti agli eventi eccezionali dell´anno scorso come, per esempio, quelli attribuiti alla flavescenza dorata. La proroga del Piano di sviluppo rurale (Misura U) permetterà un rimborso fino a circa 14.000 euro per ettaro. Un altro punto importante segnato a favore della vitivinicoltura riguarda l´apertura del bando per l´erogazione dei contributi da destinare alla ristrutturazione e alla riconversione dei vigneti. L´importo dei contributi varierà a seconda della tipologia dell´intervento. Inoltre, cifre maggiori sono state assegnate ai Comuni montani che fanno parte delle 4 Comunità della provincia (10.239 euro per estirpo e reimpianto, contro 7326 per gli altri Comuni), proprio per incentivare in quelle zone la produzione d´uva. I centri "privilegiati" sono: Albera, Arquata, Avolasca, Borghetto Borbera, Bosio, Brignano Frascata, Cabella, Cantalupo Ligure, Carrega, Carrosio, Cartosio, Casaleggio Boiro, Casasco, Cassinelle, Castellania, Castelletto d´Erro, Cavatore, Costa Vescovado, Denice, Dernice, Fabbrica Curone, Fraconalto, Garbagna, Gremiasco, Grondona, Lerma, Malvicino, Merana, Molare, Momperone, Mongiardino, Monleale, Montacuto, Montechiaro d´Acqui, Montegioco, Montemarzino, Morbello, Mornese, Pareto, Ponzone, Pozzol Groppo, Roccaforte Ligure, Rocchetta Ligure, S. Sebastiano Curone, Serravalle, Spigno, Stazzano, Tagliolo, Vignole Borbera, Voltaggio. Entrambi gli obiettivi sono finalizzati a perseguire e ottenere una viticoltura di qualità. I termini ultimi per le richieste di finanziamento non sono ancora stati fissati dalla Regione, ma si presume possano cadere intorno a fine marzo-metà aprile. "I tempi sono stretti - dice l´assessore Giuseppe Nervo -: è quindi opportuno che gli interessati preparino già la relativa documentazione per l´accesso ai fondi".


tratto da il Mattino - 16 gennaio 2003
In Basilicata la Giv punta sul grande rosso meridionale
La tenuta è degli Svevi, il re è Manfredi, il terreno argilloso sempre arido quest'anno è straordinariamente inzuppato d'acqua. Qui a Venosa oraziana e ricca di bello, sorvegliata dal placido Vulture ricoperto di boschi, c'è la cantina lucana del Gruppo Italiano Vini, il più grande produttore vitivinicolo del Belpaese che con la formula "tante piccole aziende in una grande azienda" cerca di interpretare i mille volti del vigneto nazionale. Sicilia, Puglia e Basilicata appunto fanno parte del progetto Sud partito cinque anni fa e si capisce perché: nel Mezzogiorno la quantità e il buon rapporto con il prezzo non costituiscono un problema e consentono anzi di affrontare spavaldamente il mercato globale.
Globale la vendita, tipica però la produzione. Quanti vini da tre bicchieri, giriamo la domanda ai panel corazzati di Slow Food e Gambero Rosso, superano di slancio le centomila bottiglie, sì da non creare ansiose difficoltà a chi le compra? Non sarebbe forse questo il momento di offrire certezze produttive agli appassionati invece di inventare ogni anno vini che non ci sono e di cui si favoleggia bevendo altro?
Re Manfredi, questo l'austero Aglianico del Vulture interpretato da Nunzio Capurso (nella foto) che è anche presidente di Tenuta degli Svevi (telefono 0972.374175), esiste davvero, non è solo il nome del figlio di Federico II che da queste parti si è sbizzarrito a costruire castelli per sottolineare meglio in eterno il fallimento del suo progetto politico nazionale. Parliamo di 120.000 bottiglie nate dalle uve degli 84 ettari risistemati a Pian di Camera la cui conduzione è seguita passo dopo passo da Giovanni Montrone, appena appena fuori il centro abitato, che arrivano facili vino ai 14 gradi, un vino del Sud dunque, di corpo, molto concentrato ma anche, e qui c'è lo scarto rispetto alla massa di bicchieri da masticare, di assoluta eleganza di profumi fruttati e di grande equilibrio speziato in bocca. Ora dobbiamo aspettare l'evoluzione, sperando nel tempo per un ulteriore scatto di complessità. Abbiamo, ci dice il produttore, circa vent'anni di tempo.


tratto da il Giorno - 16 gennaio 2003
WEEKEND A SALVAROLA, DOVE I MASSAGGI SI FANNO CON MOSTO E OLIO DI VINACCIOLO
Pagina a cura di PAOLO GALLIANI
SALVAROLA (Modena) - Un po' gioco e un po' scienza insolita del benessere. La chiamano "vinoterapia" a Salvarola, stazione termale a 18 km. da Modena, a poca distanza dalla mitica Maranello e ai piedi degli Appennini Emiliani. E che il nettare tanto popolare nel Belpaese abbia qualcosa a che fare con le cure delle rughe e con la protezione della pelle, è davvero una simpatica sorpresa. Ma è davvero così. Perchè nel grosso centro estetico c'è chi va a prevenire i segni dell'età e il precoce invecchiamento sottoponendosi a idromassaggi e massaggi con estratti di uva, mosto e olio biologico di vinacciolo, oltre che a una lunga serie di trattamenti che permettono di utilizzare il buono dell'acqua della zona (acqua "solfureo-bicarbonato-magnesiaca") nelle Terme vere e proprie, con piscine e getti d'acqua a diverse temperature. Della serie: siamo in una strana località, dove l'acqua accetta di dividere onori e glorie con il vino. Ma attenzione, senza concessioni a certe cattive abitudini italiane. Perchè a Salvarola tutto è soft, salutare, senza esagerazioni. E la divinità tutelare ha più l'aria di assomigliare a Venere che a Bacco. Qualche prezzo. Per il soggiorno nell'hotel Terme Salvarola (tel. 0536-987530; www.termesalvarola.it) calcolare 112 euro (doppia in bassa stagione). Il massaggio a base di mosto costa 42 euro, l'idromassaggio con lambrusco 52 euro e il massaggio al mosto di Trebbiano e agli olii biologici 78 euro. E ancora: il "total face" (peeling con olii al vinacciolo, trattamento antri-stress, etc.) costa 85 euro. Mentre il "Vino-day", a 164 euro, prevede la visita medica, il trattamento con fanghi termali, il massaggio con estratti di mosto e olii di vinacciolo e l'utilizzo del centro termale "Balnea".
Per un filo diretto con "Turismo e weekend" (segnalazioni, lettere, etc.) inviate le vostre e-mail a:
paolo.galliani@ilgiorno.it



tratto da il Resto del Carlino - 16 gennaio 2003
Uno sportello e un portale per il vino
La Giunta comunale di Imola ha dato il via libera alla convenzione relativa alla realizzazione del Progetto denominato "e-Doc e-Governement nelle terre dei vini Doc" promosso dal Ministero dell'innovazione in collaborazione con l'Associazione Città del Vino. La realizzazione del progetto si propone di offrire servizi innovativi a circa 500 imprese e ad un bacino di circa un milione di cittadini amministrati. Si tratta di un progetto finalizzato a realizzare l'Enosportello, che intende rendere operative per via telematica, tutte le procedure burocratiche relative ai vini Doc (denunce delle produzioni, dei vini, dei vigneti ecc…) e l'Enoportale, cioè un'enoteca virtuale in linea per ogni Comune aderente, da realizzare d'intesa con la Provincia e la Camera di Commercio di riferimento. In questa enoteca virtuale le aziende del territorio potranno esporre, reclamizzare e vendere i loro prodotti: avranno così a disposizione un mercato aperto 365 giorni l'anno, 24 ore su 24, in grado di operare sulle piazze del mondo. "Il ruolo delle pubbliche amministrazioni in tema di produzioni tipiche di qualità è duplice: da una parte quello burocratico di organismi deputati al controllo e alla certificazione secondo i disciplinari che insistono sulla filiera produttiva, dall'altro quello di marketing mirato alla valorizzazione, promozione dei prodotti e dell'indotto enogastronomico - turistico" spiega l'assessore all'Agricoltura Gabriele Zaniboni. "I due progetti ai quali il Comune di Imola ha aderito sono complementari e porteranno beneficio alle aziende, ai consumatori, ai cittadini e residenti e ai turisti" conclude Zaniboni. Il costo complessivo per la realizzazione dell'Enosportello e dell'Enoportale ammonta a 1.462.000 euro. Il Ministero ha assegnato un contributo corrispondente al 37% del costo, mentre la quota restante sarà essere coperta con il lavoro del personale interno dei Comuni e il cofinanziamento da parte dei partner privati. Per l'adesione al progetto, il Comune di Imola si assocerà al Comune di Greve in Chianti (comune capofila) mediante apposita convenzione. Referente del progetto per Imola sarà Enzo Bartolini, responsabile del Servizio Agricoltura del Comune.


tratto da ANSA - 16 gennaio 2003
CIOCCOLATO: CORTE GIUSTIZIA UE CONDANNA ITALIA E SPAGNA
LUSSEMBURGO - La Corte di giustizia dell'Ue ha oggi condannato l'Italia e la Spagna ''per aver vietato la commercializzazione con la denominazione 'cioccolato' dei prodotti contenenti sostanze grasse vegetali diverse dal burro di cacao''. La sentenza e' stata pronunciata a Lussemburgo. Per i giudici europei l'aggiunta nella produzione di cioccolato di sostanze grasse vegetali diverse dal burro di cacao ''non modifica la natura del prodotto e l'indicazione sull'etichettatura e' sufficiente per garantire una corretta informazione dei consumatori''. La produzione di cioccolato e' regolamentata nell'Ue da una direttiva del 1973 che fissava il contenuto minimo di burro di cacao, e da una nuova, varata nel 2000 ma che entrera' in vigore nel giugno di quest'anno, che autorizza l'aggiunta di sostanze grasse vegetali diverse dal burro di cacao fino ad un massimo del 5%. Nell'Ue, il cioccolato fabbricato essenzialmente nel nord Europa - in Danimarca, Irlanda, Svezia, Finlandia, nel Regno Unito ma anche in Portogallo - rispetta il contenuto minimo di burro di cacao stabilito dalla direttiva europea del 1973, ma contiene sostanze grasse vegetali diverse dal burro di cacao fino al 5% del peso totale, come prevede la nuova direttiva. Per difendere la 'purezza' del cioccolato, l'Italia e la Spagna vietano la commercializzazione di questi alimenti con la denominazione ''cioccolato'', imponendo loro la denominazione ''surrogati di cioccolato''. I giudici di Lussemburgo hanno invece oggi deciso che ''le normative italiana e spagnola sono sproporzionate e violano il principio della libera circolazione delle merci'' nell'Unione. ''La sentenza ha applicazione immediata e non vi e' piu' possibilita' di ricorrere in appello per i due paesi'' - sottolineano all'Ansa fonti della Corte.
16/01/2003 11:51


tratto da il Messaggero Veneto - 15 gennaio 2003
San Giorgio della Richinvelda. Parla Giorgio Giacomello, della Coldiretti mandamentale
Barbatelle, il gelo frena il mercato
Il freddo non permette la preparazione del terreno agli agricoltori
di Martina Milia
SAN - GIORGIO. Anno nuovo, temperature rigide. Assieme al 2003 sono arrivati il gelo e la neve a ricordare che l'inverno non è scomparso e i disguidi registrati ovunque con il maltempo si fanno sentire anche in agricoltura. Per quel che riguarda San Giorgio ed in particolare le aziende di Rauscedo - principali produttrici italiane di barbatelle con una quota che si aggira sull'80% del totale nazionale - non si contano danni veri e propri quanto ritardi.
"Il problema non sta nel trovare mercato - spiega Giorgio Giacomello presidente della Coldiretti dello Spilimberghese - quanto nella difficoltà di effettuare le consegne. Le barbatelle sono già state vendute ma il freddo che si è abbattuto in tutta Italia con vento, pioggia e neve non permette la preparazione dei terreni. Le piantine in poche parole non possono essere messe a dimora e così restano ferme nelle aziende produttrici".
Il mercato delle barbatelle è internazionale visto che dai terreni di Rauscedo si esportano all'estero (Europa, ma anche America e paesi extracontinentali) dai 18 ai 20 milioni di piante l'anno. "Ogni anno sembra l'anno più freddo e ci si dimentica degli effetti che può causare il clima, mentre quello che va sottolineato è che le nuove tecnologie ci aiutano parecchio a sopperire l'imprevedibilità delle temperature. Vi sono sistemi di conservazione, frigoriferi, che permettono di mantenere le proprietà delle piante più a lungo dilatando i limiti temporali in cui vanno messe a dimora. Al giorno d'oggi, grazie a queste tecniche, le barbatelle possono attendere anche fino a giugno prima di essere piantate per cui i disagi creati dal maltempo vengono arginati", precisa Giacomello.
Più danneggiati sono i frutticoltori. "L'anno scorso la bassa produzione di uva (-30%) è da imputarsi a un inverno freddo e soprattutto molto secco che ha ridotto le quantità maturate - ancora Giacomello -. Il freddo è nemico soprattutto delle piante il cui fusto è carico d'acqua perché aumenta il rischio che i suoi vasi, ghiacciandosi, siano lesi. La situazione per ora non è preoccupante, ma si dovrà comunque attendere la primavera per controllare". I terreni di San Giorgio non producono solo barbatelle, ma ospitano anche alberi da frutto, soprattutto mele e kiwi. Nella zona di Domanins si producono ventimila quintali di frutta l'anno ma l'inverno sembra l'ultimo dei problemi dei frutticoltori. "Purtroppo non è il gelo il nostro nemico - dice amareggiato Stefano Tondat - ma la riduzione dei prezzi al produttore, che fa più danni agli agricoltori di qualunque agente atmosferico".


tratto da Corriere della Sera - 15 gennaio 2003
VINI
La scommessa vinta del Montevetrano
di Franco Ricci, direttore di Duemilavini
Una quindicina di anni fa, alcuni amici appassionati decisero di fare una sperimentazione nella proprietà campana di Silvia Imparato. Con l'intento di ottenere un vino di stile bordolese, nacque la "scommessa Montevetrano". I vecchi autoctoni vennero reinnestati con vitigni internazionali e Aglianico.
Prima annata 1991, il vino è già strepitoso.
Riccardo Cotarella e Silvia, comprendono subito il valore del loro "gioco" e si impegnano in modo crescente.
L'ultimo Montevetrano (52 Euro e valutazione AIS ai massimi livelli) è realizzato con Cabernet Sauvignon, Merlot e Aglianico in piccolissima percentuale. È di un rosso denso e cupo, seduce con profumi che si intrecciano, dalla frutta esotica alla vaniglia, dalle viole alle fragoline di bosco alle spezie. Complesso, elegantissimo, dal perfetto equilibrio. Un velluto di interminabile finale, paragonabile ai più importanti Bordeaux, da custodire gelosamente almeno altri 10 anni. La limitata produzione non ne ha mai consentito la vendita ai privati, anche se ora è possibile acquistarne limitatissime quantità (2 bottiglie) se si è in visita all'azienda.
MONTEVETRANO - Via Montevetrano, 3 - 84099 San Cipriano Picentino (SA) - Tel. 089 882285



tratto da la Tribuna di Treviso - 15 gennaio 2003
Il Prosecco e la sua terra
Una monografia firmata da Giampiero Rorato
Storie e leggende che legano il vino doc alle colline trevigiane
di Paola Dall'Anese
Il Prosecco di Conegliano e Valdobbiadene diventa una guida al territorio. E' arrivata da alcuni giorni in libreria, la prima monografia sul Prosecco Doc scritta, per la Morganti Editori, da Giampiero Rorato, studioso mottense di enogastronomia dal titolo "Il Prosecco di Conegliano-Valdobbiadene". Si tratta, come si legge nella stessa prefazione scritta dall'editore Paolo Morganti, di "una sorta di diario lungo un intero anno e ampio 300 pagine dove il vino diventa protagonista del rapporto dialettico tra l'uomo e la sua terra". Infatti, è proprio il Prosecco lo spumante più conosciuto dagli italiani. Ma non tutto il prosecco è uguale. "Questo volume è molto importante per far conoscere le peculiarità del prodotto a livello internazionale. Sono, infatti, le colline di Conegliano e Valdobbiadene - spiega il direttore del Consorzio per la tutela del Prosecco che ha collaborato alla realizzazione del volume, Giancarlo Vettorello - la culla e il centro di selezione dove nei secoli si è perfezionata la produzione di questo spumante, unico per piacevolezza e bevibilità. Non a caso il Prosecco di Denominazione di origine controllata è proprio sinonimo di questo territorio dove si esprime la migliore qualità, nonostante i numerosi tentativi di imitazione". E così per aiutare il consumatore a conoscere e riconoscere questo spumante Doc è stata ideata questa monografia dove le immagini del territorio si alternano al testo unendo storia, tradizione e leggende che da sempre identificano il prosecco con la sua gente. Il libro tratta l'aspetto enologico seguendo la vita del grappolo, senza tralasciare le bellezze storico-turistiche del territorio. La guida, in questa prima edizione tradotta in lingua tedesca, nella prossima ristampa presenterà anche la versione in inglese e in giapponese.


tratto da il Denaro - 15 gennaio 2003
Chiesto il marchio d'origine per il carciofo di Paestum
di Oreste Mottola
I carciofi non sono tutti uguali. E non tutti combattono efficacemente il logorio della vita moderna. Quello che "funziona" di più non è quello cinematografico di Mimongo, bensì quello reale targato Paestum: dal fruttivendolo si fa riconoscere per avere le foglie esterne di un colore che tende al rosso scuro. E' la varietà che cresce bene solo all'ombra dei templi ed è un vero toccasana per il fegato, ricco come è di sali minerali e vitamine. Un salutare decotto combatte l'insorgere dell'arteriosclerosi. Sono solo alcune delle particolarità della "Tonda" pestana, si chiama così la varietà locale.
I produttori del carciofo di Paestum promuovono un forum per ottenere il marchio Igp, l'indicazione geografica protetta, secondo le nuove regole stabilite dalla Comunità Europea. Il carciofo che cresce nei campi della piana di Eboli - Capaccio si distingue dalle altre produzioni simili per la pezzatura più grossa, il capolino più grande, la forma sub- sferica, il sapore gradevole e delicato alla cottura. Nel comprensorio del carciofo pestano (che comprende anche alcuni comuni vicini: Eboli, Battipaglia, Altavilla e Serre) sono oltre duemila gli ettari di terreno dove, grazie alle particolari condizioni pedoclimatiche ed alle accurate tecniche di coltivazione, si produce un carciofo dalle molte qualità. La quantità prodotta supera le trentamila tonnellate all'anno ed il mercato ortofrutticolo di Capaccio è un punto di riferimento nazionale per la vendita del carciofo. L'epoca della produzione va da ottobre a maggio per le varietà precoci e da fine marzo a giugno per le tardive. Il carciofo non ha controindicazioni al consumo, salvo che per le donne nel periodo dell'allattamento, poiché sembrerebbe ostacolare la produzione di latte.
Il carciofo è utile nel metabolismo del colesterolo e dei grassi. Ha effetti diuretici e depurativi; regolarizza la funzione epatica, la secrezione biliare, l'equilibrio del glucosio ematico e l'attività intestinale. Inoltre, l'azione depurativa contribuisce alla bellezza della pelle. Queste proprietà terapeutiche si ricavano solo in minima parte dal consumo dell'infiorescenza. Infatti, i principi attivi (cinarina, glucosidi, tannini, inulina) sono presenti soprattutto nelle foglie di questa pianta. Pertanto, per poterne usufruire bisogna ricorrere ad un'erboristeria o a una farmacia omeopatica. Come attestano gli scritti di alcuni autori antichi (De Rustica di Columella e Naturalis Historia di Plinio), il carciofo (Cynara scolymus) era già conosciuto all'epoca dei Romani. Notizie più certe sulla sua coltivazione in Italia risalgono al XV secolo, quando, dalla zona di Napoli, dove era stata introdotta da Filippo Strozzi, la coltura del carciofo si diffuse in Toscana (Caterina dei Medici ne fu una grande consumatrice) e, successivamente, in molte altre regioni ed in tutta l'area mediterranea.
La produzione, a Paestum, ha raggiunto l'eccellenza ed adesso si chiede all'Europa il "bollino blu" dell'indicazione geografica protetta.


tratto da il Giorno - 15 gennaio 2003
Verbano, si punta al vino doc già dalla prossima vendemmia
P.C.
ANGERA - Vino Doc dal lago Maggiore, magari dalla prossima vendemmia? E' quello che sperano i viticoltori locali, ma anche Coldiretti e Camera di Commercio di Varese, autori questi due enti di una ricerca dedicata alla qualità del vino prodotto in provincia di Varese, in particolare nella zona del basso Verbano. Questo per consentire al buon vino locale di arrivare al marchio ''Doc'', attraverso la premessa della cosiddetta Indicazione Geografica Territoriale. Gli attuali 50 viticoltori varesini vogliono finalmente far uscire i loro bianchi e rossi dal circolo vizioso dell'autoconsumo, e lanciare dunque sul mercato un prodotto che vanta una qualità notevole. Si tratta infatti di diverse centinaia di quintali di litri l'anno con una gradazione media di 12 gradi. La ricerca effettuata lo scorso anno dall'agronomo Giuseppe Zatti e coordinata da Osvalda Failla dell'Università degli Studi di Milano, dopo aver censito e preso in esame i vitigni coltivati nel varesotto (in particolare malvasia, trebbiano, chardonnay, nebbiolo, barbera, croatina), ha analizzato uve e vino prodotto. Il quale risulta avere caratteristiche organolettiche, profumo, sapore e colore di buon livello. Ulteriori analisi, anche di tipo storico e geologico daranno corpo all'intera procedura, coordinata dalla Coldiretti varesina. E nel 2004 i nostri viticoltori forse potranno trovarsi fra le mani il marchio che finalmente valorizza il buon vino che nasce dalle vigne del Varesotto e del lago Maggiore, cosa che fornirà sicuramente un motivo di attrazione in più anche per il turismo eno-gastronomico.


tratto da il Denaro - 15 gennaio 2003
Castagna di Roccamonfina, nasce il comitato per il riconoscimento Dop-Igp
di Antonio Arricale
Accantonate finalmente le polemiche tra i produttori, per la castagna del vulcanco di Roccamonfina, produzione tipica dell'Alto Casertano, si avvia finalmente la fase del riconoscimento Dop-Igp. Giovedì 9 gennaio, infatti, si è conclusa la prima fase di costituzione del Comitato promotore per avviare le procedure di riconoscimento. Presso la Camera di commercio di Caserta, presenti i responsabili dello Stapa Cepica, funzionari dell'assessorato Agricoltura della Regione Campania, i resposnabili delle tre organizzazioni dei produttori agricoli, Coldiretti, Cia e Upa, ed i componenti della Giunta camerale Tommaso De Simone e Lino Martone, quest'ultimo anche nella qualità di presidente della nuova azienda speciale dell'ente camerale, Agrisviluppo srl, è stato nominato il Comitato, che risulta composto dai seguenti produttori: Angelo Migliozzi, Enzo Di Sarro, Cesare De Nicola, Vincenzo Di Pinto, Giuseppe Santillo, Vincenzo De Pippo, Renato Pettoruti e Luigi Forlingieri. Nella stessa riunione è stato indicato alla presidenza del Comitato il produttore Vincenzo De Pippo, mentre Giuseppe Santillo è stato nominato tesoriere. E' stata decisa, inoltre, che la prima riunione del Comitato sarà tenuta nartedì 21 gennaio, presso la sede di Agrisviluppo, per definire il Tavolo tecnico, pregiudiziale per tutte le operazioni future sui cui organizzare la richiesta di riconoscimento. Questa fase, nell'aprire concretamente le prospettive di valorizzazione della castagna di Roccamonfina, ne conclude nel frattempo anche una, durata almeno quattro anni, di laceranti polemiche tra i produttori. Nella sostanza, cioè, si è finalmente riuscito a conciliare le posizioni di quanti indicavano nella sola cultivar denominata "tempestiva" (che va cioè a frutto già nel mese di settembre) la richiesta per il riconoscimento dop-igp, con le richieste dei produttori delle altre tre cultivar tipiche. E cioè: "napoletana", "paccuta" e "lucida". Decidendo, cioè, di includere nel riconoscimento di origine protetto e dell'indicazione geografica garantita tutta la produzione specifica del vulcano di Roccamonfina.


tratto da il Secolo XIX - 15 gennaio 2003
Il gemellaggio Vermentino e cannonau, bottarga e basilico Tra Liguria e Sardegna il ponte della gastronomia
di Emilio Carta
Rapallo. Simbolico gemellaggio culturale ed enogastronomico tra la Liguria e la Sardegna sabato prossimo a Rapallo. Alcuni fra i più tipici piatti e prodotti delle due regioni saranno infatti illustrati - e degustati, per l'occasione - in alcuni locali della cittadina rivierasca.
"A parte gli scambi storico-documentali di cui si ha traccia sin dall'Impero Romano basta ricordare, in epoca più recente, il trasporto dei vini, di olio e formaggi effettuato sino al Primo Novecento attraverso tipiche imbarcazioni come i leudi rivani - sottolinea il presidente provinciale dell'Associazione Italiana Cuochi, Sebastiano Quaglia - O, ancora, il trasferimento dei pastori sardi fra i monti dell'entroterra ligure nei cui ovili si produce il tipico pecorino".
Il primo appuntamento di sabato 18 gennaio è previsto alle ore 17,30 in un emporio enogastronomico di corso Italia 60. In questo locale verranno presentati ed offerti al pubblico i più noti formaggi sardi, l'ormai notissima bottarga di muggine (l'oro della Sardegna) ed altre specialità marinare tratte dalla più vasta riserva umid a d'Europa, tra cui lo stagno di Mistras nel comune di Cabras, un piccolo centro dell'oristanese e, inoltre, i principali vini (dalla vernaccia al vermentino, al cannonau) dell'azienda vinicola Contini che opera nel bacino del fiume Tirso.
La stessa sera, al ristorante dell'Hotel Europa di via Milite Ignoto, è invece prevista una cena tipica, ad inviti, con la presentazione di vari piatti sardi, tratti da antiche ricette che saranno abbinati ad analoghe specialità liguri. "I rapporti tra la Liguria e la Sardegna, sono sempre stati strettissimi e la Regione Sarda proprio recentemente ha proposto il marchio Dop per la bottarga di muggine di laguna - spiegano Antonello Satta e Salvatore Manca, soci dell'omonima cooperativa di pescatori di Cabras - Il pesce, ad esempio, deve appartenere al Mugil cephalus e la difesa del prodotto, per certi versi, ricorda quanto avvenuto recentemente in Liguria con la preziosa e vincente difesa del basilico e del pesto".


tratto da il Giornale di Brescia - 14 gennaio 2003
Usa, nasce un colosso del vino
La compagnia Usa di bevande alcoliche Constellation Brands e il produttore australiano di vini BRL Hardy sono in trattative per un'acquisizione o una fusione che porterebbe alla creazione di uno dei più grossi colossi mondiali del vino.


tratto da il Piccolo di Trieste - 14 gennaio 2003
CORMONS. Oltre 50 persone hanno partecipato all'iniziativa "In vino... Caritas"
Sorsi e assaggi di solidarietà
All'Enoteca di Cormons si è svotla la prima edizione della manifestazione benefica "In vino... Caritas". La serata consisteva nella degustazione di diversi vini e varie specialità alimentari. La degustazione è stata guidata dal sommelier Marco Stefanini che ha abilmente coinvolto gli oltre 50 partecipanti alla scoperta della bellezza dei sapori del vino e dei suoi abbinamenti.
Il menù enogastronomico comprendeva specialità che univano le varie regioni italiane: quasi in un percorso ideale sono stati "visitati" gli insaccati altoatesini, i salumi emiliani, i formaggi piemontesi, il pane pugliese, le confetture calabresi ed anche alcuni vini siciliani. La quota di partecipazione della serata è servita a finanziare alcuni progetti di solidarietà promossi dell'Avsi (Associazione volontari per il servizio internazionale, sito www.avsi.org). L'Avsi è presente in 32 Paesi di Africa, America Latina, Medio Oriente ed Est Europeo con circa 70 progetti pluriennali nei settori della sanità, dell'infanzia in condizioni di disagio, dell'educazione e della formazione professionale e del recupero dell'agricoltura. L'Avsi è anche un ente autorizzato dalla Commissione per le adozioni internazionali a curare le procedure di adozione internazionale nei paesi di Albania, Lituania, Romania, Russia, Brasile, Cile operando in tutte le regioni italiane.
La serata, nata dall'idea di un gruppo d'amici, si è potuta concretizzare anche grazie alla disponibilità dell'Enoteca di Cormons. L'Avsi di Gorizia ha intenzione di ripetere questa bell'esperienza anche il prossimo anno.


tratto da il Resto del Carlino - 13 gennaio 2003
ANCHE IL 'BIANCO'FA BUON SANGUE:LO DICONO I MEDICI
Da Oltralpe arriva un'ennesima conferma che anche i vini bianchi, oltre che ai rossi, hanno proprietà benefiche. Una buona notizia per i produttori di pignoletto e dei bianchi del Reno che, seppur in minoranza rispetto ai colleghi che coltivano lambruschi, vedono in questa scoperta una rivalutazione delle loro produzioni. I ricercatori dell'università di Montpellier hanno creato infatti il 'Paradoxe Blanc', uno chardonnay che richiama, nel nome, il famoso paradosso francese: nonostante una dieta ricca di cibi grassi, i francesi soffrono relativamente poco di malattie cardiovascolari. Che i vini bianchi proteggano da questi disturbi è anche il risultato di uno studio italiano presentato in anteprima a Castelfranco Emilia dal professor Alberto Bertelli del dipartimento di anatomia umana dell'Università di Milano. "Abbiamo messo in evidenza le attività farmacologiche di una sostanza chiamata resveratrolo - ha detto Bertelli -, in molte patologie cardiovascolari, cerebrali e degenerative tessutali. Tutte queste favorevoli azioni possono essere ottenute con assai modeste concentrazioni di resveratrolo nei tessuti, raggiunte con l'assunzione moderata di vino".
c. f.


tratto da la Nuova Sardegna - 13 gennaio 2003
BARATILI SAN PIETRO
Arrivano i "mastri bottai" per rilanciare il patrimonio enologico
Gli aspiranti artigiani fanno parte di un ampio e ambizioso progetto
di Paola Bellu
BARATILI SAN PIETRO. Un corso per "mastri bottai", capaci di realizzare e sistemare le botti di castagno e rovere, scrigni del pregiato vino Vernaccia.
Potrebbe partire proprio da qui il rilancio del prodotto tipico locale per eccellenza: il Vernaccia, appunto. Un vino difficile da collocare e che, in questi ultimi anni, è stato in un certo senso spodestato dai più moderni aperitivi e spumanti, e che ha risentito della crisi mondiale dei vini da dessert, tra i quali molti la classificano.
Basti pensare che un tempo, la zona in cui la Vernaccia veniva prodotta, comprendeva circa una quindicina di paesi e che oggi si è ristretta solo ad alcuni centri come Baratili, San Vero Milis, Cabras, Zeddiani, Riola Sardo, e Solarussa. In questi ultimi anni, poi, anche le vendemmie non sono state un granché, a causa del tempo instabile e questo ha fatto sì che si registrasse un calo generale nella produzione della vernaccia.
E proprio per cercare di risollevare l'economia locale, attraverso la valorizzazione di un prodotto unico nel suo genere, l'amministrazione comunale, guidata da Renzo Murru, ha deciso di dare vita al cosiddetto "Progetto Vernaccia". Una iniziativa ancora in fase di programmazione ma che, una volta avviata, potrebbe rivelarsi una grande occasione per questo piccolo centro dell'Alto Campidano.
Il Comune infatti ha programmato di destinare buona parte dei finanziamenti ottenuti con la legge regionale "37" (annualità 2001 e 2002) per avviare questo tipo di progetto, attraverso tutta una serie di iniziative che allo stesso tempo, come prevede la legge regionale, creino occupazione. Nel dettaglio, questi fondi (che si aggirano intorno ai 400mila euro) dovrebbero essere utilizzati, tra le altre cose, per dare vita a delle figure professionali specializzate, attraverso l'istituzione di un corso per "mastri bottai", ma anche, per ristrutturare le vecchie cantine del paese e renderle fruibili al pubblico attraverso percorsi guidati prestabiliti.
Inoltre, il cosiddetto "Progetto Vernaccia" prevede la realizzazione, nei locali dell'ex mattatoio comunale alla periferia del paese, di una struttura da destinare all'imbottigliamento di Vernaccia e di olio e che serva anche per il conferimento del latte proveniente dalle aziende del circondario.
Un progetto ambizioso che dovrebbe risucire a coniugare la riscoperta di vecchi mestieri e la valorizzazione dei prodotti tipici locali per dare un futuro ai giovani.


tratto da l'Arena - 13 gennaio 2003
Recioto Trabucchi primo tra i dolci
La guida dell'Italia dei vini biologici premia il Veronese
Ai vertici Fasoli di San Zeno di Colognola, La Cappuccina e Cantina sociale di Custoza
di Vittorio Zambaldo
Il Recioto della Valpolicella doc 2000, dell'azienda agricola Trabucchi di Illasi, è il miglior vino dolce biologico dell'anno. Lo riconosce la Guida ai vini biologici d'Italia 2003, appena pubblicata nella collana Natura & salute da Edizioni tecniche nuove e curata da Antonio Attorre e Pierpaolo Rastelli. "È il miglior vino dolce di tutta la guida", scrivono gli autori nella scheda di presentazione, "colore quasi inchiostro per la densità degli estratti, colpisce già all'olfatto per gli intensi e penetranti profumi di ciliegie sotto spirito, cioccolato, fiori passiti ed erbe aromatiche". È l'unico vino veneto a ricevere il riconoscimento, assieme al bianco dell'anno (Alto Adige Sauvignon Tasnim Doc 2001 di Loacker), al rosso (San Lorenzo Ciliegiolo 2000 di Sassotondo in Toscana) e allo spumante dell'anno, titolo riconosciuto all'Oltrepò Pavese Pinot Nero Doc, Tenuta Malpaga in Lombardia. La guida è arrivata alla sesta edizione e censisce 170 aziende che producono vino e olio extravergine d'oliva biologici, proponendo schede di degustazione di alcune centinaia di bottiglie. Dallo scorso anno l'azienda illasiana, che dal 1993 ha iniziato la produzione biologica, è ai vertici del settore. Era già tra le prime cinque aziende nel 2002 e condivise il primo posto ex aequo, sempre per il vino dolce (allora fu un Recioto Valpolicella Doc 1998), con il Moscato di Cagliari 1995, prodotto da S'atra Sardigna. Segno di un'eccellenza che ha anche continuità ed è la miglior garanzia per i consumatori, che sanno di poter contare su un'azienda dedita con passione allo sviluppo di un'agricoltura che guarda con attenzione all'ambiente e alla salute. Tra i cinque migliori bianchi biologici sono segnalati nell'edizione 2003 anche Soave superiore Pieve vecchia Doc 2000 di Gino Fasoli di San Zeno di Colognola ai Colli, il Soave superiore San Brizio Doc 2000 dell'azienda La Cappuccina di Costalunga di Monteforte d'Alpone. Tra i quattro migliori rossi biologici d'Italia compaiono le stesse tre aziende con l'Amarone valpolicella Doc 1999 di Trabucchi, Calle 2000 di Fasoli e Campo Buri 1999 della Cappuccina. Questi stessi vini o aziende, con in più la Cantina sociale di Custoza, per il Bianco di Custoza doc 2001, sono fra i premiati anche alla rassegna dei vini biologici organizzata da Legambiente e dalla rivista Nuova ecologia, primeggiando fra 85 vini biologici selezionati da una giuria di esperti dell'Enoteca italiana di Siena. Un allargamento di riconoscimenti che è conferma della qualità della viticoltura veronese nel settore biologico. Guardata un tempo con sufficienza, nella convinzione che si trattasse di una produzione difficile da vendere, la Guida di Attorre e Rastelli conferma invece che la produzione biologica è in crescita, come anche il numero delle aziende e dei vini censiti. Di pari passo cresce la qualità a vertici di eccellenza, confermati dai riconoscimenti che i vini biologici ricevono nelle rassegne enologiche. Nell'introduzione alla guida, Ignazio Garau, dell'Associazione italiana agricoltura biologica (Aiab) conferma il rammarico perché il successo all'estero di questi produttori coraggiosi non trova corrispondenza all'interno dei confini nazionali. Chiede di colmare lacune normative riconoscendo che oggi si può parlare di uve provenienti da agricoltura biologica, ma non ancora di vino biologico perché non sono regolamentate in ugual misura tecniche e sostanze utilizzate nella vinificazione. "L'Aiab rilascerà il marchio di garanzia solo a quei vini che hanno seguito precise e rigide norme anche in cantina", ricorda Garau. Gli stessi autori della Guida mettono la legge carente sulla cantina fra le due questioni importanti sul tappeto. L'altra è l'introduzione di viti transgeniche la cui base legislativa è stata prevista con la Direttiva europea dello scorso 14 febbraio sulla commercializzazione dei materiali di moltiplicazione vegetativa della vite. "Senza paura di rischiare di apparire nemici della scienza e del progresso, è giusto difendere la differenziazione delle produzioni e il valore anche culturale della biodiversità, una scelta strategicamente vincente sul piano economico, oltre che giusta su quello etico", scrivono Attorre e Rastelli. E concludono: "La ricerca biotecnologica sia svolta sperimentalmente e a lungo termine, i risultati siano verificabili da enti autonomi e la scienza proceda in ogni direzione, a partire dall'affinamento di tecniche ecocompatibili".


tratto da la Provincia Pavese - 12 gennaio 2003
Meno infarti con birra e vino
Studio Usa: piccole quantità aiutano il cuore
ROMA. Birra e vino contro l'infarto. Il consumo moderato e frequente di alcol protegge infatti il cuore dall'attacco cardiaco riducendo il rischio di subire un evento anche del 37%. E' quanto emerge da uno studio condotto a lungo termine e su vasta scala da un gruppo di ricercatori del Beth Israel Deaconess Medical Centre e dalla Harvard School of Public Health. La ricerca ha monitorato per 12 anni 40.000 uomini di età compresa tra i 40 e i 75 anni. Il campione, oltre a rispondere ogni 4 anni a questionari sulle abitudini alimentari, il consumo settimanale di alcol, il tipo di bevanda preferita (birra, vino bianco o rosso e superalcolici), la quantità giornaliera assunta e l'eventuale associazione ai pasti, e stato sottoposto a visite mediche accurate. Dall'elaborazione dei dati è emerso che al consumo dell'alcol è associato un rischio coronario minore a prescindere dal tipo di bevanda assunta e dalla quantità giornaliera".


tratto da l'Arena - 12 gennaio 2003
Anche un "americano" al primo giorno di lezione del corso Onav al mercato ortofrutticolo
A scuola con la valigetta dei bicchieri per imparare a conoscere i segreti del vino
di Carlo Rigoni
Villafranca. Si sono presentati all'appuntamento mercoledì sera come tanti scolaretti il primo giorno di lezione e hanno preso posto - testi, dispense e valigetta dei bicchieri alla mano - al tavolo scelto nel salone riunioni del mercato ortofrutticolo. Per una settantina di allievi, trentenni ma anche più giovani provenienti da una vasta zona della provincia, è iniziato così il corso per assaggiatori di vino promosso per il ventesimo anno consecutivo dal Consorzio di tutela Bianco di Custoza e condotto dalla delegazione provinciale Onav che a Villafranca ha il suo nuovo delegato nella persona di Pierino Grigolato. Tanto entusiasmo e desiderio di imparare da parte dei partecipanti. Tra i primi iscritti Giancarlo Taietti, imprenditore commerciale di Villafranca: "sto per allestirmi la cantina e ho pensato di farmi un cultura del vino", motiva la sua partecipazione al corso insieme al figlio Thomas, 29 anni, suo collaboratore, che aggiunge "Ho pensato sia interessante conoscere cosa si beve, l'origine del vino e come assumerlo correttamente". "Ho appreso la presenza del corso via internet", dice Anna Perbellini, 26 anni di San Giovanni Lupatoto, impiegata al pastificio Rana, "e ho deciso di approfondire la conoscenza del vino; è soddisfazione saper scegliere una buona bottiglia". Silvia Vivaldi, bancaria, e Anna Facchini, pubblicitaria, ventiseienni di Trevenzuolo, esprimono la stessa motivazione: "Vogliamo riconoscere il vino, coglierne le caratteristiche e come abbinarlo ai cibi". "La frequenza al corso mi consentirà di aumentare il curriculum", fa presente Alessia Bertaiola, 26 anni di Quaderni, laureata in biotecnologie e responsabile di qualità alimentare. Davide Busti, 37 anni, litografo di Verona, non esita a dichiarare: "Da buon veronese voglio farmi una cultura del vino". Corrado Cordioli, trentenne, commerciante villafranchese, è lapidario: "Sono appassionato di cucina ma mi piace anche bere bene". Stefano Adami, 33 anni, di Valeggio: "Non bevo liquori ma il vino mi è sempre piaciuto e voglio imparare a degustarlo". Tra gli allievi un sessantenne, Vincenzo Perucchini, che gestisce tre ambienti nel Colorado ed è rientrato dagli Stati Uniti per una vacanza a Villafranca: "Ho saputo del corso e trovo interessante aggiornarmi. Noi in America vendiamo solo vini italiani e ogni anno vengo al Vinitaly". Cristina Fugatti, dell'azienda Roeno e agriturismo di Belluno Veronese: "Sono venuta a conoscere il modello organizzativo per promuovere un corso anche in Valdadige". Tutti hanno ascoltato con interesse la prolusione al corso tenuta dal vice presidente nazionale Onav Giulio Liut sulla panoramica mondiale dei vini. In 20 anni l'Onav ha sfornato oltre 1.500 diplomati assaggiatori.


tratto da la Provincia Pavese - 12 gennaio 2003
"Subito un tavolo con enti, consumatori e aziende"
Riso "Dop": parte la sfida
Dall'anno della crisi le ricette per rilanciare il comparto
VIGEVANO. Prezzi che salgono e guadagni che scendono, la concorrenza estera che mette in crisi un mercato già malato, e la lotta quotidiana per far capire alla gente che comprare italiano significa comprare sano: il riso lomellino alza la voce per farsi ascoltare dalla gente e dalla politica che tradizionalmente mette l'agricoltura in secondo piano. Dal forum organizzato dalla Provincia pavese emergono, forti, le preoccupazioni delle associazioni degli agricoltori. Ma emergono altrettanto forti due proposte: la necessità di un marchio unico per il riso italiano, e poi un'alleanza tra produttori, consumatori e industria per vincere la guerra della concorrenza a basso costo. In gioco c'è la sopravvivenza di un settore che è la spina dorsale dell'economia provinciale.
Coldiretti. Si è appena conclusa una stagione strana: abbiamo prodotto tanto e bene, guadagneremo poco e male. Alla base del problema ci sono gli accordi internazionali che hanno limitato la quantità di riso da esportare e permesso l'entrata di riso a dazi abbattuti dai paesi in via di sviluppo. Per uscire da questo circolo vizioso senza mandare in crisi le casse europee c'è una sola strada: il ricorso massiccio alle eccedenze per gli aiuti alimentari. Cia. Aggiungerei il tema dei prezzi in calo costante: negli ultimi cinque anni la diminuzione dei prezzi al produttore si può valutare attorno al 30 per cento. A questo si deve aggiungere che il consumo di riso non decolla: nel 1960, in Italia, si consumavano 5.1 chilogrammi di riso a testa; nel 2001 si è scesi a 4.9.
Unione. La cosa triste è che noi mangiamo più pasta, ma i magazzini sono pieni di grano perchè l'industria usa grano di importazione. Manca la capacità di "fare sistema", di confrontarsi con i consumatori e con il mondo della politica per fare in modo che i cambiamenti di mercato aiutino la produzione interna. In paralelo aumento i costi di produzione: costi per la qualità totale richiesta al prodotto italiano che sono a carico dei coltivatori.
Coldiretti. Il grande dramma del riso è che nel 2009, 48 paesi in via di sviluppo potranno portare riso in italia senza dazi. Secondo una prima valutazione saranno 10 milioni di quintali a dazio zero. Diventa necessario diversificare il riso comunitario dal riso extracomunitario: il primo rientra negli standard di salvaguardia del consumatoire; il secondo non dà alcuna certezza. In alcuni paesi si usano prodotti (come il Ddt) banditi in europa da decine di anni. Quella che serve, quindi, è una battaglia per dare certezze ai consumatori: creiamo marchio di riso italiano, la "denominazione di origine protetta" del riso.
Cia. La Lomellina ha una larga base agricola, quindi è scontato che entri nel mercato del riso con una parola propria. Ma c'è un altro passaggio: ci sono tre province (Novara, Pavia e Vercelli) distinte come amministrazione, ma che sono un unico territorio agricolo. Il marchio deve rendere riconoscibile la produzione delle tre province.
Coldiretti. Per questo come associazione abbiamo promosso e realizzato un accordo con una grande industria di trasformazione per avviare praticamente la tracciabilità, ovvero quel processo che dà ai consumatori la certezza su tutti i passaggi di quello che finisce nel suo piatto.
Unione. Quello che non appare a chi va solo a fare la spesa, è il lavoro che sta dietro la qualità: si vede solo aumento al supermercato. La logica comune vuole che l'aumento al supermercato corrisponda l'aumento sul campo. Spiegamolo che le cose non stanno così. Spieghiamolo a un tavolo dove ci siano le associazioni dei consumatori, il presidete provincia, i parlamentari. Servono strumenti per far capire dove nasce la differenza di prezzo tra quello che guadagnano gli agricoltori e quello che spende la gente.
Coldiretti. La promozione con una tracciabilità completa è la scommessa nuova rispetto alla promozione tradizionale con la faccia dei testimonial famosi. Il nostro obiettivo è a medio termine: è il primo tentativo di diversificare prodotto italiano.
Unione. La tristezza è che la gente conosce la mucca passa e il metanolo perchè sono disgrazie: gli agricoltori per fare notizia devono avere una disgrazia.
Cia. L'informazione rispetto alla produzione e ai sistemi di diffusione è fondamentale. Detto ciò, però, sono preoccupato anche dalla situazione economica: stiamo constatando una diminuzione dei consumi generalizata. Se non diamo una immagine chiara della qualità, la massaia acquisterà al risparmio e non seguendo le indicazioni di qualità. Quindi la sfida è doppia: rendere il nostro riso appetibile anche nella diversificazione del prezzo.
Unione. Esistono anche problemi operativi: la logica di redistribuzione dei redditi ha sottratto alle aziende agricole una capacita finanziaria minima. Non abbiamo più un minor reddito aziendale: abbiamo una caduta verticale dei guadagni che può spingere l'imprenditore a mollare. Serve, e presto, un impegno politica a dare alle aziende agricole gli strumenti per restre sul mercato.
Coldiretti. La riforma dell'Ocm riso, quindi, ma soprattutto una legge di orientamento. E' la strada fondamentale per passare dagli aiuti agli investimenti strutturali. La chiave di volta è qui.
Unione. Ma la classe politica italiana gioca nello scacchiere internazionale mettendo l'agricoltura in secondo piano rispetto ad altri settori. Ma la caduta del reddito nelle aziende agricole significa la caduta di un sistema economico territoriale.
Cia. Tutta l'agricoltura italiana è agricoltura di nicchia, ad alta valenza nutrizionale (olive, parmigiano e così via). quindi altro elemento di debolezza per la risicoltura è che mentre altri settori si sono mossi su comunicazione (vino, parmigliano etc) sul riso questa comunicazione è stata in ritardo. Tutti i consumatori conoscono differenza tra un vino Cabernet e un Sauvignon, nessuno la conosce tra riso Baldo e riso Roma.
Coldiretti. Deve essere chiara al consumatore anche la multifunzionalità dell'agricoltura sul territorio: la risicoltura ha modificato la Lomellina rendendola abitabile.
Cia. L'agricoltura è strategica, quindi legge d'orientamento e multifunzianalità devono arrivare insieme a investimenti di sistema. Ma se nella finanziaria di quest'anno ci sono meno soldi dell'anno passato, significa che l'agricoltura non è vista dalla politica come settore strategico per il sistema Italia.


tratto da la Provincia di Sondrio - 9 gennaio 2003
Vini: l'ultima "chicca" è il dolce di Valtellina
Sondrio. La Valtellina dei vini scopre la "dolcezza".
Sulla base dei regolamenti della commissione dell'unione europea, infatti, il consorzio vini valtellina si è attivato per fare inserire la nostra uva Chiavennasca nello speciale elenco dei vitigni destinati alla produzione di "vini da uve stramature", che renderà possibile la produzione di un vino dolce, passito e da dessert che potrebbe fregiarsi della doc o della docg. e c'è già chi è pronto a imbottigliarlo: le cantine Sertoli Salis e Triacca.


tratto da il Giornale di Brescia - 9 gennaio 2003
Una classifica dei siti internet dei produttori di vino
CANTINA E DINTORNI MONTALCINO (Siena) - Oltre che per l'eccellenza dei vini, le cantine italiane saranno anche valutate per i loro siti web. L'agenzia on line d'informazione sul vino www.winenews.it ha stilato infatti una prima classifica dei migliori siti. Ai primi posti il colosso veneto Santa Margherita (www.santamargherita.com), il leader del Sagrantino di Montefalco Caprai (www.arnaldocaprai.it) e una delle aziende artefici del " rinascimento" del vino in Sicilia, Planeta (www.planeta.it). Insomma, c'è un vino da bere e un vino sul quale si può anche "navigare": con uno e l'altro l'importante è non perdere la rotta.


tratto da Libertà - 9 gennaio 2003
Premiata una malvasia dei Colli piacentini nel concorso promosso dalle "Città del vino"
Piacenza - Le "Città del vino" promuovono una Malvasia dei Colli piacentini. Si è svolta a Roma nella Sala Adrianea di Unioncamere la consegna di riconoscimenti previsti dal comitato organizzatore: medaglie e diplomi alle aziende ed ai Comuni di appartenenza i cui vini hanno ricevuto la distinzione nell'ambito del primo concorso enologico internazionale 2002 "La selezione del sindaco" svoltosi precedentemente a Siena. Al concorso, promosso e organizzato dall'associazione nazionale "Città del Vino" e patrocinato dall'Iuv (Office international de la vigne e du vin) hanno partecipato oltre 450 vini per più di 400 aziende. Ha ricevuto una distinzione l'azienda vitivinicola di Ferdinando e Marco Oppizzi di Fravica, località che si trova nel Comune di Pianello, che ha presentato il vino Doc Colli Piacentini Malvasia Dolce. Si trattava dell'unica azienda piacentina premiata. Il premio consistente in una medaglia d'argento è stato ritirato da una delegazione guidata dall'architetto Giuseppe Oddi, in qualità di sindaco del Comune di Pianello, e da Marco Oppizzi, titolare dell'azienda. La delegazione era inoltre composta da Valerio Bollati, assessore comunale di Pianello, da Fausto Borghi, enotecnico e da Ferdinando Oppizzi, anche lui titolare dell'azienda. Alla premiazione sono intervenuti il professor Mario Fregoni, dell'istituto di vitifrutticoltura dell'Università Cattolica di Piacenza e presidente onorario dell'Oiv, il sottosegretario del Ministero delle Politiche agricole e forestali, onorevole Tiresio Delfino, e il dottor Giuseppe Ambrosio, direttore generale del dipartimento qualità dei prodotti agroalimentari e dei servizi. Al concorso le aziende potevano partecipare solo se accompagnate ed accreditate da una parallela partecipazione del Comune. I sindaci delle "città del vino" che hanno condiviso l'iniziativa, alleandosi con i produttori e supportandone la partecipazione al concorso, hanno così assunto il ruolo di promotori dei territori da essi amministrati. In questo modo, come è stato sottolineato, i Comuni hanno dato vita ad una iniziativa di "marketing territoriale".


tratto da Brescia Oggi - 8 gennaio 2003
Il sito dell'azienda franciacortina nella top-ten delle aziende vitivinicole italiane
Il Mosnel vince anche sul web
Ristrutturata parte dell'azienda, obbiettivo sull'enoturismo
Va all'azienda agricola Il Mosnel di Camignone il primato per il miglior sito web di una cantina bresciana. Un "verdetto" enunciato da winenews.it, agenzia on line di informazione sul vino che ha stilato la classifica dei dieci migliori siti di aziende vitivinicole italiane. Una nuova iniziativa che da quest'anno coinvolgerà 6500 enonauti e una giuria di esperti del settore impegnati in un lavoro di monitoraggio per stilare la classifica 2003. Il sito della piccola azienda franciacortina di Emanuela Barboglio ha conquistato un posto nella top ten nazionale a fianco di autentici giganti del vino come Santa Margherita, Caprai (leader del Sagrantino di Montefalco), Planeta, la trentina Ferrari, la veneta Zonin, la friulana Marco Felluga, la piemontese Fontanafredda e Cesarini Sforza. "E' un riconoscimento che ci fa enorme piacere - spiega Lucia Barzanò; con il fratello Guido coadiuva la madre nella guida dell'azienda -. Siamo stati fra i primi a credere in Internet come strumento di comunicazione e immagine. Ancora oggi seguiamo con molta cura questo aspetto della nostra strategia commerciale, tramite anche una newsletter periodica che curo personalmente". Il Mosnel parte quindi da Internet per puntare in particolar modo al mercato del turismo del vino, tramite un'attenta politica di valorizzazione del territorio: è l'obiettivo prioritario di un'azienda fatta di piccoli numeri ma di alta qualità, premiata nel 2002 con numerosi riconoscimenti e valutazioni positive dalle guide. Gli ettari vitati sono 40, e producono circa 250 mila bottiglie all'anno, per metà Franciacorta e per il resto vini fermi bianchi e rossi: la gamma conta 11 etichette. "Abbiamo concluso i lavori di ristrutturazione di un'ala dell'azienda che abbiamo destinato a sala di ricevimento del turista del vino. Crediamo molto nelle opportunità offerte dalla Strada del Vino di Franciacorta: contiamo di fare dell'azienda anche un contenitore di eventi culturali e artistici, con un programma di corsi, degustazioni e mostre".
c.a.


tratto da Naturalmenteitaliano - 8 gennaio 2003
Italia: 121 prodotti e 374 vini riconosciuti dalla Ue
Le stime del tipico protetto del Bel Paese
Sono 121, su un totale comunitario di 604 - il 20% -, le indicazioni geografiche italiane riconosciute dall'Unione Europea dopo la scadenza delle richieste di riconoscimento comunitario presentate dall'Italia per l'Asparago Verde di Altedo (Igp) e la Soprèssa Vicentina (Dop). Ci "fregiamo", invece, di ben 374 vini: 24 a Denominazioni di origine controllata e garantita (Docg) e 350 a Denominazione di origine controllata (Doc).Scendendo, poi, nei particolari, secondo elaborazioni della Coldiretti, tra i paesi che aderiscono all'Unione Europea, l'Italia può vantare il più alto numero di prodotti Dop - 80 - mentre è seconda, dietro alla Francia, per quelli Igp, in questo caso 41.I 121 prodotti italiani riconosciuti in sede europea , poi, fanno parte di una lista che ne contiene 604 provenienti anche da Austria, Belgio, Germania, Danimarca, Spagna, Francia, Grecia, Irlanda, Lussemburgo, Paesi Bassi, Portogallo, Regno Unito, Finlandia e Svezia. E proprio questi ultimi due paesi scandinavi si trovano in coda a queste stime, rispettivamente la Svezia con due Igp e la Finlandia con una sola Dop.Riferendoci nuovamente all'Italia, c'è da dire che i prodotti in lista d'attesa per i riconoscimenti comunitari sono al momento 28. In dettaglio, per 8 di questi c'è già stata la prima pubblicazione (Pane di Altamura Dop, Pomodoro di Pachino Igp, Uva da tavola di Mazzarone Igp, Ficodindia dell'Etna Dop, Olio d'oliva Monte Etna Dop, Olio d'oliva Molise Dop, Olio d'oliva Alto Crotonese Dop, Olio d'oliva Colline di Romagna Dop), mentre le domande degli altri 20 sono ancora in fase istruttoria (Olio d'oliva Pretuziano delle Colline Teramane DOP, Olio d'oliva Valdemone DOP, Olio d'oliva Lucca Dop, Olio d'oliva Tuscia Dop, Olio d'oliva Tergeste Dop, Olio d'oliva Valle del Belice Dop, Olio d'oliva Terre Tarantine Dop, Clementine del Golfo di Taranto Igp, Carciofo Paestum Igp, Melannurca Campana Igp, Mela Alto Adige Dop, Mela Val di Non Dop, Marrone di San Zeno Dop, Farina di Neccio della Garfagnana Dop, Basilico Genovese Dop, Salame d'oca di Mortara Igp, Spressa della Giudicarie Dop, Stelvio Dop, Fiordilatte dell'Appennino Meridionale Dop, Miele della Lunigiana Dop).


tratto da il Resto del Carlino - 8 gennaio 2003
Sei incontri per assaggiatori di balsamico
VIGNOLA - Prende il via venerdì 10 gennaio alle ore 20,30 il "corso di assaggio di allenamento" per oxòlogi (maestri assaggiatori ed allievi) organizzato dalla Consorteria dell'aceto balsamico tradizionale di Modena, presieduta dal professor Francesco Saccani. Gli incontri di degustazione guidata sono organizzati in vista delle degustazioni dei campioni di balsamico partecipanti al " Palio di San Giovanni". Gli incontri si terranno presso 'Il laghetto dei ciliegi'in via Modenese 2359.
f. m.


tratto da il Messaggero - 7 gennaio 2003
La nave affondata minaccia i grandi allevamenti di Arcachon
Ostriche a rischio petrolio
di GIACOMO A. DENTE
DIVENTA anche gastronomica la catastrofe ecologica galiziana. Come in un film di fantascienza un po' trash, inquietanti macchie di gasolio avanzano verso le coste francesi. Ci sono tutti gli ingredienti dolorosi della suspense. Sì, perché l'attacco alieno punta dritto al cuore incontaminato del bacino di Arcachon, culla dell'allevamento delle migliori ostriche. Gli specialisti scrutano il moto quotidiano delle maree. La contaminazione al petrolio darebbe infatti un colpo mortale a un business che vale tra i 20 e i 30 milioni di euro, ma soprattutto andrebbe a colpire al cuore una sorta di Gerusalemme gourmande. I migliori ristoranti del mondo e i golosi impenitenti guardano infatti alle ostriche di Arcachon come a un monumento languido, sfumatamente salino alla bontà afrodisiaca. Con l'onda galiziana diventa difficile immaginare Afrodite associata al "pieno di verde", per non parlare dell'abbinamento col vino. Se passa l'onda nera si rischia di dover sostituire il Sancerre, o lo Champagne, con lo smacchiatore.

Lo sgomento degli allevatori è giustificato, ma sarebbe sbagliato fare dell'inutile allarmismo. Il prodotto francese passa per una selezione severissima. Nessuno si sognerebbe di compromettere un'immagine costruita negli anni con furbizie che si rivelerebbero boomerang terribili. Quello che verrà esportato sarà quindi a prova di bomba e di papille gustative. Siamo nei mesi giusti per mangiare ostriche, quelli con la "erre" (il concetto nasce in Francia, dove gennaio/janvier ha la erre), quindi non c'è nessuna ragione di privarsi di questo piacere. Esiste invece il rischio che la calata di offerta faccia impennare i prezzi del prodotto transalpino. In questo caso c'è da sperare che dalle parti nostre qualcuno non cerchi di giocare al rialzo. In Italia si possono infatti gustare ostriche tricolori di grandissima qualità, differenti dalle francesi per un piacevole gusto più marcatamente salino (il Mediterraneo non è l'Atlantico): vale la pena di considerarle un prodotto goloso di primissima qualità, e non un surrogato delle più nobili consorelle. Il petrolio che inquina uno dei grandi simboli del cibo seduttivo è un triste futuro dietro l'angolo. Nel mito greco c'è la storia di Erisittone, grande gourmet che abbatté un intero bosco sacro per farne una sala per banchetti. Così, condannato dalla dea Demetra a soffrire di una fame insaziabile, finì per divorare se stesso. Preveggente metafora sul destino di autodistruzione che tocca all'uomo che offende la natura.


tratto da la Stampa - 7 gennaio 2003
GUIDE o sguide?
di Edoardo Raspelli
Ci prendono per mano, ci prendono per la gola oppure ci prendono per il naso, si prendono gioco di noi? Tirate in centinaia di migliaia di copie, in edizioni sempre più diverse e più numerose, ogni anno, al passaggio tra quello vecchio e quello nuovo, tengono banco: i ristoratori impazziscono, si deprimono o si esaltano, i giornalisti recensiscono, i critici gastronomici (o presunti tali) incrociano tabelle, contano cappelli, stelline, bicchierini, bottigliette, per dare la palma al migliore. Già, ma oltre a incrociare, elaborare con il computer e la calcolatrice, sommare e moltiplicare per stabilire la superclassifica che sta tanto a cuore a Panorama, Civiltà del Bere, Class e Italia Oggi... qualcuno queste guide le legge e le controlla per davvero? Qualcuno le verifica? Qualcuno si chiede come nascono? E il lettore, che cosa ne pensa il lettore, il pubblico? Bè, forse bisognerà prendere a prestito Porta a Porta, il salotto non solo politico per eccellenza dell´Italia in tv: se dobbiamo vedere i dati di ascolto della puntata dedicata all´argomento e messa in onda a dicembre 2002, diciamo che al lettore-spettatore delle guide nazionali non gliene frega più di tanto: a vedere il curatore della guida dell´Espresso e quello del Gambero Rosso a far da vallette al p.r. della Michelin c´erano, pur se in tarda serata, solo un milione di spettatori con il 12% di share, un disastro per chi fa anche il 26-2% con 1,6-1,8 milioni. Sulla credibilità, riferiamoci di nuovo al Porta a Porta, questa volta più lontano, quello di dicembre del 2001: quando il curatore della Guida di via Po disse che lui, al ristorante, prenotava con il proprio nome e cognome, l'Ansa mandò in giro per l'orbe terracqueo un comunicato ufficiale di protesta dell´Aduc, l´agguerrita associazione dei consumatori: i dubbi sulla credibilità delle guide gastronomiche "sono diventate certezze" dichiarò il segretario dei consumatori, Primo Mastrantoni. Affidabili, precise, originali o raccogliticce, piene di errori, di bufale? Noi le abbiamo passate, quasi, al microscopio. MICHELIN. Ero ad Alassio, al piccolo e famoso Hotel Columbia, un po´ di anni fa. Stavo pagando il conto del mio pernottamento. Arriva una giovane signora, presenta una tessera al patron, Ermanno Bernardinello e si qualifica: "Sono un'ispettrice della Guida Michelin: mi fa vedere il suo albergo?". Altro che prova diretta in incognito, altro che notte passata in camera a controllare il servizio, il silenzio, la pulizia, se la doccia funziona, se le lampadine sono accese o bruciate. Del resto, come rivelò Marco Gatti sul Giorno grazie a due "talpe" (una interna e una esterna alla Michelin), gli ispettori fino a un paio di anni fa erano solo otto. Magari, a furia di ripeterlo, ora saranno anche 10, ma come avranno fatto a fare la Guida 2003 che ha 4067 alberghi e 3053 ristoranti, oltre tutto valutati (anche gli hotel) secondo voti-simbolo propri della Michelin che non ricalcano le classificazioni regionali? Quest´anno, poi, ogni locale della Guida, oltre che con i consueti simboli, viene commentato in poche righe scritte; sono efficaci, invoglianti, un po´ generiche ma pericolose: innanzitutto, leggete la "finestra" in questa stessa pagina e resterete senza parole, poi si corrono dei rischi: quando mai, ad esempio, la mitica Villa Maiella di Guardiagrele (Chieti) "è ai margini della montagna e del parco della Maiella", visto che in effetti è accanto a tre enormi silos inutilizzati all'entrata del paese? Dal punto di vista gastronomico, poi, i giudizi della Rossa sono folli: portare a 3 stelle le Calandre di Padova (a superare Vissani e Pinchiorri, ad esempio) e abbassare da 2 ad 1 Aimo e Nadia di Milano vuol dire aver perso il lume dello stomaco. Confermare le 2 a Gualtiero Marchesi o l'unica al Tantris di Novara o alla Fermata di Casatenovo significa avere un palato limitato. Altre follie gastronomiche: l´aver continuato a dare la stelletta a locali come Orlando di Cusago (Milano), Mezzosoldo di Spiazzo (Trento), Fior di Roccia di Vezzano (Trento), Postale di Marco e Barbara a Città di Castello (Perugia)... Come fanno a dare la stella al Guido di Costigliole che ritornerà certo grande, ma che si è appena trasferito a Santo Stefano Belbo solo con metà del suo staff? Solo ora la Michelin si è accorta della grandezza di Flipot di Torre Pellice (Torino), della Fermata di Alessandria, del Falconiere di Cortona (Arezzo), della Stua de Michil di Corvara in Badia (Bolzano), del Giusti di Modena, del trentennale Gallura di Olbia (Sassari). Solo ora bocciano la Marina di Nocera Torinese (Catanzaro), il Sette Consoli di Orvieto (Terni), La Muciara di Nello el Greco di Porticello (Palermo), Beppe di Staffoli (Pisa)... Michelin non si accorge della grandezza del Bellevue di Cogne, di Renzo di Cervere (Cuneo), del Caffé Groppi di Trecate (Novara), del Centro di Priocca (Cuneo), del Camelì di Ambivere, del Cantuccio di Albavilla (Como), del Pietro di Castiglione delle Stiviere (Mantova), del Piccolo Sogno di Milano, della Buona Condotta di Ornago (Milano), della Piazzetta di Brescia, delle Rose di Salò (Brescia), della Pineta di Marina di Bibbona (Livorno), dell'Olimpia di Cecina (Livorno), della Costarella di Numana, del Beccaceci di Giulianova (Teramo), di Vairo al Volturno di Vairano Patenora (Caserta), del Marconi di Potenza, del Bye Bye Blues di Mondello (Palermo). Michelin non cita nemmeno altre grandi tappe: il Kursaal di Sauris (Udine), lo Stella di Tombolo (Padova), il Mirto di Vallio Terme (Brescia), Romolo al Porto e Pierino di Anzio, Benito al Bosco di Velletri (non c´è nemmeno la città!), della Locanda del Palazzo di Barile (Potenza), del Duomo di Ragusa... ESPRESSO. Le nozze d´argento della Guida di via Po si celebrano con un funerale, quello della critica: quella che era nata negli anni di piombo, guidata dal capo dei servizi segreti italiani, come la paladina dei consumatori, ha abolito per principio i voti negativi. Oggi si parte come minimo dal 12/20, cioè dal 6 scolastico: oltretutto, in genere, sono schede di poche righe compensate (come le centinaia di "senza voto") con 15 euro! Voi avrete seguito in questi anni le vicende del mio licenziamento dall'Espresso dopo pressioni gastropolitiche. Il tutto è stato risolto nell'edizione 2003 con un direttore responsabile il cui nome appare sulla prima pagina sopra a tutti, curatore ed autori: è lo stesso editore... Ma il disprezzo che qualcuno in via Po aveva per i giornalisti è evidentemente ricaduto anche sui dirigenti della guida dell'Espresso. Il responsabile dell'Umbria, nonchè collaboratore della rubrica dei ristoranti del settimanale, Bruno Petronilli, è il contitolare di un´enoteca (Porthos, via Mario Angeloni 78/G, Perugia). Mica male per una casa che stampa anche una guida ai vini farcita di pubblicità gastronomica (così come la Guida ai ristoranti è piena di pubblicità dei vini...). Ma c´è dell'altro. E´ molto bello recensire a Trieste il Caffè Illy, senza dire che la moglie dell´ex sindaco Riccardo Illy è tra gli autori della guida, che firma come Rossana Bettini. Poi ci sono le topiche, le bufale. Pichler a Rio Pusteria ha chiuso, come annunciato da tempo; Pierangelo (e tutte le altre guide lo sapevano) se n´è andato dal Castagno di Piteccio (Pistoia), la Noce di Montagnana (Modena) è a 25 e non a 40 chilometri da Modena e non esistono "alberi di noce nel bosco retrostante": l'ultimo è stato tagliato 200 anni fa e troneggia nell'acetaia. In Molise, a Guglionesi, si rimprovera al celebre Ribo di fare troppi coperti nel giardino estivo: peccato che un coccolone l´abbia costretto a chiuderlo ormai da due estati. L´Uvarara è stata messa sotto Pavia, ma è a Santa Maria della Versa: lo spostamento è di 33 chilometri, ma gli ispettori dell´Espresso hanno fatto di peggio, mettendo l´eccellente Gambero Rosso di San Piero in Bagno, frazione di Bagno di Romagna, a Forlì, 60 chilometri più in là. Valeggio non "ha 200 torri": ne aveva una ed è crollata; Alceo a Pesaro ha cambiato sede e non se ne sono accorti, in compenso hanno votato (aumentandogli i ventesimi) il S'Apposentu che da San Gavino è approdato a Cagliari: come avranno fatto a recensire il nuovo locale, se è st ato aperto solo in ottobre? Singolari, misteriose, incredibili, poi, le similitudini dei testi tra Espresso e Michelin, come leggerete in questa stessa pagina. VERONELLI. Farcite di pagine di pubblicità di ristoranti e alberghi, sia la guida ai ristoranti sia quella degli alberghi, Veronelli presenta gli inserzionisti scrivendo che "è probabile che i meritevoli entrino nelle prossime edizioni"! Ma c´è dell'altro: il S´Apposentu di San Gavino, che tutti sanno arrivare a Cagliari, lo lascia nella antica sede; presentando come straordinario il mediocre Altro Luogo di Aimo e Nadia, scrive che Colonnata è nel Comune di Massa (sic!); lascia fuori polemicamente Vissani, ma in compenso, come raccontano scandalizzati Resto del Carlino e Gazzetta di Modena, "riesce a resuscitare i morti": a Soleria (Modena) parla del celebre Lancellotti e ne magnifica i tre fratelli patron, Francesco, Angelo ed Emilio Lancellotti. Peccato che dalla primavera del 2002 il ristorante non esista più, che oggi al suo posto ci sia il Bella Vita, che lo chef, Angelo Lancellotti, si sia messo in proprio, lasciando i fratelli, e che, soprattutto, Emilio Lancellotti sia morto suicida il 21 agosto 2001: si è impiccato nel ristorante che il fratello transfuga stava costruendo. Un velo pietoso, nella guida agli alberghi, per la "mia" Crodo, dove si parla di inesistenti "pinete attorno" al buon Edelweiss e del formaggio d´alpeggio, un certo "Bettelmatt di Mozio" inesistente: Bettelmatt è a 2202 metri, 30 chilometri da Mozio (casa mia), che è a quota 800. QUATTRO RUOTE DE AGOSTINI. Visto che alla guida del Gambero Rosso si può rimproverare solo qualche ingenuità nei giudizi gastronomici (l´Ambasciata non è certo migliore del Pescatore, Marchesi è gastronomicamente finito, l´Osteria di Via Solata di Bergamo una delusione), dei testi un poco ripetitivi e simmetrici, qualche ritardo (lo chef e patron del Bad Schorgau di Sarentino, Bolzano, cucina da qualche mese solo per gli Angeli), passiamo al capolavoro dell´umorismo gastronomico venduto con Quattroruote e realizzato per De Agostini da alcune firme di p.r., da alcuni grandi freelance del giornalismo e da alcuni autori dell'Espresso (ma il conflitto di interessi?). Non ci si è accorti che Guido a Costigliole e il Vicoletto di Alba stavano per chiudere; a Milano si danno per aperti il Petit Prince ed il Toulà-Biffi Scala; si invia gente come se niente fosse successo ai chiusi Pichler di Rio Pusteria, Steinboch di Villandro, al già citato Lancellotti di Soliera, al Sambuco di Porto Garibaldi... Il meraviglioso Casa Matilde di Quattro Castella (Reggio Emilia) è chiuso da un anno, Misenetta di Bacoli da due. La Frateria di Padre Eligio a Cetona viene trasformata in "fienile", il lussuossimo Rosa Alpina di Badia diventa un "albergo con un certo fascino confortevole". Del Bologna di Rocchetta Tanaro ci si inventa che sia "attiguo alla nota cantina", per lo sfavillante Cracco Peck si parla di "arredo minimal-chic", del fantastico pesce della Piazzetta di Brescia si scrive di "piatti semplici ma curati". Il capolavoro, come già nel passato la Guida Bmw, è a Matera, l´Hotel del Campo, dove una struttura cittadina moderna e glaciale è diventata per incanto un posto "romantico in una casa di campagna del Settecento".


tratto da la Tribuna di Treviso - 7 gennaio 2003
A PRODI
Le Città del vino
"No alle viti ogm"
"Pane al pane...e vino al vino" è la sottoscrizione avviata dall'Associazione Città del vino per dire no alle viti ogm. La petizione, che si può firmare nei Comuni delle Città del vino trevigiane (sono undici, tra le quali Conegliano, Valdobbiadene e Asolo) chiede il ritiro della Direttiva comunitaria europea del 14 febbraio 2002 che autorizza la commercializzazione di vitigni geneticamente modificati.
"Ci piace chiamare le cose col proprio nome - spiega la cartolina promozionale (nella foto) - e non ci piacciono gli organismi geneticamente modificati. Ci batteremo per il ritiro della Direttiva europea. Diciamo no alle viti geneticamente modificate". La cartolina verrà inviata al Presidente Prodi.


tratto da Alto Adige - 7 gennaio 2003
Il limite di 0,5 colpisce le vallate: si ordina il bicchiere, non la bottiglia
«L'alcoltest ci penalizza»
I ristoratori: cala del 30% il consumo di vini
LA NUOVA LEGGE
BOLZANO. Ad un anno dall'entrata in vigore dell'euro e della norma del codice della strada (che riduce a 0.5 il limite del livello dell'alcol nel sangue), tentiamo un primo bilancio delle ripercussioni che tutto questo ha avuto sulla ristorazione. Si scopre così che se l'euro ha ridimensionato - in parte - le abitudini di molta gente, la nuova norma sul consumo di alcol colpisce invece pesantemente chi vive di gastronomia. Se un bicchiere in più può costare la patente, allora è meglio non bere. Sembra essere questo - infatti - l'assillo di chi frequenta ristoranti e locali altoatesini. Il fenomeno - se da un lato fa capire che lo spauracchio dell'alcoltest funziona - dall'altra sta invece mettendo in crisi la ristorazione che, in alcuni casi, leva un vero e proprio grido di dolore. Tra alcuni operatori, soprattutto quelli delle valli periferiche, circolano dati allarmanti che parlano di un calo dei fatturati che tocca il 20% ed il 30%, dovuto, in massima parte, al minor acquisto di vino. La paura di perdere la patente sembra aver infranto abitudini consolidatissime e gettato attempati professionisti e anche qualche rinomato chef, nello stesso girone dei dannati frequentato da discotecari impomatati, stakanovisti delle feste della birra e via dicendo. Ufficialmente pochi operatori ammettono il problema, ma tutti raccontano tra il serio e il faceto episodi tragicomici che ci fanno capire come la realtà stia cambiando. Si narra di compagnie di gourmet che, come ragazzi che si preparano per andare in discoteca, estraggono a sorte il malcapitato che si asterrà dal nettare di Bacco per ricondurre il gruppo sano e salvo a casa, o di qualche facoltoso e irriducibile buongustaio che si affida al taxi per passare una serata al ristorante. Karl Baumgartner, chef del ristorante "Schöneck" di Falzes, mecca di schiere di buongustai, conferma la situazione. «Il problema esiste - spiega - e per certi ristoratori è particolarmente pesante. Il cliente fa piú fatica ad ordinare la bottiglia e a consumarla tutta anche se é in compagnia».
Per Herbert Hintner del ristorante "Zur Rose" i locali più vicini alla città e all'autostrada soffrono meno il fenomeno. «Il consumatore è costretto a scegliere mete più vicine a dove abita - racconta - perché, tra i tre e quattro bicchieri si rischia già di essere fuori norma. Il buono è che sono diminuiti gli incidenti fuori dalle feste campestri anche se gli organizzatori, per esempio i pompieri volontari, perdono parte delle entrate.
Direi invece che i turisti in genere stanno più attenti perché tutto è diventato più caro e così sta aumentando chi sceglie vini ordinati al bicchiere».
Dello stesso parere anche Norbert Niederkofler, chef del "St.Hubertus" di San Cassiano. «Da noi il cliente è soprattutto il turista locale che alloggia in paese o comunque vicino e che quindi ha meno problemi a bere un bicchiere in più. Anche noi proponiamo sempre più spesso la scelta del vino al bicchiere».
«Molti clienti hanno paura a prendere un grappino o un altro alcolico dopo cena - spiega Hansjörg Trafoier del "Kuppelrain" di Castelbello - e la maggioranza predilige oramai il vino al bicchiere. Diciamo che tutti prendono il vino giusto rinunciando, per esempio, alla seconda bottiglia. Alcuni clienti vengono in autobus e poi tornano a casa in taxi o restano qui da noi per la notte, e questo, anche se vengono da Bolzano o da Laives». Sul versante dei produttori e venditori di vino c'é comunque apprensione. Tra gli amanti della buona tavola in rivolta, si leva anche il grido di dolore dell'Associazione sommelier, che è uscita pubblicamente allo scoperto contestando gli effetti negativi della nuova legislazione.
«Non potete trattarci come il ragazzotto che esce dalla festa campestre - spiega Peter Dipoli che oltre ad essere produttore e commerciante di vino é anche un attento gourmet conoscitore della realtà locale - la maggior parte degli incidenti imputabili all'alcol avviene tra le 1 e le 3 del mattino, quando il gourmet già dorme beatamente. Il vino fa parte integrante della cultura della tavola e due o tre bicchieri nel corso di una bella cena, non fanno certo male e dovervi rinunciare è un vero delitto».
Va ricordato, ad onor del vero, che altri paesi, come per esempio la Francia, hanno una legislazione che in materia di alcol è ancora più severa.


tratto da il Resto del Carlino - 7 gennaio 2003
La Vernaccia diventa vino Docg
SERRAPETRONA - La Vernaccia di Serrapetrona sarà molto presto un vino Docg: sigla di assoluto prestigio che sta per "Denominazione di origine controllata e garantita" e che è ovunque sinonimo di eccellenza. L'iter burocratico per ottenere il riconoscimento - avviato da Giampiero Feliciotti, sindaco di Serrapetrona e presidente del Consorzio di tutela della Vernaccia - è in fase avanzata, tanto che la Regione, tramite l'assessore all'agricoltura Luciano Agostini, ha già dato parere favorevole. E a questo punto la questione si sposta al Ministero per il sì definitivo. Un riconoscimento davvero significativo per i produttori della Vernaccia di Serrapetrona che da tempo hanno scommesso sulla qualità, sacrificando la quantità (appena 350 mila bottiglie l'anno). Per rendersi conto del valore della qualifica Docg, basti pensare che nelle Marche nessun vino ha ancora raggiunto tale traguardo. E che in tutta Italia i vini Docg sono oggi appena 24, prodotti in solo 9 regioni (Piemonte e Toscana fanno la parte del leone, seguiti da Veneto, Lombardia, Umbria, Campania, Friuli, Romagna e Sardegna). Per la cronaca, si dà comunque per imminente l'assegnazione della Docg a un secondo vino marchgiano: il Rosso Conero prodotto sui colli anconetani. "Come fiduciario del sommelier maceratesi - commenta Cesare Lapadula - sono doppiamente orgoglioso di questo riconoscimento per la Vernaccia di Serrapetrona: perché finalmente le Marche entrano a pieno titolo tra le regioni che contano e perché tocca proprio a un vino macaratese tagliare per primo questo traguardo". E c'è dell'altro. "A parte il discorso sulla Docg - aggiunge il sindaco Feliciotti - avremo anche una seconda Doc "Serrapetrona", destinata a un vino fermo prodotto con uve non impiegate per la Docg. E inoltre siamo in attesa del riconoscimento di "vitigno protetto" da parte del Ministero: tale qualificazione, fin qui riservata a pochissimi vini, quali l'Albana, il Brachetto e il Sagrantino, riguarda vitigni che possono essere usati esclusivamente per produre vini Doc e Docg, e non anche vini spumanti".


tratto da il Messaggero Veneto - 7 gennaio 2003
La sede è all’Enoteca di Gradisca
L’Onav promuove trentotto nuovi degustatori di vino
GRADISCA. Sono 38 i nuovi degustatori "patentati" al terzo corso dell’Onav, l’Organizzazione professionale assaggiatori di vino, la cui sede nazionale è ad Asti e quella del Friuli-Venezia Giulia all’Enoteca regionale di Gradisca (rappresentata da Bruno Fortunato).
L’Onav ha attivato negli ultimi anni una serie di corsi e iniziative tesi a rivitalizzare l’organizzazione che, dopo la prematura scomparsa del suo fondatore, Marcellino Pillon, aveva conosciuto un periodo di difficoltà. Pillon, come è noto agli addetti ai lavori, era un enologo con il pallino della divulgazione e negli anni Settanta, all’Enoteca regionale "La Serenissima" di Gradisca, si impegnò in un’opera meritoria sia per formare nuovi degustatori con lezioni teorico-pratiche, sia per aggiornare tecnici, agronomi, enologi e periti agrari.
La stessa e mai dimenticata rassegna dei vini "Gran premio Noè" deve al "maestro" molta della sua notorietà nazionale; in tempi recenti, altri sodalizi e associazioni hanno saputo fare tesoro di quell’esperienza, sia per concorsi, sia per l’impostazione delle "Guide dei vini" e relative selezioni. Come precisa Fortunato, delegato regionale Onav, «sono attualmente ben 169 i degustatori "patentati" e associati e tre sono le delegazioni attive in regione (alla prima di Trieste, guidata da Mario Gregori, sono seguite quella di Udine e, più recentemente, quella di Gorizia). Ed è stato proprio alla "Casa del vino" di Udine che si sono tenuti gli esami finali del terzo corso, con il rilascio della patente di degustatore a 38 dei 44 allievi formatisi in ben 18 lezioni tenute da professionisti della vigna e della cantina, cioè enologi e docenti universitari. Gli esami di Udine sono stati ritenuti molto importanti per il Consiglio nazionale di Asti, che ha inviato il proprio rappresentante, Renato Gendre, a presenziare ai lavori, riconoscendo alla delegazione isontino-friulana un ruolo importante sia storico, sia logistico».
«Inoltre -conclude Fortunato-, alle lezioni teoriche sono seguite alcune visite aziendali fra cui, molto apprezzate dagli allievi, quelle alla tenuta Ronchi di Fornaz (conduzione Giovanni Crosato e Lucia Galasso di Cividale) e la ben nota Vigneti Pittaro di Codroipo».
Numerose sono le iniziative in cantiere per il 2003, di cui sin d’ora gli interessati potranno conoscere i contenuti e i programmi disponibili all’Enoteca regionale "La Serenissima" di Gradisca, oppure contattando direttamente il delegato regionale Bruno Fortunato (34170 Gorizia, via Paternolli 9, telefono 0481-531134 o cellulare 368-280341). Per diventare "Assaggiatori di vino" basta richiedere l’iscrizione all’Onav nella classe degli "Aspiranti assaggiatori", versando la quota di iscrizione stabilita dal Consiglio nazionale. Il socio "Aspirante assaggiatore" può frequentare un corso apposito articolato in 18 lezioni teorico-pratiche e dopo aver superato l’esame finale accederà automaticamente alla classe degli "Assaggiatori di vino", riceverà la patente e sarà inserito nell’albo nazionale Onav. Dopo due anni di esperienza degustativa condotta con l’Onav assumerà la qualifica di "Esperto assaggiatore" e in tale veste potrà anche entrare a fare parte delle commissioni ministeriali preposte al controllo organolettico dei Vqprd. Gli enologi, gli enotecnici e i laureati specializzati in viticoltura ed enologia, con due anni di esperienza degustativa, che facciano domanda di iscrizione all’Onav, accedono direttamente alla classe degli "Assaggiatori" con la qualifica di "Tecnici assaggiatori".


tratto da la Nuova Sardegna - 6 gennaio 2003
Salumi, ragù e paté: etichette senza segreti
Dal 1º gennaio sono in vigore le nuove disposizioni europee
BRUXELLES. Il 2003 vedrà un'Europa più unita anche sul fronte alimentare, con regole più severe a beneficio del consumatore nel grande mercato unico europeo.
Da quest'anno infatti, l'etichetta su salumi, patè, ma anche per i ragù in scatola e in generale per tutti gli alimenti preparati a base carne sarà più trasparente e ricca d'informazioni. Il consumatore insomma, potrà scoprire sulla nuova etichetta anche ciò che non si vede: dalla massa di muscolo alle quantità di materia grassa, o di cartilagini, oppure di frattaglie. Non potranno invece essere etichettati come carne il cuore, gli intestini e il fegato, ma dovranno essere riportati con la loro denominazione.
Particolarmente soddisfatto dell'entrata in vigore di nuove regole è il commissario europeo per la Sanità e i consumatori David Byrne secondo cui "un'etichetta precisa e trasparente è uno strumento essenziale per informare i cittadini sugli alimenti che consumano". La direttiva europea, ha precisato Byrne, "prevede ugualmente che sull'etichetta venga sistematicamente indicato anche il tipo di animale da cui proviene la carne". Per il commissario "questa informazione è essenziale, in quanto i consumatori potranno capire le differenze di prezzi tra i vari prodotti e scegliere in funzione delle loro preferenze alimentari".
Soddisfatto anche il ministro delle Politiche agricole, Gianni Alemanno, che giudica il provvedimento "un importante passo avanti".
Le nuove regole permetteranno di garantire anche un prodotto più sicuro. Non potranno infatti essere utilizzate nella produzione di alimenti a base di carne e di insaccati le carni separate meccanicamente dalle ossa. Questo procedimento incrementa il rischio di diffusione del morbo Bse, in quanto i macchinari oltre a raccogliere brandelli di carne strappano parti di midollo o di altre materie molli che l'Ue ha messo al bando.
Le nuove etichette sono entrate in vigore dal primo gennaio, ma potranno 'coesistere' per sei mesi con le vecchie. Dal 1º luglio, il nuovo sistema dovrà essere applicato da tutti. Unica deroga: la possibilità di smerciare i prodotti etichettati fino a giugno con il vecchio sistema.


tratto da il Messaggero Veneto - 6 gennaio 2003
La produzione consortile ha avuto un ottimo piazzamento anche sulla Guida regionale
Colli orientali, un 2002 di successi
Le ultime affermazioni dei vini Doc a Torino e a Merano
CIVIDALE. Si è chiuso un anno importante per la promozione dei vini Colli orientali del Friuli. Oltre al Vinitaly di primavera, le manifestazioni che nell'ultimo scorcio del 2002 hanno apprezzato la produzione Doc sono state infatti il Salone del vino di Torino e il Winefestival di Merano.
Nella rassegna piemontese il Consorzio di Cividale, presieduto da Adriano Gigante, ha partecipato nell'ambito della collettiva regionale organizzata dalle quattro Camere di commercio (Udine, Trieste, Pordenone e Gorizia) e dell'Ersa. "Abbiamo trovato un pubblico interessante e selezionato - ha sottolineato il direttore Marco Malison -, composto in prevalenza da operatori, ma anche i pochi privati presenti erano intenditori di livello elevato". La saletta delle degustazioni guidate dei vini dei Colli orientali e degli altri consorzi Doc del Friuli-Venezia Giulia è stata sempre molto affollata e ha registrato il tutto esaurito, grazie all'impegno e alla collaborazione della delegazione di Udine dell'Associazione italiana sommeliers. Da registrare che in occasione del Salone di Torino è continuata la promozione della "Guida ai vini del Friuli-Venezia Giulia", edita e realizzata dalle citate Camere di commercio in collaborazione con l'Ersa, in cui tra i vini delle circa 160 aziende rappresentate ben sei su dieci prodotti nei Colli orientali del Friuli sono entrati nell'albo d'oro dei vini a tre stelle.
Ma dicevamo anche del Winefestival. La prestigiosa manifestazione meranese, una delle più esclusive del settore vitivinicolo a livello internazionale, è stata per i Colli orientali l'occasione per presentare a un pubblico selezionato di intenditori provenienti da tutto il mondo una rosa di 21 vini friulani, prodotti da altrettante aziende associate. Il dottor Malison ha sottolineato come sia stato possibile "incontrare numerosi operatori commerciali, la stampa specializzata ma anche molti appassionati che, accanto agli aspetti commerciali ovviamente importanti, mettono in primo piano anche quelli "emozionali", che nel mondo del vino sono legati alla storia e alla tradizione del territorio e di ogni singolo produttore". Caratteristica dell'International Winefestival è il rigoroso sistema di selezione dei partecipanti, ammessi a presenziare solo su invito della società organizzatrice, la Gourmet's International.


tratto da il Gazzettino - 6 gennaio 2003
AGRICOLTURA
STRAORDINARIO DNA DEI VITIGNI FRIULANI
«I vitigni autoctoni del Friuli-Venezia Giulia, ben 219, costituiscono una ricchezza, un valore aggiunto alla promozione del territorio, una peculiarità agroalimentare, ma anche una tradizione questa terra», lo ha sostenuto il Duca dei vini friulani Emilio Del Gobbo, partecipando al convegno organizzato, all'Auditrorium di Gorizia, dal Ducato dei vini friulani, con Università di Udine, facoltà di Agraria, Regione, Fondazione Cassa di risparmio di Gorizia e Rolo banca 1473 di Udine.
La viticoltura friulana ha fatto passi da gigante e, in Italia, è considerata al terzo posto dopo quella di Toscana e Piemonte, realtà considerate in tutto il mondo mitiche e da imitare. Così come si è saputa ricavare posizioni di nicchia davvero ambite nei luoghi di degustazione più ambiti del mondo. E tutto questo grazie - da quanto sostenuto dai docenti Enrico Peterlungher, dell'ateneo udinese, e Attilio Scienza, dell'Università di Milano - grazie alla naturale ricchezza di microclimi che si possono riconoscere sul territorio regionale, e nei quali hanno potuto svilupparsi tutte queste varietà della vite.
La novità enunciata al convegno dal professor Peterlunger, dopo l'introduzione del Duca per ricordare che l'appuntamento era l'ultimo atto dei festeggiamenti per il trentennale del Ducato, è il lavoro svolto dall'Università di Udine per scandagliare il Dna dei vitigni autoctoni friulani, in sintonia con i centri di ricerca di eccellenza di tutto il mondo: Svizzera, Avignone, California, utilizzando apparecchiature sofisticate e i marcatori molecolari. Da diversi anni, infatti, l'Università raccoglie, grazie a un finanziamento comunitario, i genotipi dei vitigni autoctoni, ovvero la traccia molecolare del Dna, la matrice del modello vite. Se ne studiano gli aspetti morfologici e ampelografici.
Peterlunger ha colto l'occasione per rivolgere ai viticoltori e ai proprietari di superfici vitate un appello affinchè non sradichino vecchie piante di viti, senza segnalarne la presenza all'Università. Potrebbe trattarsi delle ultime presenze di taluni vitigni autoctoni, dei quali recuperare il materiale genetico. Ma quali sono gli scopi del lavoro dell'Università? Soprattutto quello di individuare una decina, forse meno, di vitigni autoctoni che siano vantaggiosi da coltivare e propagare sul territorio, soprattutto in funzione della commercializzazione sui mercati di tutto il mondo con obiettivi di alta qualità e d'immagine. Come ha spiegato il rettore Pierluigi Bonfanti, l'ateneo udinese è attento alle potenzialità della viticoltura e per questo ha avviato il corso di laurea in enologia, che si tiene a Cormons, nel cuore della viticoltura del Friuli-Venezia Giulia. Poi Peterlunger ha precisato che un posto di privilegio tra i vitigni in grado di offrire garanzie di tenuta fitosanitaria, valorizzazione del territorio e soddisfazione di mercato c'è il Tocai friulano, che deve essere salvaguardato nella querelle con l'Ungheria. Poi da tenere in considerazione, ha precisato, con un percorso di filiera già assestato vi sono il Picolit, il Verduzzo friulano e la Ribolla gialla. Gli altri vitigni sui quali puntare, sempre secondo Peterlunger, vi sono sicuramente il Pignolo, lo Schioppettino (o Ribolla nera), il Tazelenghe, i Refoschi (quello dal Peduncolo rosso e altre cinque varietà), e l'Ucelut. Le determinazioni dell'Università di Udine sono avvallate dagli studi eseguiti in questi anni, e confortano in parte le strade intraprese dai viticoltori della Regione. Ma come ha suggerito in conclusione il prof. Peterlunger, non è indispensabile rimanere ancorati ai vini monovitigno, ma è possibile trovare integrazioni tra varietà complementari, in modo da dare origine a prodotti validi e resistenti, pur sempre rimanendo nell'ambito degli autoctoni. Invece, tra i vitigni destinati a rimanere ormai soltanto un ricordo vi sono il Sora, il Scovete, il Sant'Ermacora, il Polentare, la Furlana, la Furmiute, la Gatta, il Cividin, il Curvin Dolz.


tratto da il Messaggero - 5 gennaio 2003
L’Arsial sconfessa Santarelli
Il commissario difende la Strada del vino e dell’olio
L'Arsial sconfessa il suo direttore generale. In un comunicato stampa, concordato punto per punto con l'assessorato regionale all'Agricoltura, Andrea Urbani, commissario straordinario dell'Arsial, riafferma la stima verso i promotori della Strada dei vini dei Castelli Romani, pesantemente messi in discussione da Giulio Santarelli per incapacità e spreco di risorse economiche. «La strada del vino e dell'olio dei Castelli romani - recita il comunicato - è il risultato di un grande lavoro di tessitura e di compattamento del territorio e di sinergia delle amministrazioni che non ha precedenti nella regione. E' l'esempio concreto di quei rapporti istituzionali fortemente voluti dalla Giunta regionale fin dal suo insediamento. La strada dei Castelli Romani rappresenta il primo esempio concreto di applicazione di fatto di questo importante strumento di sviluppo del territorio». Riguardo le accuse lanciate da Giulio Santarelli, direttore generale dell'Arsial, alla Coldiretti, Andrea Urbani precisa che «bisogna ringraziare l'impegno, anche finanziario, della Regione Lazo, della Coldiretti e di tutti i rappresentanti del mondo agricolo che vi hanno partecipato. Ma soprattutto occorre ringraziare la Camera di commercio di Roma, il suo presidente, il suo segretario generale e il presidente dell'Azienda romana mercati che in soli due anni hanno messo in pratica quello che i soliti politici annunciavano da quasi venti anni».
Sulla vicenda della Strada dei vini interviene anche Antonello Iannarilli, assessore regionale all'Agricoltura, che rassicura i sindaci e le associazioni castellane «perché la Regione pone tutta l'attenzione del caso ad un territorio che può contribuire a rilanciare l'intero comparto agricolo laziale», mentre sulla "fronda" interna all'Arsial il deputato regionale Ds Angiolo Marroni afferma che «il litigio tutto interno al centro destra è generato dalla mancata applicazione della riforma dell'Arsial che giace all'ordine del giorno in commissione da più di un anno». Iannarilli non nasconde i ritardi, «dovuti anche all'opposizione del centro sinistra che non ha inteso discutere le proposte di riforma».
L.Jo.


tratto da il Giornale di Brescia - 3 gennaio 2003
Un Atlante per scoprire la varietà dei formaggi bresciani
di ALDO CORTE & FILIPPO MORI
É stata tra le ultime strenne ad arrivare sotto l'albero, con i caratteri ancora freschi di stampa quando già la Santa Notte era alle porte. D'altra parte non è questa un'opera che merita la svogliata attenzione destinata alla lettura tra Natale e la Befana, bensì dalla Befana a Natale. Stiamo infatti parlando dell'"Atlante dei formaggi bresciani" di Riccardo Lagorio che, grazie al contributo della Provincia, ha visto la luce pochi giorni fa dopo anni di attesa. Lagorio, appassionato studioso dell'arte casearia ed entusiasta promotore della cultura materiale, ha raccolto nelle pagine ben curate di quest'originale edizione il frutto di vent'anni di ricerche sul campo, di assaggi ripetuti per i prodotti più blasonati così come per quelli meno noti, di verifiche puntigliose sulla sopravvivenza, nelle valli bresciane più disperse, di tradizioni artigiane e sistemi di lavorazione del latte spesso in disuso, ormai non più remunerativi e, dunque, destinati all'estinzione. Il primo merito dell'Atlante è proprio quello d'aver certificato la realtà della produzione lattiero-casearia della nostra terra. Un merito non da poco che, ad esempio, fa giustizia del luogo comune che vuole il Bresciano terra esclusiva di Grana alle Basse e di formaggi invecchiati da latte vaccino in montagna (Bagòs e simili). A oggi, ovvero all'alba del 2003, ci sono infatti in provincia di Brescia aziende censite nell'atlante che producono molti e diversificati formaggi, d'alpeggio o da pascolo in pianura, sia con la latte vaccino, sia con latte di pecora e di capra, sia con vari mix tra queste materie prime. Con la capra fulva dell'Adamello si fa ancora, ad esempoio, a Saviore, il Fatulì, formaggio dato a più riprese per scomparso, ma non mancano neppure Motelì, Mischerpine e Casatte, mentre in pianura non si trovano solo robiole e fiordilatte, ma pure lo stagionato Valpadana ed il fresco Salva. La presentazione è ordinata, sistematica, rispecchia fin dal titolo la volontà di fare ordine in un ambito dove troppi in questi anni hanno parlato (e scritto) senza verificare informazioni male orecchiate, fantasiose e, nel migliore dei casi, datate. Ma c'è di più. La fotografia scattata da Lagorio è preziosa anche perchè mette a fuoco molti particolari senza mai scadere nel tecnicismo di altre pubblicazioni, illumina appieno peculiarità e valore delle lavorazioni, ma non manca di guardare pure al contorno. Come quando parlando del Tombea, formaggio raro (ma che abbiamo ritrovato nelle più prestigiose boutiques del gusto cittadine per questo Natale) dell'Alto Garda, indugia a descrive la cultura dei tetti di paglia delle popolazioni di Cima Rest. Un libro da leggere e da consultare prima di rifornire la propria dispensa dei formaggi, ma pure il tassello non marginale d'un progetto di salvaguardia delle tipicità bresciane del quale Lagorio è colonna portante. Si deve infatti all'autore dell'Atlante, nella sua veste di assessore comunale a Castegnato, se ogni anno va in scena in autunno "Franciacorta in bianco", la rassegna casearia nazionale che è già un formidabile strumento per la divulgazione della cultura del settore, per far scoprire a un numero sempre maggiore di consumatori il sapore e la bontà di tanti formaggi in via d'estinzione. Di più. Proprio il Comune di Castegnato è il battistrada sulla via della De.Co., la denominazione comunale d'origine, che appare sempre più come una delle possibili occasioni di tutela dei prodotti tipici, anche dei meno reclamizzati, salvaguardando sistemi di lavorazione o di stagionatura originali. Con l'Atlante, insomma, sembra andare a completarsi una filiera virtuosa di sforzi ed iniziative per la promozione delle tipicità bresciane. E tutto avviene - come non sottolinearlo una volta tanto positivamente - proprio mentre il mercato sembra accorgersi e premiare il valore dei giacimenti golosi d'ogni terra. In Italia e nel mondo.


tratto da News Coldiretti - 1 gennaio 2003
SALUTE: I SEGRETI DELL'EXTRAVERGINE COME COSMETICO NATURALE
L'olio d'oliva gioia per salute, palato e bellezza.
L'olio non è solo una delizia per il palato e fonte inesauribile di salute per le note proprietà terapeutiche ma anche un ottimo alleato della bellezza al naturale. E' quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare che, se pure con una produzione nazionale di circa 600.000 tonnellate, ridotta del 15% rispetto allo scorso anno, l'olio si conferma come uno degli alimenti più salubri, grazie alla presenza di una maggiore quantità di sostanze antiossidanti ed a una minore acidità. Ed è proprio per la sua acidità, fortemente compatibile con quella della pelle che l'olio extravergine di oliva spalmato, con impacchi o infusi risulta ottimo per proteggere i capelli, rinforzare le unghie, alleviare i dolori muscolari, ammorbidire e tonificare la pelle ma anche per liberare le orecchie dal cerume. Ricco di preziosissime sostanze, dagli strani nomi, come squalene, fitosteroli e tocoferoli l'olio extravergine d'oliva - sottolinea la Coldiretti - svolge una funzione emolliente e protettiva per l'epidermide e grazie a particolari acidi grassi come il linoleico ed il linolenico, importanti vitamine (K, A, E , D), e composti fenolici risulta un ottimo antiossidante e anti radicali liberi che quotidianamente, a causa di variazioni climatiche, fumo e inquinamento, rovinano la pelle. Le notevoli virtù cosmetiche dell'olio d'oliva - informa la Coldiretti - erano già conosciute dagli Egiziani che usavano il "dono degli dei" come antirughe incorporandolo a latte, grani d'incenso e bacche di cipresso, dai Fenici che lo battezzarono "oro liquido", dagli atleti greci che lo utilizzavano nei massaggi per rilassare i muscoli dopo l'allenamento e dai Romani dopo una seduta alle terme per ritrovare vigore. Ancora oggi - afferma la Coldiretti - l'olio è utilizzato in preparati che riempiono scaffali di profumerie, beauty-center e farmacie, ma senza dover necessariamente ricorrere ai centri estetici, per chi ama la bellezza "fai da te", è possibile curare il proprio aspetto comodamente a casa propria. In dettaglio per la cute secca, una vera maschera d'urto - consiglia la Coldiretti - può essere composta da un cucchiaino di olio d'oliva unito ad un tuorlo d'uovo sbattuto e un cucchiaino di miele. Utilizzato da solo, invece risulta efficace per le pelli grasse, grazie al suo alto grado di acidità. Dopo un infuso di 1 mese con la camomilla, invece è validissimo per le infiammazioni e per risolvere i problemi di arrossamento. Leggermente riscaldato - prosegue la Coldiretti - è particolarmente utile per sciogliere, con massaggi mirati, accavallamenti muscolari o, insieme al succo di limone per rinforzare le unghie fragili. Ancora, usato dopo il bagno è utilissimo per contrastare gli effetti disseccanti dell'acqua calcarea e per levigare, ammorbidire, tonificare e rivitalizzare l'epidermide. Anche per la bellezza dei capelli, però i benefici che se ne possono trarre sono notevoli. Oltre a proteggere il cuoio capelluto dalla forfora - informa la Coldiretti - l'olio d'oliva mescolato con henné neutro e un tuorlo d'uovo rappresenta un vero e proprio impacco rigenerante, per avere una chioma sana e fluente. Se invece i capelli sono opachi e poco lucidi è possibile adoperarlo insieme al succo di limone. Se poi si volesse passare all'igiene generale - conclude la Coldiretti - bastano 20 gocce di olio d'oliva tiepido, per liberare le orecchie ostruite dal cerume.
L'OLIO EXTRAVERGINE D'OLIVA PER LA BELLEZZA FAI DA TE
COMPOSTO EFFETTO
Olio d'oliva, tuorlo d'uovo e miele Contro la pelle secca
Olio d'oliva Contro la pelle grassa
Infuso di olio d'oliva e camomilla Infiammazioni e arrossamento
Olio d'oliva tiepido Per sciogliere accavallamenti muscolari
Olio d'oliva e succo di limone Per rinforzare le unghie fragili.
Sapone all'olio d'oliva Per pelli delicate e screpolate
Olio d'oliva freddo dopo il bagno Per ammorbidire e tonificare la pelle
Olio d'oliva freddo Contro caduta dei capelli
Olio d'oliva henné neutro e tuorlo d'uovo Per rinforzare i capelli fragili
Olio d'oliva e succo di limone Per capelli opachi e poco lucidi
Olio d'oliva freddo Protegge il cuoio capelluto dalla forfora
Olio d'oliva leggermente riscaldato Per liberare le orecchie dal cerume
Fonte: Elaborazione Coldiretti