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tratto da News Coldiretti - 27 febbraio 2003
ALIMENTARE: TUTELA EUROPEA PER IL MARRONE DI SAN ZENO DOP
Arriva la tutela comunitaria per Marrone di San Zeno a denominazione di origine protetta (DOP) che si aggiunge alle 123 specialità alimentari italiane che hanno già avuto l'ambito riconoscimento dell'Unione Europea. E' quanto afferma la Coldiretti nel sottolineare che è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee la domanda di riconoscimento e, se non verranno sollevate obiezioni entro i prossimi sei mesi, si procederà alla sua iscrizione nell'Albo delle denominazioni di origine dell'Unione Europea nel quale sono già presenti tre marroni e castagne nazionali tutelate (Marrone del Mugello IGP, Marrone di Castel del Rio IGP, Castagna di Montella IGP). La zona di produzione e trasformazione del "Marrone di San Zeno" è situata fra i 250 e i 900 metri sul livello del mare, appartenente al territorio del Monte Baldo, che è compreso tra il Lago di Garda e la valle del Fiume Adige. Comprende parti dei comuni di Brentino-Belluno, Brenzone, Caprino Veronese, Costermano, Ferrara di Monte Baldo e San Zeno di Montagna, tutti compresi nella zona omogenea della Comunità Montana del Monte Baldo dove il castagno era coltivato giànel medioevo. Il "Marrone di San Zeno" va commercializzato, allo stato fresco, in sacchetti di materiale per alimenti, in confezioni da 0,3 Kg, 0,5 Kg, 1 Kg, 2 Kg, 3 Kg, 4 Kg, 5 Kg, 10 Kg; le confezioni di dimensioni più ampie (25 Kg e 50 Kg) dovranno essere commercializzate in sacchi di juta o altro materiale idoneo. Tutte le confezioni vanno sigillate in modo da impedire l'estrazione dei frutti senza la rottura del sigillo e devono essere provviste di un'etichetta con il logo. Nel logo - precisa la Coldiretti - sono rappresentati due cerchi contenenti, l'uno San Zeno benedicente e, l'altro, due ricci stilizzati, accavallati e deiscenti con il marrone che esce. Esso include, nel cerchio di sinistra in basso, la scritta "San Zeno", e nel cerchio di destra la scritta "Marrone" in alto e "di San Zeno" in basso. La scritta DOP viene collocata in una fascia araldica, fra i due cerchi e alla loro base. Sull'etichetta si dovranno inoltre indicare peso, annata di produzione e luogo di confezionamento.


tratto da il Giornale di Brescia - 27 febbraio 2003
Iniziativa dell’associazione culturale fumatori di sigaro «Calle de la Industria 520»
In città la «Noche del Habano»
ISEO. L’associazione culturale fumatori di sigaro "Calle de la Industria 520", che ha sede ad Iseo dove ogni settimana i suoi soci si incontrano, propone due avvenimenti di rilevante interesse per quanti coltivano la passione del fumo lento e segnatamente del sigaro. Il primo appuntamento è previsto per il prossimo 8 marzo presso lo storico Hotel Vittoria di Brescia; qui nel "Salone delle Rose" si celebrerà la seconda edizione della "Noche del Habano": serata interamente dedicata al puro cubano. L’importanza di questo evento è confermata dalla presenza dell’Ambasciatore di Cuba in Italia, signora Maria de Los Angeles Florez Prida, dal Console cubano Arnaldo Molina, dalla direttrice della fabbrica "Flor de tabacos de Partagas" dell’Avana, Hilda Maria Baro Zamora, dal direttore della "Casa del Habano Partagas", José Abel Espòsito Diaz, dalla torcedora Leopoldina Gutiérrez Espinosa, da Victor Aguilera Noriega presidente di Diadema, l’importatore italiano di sigari avana. In avvio di serata è previsto un antipasto a buffet, sigari Partagas Shorts Cabinet Selection e Cuvée Berlucchi brut; seguirà una cena al tavolo con tortellini saltati in padella con panna e speck e risotto mantecato alle erbette aromatiche e taleggio, il tutto accompagnato da Cellarius Berlucchi Brut Riserva Speciale; successivamente costolette di vitello gratinate con funghi e formaggio di malga e Cuvée Imperiale Berlucchi Brut millesimato ’97; infine crostata di frutta fresca e Cuvée Imperiale Berlucchi Brut Max Rosé. Terminata la cena sono previsti interventi degli ospiti e degustazione di rum Havana Club sette anni con sigari Partagas 8-9-8 unvarnished e pregiato cioccolato piemontese Cuba Venchi. Il quartetto cubano Los Elegantes darà il via alle danze ed i partecipanti potranno servirsi di cocktails cubani a base di rum Havana Club quali il mojito e cuba libre; terminerà la serata una ricca estrazione di premi. Non meno importante l’evento previsto per il 12 aprile: in questa occasione, sempre all’Hotel Vittoria, sarà presente Avo Uvezian, noto pianista jazz di Beirut con alle spalle una brillante carriera come musicista per aver suonato fra gli altri con Frank Sinatra ed il terzetto jazz Lebanon Boys; ovviamente non solo musicista ma anche grande appassionato di sigari tanto che dopo essersi stabilito a Puerto Rico e coltivato la passione per un grande sigaro, Avo Uvezian fece produrre un limitato numero di puros per se stesso e per offrirli ai suoi ospiti. La crescente richiesta dei suoi sigari determinò il passaggio da intenditore a produttore quando nel 1982, nella Repubblica Dominicana incontrò il noto produttore di sigari Hendrik Kelner con il quale decise di avviare una collaborazione. Oggi all’età di settantasette anni si diverte girando il mondo suonando il pianoforte e sarà presente nell’unico incontro con gli appassionati italiani, proprio a Brescia ove si degusterà la nuova linea di sigari Avo Anniversary.
Per associarsi al club e per iscrizioni alle serate consultare il sito internet www.calledelaindustria520.org - info@calledelaindustria520.org.
Oppure contattare il numero telefonico 339 3092483.


tratto da la Gazzetta di Parma - 27 febbraio 2003
Sotto la capsula spunta il collezionista
di Luca Pelagatti
Ci sono i «pezzi da novanta» dell'enologia nazionale, i padri nobili delle bollicine tricolori e i più umili vini da tutto pasto, le bottiglie da stappare per le ricorrenze e quelle buone per la merenda sotto il vecchio pergolato. Una legione di nomi e marchi, più o meno celebri, accomunati sotto «l'ombrello di metallo» della gabbietta, quel piccolo ma indispensabile marchingegno che per una strana alchimia ha saputo trasformarsi da umile strumento d'uso in oggetto di collezione e, di conseguenza, di mercato. Stiamo parlando delle capsule dei vini, quei tondi e lucidi dischetti di metallo che, ancorati con una gabbietta di ferro, stanno a controllare l'esuberanza di vini spumanti e frizzanti. Piccoli strumenti figli di una esigenza pratica e tutto sommato banale (non far «esplodere» il tappo) che nel corso del tempo hanno acquisito prima una dignità e infine una certa snobistica supponenza tanto da diventare oggetto di collezionismo. Così è nato un libro curato e accurato, edito dalla casa editrice Agra di Roma, che, arrivato alla sua terza edizione, raccoglie per il piacere della sempre crescente genia dei collezionisti le mille e mille tipologie di capsule che ormai sono suddivise, con filologica acribia, per regione, rarità e, sembra strano ma non lo è, per valore. Si, perché di questi fragili dischetti esiste ormai un mercato così come esiste un club nazionale che ne accomuna i cultori, gli stessi che, sulla base di questo catalogo e delle proprie inclinazioni e passioni, stabiliscono prezzi e quotazioni. Chissà che effetto farebbe ora ad Adolphe Jacquenson, che nel 1844 inventò, e brevettò capsule e gabbiette, vedere la sua invenzione diventare mania di moda sorretta e sostenuta dalla sempre crescente passione per il vino e quello che lo riguarda. Lui che, produttore di champagne di Chalon-sur-Marne, pensava solo a risolvere il problema della «tenuta» dei tappi superando i limiti delle vecchie legature a spago, non si rese conto di avere creato un marchingegno semplice e perfetto per racchiudere il vino che, ben prima dell'epoca ruffiana del marketing, è stato scelto dai re. Perché quella era l'epoca e la terra del mitico champagne ma nel giro di non troppo tempo quella invenzione si diffuse andando a duplicarsi in altri mercati, colonizzando persino prodotti «cugini» come le birre che, in alcuni casi particolari come nelle mirabili produzioni dei trappisti della regione fiamminga, ostentano la loro gabbietta e la capsula. Una febbre che in Italia sta dando vita a curiose conseguenze, come le convention di collezionisti di capsule sponsorizzate dalle case produttrici mentre le stesse case, accorte a cogliere i segnali del tempo, stanno sempre più aggiungendo nuovi dettagli grafici e pezzi «rari» buoni per le brame degli appassionati. Così, se nel catalogo edito dall'Agra compaiono le schede di circa 2200 pezzi d'italica fattura, all'estero il loro numero si moltiplica con quotazioni che in alcuni casi hanno superato quotazioni di molte migliaia di euro. Follie da «impallinati», si potrà dire, ma scorrendo la storia di questo pezzaccio di metallo nato umile e diventato vip si scoprono curiosità divertenti come gli autarchici sotterfugi messi in atto in Spagna durante la guerra civile (quando le capsule furono realizzate in cartone per risparmiare preziosa latta) o la storia, sempre spagnola, della capsula rigirata (come un cappotto in tempo di guerra) visto che la prima versione non era piaciuta per cui si decise di punzonare il retro risparmiando materiale. Ma qui siamo già nel campo scivoloso e intricato percorso solo dai più appassionati anche se ormai per qualcuno la capsula ha cominciato ad avere la stessa dignità di una etichetta in sedicesimo, con le diverse e infinite sfumature di colore e informazioni da segnalare. Un bel progresso da quando le capsule erano anonimi dettagli «di servizio» a corollario di un prodotto, prima lo champagne e ora il vino, che ha saputo passare da alimento a mito, da bevanda a oggetto di fascinazione trascinandosi dietro tutto quello che tocca. Così, mentre i vetri, le carte e i cartoni, le lattine e gli altri contenitori di ciò che si mangia e si beve finiscono per rotolare dimenticati tra i materiali di scarto (e il riciclaggio, ora tanto di moda, non è altro che un Purgatorio feroce per l'inanimato) le gabbiette, le capsule dello champagne e del vino continuano a vivere in un loro Paradiso tenendo con se parte del gusto del nettare prezioso che hanno custodito, serbate con cura da frotte di collezionisti. Che sfogliando questo catalogo e guardando i dischetti di metallo, religiosamente conservati in raccoglitori e schedari, riescono forse a sentirsi in bocca ancora il piacere frizzante delle mille bollicine.



tratto da il Mattino di Padova - 26 febbraio 2003
"Grandi vini, prezzi spesso ingiustificati"
Il severo giudizio di Sandro Sangiorgi
Il direttore di Porthos presenta alla "Piroga" super Merlot di 3 paesi
re.mal. "Il nome del Merlot deriva dal merlo, uccello che sembra gradire la bacche di questo vitigno. E anche per il colore scuro intenso degli acini che lo caratterizzano a maturità, lo stesso delle piume del volatile". L'aneddoto è citato nella scheda che Gianni Borin, docente universitario a Verona e noto vitivinicoltore dei Colli Euganei, ha preparato per introdurre l'ultima interessante serata proposta dal club "Parliamo di... vino". Una serata dedicata interamente al Merlot, uno dei vitigni più diffusi nel mondo. Una serata, etichettata "Il merlot in Italia e nel mondo" che ha avuto come cicerone d'eccezione Sandro Sangiorgi, vulcanico direttore della rivista "Porthos", uno dei maggiori esperti di vino italiani. Spesso controcorrente. Con lui, alla "Piroga" di Tencarola, il club presieduto da Francesco Peggiato ha invitato un altro grande personaggio dell'enogastronomia italiana: Alberto Marcomini, padovano, grande maestro nel campo dei formaggi. Affinatore e, prima ancora, fine cultore dell'arte casearia. A lui è spettato il compito di abbinare agli straordinari merlot di tutto il mondo, portati in degustazione dal club euganeo, formaggi altrattanto straordinari. E così in tavola sono arrivati anche due sontuosi francesi, un pecorino dei Pirenei e un Cantal dell'Auvergne. Hanno condiviso l'abbinamento con un delizioso prosciutto di Langhirano offerto dalla Sapori d'Italia. Sangiorgi ha cercato di far capire come ciò che conta di più in un grande vino non sono le sue caratteristiche tecnico, parametro che molto spesso è alla base delle valutazioni formulate dalle guide, ma è la sua storia. Vino quindi espressione di una cultura materiale di un territorio, frutto del lavoro artigianale dell'uomo, figlio di una tradizione culturale e colturale che varia da regione a regione. Per Sangiorgi il vero rapporto qualità-prezzo non può prescindere dalla cultura che racchiude un prodotto. Un rapporto che, quindi, non sempre è orientato correttamente. La serata ha fornito agli 80 presenti l'occasione per degustare dieci grandi Merlot, di fascie di prezzo diverse. Un "Fra i broli 2000" dell'azienda Piovene Porto Godi di Toara (Vicenza), prezzo 15 ; un Riserva Legado de Armida 1999 della Santa Ines di Mapo Valley (Cile), 13 ; un Colli Euganei '96 di Villa Sceriman, 7; un Poggio ai merli 2000 Castellare di Castellina (Toscana), 50 ; un Petit Village 1998 di Pomerol (Francia), 87 ; un Montiano 2000 di Falesco, 36 ; un Calat 2000 dei Feudi Principi di Butera (Sicilia), 35 ; e un Graf de la Tour 1999 di Villa Russiz (Friuli), 40 . Sangiorgi ha evidenziato come un vino nato nell'89 non può ambire allo stesso prezzo di uno di più antica origine, semplicemente perchè non ha storia. Il direttore di Porthos ha quindi difeso il prezzo dell'alta qualità intrinseca, ad esempio, nel grande merlot di Pomerol. Ma pure nel Graf de la Tour o nel Montiano.


tratto da il Mattino di Padova - 26 febbraio 2003
Lunedì le Cantine di Lispida presentano il prodotto ricavato con il sistema degli antichi romani
Grande attesa per il vino creato nelle anfore
e.fer.
MONSELICE. Sarà chiamato "Amphora 2001", ma a dispetto del nome la sua tradizione si perde nel tempo. Perchè è il frutto di un sistema di vinificazione antichissimo, praticato in grandi vasi di terracotta chiamati "dolia". Dopo duemila anni, questa tradizione largamente usata dai romani rivive nel castello di Lispida. Il vino veniva posto in grandi contenitori privi di manici. Questi poi venivano interrati, in genere nei pressi dei vigneti. Il vino affrontava lunghe macerazioni e alcune aggiunte per aumentarne la durata: come l'aggiunta di resina, di pece mista a cenere, di acqua marina e di mosto cotto. Poteva essere consumato sul posto, o inviato con le navi nei grandi mercati dell'antichità. Il 3 marzo prossimo questo vino originalissimo verrà presentato in anteprima nello splendido castello che sovrasta Monticelli. "L'uva viene messa in queste anfore e lì inizia la fermentazione - spiega Alessandro Sgaravatti, responsabile di Cantine di Lispida - Si mantengono all'interno le bucce e il mosto fino all'equinozio di primavera dell'anno successivo. Durante l'inverno questo vino si arricchisce di sostanze. Con il momento che segna il risveglio della natura, le bucce vengono tolte e il vino viene lasciato nell'anfora per altri 8 mesi. Verso novembre viene imbottigliato. Il risultato non è altro che la trasposizione liquida di ciò che l'uva è informa solida". In Italia sono solo quattro le aziende che operano questo tipo di vinificazione e per il momento nessuno è ancora uscito con il vino. "L'idea è nata dalla collaborazione con Gravner, un famoso produttore ffriulano alla perenne ricerca di vinificazioni arcaiche - rivela Sgaravatti - Anche noi ricerchiamo un sistema di vinificazione originario, legato alla naturalità. Il vino non è nè addizionato, nè trattato". Il 3 marzo prossimo verrà quindi aperta la prima bottiglia del prestigioso nettare. La presentazione, su invito, inizierà verso le 11.30.


tratto da l'Arena - 26 febbraio 2003
- UN ANNO FA IN CITTÀ . Così raccontò a " L'Arena" nell'edizione del 13 aprile 2002
"Anch'io me 'mbriaco"
Al Vinitaly: "Il mio vino è meglio di quello francese"
di Giuseppe Mazzei
Alberto Sordi ha ubriacato il Vinitaly di battute e ricordi. L'attore che più di ogni altro ha incarnato vizi e virtù dell'italiano medio era ieri in città al Vinitaly come "testimonial" dei vini della regione Lazio. "In cinematografia ho recitato spesso la parte dell' "mbriaco". Essere "mbriachi" e non sentirsi mai male vuol dire che il prodotto è sano e genuino". Accolto da applausi nello stand del Lazio, Alberto Sordi si è lasciato andare a ricordi, gag e battute. "Ho amato il vino - ha spiegato Sordi - perché sono di una generazione che ha fatto la guerra e il vino non mancava, mancava il resto. Insomma c'era più vino che acqua. Così, in quegli anni, mi sono nutrito solo di vino. Anzi mi ci sono fatto anche il bagno perché dicevano che faceva bene". Poi ha ricordato le feste che organizzava durante le vacanze di Natale nella casa di Roma. "Invitavo tutto il cinema italiano - ha detto -, da Fellini a Rossellini, da De Sica alla Lollobrigida, alla Loren e alla Mangano. Si mangiava seduti, non come ai buffet in cui la gente si massacra... Nel centro di ogni tavolo mettevo una bottiglia di champagne, dal momento che avevo la nomea di essere parsimonioso, avaro. Avevo una vigna, a Velletri, che produceva un vino adorabile, che spumava naturalmente... Tutti, dico tutti, bevevano questo vinello e le bottiglie di champagne non si toccavano. Il vino del Lazio batteva il prodotto dei francesi". Sordi confessa anche che oggi beve solo vini di qualità. E tutto quello champagne che non veniva bevuto alle sue feste lo conserva ancora? Ride. "No, l'ho dovuto buttare via perché, come tutti sapete, non resistono al tempo e di anni da allora ne sono passati tanti". Non sono mancate anche le battute calcistiche. "Io sono un tifoso della Roma e sono qui a parlare del Lazio soltanto per i vini". E poi dà la stoccata al presidente della Regione Lazio Francesco Storace: "Potevate metterlo tra parentesi il nome Lazio - ha commentato sorridendo vedendo l'insegna "Riscopri i nuovi vini del Lazio caput mundi" - dovevate mettere Roma". E giù risate. Ha anche rivendicato di non aver mai fatto pubblicità, "Berlusconi - ha spiegato - sarebbe impallidito per il mio potere economico se avessi fatto pubblicità. I soldi - ha detto più tardi - voglio guadagnarli col mio lavoro e lo dissi, in passato, ad un ministro delle Finanze" "Per questa cosa che sto facendo non mi faccio pagare (ma non era considerato tirchio?), sono qua perché entusiasta dei vini della mia terra". Già, il vino. Chi non ricorda la scena del fiasco e del piatto di bucatini con cui Nando Moriconi pasteggia in "Un americano a Roma"? "Era vino dei colli, vino vero, non acqua colorata. Anche la pasta nel piatto era vera. Ripetemmo la scena un paio di volte e a ciak concluso mi girava la testa". Mentre Sordi parla, sul palco sale trafelato il commissario straordinario dell'Ente Fiere di Verona Pierluigi Bolla. Sordi viene avvertito e lo gela: "Chi è?". Poi gli stringe la mano e lo invita a dire qualcosa. Il presidente della Regione Lazio Francesco Storace ha sostenuto che mai, come in questo momento, l'identificazione tra il territorio e un artista è riuscito così bene. "E pensare che da una vita inseguivo Sordi per aver un'autografo... Alberto? È genuino come il vino. Il mio rapporto con il vino è devastante: mi fa ingrassare, ma senza vino a tavola non so stare", ha detto scherzando. Bacco, tabacco e Venere: in che ordine li metterebbe Alberto Sordi? "Vanno bene così, tutti provocano una grande euforia e fanno venire una gran voglia...". L'ottantaduenne attore ha lasciato lo stand promettendo che avrebbe visitato tutti i padiglioni per assaggiare il vino. "Non dimenticate - ha ricordato, prima di allontanarsi scortatissimo - che sono anche un sommelier".


tratto da la Stampa - 26 febbraio 2003
IL LEGAME DI SORDI CON L´INDUSTRIALE CANELLESE E LA STORIA DELLA MANCATA ASTA DELLE SUE LOCANDINE AL TEATRO ALFIERI NEL SETTEMBRE SCORSO
L´ unico Carosello di Albertone per Casa Gancia
QUELLE sue canzoni, la simpatia contagiosa della sua risata, rimarranno come "patrimonio" della nostra azienda. Il filmato del primo e unico "Carosello" girato da Alberto Sordi nei decenni della sua incomparabile carriera è nel museo di Casa Gancia e lo mostriamo con orgoglio a tutti i nostri visitatori a Canelli". Lamberto Vallarino Gancia, ieri mattina, appena saputa la notizia della morte di Alberto Sordi ha inviato a Roma un telegramma di condoglianze, anche a nome del padre Vittorio che era amico del grande attore scomparso. "Ci eravamo conosciuti ai tempi del quel Carosello alla fine degli Anni Sessanta. Fu il primo e l'unico che girò Alberto. Dovevamo pubblicizzare il nostro vermouth e chiedemmo a Sordi un intervento - ha ricordato Vittorio Gancia - Ci disse di sì a sorpresa. Allora le pubblicità erano molto lunghe. Sordi ci offrì l'interpretazione di alcune delle canzoni che lo avevano reso celebre a teatro, poi una voce fuori campo invitava a sorseggiare il vermouth Gancia. Da allora quando andavo a Roma mi piaceva passare a trovarlo. Era molto simpatico anche nella vita privata, curioso e ironico. Posso dire che siamo diventati amici e una volta venne anche a Canelli a casa mia". Vittorio Gancia, che è vicepresidente della Camera di commercio, è stato tra i fautori dell'operazione che avrebbe dovuto portare Sordi ad Asti nel settembre scorso, come momento clou della Douja d'or. L'idea di un incontro pubblico al Teatro Alfieri era nata già in primavera al Vinitaly di Verona. "Albertone" era stato chiamato come testimonial dei vini del Lazio. In quella giornata era diventato il protagonista assoluto della rassegna veronese. Esilarante il racconto che fece alla platea dei suoi rapporti con il vino, della capacità di dar vita a personaggi di ubriachi "aho ma io so' astemio, che ve credete". Scherzò sulla sua proverbiale avarizia "alle feste a casa mia metto sempre la bottiglia di Champagne al fresco, ma non la stappo, sul tavolo piazzo invece delle brocche di vino bianco fresco dei castelli, quello se lo bevono subito tutti e i salvo lo Champagne". Gli piaceva l'Asti spumante e Casa Gancia divenne il discreto fornitore dell'attore. A Verona si incontro con Vittorio Gancia e i figli Lamberto e Massimiliano. "Allora come vanno le cose in Piemonte?". Nacque così il progetto di un invito ufficiale ad Asti da parte del presidente della Camera di commercio Aldo Pia, proprio nei giorni della Douja d'or che erano anche legati alla ricorrenza della nascita di Giovanni Pastrone, il regista astigiano fautore del cinema dei pionieri. Bisognava però trovare un'idea "enologica" per creare l'evento. Si lavorò sull'ipotesi di un'asta delle locandine dei suoi più famosi film dallo Sceicco Bianco ad "Un Americano a Roma" (quello della celebre scena dello "spaghetto mai provocato e mo' io te magno"), abbinata ad una serie di bottiglie di vini astigiani. Le locandine storiche furono trovate e prenotate negli uffici della Sec di Roma. Molte aziende astigiane avevano messo a disposizione partite dei loro vini da destinare all'asta. Sordi sarebbe stato invitato a firmare a teatro, in diretta ,ogni locandina, trasformandole in cimeli del cinema. L'incasso sarebbe andato al finanziamento della nuova sede della Croce Verde. La scaletta dell'incontro era stata inviata a Roma e approvata dallo stesso Sordi. Pochi giorni prima del 14 settembre, una brutta bronchite lo aveva però costretto "con grande dispiacere" a dare forfait. La giornata dedicata a Sordi fu annullata e rimarrà nei sogni svaniti di un momento che si annunciava memoribile e che avrebbe visto Sordi attore calcare il palcoscenico dell'Alfieri. Oggi un brindisi alla sua memoria è un modo per dirgli "grazie Albertone".


tratto da Naturalmenteitaliano - 25 febbraio 2003
VINUM 2003 ad Alba dal 25 aprile al 1°maggio
L'eccellenza enologica delle Langhe e del Roero sarà in mostra ad Alba dal 25 aprile al 1° maggio in occasione della 27° edizione di Vinum, kermesse annuale dedicata ai grandi vini d'autore del territorio piemontese.A fare da suggestivo scenario alla manifestazione, il centro storico di Alba che diventerà un vero e proprio banco d'assaggio a cielo aperto dove degustare le migliori annate di Barolo, Barbaresco e degli altri celeberrimi testimoni della viticoltura locale. Il Palazzo Mostre e Congressi manterrà anche quest'anno il ruolo di Grande Enoteca con un allestimento rinnovato e con un catalogo ricco di circa mille etichette dove curiosare tra grandi marchi e piccole ma promettenti cantine.Le sette giornate in cui si articola la manifestazione saranno accompagnate da un nutrito programma di iniziative quali: degustazioni guidate, incontri con esperti, testimonianze dei vignaioli albesi e talk show condotti da giornalisti di settore su tematiche di rilevante attualità. Si attende la partecipazione di circa 300 aziende di Langhe e Roero, tra cui anche le prestigiose griffe del Barolo e del Barbaresco, nonché produttori provenienti da diversi Paesi del Mondo.Tra le tante iniziative si segnala anche "Vinum a scuola", momento divulgativo rivolto ai più giovani per scoprire il territorio e altri aspetti del mondo del vino, studiato e organizzato con la collaborazione di professionisti della didattica. L'iniziativa è aperta non solo agli studenti delle scuole albesi ma anche a quelle esterne al territorio.Per informazioni:Associazione GoWineTel. 0173 364631 www.gowinet.it


tratto da il Giornale di Calabria - 25 febbraio 2003
Olio extravergine, una guida per quelli DOC
Roma. L'olio extravergione di oliva italiano di qualita' come il vino: esce in libreria una guida che seleziona il meglio della qualita' italiana, con analisi e giudizi di esperti, votazioni e riconoscimenti ai top. L'"Extravergine - guida ai migliori oli di qualita' accertata" pubblicata da Edilibritalia, a cura di Marco Oreggia, si presenta in pratica come un viaggio informato attrarverso l'Italia alla ricerca di un prodotto di qualita' "made in Italy" che oramai ha conquistato schiere di intenditori e consumatori. In tutto vengono segnalate duecentonovantotto aziende che costituiscono l'"eccellenza" della produzione italiana, e settantasei il cui olio e' stato considerato "ottimo". "Il nostro obiettivo - scrive nella prefazione Oreggia, giornalista, critico enogastronomico, fra i fondatori dell'UMAO, Unione Mediterranea Assaggiatori Olio - e' quello di vedere l'olio extraversgine di oliva italiano di qualita' sempre piu' presente sulla tavola dei consumatori, attenti alla sana alimentazione e dei gourmet della buona cucina.Ma la guida, nelle intenzioni dei suoi realizzatori, si propone anche di di "scardinare un vecchio e omertoso modo di vedere e considerare il mondo dell'olio extravergine di oliva, una concezione che purtoppo ancora oggi propone una serie di prodotti dai gusti standard e di basso profilo. Per questo - si legge nella premessa - puntiamo a rendere finalmente consapevole il grande pubblico di quali ricchezze e potenzialita' sono celate dietro l'olio extravergine di oliva, caratteristiche che , nella maggior parte dei casi , sono ben lontane dall'essere rintracciate negli scaffali della distribuzione organizzata". Di qui la scelta di dare una informazione , la piu' esauriente possibile, su quei produttori che battono la bandiera della qualita' dell'olio extravergine di oliva, opponendo "chiarezza e trasparenza" a una comunicazione spesso "carente e faziosa" e dalle mille "distorsioni". Di ogni prodotto selezionato dagli esperti che hanno attraversato tutte le campagne italiane si danno notizie tecniche: altitudine delle proprieta' olivicole, tipo di impianto degli oliveti e di allevamento delle piante, varieta' di olivo presenti nelle aziende, metodo di raccolta, presenza del frantoio aziendale di proprieta', metodo di estrazione dell'olio extravergine di oliva, categoria degustativa, prezzo medio al pubblico, distribuzione e formato della bottiglia. In effetti il mondo dell'olio doc italiano pur attraversando un periodo felice per i riconoscimenti avuti dalla ricerca medica e per l'affermazione a livello mondiale della cucina mediterranea, e' tuttora penalizzato da una scarsa cultura generale delle sue proprietà e dei suoi effettivi costi ( cosi' come avveniva per il vino negli anni passati). A questo si aggiunge una forte concorrenza di un prodotto industriale "dal gusto uniforme e anonimo che dai banchi dei supermercati ammicca al consumatore con prezzi talmente bassi che sarebbe interessante - afferma Oreggia - capire di quali strategie aziendali sia frutto" Per la cronaca fra i premi assegnati dalla guida si segnalano quello per il "miglior frantoio dell'anno" al Frantoio Franci di Montenero d'Orcia; quello per il "migliore olio extravergine di oliva dell'anno" all'Azienda Agrobiologica Rosso di Chiaramone Gulfi (Rg) e quello per il "migliore rapporto qualita'-prezzo al Frantonio Donato Valluzzi di San Mauro Forte in provincia di Matera.


tratto da il Messaggero Veneto - 25 febbraio 2003
A Verona la prima edizione nell'ambito di Fieragricola dal 6 al 9 marzo
Nasce il Salone dei formaggi d'Italia
VERONA. Conto alla rovescia a Verona per Fieragricola, occasione irrinunciabile di confronto nel panorama agricolo internazionale, che si terrà dal 6 al 9 marzo. E in concomitanza con la rassegna nasce il primo Salone dei formaggi d'Italia nell'ambito di Agrifood: l'iniziativa, dedicata al mondo lattiero-caseario e realizzata in collaborazione con il ministero per le Politiche agricole e forestali, si propone quale momento di incontro tra istituzioni, associazioni di categoria, sistema distributivo, produttori qualificati, consorzi e piccoli artigiani che considerano il formaggio non un semplice prodotto "goloso", ma il terminale di una filiera agroalimentare che coinvolge zootecnica e agricoltura. Accanto a un calendario di degustazioni guidate con prodotti di eccellenza qualitativa, Veronafiere organizza inoltre due appuntamenti di rilievo che hanno per tema proprio il formaggio: un convegno, in calendario giovedì 6 marzo, alle 15, nel padiglione 8, che riunisce i principali affinatori italiani, e un incontro quotidiano, denominato "Ristorante d'autore", che vedrà alternarsi ai fornelli del padiglione alcuni tra i più conosciuti chef del nostro paese. Nella giornata inaugurale di Fieragricola, giovedì 6 marzo, il "Ristorante d'autore" prenderà la forma di un talk show, in cui i giornalisti e critici gastronomici Paolo Massobrio e Marco Gatti intervisteranno a tavola il ministro per le politiche agricole e forestali Giovanni Alemanno sui grandi temi dell'agricoltura nazionale. In questa occasione verrà presentata l'edizione aggiornata dell'Atlante dei formaggi", patrocinata dal Mipaf in collaborazione con Veronafiere. Il volume è stato curato dal professor Corrado Barberis, presidente dell'Istituto nazionale di sociologia rurale. Il 1º Salone dei Ffrmaggi non sarà dunque una semplice fiera di prodotti tipici, ma un momento di incontro tra istituzioni, associazioni di categoria, sistema distributivo, produttori, consorzi e piccoli artigiani, all'insegna della tracciabilità e della tutela delle tipicità delle produzioni. Il Salone vuole essere un punto di riferimento anche per i consumatori, che potranno conoscere e apprezzare tutte le caratteristiche organolettiche dei migliori formaggi italiani Dop, Igp e Stg suddivisi per categorie: erborinati, muffe, formaggi a pasta dura eccetera.


tratto da Alto Adige - 24 febbraio 2003
Termeno/Terlano. Una legge approvata dalla Camera favorisce il lancio della produzione locale nei piccoli Comuni
Anche i prodotti tipici sui cartelli stradali
Gewürztraminer ed asparagi accanto ai nomi delle due località
TERMENO/TERLANO. Due prodotti tipici - il vino Gewürztraminer e gli asparagi - potrebbero essere inseriti nelle cartellonistica stradale dei rispettivi Comuni di produzione. Lo consente la legge approvata dalla Camera proprio di recente in favore delle comunità al di sotto di cinquemila abitanti. Si tratta di una grande occasione da sfruttare non soltanto a fini promozionali.
La legge è la Realacci-Bocchino dal nome dei due deputati promotori che sono rispettivamente il presidente di Legambiente (Ulivo) ed il responsabile degli enti locali di Alleanza Nazionale. È dunque una legge "bipartisan" a favore dei Comuni italiani con meno di cinquemila abitanti. L'obiettivo è aiutare le attività economiche, sociali, ambientali e culturali di quelle che vengono definite "importantissime microrealtà del nostro Paese" attraverso uno stanziamento di fondi (20 milioni di euro per anno nel triennio 2003-2005) ed altre iniziative. Questi piccoli Comuni nella loro cartellonistica stradale d'ora in poi potranno inserire, sotto il nome della località, la dicitura "luogo di produzione di...". Termeno dunque avrà la possibilità di inserire il proprio prodotto tipico, ovvero il Gewürztraminer, Terlano i suoi asparagi.
Anche alcune strade della nostra provincia dunque saranno trasformate in una sorta di guida eno-gastrononica. Un'occasione da sfruttare, come conferma Werner Dissertori, sindaco di Termeno. "Da anni noi abbiamo affisso alle porte del paese una targa in cui si ricorda che qui nasce il Gewürztraminer. Si tratta di un'iniziativa privata, a suo tempo recepita. Certo che una denominazione ufficiale sulla cartellonistica sarebbe decisamente più importante, in considerazione anche dei riflessi sul territorio nazionale". La nuova legge viene vista con grande interesse anche a Terlano, patria riconosciuta degli asparagi. Secondo Helmut Huber, presidente dell'associazione turistica, "tocca al Comune avanzare la propria richiesta in modo tale da sfruttare gli enormi vantaggi che potrebbero derivare da questa nuova legge. Ho qualche dubbio che la giunta civica si muoverà in tal senso. Qui da noi, soprattutto in questo periodo con l'ingresso nella Strada del Vino, si punta soprattutto sul prodotto enologico. Dal punto di vista turistico, sono convinto che una denominazione ufficiale di Terlano "patria" degli asparagi sarebbe indubbiamente importante soprattutto per il mercato italiano".
Due prodotti tipici dunque - il Gewürztraminer e gli asparagi - da propagandare anche attraverso la cartellonistica stradale e probabilmente su una guida che sarà pubblicata. Un'occasione importante che dovrà essere considerata dai consigli comunali di Termeno e di Terlano, ammesso che si abbia l'intenzione di sfruttare le opportunità - ed i quattrini che sono tanti in tre anni - che sono concesse proprio dalla nuova legge.


tratto da Alto Adige - 22 febbraio 2003
Enologia. Duecento coltivatori coinvolti nel progetto di salvaguardia del patrimonio vitivinicolo del Trentino, da Francesco Giuseppe ad oggi
Girardi, l'archeologo dei vini perduti
Dal Groppello alla Cenerina, i vitigni "resuscitati" nei campi di Civezzano
L'azienda dal 1984 si occupa di prodotti di nicchia salvando essenze e sapori
TRENTO. Sulle tavole dei trentini torna il vino di Cecco Bebbe. Gianpaolo Girardi è "l'archeologo" dei vitigni scomparsi, che sta facendo riscoprire ai coltivatori ed ai consumatori il gusto di sapori dimenticati da tempo. Con "Propostavini", la sua azienda di distribuzione, in tavola si beve un sorso di storia locale. Tornano così in commercio anche il Groppello di Revò, la Peverella e l'Angelica, sotto il marchio "Vini dell'angelo".
Raccoglie il patrimonio viticolo della provincia, Gianpaolo Girardi, per passione, ma anche per recuperare un pezzo di storia locale. L'idea di andare alla riscoperta degli antichi vitigni trentini, da anni fuori produzione, sta incontrando anche il favore dei produttori, inizialmente restii all'esperimento. Pronta anche la risposta del consumatore dal palato esigente che cerca sempre di più l'antico che fa tendenza. E l'antico, in questo caso, risale ai tempi dell'impero Austro Ungarico.
Fino al 1918, quando il Trentino era terra austriaca, i consumatori per eccellenza erano i soldati, quelli che prestavano servizio di leva per almeno tre anni. Ad essi era consentito d'avere mezzo litro di vino rosso trentino al giorno. La varietà della produzione, al tempo, era molto ampia, grazie alla particolare vocazione climatica del territorio, che permetteva la coltivazione del vino a tutte le quote. Nacquero allora le prime cantine, quella di Revò (datata 1904 e patria del famoso Groppello), e la cantina di Borgo Valsugana, risalente al 1916. Per le famiglie questa produzione era una fonte di reddito non indifferente, che andò persa con l'annessione all'Italia. Il crollo del mercato segnò la fine di molti dei vini che tornano alla ribalta. Una passione per la terra che si traduce oggi anche in business, quella di Gianpaolo Giradi.
Dal 1984 la sua azienda, la "Propostavini", con sede a Cirè di Pergine, si occupa della distribuzione di vini di nicchia. Il magazzino occupa una superficie di 1.500 mq, conta 15 dipendenti e 200 produttori che vi fanno capo per la distribuzione dei loro vini. Milleduecento sono le etichette in commercio, 6 milioni gli euro di fatturato (2002) che, dall'anno precedente hanno subito una crescita del 20%. L'azienda opera su due binari, il servizio per la distribuzione ai clienti (che permette di razionalizzare il magazzino), e la valorizzazione della produzione autoctona, a salvaguardia della specificità geografica.
Parallelamente a questa attività, nasce l'idea di recuperare i vitigni scomparsi dal Trentino. Il cuore del progetto è un fazzoletto di terra nei dintorni di Civezzano dove, da vent'anni, Girardi fa crescere le barbatelle raccolte nelle valli della provincia. Il vigneto dell'archeologia si spalma su una superficie di 1.500 mq, ed è una passeggiata nella storia. Tra i filari, amati e sapientemente curati, il vento accarezza giovani tralci dal patrimonio genetico antico. Tra gli altri ci sono anche la Portoghese, un vitigno molto diffuso un tempo in Valsugana, la Turca, la Cenerina della Vallagraina. I bianchi sono un ventaglio che si apre su un Lagarino cembrano, la Bianera e la Vernazzola. Rossi particolarmente apprezzati come la Peverella, diffuso nella zona di Lavis e nelle Giudicarie, e l'Angelica, la vite più rara recuperata da Girardi.
I vitigni dell'archeologo sono una cinquantina, alcuni dei quali da quest'anno sono anche sul mercato. Timbri aromatici che sono allo studio, ed in produzione, anche dai tecnici dell'Istituto Agrario di San Michele, con Marco Stefanini e Tiziano Tomasi. Da qua partiranno i resi che i coltivatori potranno reimpiantare. Entro giugno, infine, sei nuove varietà saranno salvate dall'oblio. Si tratta del Perini, un rosso di Terragnolo, Negron del sud della Vallagarina, Verde Arbara di Val Fredda, Rossara della Piana Rotaliana, Peverella e Cavalota, detto anche Vernazza del Cavalot. Già in commercio sono Casetta, San Lorenzo, Lagarino, Pavana, Negrara, Franconia e Groppello di Revò.


tratto da la Stampa - 21 febbraio 2003
Il vino si conserva al massimo per due anni. Si accompagna molto bene con la pasticceria secca
Il Brachetto d´Acqui Docg ora è anche in rete
Il Consorzio di tutela ha realizzato un accattivante sito Internet
ACQUI TERME. Il Brachetto d´Acqui è in internet. Il Consorzio di tutela del Brachetto d´Acqui Docg ha recentemente realizzato un sito: www.brachettodacqui.com . Ad accogliere il visitatore vi è una rosa rossa simbolo del Consorzio di Tutela del Brachetto d´Acqui nato nel 1992 ad Acqui Terme. Vi aderiscono attualmente dieci aziende produttrici, 16 cantine cooperative, 25 aziende di imbottigliamento. Nel 1996 con il conferimento della denominazione di origine controllata e garantita è stato riconosciuto al Brachetto d´Acqui un maggior pregio. Il Consorzio attualmente presieduto da Paolo Ricagno è impegnato ormai da anni nel controllo della crescita e dello sviluppo di questo vino, a tutelarne il territorio, programmando la produzione e valorizzando la commercializzazione attraverso una forte azione di marketing, sia in Italia che all´estero. Recentemente è stato aperto a Shanghai, un ufficio di rappresentanza del Consorzio di tutela del Brachetto d´Acqui Docg, che cura i rapporti con gli operatori del settore della ristorazione e della commercializzazione dei vini in una nazione in forte espansione economica e che guarda con fiducia ai prodotti provenienti in particolare dall´Europa. Il Brachetto d´Acqui Docg è un vino da dessert tra i più eleganti e gradevoli, sia in versione normale che spumante. E´ meglio berlo giovane quando esprime tutta la fragranza dell´uva: è il momento in cui si colgono nitidamente i sentori di rosa bulgara e di frutta matura. Il suo sapore è fresco, brioso e muschiato. Lo si può conservare al massimo per un paio di anni a patto di tenerlo in un ambiente fresco e buio. Il Brachetto d´Acqui è ottimo da servire in abbinamento ai dolci ed alla pasticceria secca.


tratto da la Città di Salerno - 20 febbraio 2003
agroalimentare
Blasone per i prodotti cilentani E' in arrivo il marchio Dop
VALLO DELLA LUCANIA. Arriva il Dop per le produzioni locali. Dopo l'olio e il caciocavallo silano e in attesa del completamento dell'istruttoria per il fico bianco del Cilento, la lista dei sapori cilentani riconosciuti con ''denominazione d'origine protetta'' potrebbe allungarsi. Il Ministero dell'Agricoltura, visto il divario con altri paesi europei, ha deciso di estendere la tutela di qualità data dal marchio ''dop'' prendendo a campione le prime 150-200 ''voci'' dall'Atlante dei prodotti tipici dei Parchi Nazionali, la guida che ha visto primeggiare il Parco del Cilento e Vallo di Diano con 105 prodotti. L'iniziativa è ancora nelle fase di studio ma fa ben sperare il mercato locale, che con altri ''dop'' potrebbe incrementare la produzione e commercializzazione del ''tipico''. L'Atlante dei prodotti tipici, realizzato da Slow Food con il contributo del Ministero dell'Ambiente, Federparchi, Legambiente, è il frutto di due anni di lavoro compiuto nelle aree protette italiane con lo scopo di ricercare e far emergere i sapori tipici, tradizionali, genuini, realizzati come una volta con tecniche artigianali. L'area del Cilento e Vallo di Diano si è classificata prima tra tutti i parchi italiani con 105 prodotti di qualità e 24 segnalazioni di eccellenza (contrassegnate dalla ''chiocciolina'' di Slow Food) nelle categorie vino, olio, salumi, pane, conserve, liquori, formaggi, miele, coltivazioni di ortaggi, animali in estinzione.


tratto da il Messaggero - 20 febbraio 2003
Montefalco
Nuova legge per disciplinare i vini passiti
MONTEFALCO - I vini passiti sono vini di nicchia, dai forti connotati storico-culturali, spesso legati a vitigni autoctoni e antichi, fortemente connotati alle tradizioni e al territorio di origine. Per questo motivo l'associazione nazionale Città del Vino (488 comuni associati), di concerto con il comune di Montefalco, ha dato vita alla Fondazione Centro nazionale vini passiti d'Italia ed oggi rilancia la proposta di modifica della legge del 1992 che discilina il prodotto. La proposta di modifica della legge riguarda l'introduzione del seguente articolo: "I vini passiti sono quelli ottenuti esclusivamente da uve bianche e/o nere sottoposte a sovramaturazione (appassimento) con metodi naturali o artificiali, secchi e/o dolci, senza l'aggiunta di alcool. I relativi disciplinari - Igt, Doc, Docg - dovranno indicare le norme di produzione e di affinamento".


tratto da Vinitaly.com - 20 febbraio 2003
Figura di spicco del mondo vitivinicolo
Cordoglio per la scomparsa di Leone De Castris
Vivo cordoglio ha suscitato la scomparsa dell'imprenditore agricolo Leone De Castris, titolare dell'omonima azienda vitivinicola salentina, già presidente dell'Unione Italiana Vini dal 1989 al 1992 e figura di spicco della Confagricoltura. "La vitivinicoltura italiana - ha commentato il presidente della Confagricoltura Augusto Bocchini - perde uno dei suoi protagonisti. È anche grazie alle sue scelte coraggiose ed al suo impegno lungimirante (penso ad esempio a Five Roses, il primo vino rosato ad essere imbottigliato in Italia sul finire della seconda Guerra mondiale, all'arrivo degli alleati), che si è rafforzata l'immagine del made in Italy enologico nel mondo".


tratto da il Secolo XIX - 19 febbraio 2003
Avviato l'iter della docg per competere con i grandi vini nobili
Dolcetto, l'ambizione di chiamarsi solo Ovada
di Bruno Mattana
Ovada.Il Dolcetto di Ovada vuole salire in cattedra.Per competere alla pari con gli altri grandi vini e conquistare nuovi, importanti spazi sui mercati nazionali e internazionali. Ottenendo anche la Docg (denominazione di origine controllata e garantita) e cambiando anche l'abito.Chiamandosi semplicemente "Ovada",come succede per altri vini blasonati quali il Gavi,il Barolo,il Barbaresco che hanno legato il loro nome al territorio dove vengono prodotti.
Per quanto riguarda la Docg, come ha annunciato il direttore del Consorzio per la Tutela del Dolcetto d ' Ovada Antonio Rasore, è stata finalmente presentata la domanda agli organismi competenti per il riconoscimento,dopo un iter che è stato laborioso. La Docg inserisce innovazioni importanti per quanto riguarda la produzione del vino e la sua commercializzazione, come quella che ogni bottiglia dovrà essere munita di una fascetta di stato a garanzia del consumatore.
Di questo argomento e dell' andamento metereologico e vitivinicolo dell ' annata 2002, si è parlato in due importanti convegni. Per la Docg il dibattito si è svolto a Ovada,organizzato dalla Cia (confederazione italiana agricoltori), mentre sui vari aspetti della passata vendemmia, il summit di esperti e produttori si è svolto presso la Tenuta Cannona di Carpeneto, che è il Centro Sperimentale Vitivinicolo della Regione.
L ' annata 2002? I tecnici l ' hanno definita "un' annata non male" dal punto di vista viticolo,nonostante la capricciosa situazione metereologica. Anzi, addirittura buona, dove c ' è stata una razionale gestione integrata del vigneto che ha premiato i viticoltori. Per il tecnico Marco Rabino, il clima e il tempo sono concretizzanti,ma è l ' uomo che decide la qualità del vino.Ora, si attendono riscontri positivi dal mercato.
" Si può affermare -hanno sottolineato gli esperti -che ci sono già segnali positivi sia per le richieste,superiori all ' anno precedente,sia per i prezzi anch' essi promettenti,tenuto anche conto che la produzione della vendemmia 2002 è inferiore di un buon 25-30%" .


tratto da il Mattino - 19 febbraio 2003
E con la vendemmia 2003 nasce la nuova doc Irpinia
Un piccolo paradosso: con tre docg la provincia di Avellino sarebbe priva di doc. Per questo motivo entro giugno il Comitato nazionale discuterà la proposta di trasformare la igt (indicazione di origine geografica) in doc consentendo così ai produttori di avere più margini di manovra per le altre etichette che non hanno solo fiano e greco. Già dalla prossima vendemmia, dunque, avremo sicuramente i vini Irpinia doc, la ventesima in Campania. Tra le tipologie previste, oltre rosso e bianco, ci saranno aglianico, coda di volpe, falanghina.


tratto da il Mattino - 19 febbraio 2003
DOPO IL TAURASI
Fiano e Greco nel gotha dei vini
Riconosciuta la docg per i due bianchi. Avellino è seconda in Italia, unica al Sud
di LUCIANO PIGNATARO
Anche il Fiano di Avellino e il Greco di Tufo avranno sin dalla prossima vendemmia la mitica fascetta che contraddistingue numerandole puntigliosamente le bottiglie dei vini a denominazione di origine controllata e garantita, la docg: domani mattina alle 9 il Comitato Nazionale di Tutela darà il via libera alla proposta chiudendo così ufficialmente l'iter burocratico durato alcuni anni. Il sigillo finale sarà poi la pubblicazione del decreto.
L'Irpinia entra alla grande in un club molto ristretto: basti pensare che attualmente sono appena 24 le docg in tutta Italia e che solo la provincia di Siena vanta un numero più alto di riconoscimenti, ben cinque: Brunello, Chianti, Chianti Classico, Nobile di Montepulciano e Vernaccia. Al secondo posto sinora c'era Verona con il Recioto, il Soave Superiore e il Bardolino. Poi Cuneo con Barolo e Barbaresco. L'Irpinia dunque si piazza al secondo posto perché, come è ben noto, il Fiano di Avellino e il Greco di Tufo vanno ad affiancare il Taurasi, sino a ieri l'unica docg del Mezzogiorno continentale che celebra il decimo anno.
Al di là delle statistiche sicuramente indicative ma che alla fine nel bicchiere lasciano il tempo che trovano, la terza docg sottolinea il livello di primo piano raggiunto dalla viticoltura irpina. Cambierà qualcosa? "Niente di particolare - dice Piero Mastroberardino (nella foto), titolare della storica azienda e componente del Comitato nazionale - se non una maggiore ristrettezza dei parametri di riferimento. Ovviamente ci sono poi tutte le prescrizioni previste dalla docg, come la fascettatura delle bottiglie e il doppio controllo annuo".
Ma non è questa l'unica novità. Entro giugno la Irpinia diventerà doc mentre sicuramente nascerà una nuova igt in sostituzione di quella attuale. Bisogna precisare, e questa è davvero un meccanismo che fa impazzire i critici stranieri travolti dai labirinti normativi italiani, che la qualità non è necessariamente legata alla dicitura docg. Anzi, molti supertuscans e anche tanti vini campani premiati dalle guide specializzate non sono neanche doc, ma semplici vini da tavola o igt. Di converso però le tre principali sigle sulle bottiglie (docg, doc e igt) sono utilissimi parametri produttivi per il consumatore che vuole essere sicuro di certi standard.
In ogni caso il raggiungimento della docg per due bianchi meridionali è sicuramente un traguardo storico e non potrà avere che ricadute positive su tutto il comparto. Un percorso iniziato già da alcuni anni e che ha trovato non poche resistenze da parte di chi tra la gallina e l'uovo opta sempre per il secondo. Per fortuna è prevalsa una visione più lungimirante, capace di guardare oltre al boom dell'ultimo periodo che ormai sta volgendo al termine: avere la certificazione di un club così ristretto aiuterà sicuramente i produttori sul lungo periodo.


tratto da il Mattino - 16 febbraio 2003
Da Montalcino la conferma: vendemmia molto difficile, è stata la peggiore degli ultimi quarant’anni
DALL’INVIATO A MONTALCINO
LUCIANO PIGNATARO
La festa è finita. Non solo per la Fiat ma anche per il mondo vitivinicolo italiano, ancora bagnato dalle piogge estive che hanno finito per delineare la catastrofica conclusione: la vendemmia 2002 è stata la peggiore degli ultimi 40 anni. L’allarme era stato già lanciato dall’Assoenologi, ma ieri a Montalcino le prime conseguenze pratiche: il rating assegnato all’annata è di appena due stelle su cinque. Non basta sapere che Biondi Santi, l’azienda che ha inventato il Brunello, ha deciso di soprassedere per questo millesimo: per avere una idea della dimensione del flop bisogna risalire a non meno di dieci anni fa per trovare qualcosa di analogo.
Le parole di Filippo Fanti, presidente del Consorzio del Brunello sembrano riportare tutti alla realtà: «La problematica vendemmia 2002 dopo tante annate memorabili, ci ricorda come la campagna sia soggetta a cicli naturali e ineluttabili. Una delle caratteristiche peculiari del Brunello è la sua capacità di evolvere nel tempo, acquistando pregio e valore; ecco perchè abbiamo deciso di compiere una scelta di serietà, coerentemente con il nostro compito di vigilare e assicurare lo standard qualitativo complessivo del territorio, assegnando 2 stelle ad una annata in cui i vini prodotti saranno ottimi da degustare nei prossimi anni, meno indicati per l’invecchiamento».
Per il momento ci si è consolati con l’annata 1998 che ha confermato di essere a buoni livelli e con la strepitosa riserva 1997 considerata la migliore vendemmia del Novecento, entrambe presentate insieme al Rosso nel corso della manifestazione «Benvenuto Brunello» organizzata alla Fortezza di Montalcino e a cui hanno aderito 120 produttori. Ieri sono stati assegnati i premi Leccio d’oro a Mario Stoppani di Pek a Milano, a Tony May del San Domenico di New York e ad Omar e Ubaldo Bertoletti della trattoria «Dell’Alba» a Piadena in provincia di Cremona. La formella di ceramica per ricordare la vendemmia che viene attaccata ogni anno sul muro del Comune è stata disegnata da Roberto cavalli.
Rituali per esorcizzare i nuvoloni apparsi all’orizzonte del mondo vitivinicolo dopo anni di euforia e di prezzi schizzati alle stelle: non giova all’export negli Usa il rafforzamento dell’euro sul dollaro che ha portato molti vini italiani sopra la soglia psicologica dei dieci dollari. Una situazione difficile, che ha già visto i francesi perdere il 30 per cento di quota di mercato anche perché i venti di guerra non incoraggiano certo i consumi mentre resta ovviamente un punto interrogativo l’andamento climatico di quest’anno.
Calmierare i prezzi e continuare a lavorare sulla qualità sembra essere l’unica ricetta da seguire scrupolosamente nei prossimi mesi per tutti i produttori italiani. E non smettere di tenere aperte tutte le strade: la presenza di vini ottenuti da vitigni internazionali come il cabernet sauvignon dentro la fortezza presidiata dal Consorzio è un segnale siginificativo. Non solo questi rossi non sfigurano con il più blasonato Brunello ma aveva anche acquisito una marcata tipicità. Proprio come accade in Sicilia.


tratto da il Mattino - 16 febbraio 2003
Il Barbera batte il Chianti
l.pign.
Il Barbera è il rosso italiano più apprezzato tallonato dal Chianti. È quanto emerge da un'indagine Eurisko fatta per il Consorzio del Chianti Classico relativa ai consumatori di bottiglie di alta qualità. Fra le regioni ancora un primato per il Piemonte che ha raccolto il 53% di citazioni per la produzione dei migliori vini rossi, seguita dalla Toscana con il 44% e dalla Sicilia col 26%.
Le indicazione emerse sono significative perché emerge che la maggior parte dei consumatori italiani è sostanzialmente orientata sul deja vu nonostante tra gli specialisti si faccia un gran parlare di vitigni e vini meridionali. Il Mezzogiorno, tra cui il Taurasi che è l’unica docg, è quasi del tutto ai margini dell’inchiesta. Infatti alla domanda su quali siano i vini rossi italiani più apprezzati, il 20% degli intervistati ha indicato il Barbera; il 16% il Chianti; il 12% il Barolo. La cinquina di testa è completata da un altro vino piemontese, il Dolcetto, quarto con l' 11% di apprezzamento, tallonato dal Lambrusco che, a sorpresa, condivide ex aequo col Brunello di Montalcino la quinta piazza col 10%. Nella tabella a fianco la classifica completa da cui emerge comunque una curiosità: il Corvo è l’unica etichetta aziendale identificata tout court con un vino dagli intervistati. Dalla ricerca emerge che la spinta maggiore all’acquisto è la dicitura della regione d’origine con la Toscana e il Piemonte largamente in testa rispetto alle altre regioni: segue distanziata la Sicilia.
Ma quale prezzo sono disposti a spendere gli italiani per un vino di qualità? Quello giusto è considerato intorno ai 6,40 euro. Interpellando un campione di 400 consumatori (in rappresentanza del 14% della popolazione italiana che beve abitualmente vino di qualità), è risultato che i cultori del buon bere sono disposti a spendere al massimo 30 euro per una bottiglia. Ma quasi la metà del campione non sarebbe disposta a spendere più i 15 euro per un vino di qualità davvero superiore. E solo il 18% del campione si dichiara disposto in occasioni davvero particolari a spendere una cifra superiore ai 30 euro.


tratto da il Resto del Carlino - 16 febbraio 2003
La borsa più ricca ha il colore del vino
di Marco Lamberti
ROMA — In tempi magri, anzi magrissimi per i patiti della Borsa, fa notizia che ci sia una qualche forma di investimento che resta comunque redditizia. E' il caso, solo apparentemente anomalo, del vino. Si, avete letto bene, del vino, che negli ultimi anni ha reso molto più dell'oro (quello vero) o dei più preziosi titoli azionari. Con rendimenti che in alcuni casi hanno anche del miracoloso, raggiungendo perfino l'8-900 per cento. In pochi anni infatti, secondo un'inchiesta di Winenews (effettuata mantenendo i prezzi in lire), la rivalutazione delle etichette più pregiate è stata del 500%, con punte che hanno toccato anche il 900%. L'apprezzamento dell'«oro rosso» ha toccato un po' tutte le realtà regionali italiane, dai Baroli del nord, ai Brunelli e ai Chianti toscani, agli Amaroni. Dai classici tipo Sassicaia (Tenuta San Guido) cresciuto in 12 anni del 775 per cento agli emergenti Sagrantino di Montefalco Caprai (+ 700 per cento). Quotazioni che spiegano la corsa al Brunello partita in questi giorni, proprio nel momento in cui una giuria internazionale di esperti ha certificato la cattiva annata del celebre Montalcino, riducendo a sole due stelle il ratyng del celebre vino toscano per la vendemmia (disastrosa) 2002. In questi giorni, dicevamo, migliaia di bottiglie di Brunello Riserva 1997 sono state opzionate da importatori e ristoratori americani, tedeschi e svizzeri, ancora prima dell'immissione in commercio. Gli operatori non intendono correre il rischio di rimanere senza quella che è stata definita la «vendemmia del secolo», che nella Riserva 1997 trova la sua massima espressione. Intanto le cantine sono ormai vuote: la produzione delle ultime vendemmie è stata interamente venduta, letteralmente andata a ruba. Il tutto mentre stanno già fioccando le prenotazioni per il Brunello 1998. In Italia la «moda» di investire sul vino è recente, ma sta prendendo rapidamente piede. La prima operazione finanziaria lanciata sul mercato è del 1997. Mediobanca lanciò un prestito con warrant che riguardava una partita di Brunello di Montalcino. Il mercato oggi offre un po' di tutto, dai certificati ai warrant alle polizze riuscendo ad assicurare, scondo gli esperti, rendimenti annui che oscillano mediamente dal 5% al 10%. Sul settore si stanno buttando anche i fondi, come l'Orange wine Fund, che ha esordito nel 2001. Gli addetti ai lavori stanno pensando anche a una sorta di Borsa che, seppure ancora sulla carta ha già il presidente del comitato nazionale di vigilanza: Gianni Zonin. Il comitato si è già insediato e la formula allo studio prevede due sezioni: una per i grossi quantitativi di vino e un'altra per le etichette pregiate. La rivalutazione non tocca solo rossi e bianchi, ma anche le vigne. Si registrano infatti quotazioni record anche per i valori fondiari: un ettaro di vigneto di Brunello, secondo un'indagine effettuata dall'Istituto Nazionale d'Economia Agraria (Inea), ha raggiunto oggi un valore di 250.000 euro, quasi mezzo miliardo di lire (ma talvolta i valori reali salgono anche a 4/500mila euro). Nel Chianti, negli anni Settanta, un ettaro di vigneto costava 3 milioni di lire: oggi vale 80/100 volte tanto, 300 milioni, ovvero 150.000 euro. Ma il boom dei terreni non è soltanto il Chianti: il valore della terra segue quello del vino e del suo fascino e cultura. Dalle Langhe alla Sicilia, dalla Franciacorta all'Alto Adige, da Montefalco al Salento, la richiesta dei vigneti doc supera di gran lunga l'offerta.


tratto da Bibenda - 16 febbraio 2003
Il Primo Corso sulla degustazione dell’Olio Extravergine di Oliva secondo il metodo di Associazione Italiana Sommelier
Prima lezione Giovedì 13 Marzo 2003
Orario dalle 19,00 alle 21,30
Hotel Parco dei Principi
Dodici incontri per capire fino in fondo questo sorprendente tesoro del patrimonio mediterraneo, dalle origini alle cultivar fino alla degustazione e al giusto abbinamento
Analisi sensoriale, riconoscimento delle varie tipologie, apprendimento della tecnica della degustazione e dell’arte dell’abbinamento secondo il collaudato Metodo A.I.S.
Il Corso si articola in dodici lezioni teoriche e pratiche, durante le quali si degusteranno oltre 50 oli.
PROGRAMMA
Giovedì 13/3/2003
L’olio nel tempo. Origini e Storia. Tecnica di assaggio.
Venerdì 21/3/2003
Olivicoltura. Tecnica di coltivazione. Clima e terreno. Allevamento e sesti d’impianto. Ciclo vegetativo. Potatura. Malattie. Raccolta.
Giovedì 27/3/2003
Produzione. Sistemi. Conservazione. Rettificazione. Imbottigliamento.
Giovedì 3/4/2003
La Degustazione. Caratteristiche organolettiche. Analisi sensoriale. Scheda di degustazione dell'AIS.
Martedì 8/4/2003
Composizione e analisi chimica. Classificazione. Legislazione. Le.De.Co. – Dop – Igp – Igt. Certificazione Csqa.
Giovedì 17/4/2003
Le Cultivar. Viaggio attraverso le regioni d’Italia.
Giovedì 24/4/2003
Gli oli denocciolati da monocultivar.
Martedì 29/4/2003
L’olio in cucina. Olio e altri grassi. Tecniche di cottura. L’olio giusto per ogni piatto. Il vino giusto per ogni
piatto.
Giovedì 8/5/2003
L’olio nella salute. La dieta mediterranea. I consigli del medico.
Sabato 10/5/2003
Visita ad un’azienda toscana, produttrice di vino e di olio. Visita al frantoio.
Giovedì 15/5/2003
L’olio nel ristorante. Carta degli oli. Carrello degli oli. Servizio.
Giovedì 22/5/2003
Cena didattica di abbinamento cibo-olio.

Materiale didattico:
Valigetta con 6 bicchieri per la degustazione
Libri di Testo
Quaderno con le Schede
I partecipanti sono iscritti al Club Ais Bibenda e ricevono:
- l’abbonamento a 5 numeri di BIBENDA – la rivista nata per rendere più seducenti l’immagine e la cultura del vino
- SommelierNotizie, con la possibilità di partecipare alle esclusive attività di degustazione del vino e del cibo organizzate per gli associati
Costo del Corso 700 Euro
Iscrizione al Club Ais Bibenda 40 Euro
Informazioni e prenotazioni presso la sede AIS dell'Hilton di Roma.


tratto da il Mattino - 13 febbraio 2003
Vigna del Vassallo e il solito Montiano.
Così risorge il Lazio
Che fortuna ma che guaio, che gioia quantitativa che dolore qualitativo: i mercati metropolitani, quelli di Roma e Napoli per intenderci, hanno rallentato davvero molto lo sviluppo della viticoltura moderna. Ne sappiamo qualcosa quando giriamo tra il Vesuvio e i Campi Flegrei dove si produce ancora di tutto di più, proprio come il vinello dei Castelli Romani di cui Sordi si è pure vantato nel padiglione Storace di un Vinitaly fa.
Così il vino vero, quello nato dalle basse rese per ettaro, atteso lungamente in cantina prima in legno e poi in bottiglia, ha faticato a farsi largo proprio nei grandi mercati sino a quando la gente ha deciso di bere meno ma meglio. Chi più di Riccardo Cotarella (nella foto) ne sa qualcosa in proposito? Proprio nessuno: in Campania con il Montevetrano ha stravolto l’immagine della bottiglia vesuviana in Italia e all’Estero. Discorso identico con il Montiano, un merlot in purezza pluridecorato prodotto in prima persona nella azienda che ha in comproprietà con il fratello Renzo, Falesco a Montefiascone (Località Le Guardie, telefono 0761.825669). Certo non siamo sul lago di Bracciano ma ai bordi di quello di Bolsena. Scendiamo più giù, allora, a Marino dove al numero 46 del’omonima via che la mitica Paola Di Mauro titolare con il marito Armando di Colle Picchioni (telefono 06.93546329) ha agganciato quest’anno i tre bicchieri con Vigna del Vassallo, ossia merlot al 60%, cabernet sauvignon al 30% e per il resto gocce di cabernet franc.
Sono rossi concentrati, opposti a quelli, beverini, del passato. Come il Mater Matuta da Syrah e petit verdot (15%) di Casale del Giglio di Antonio Santarelli a Nettuno (Le Ferriere, tel. 06.92902530), altro grande rosso laziale che ha contribuito ad invertire la rotta.
Finale marketing con sorpresa, dunque: in Lazio e Campania già si producevano quei vinelli a cui si aspirava altrove per uscire dalla crisi del settore, ma proprio questa circostanza ha tirato il freno a mano alle due regioni. Sicché, facendo leva sull’internazionale merlot si sono riscoperti e valorizzati anche i vitigni autoctoni.


tratto da il Nuovo - 13 febbraio 2003
Lo scontro Francia-Usa minaccia lo champagne
I contrasti fra le due sponde dell'Atlantico sull'Iraq rischiano di danneggiare le esportazioni francesi e tedesche negli Usa. Washington sta già studiando super dazi contro i vini e formaggi di Parigi
di Alessandro Condina
MILANO – La posizione “alternativa” di Francia e Germania rispetto agli Stati Uniti sulla crisi irachena sta dando una nuova centralità a Parigi e Berlino sul piano diplomatico; l’acuirsi dello scontro con Washington, però, ha già riportato in auge vecchi pregiudizi e caricature (americani cow-boy, francesi mangia-formaggio) e minaccia di danneggiare anche i rapporti commerciali tra le due sponde dell’Atlantico.
Secondo quanto riporta il Financial Times, gli industriali tedeschi – che temono un boicottaggio – stanno preparando una campagna mediatica, fatta di pubblicità sui giornali e incontri con gli investitori, per rafforzare i legami economici con gli Stati Uniti. Per la Bga, l’associazione che riunisce le aziende di grande distribuzione e gli esportatori tedeschi, ci sono “evidenti segnali” che gli scontri politico-diplomatici “cominciano a coinvolgere” gli scambi commerciali.
Ma soprattutto la tensione fra Parigi e Washington, aggravata da una diffidenza reciproca tra Chirac e Bush, diversissimi per età e indole, ha riesumato le vecchie tentazioni delle lobbies americane del settore alimentare. Così, alcuni deputati repubblicani hanno proposto di inserire nuovi dazi, elevatissimi, su prodotti tipici francesi, come vini pregiati, acque minerali e formaggi.
Lo stesso speaker della Camera, il repubblicano Dennis Hastert – secondo l’organizzazione degli importatori Usa di vino (Nabi) – “sta studiando la possibilità di imporre sanzioni commerciali contro i vini francesi”. E la settimana scorsa alcuni grandi investitori statunitensi hanno rifiutato di acquistare obbligazioni lanciate dalla società elettrica Legrand, perché “in questo momento non si può sostenere un’azienda francese.
Al contrario, sempre in parallelo con il risiko diplomatico, migliorano sempre più i rapporti fra Usa e Gran Bretagna, finora l’alleato più fedele e utile di George Bush; e infatti la Confederazione industriale britannica e l’Associazione per il commercio anglo-americano dichiarano una “maggiore disponibilità” all’ascolto da parte dei politici americani.
I tedeschi sono i primi a correre ai ripari: la Atlantic-Brucke ha acquistato un’intera pagina del domenicale del New York Times, in cui difende i vantaggi delle relazioni fra Washington e Berlino. Ma la battaglia del commercio è soo agli inizi.


tratto da l'Unione Sarda - 12 febbraio 2003
Sinnai
Aria di crisi nei vigneti ma c’è il boom dell’olivicoltura
Quella viticoltura che non c’è più. La superficie vitata a Sinnai continua a ridursi a coronamento di una crisi che ha tutta l’aria di essere irreversibile. I tempi in cui nelle cantine venivano ammassati migliaia di quintali di uva dalle sole campagne di Sinnai sono lontani anni luce. I costi di gestione sempre più elevati, la siccità, ma anche il basso reddito garantito, hanno favorito, con gli incentivi della Cee, l’ espianto di centinaia di ettari di vigneti a monica, malvasia e nuragus in particolare. Nel contempo è andata in crisi anche la Cantina. L’enopolio di Maracalagonis è chiuso da alcuni decenni. Pochi i soci rimasti alla Cantina di Quartu. Negli ultimi anni, c’è stato il reimpianto di alcune decine di ettari di terreno. Ma si tratta di ben poca cosa per poter sperare in un grande rilancio di un comparto che in passato ha garantito lavoro ed economia.C’è invece un rilancio nel comparto della olivicoltura con la messa a dimora di migliaia di piantine su tutto il territorio comunale.Si sono formate anche grosse aziende specializzate nel comparto. Ma ovviamente con la sola olivicoltura, il rilancio del comparto agricolo resta una chimera. Soprattutto se non si riuscirà a garantire l’acqua per irrigare i campi e se non si riuscirà a realizzare la elettrificazione delle campagne. «Ci stiamo tentando - dice Bruno Lobina, assessore comunale all’agricoltura. Sono una settantina le domande presentate da utenti che chiedono la corrente nelle aziende. I tempi dell’Enel sono notoriamente lunghi. Le nostre pressioni non mancano comunque. Ma al di là di questo, credo sia opportuno anche la diversificazione del raccolto. Puntando magari anche sulle colture orticole e sulle uve da tavola. In paese è sorta anche una azienda che coltiva le lumache. Lo sforzo deve essere però più consistente».


tratto da Alto Adige - 12 febbraio 2003
Quattro anni di studi per la classificazione di 1.550 ettari di vigneti del Consorzio vallagarino
Il vino migliora con la zonazione
Buoni i risultati dell'esperimento pedologico della Sav
di Carlo Bridi
TRENTO. Se i viticoltori della Vallagarina possono oggi godere di un'adeguata remunerazione delle uve, ciò è dovuto al salto di qualità dei prodotti, oltre che al positivo andamento dei mercati. E' il caso della Sav - Società agricoltori della Vallagarina - che ha investito per oltre un decennio in risorse umane e finanziarie per arrivare ad un consistente miglioramento dei suoi vini. Un risultato frutto di un lavoro che ha portato alla "zonazione" dei 1.550 ettari di proprietà dei soci. In altre parole, con il supporto dell'Istituto Agrario di S.Michele all'Adige, la Sav ha individuate per ogni microzona - sono oltre trenta i tipi di terreni rilevati e classificati in rapporto alle caratteristiche del terreno, all'esposizione, all'altitudine - il vitigno che meglio può esprimersi su quel tipo di terreno.
Alla presentazione dell'indagine realizzata anche grazie al sostegno delle Casse Rurali della Vallagarina, erano presenti ieri presso la Federazione delle Cooperative i vertici della società. Ospite il presidente della Federazione, Pierluigi Angeli, che ha colto l'occasione per rivendicare al mondo agricolo un ruolo fondamentale nella società civile, sottolineando il ruolo della ricerca, i cui risultati ricadono poi sui produttori. Per questo le risorse pubbliche usate in questo campo sono sempre ben spese, ha concluso Angeli.
La ricerca è stata il frutto di un'ampia collaborazione, ha sottolineato il presidente della società Franco Parisi: dai soci, ai tecnici, all'Istituto Agrario. Sono state necessarie, come ha ricordato il tecnico Roberto Menegoni, oltre 60 microvinificazioni per quattro anni, oltre ad un'indagine pedologica. Lo studio è rivolto anzitutto ai soci che, consultando le schede contenute nelle 276 pagine del volume, potranno individuare le caratteristiche dei propri terreni e di conseguenza scegliere, con il supporto dei tecnici della cantina, il vitigno più adatto. Ma è anche uno strumento utile per la Cooperativa che può così pagare le uve sulla base di parametri non più soggettivi, ma obiettivi.
Duilio Porro, che ha coordinato la fase finale dell'indagine per conto dell'Istituto Agrario, ha ricordato come partendo dal concetto che "il vino si fa in campagna", si è voluto indagare su tutti gli aspetti agronomici e pedologici per arrivare al prodotto finale. Ne è nato un armonioso rapporto che ha visto coinvolti l'uomo, la vite ed il territorio. A conferma dell'importanza che la Sav intende dare a questa ricerca, il direttore generale, Pier Paolo Rinaldi, ha annunciato che venerdì prossimo, al Teatro alla Cartiera di Rovereto, sono convocati i soci ai quali, dopo una presentazione tecnica dell'indagine, verrà consegnata una copia della ricerca. Per ognuno di loro sarà uno strumento di lavoro per il miglioramento della qualità delle uve.


tratto da la Nazione - 12 febbraio 2003
La bottiglia è un bene rifugio, lo dicono futures e warrant
di Leonardo Fattori
FIRENZE — «Investite in vino, male che vada lo si può bere». Il consiglio è del compianto Gianni Agnelli. I grandi rossi di Toscana e d'Italia si sono confermati, alla stregua del mattone o dell'oro, uno fra i beni rifugio più sicuri e addirittura un investimento con i fiocchi ricorrendo ai pochi e poco noti strumenti finanziari esistenti nel mondo del vino. Come i «futures» (si paga il prodotto, in genere di un'annata molto buona, per poi ritirarlo a una determinata scadenza), come i warrant (normali titoli che oltre alla cedola danno un diritto per l'acquisto di vino a prezzo predefinito), come la cartolarizzazione (trasormazione di debiti in titoli garantiti da vino di gran pregio).
I «futures», lanciati sul Brunello di Montalcino da Castello Banfi, a quel tempo guidato da Ezio Rivella, sono stati usati da diverse aziende (e ora godono anche delle garanzie di qualche banca) in Toscana e in Piemonte (Tenimenti di Fontanafredda del Monte dei Paschi). Per dare un'idea il rendimento dei «futures» sul Brunello Banfi del '98 è risultato del 10,91 per cento. Con le borse in picchiata, i fondi in rosso, i bot ai livelli minimi, c'è da battersi il petto per non aver «affogato» i nostri risparmi nel vino. Anche i warrant – lo strumento è stato adottato da Antinori e Frescobaldi con l'assistenza di Mediobanca e legato al Brunello del 1997 - hanno fatto faville. Ci dicono di rendimenti da considerare stellari, con i tempi che corrono. Tutto ciò è però addirittura niente a fronte della rivalutazione-monstre messa a segno in una manciata d'anni da alcuni grandissimi vini italici, veri e propri «blue chips» del settore.
Come risulta da un'inchiesta di WineNews, magazine on line, in 5-6 anni alcuni «top» hanno avuto rivalutazioni dell'ordine del 500%, con punte fino al mille. Certo, perché le «etichette» più pregiate si rivelino un buon affare occorrono alcune imprescindibili condizioni di partenza: prodotto di altissima qualità e capacità di durare nel tempo, notorietà, richiesta di mercato e rarità. E ciò significa i migliori Brunello, Barolo, Barbaresco, Sagrantino, Chianti Classico e ovviamente Supertuscan che trovino menzione da parte della critica specializzata come le riviste Wine Spectator, Decanter, Parker, Gambero Rosso. Meglio poi se figurano nelle più prestigiose aste in Italia e all'estero come Christie's, Sotheby's, Finarte, Pandolfini. Ma soprattutto tali prodotti devono provenire dalle migliori vendemmie. Le grandi annate fanno i grandi prezzi. Secondo WineNews, che ha messo a confronto il valore di alcuni vini nell'anno di uscita in enoteca con il valore attuale, sempre in enoteca , il Barolo Sandrone Connubi Boschis del 1990 si è rivalutato del mille%: da 55mila lire a 550mila. Del 900% il Brunello Case Basse Soldera riserva 1990, passato da 100mila lire a un milione. Incrementi dell'800 % sono poi attribuiti al Barbaresco Sorì Tildin di Gaja dell'89 ( da 100 a 900mila lire) e al Montepulciano d'Abruzzo Valentini 1990 (da 50 a 450mila lire). Il Sassicaia San Guido del 90 viaggia sul 775%, mentre quello del 97, in enoteca ora a 500mila lire, è già al 233%. E sempre sul 700% troviamo il Sagrantino Montefalco di Arnaldo Caprai «25 anni» del '93 (costo: 350mila lire). Seguono il Brunello Biondi Santi riserva 1990 con una rivalutazione del 598%; il Barolo Gaja Sperss del 1988 con il 567 per cento; il Barolo Conterno Monfortino Riserva 1990 con il 438; il Solaia Antinori 1997 con il 367; il Masseto dell'Ornellaia 1997 con il 200; l'Ornellaia 97 con il 122 e il 98 con il 58 per cento; l'Amarone Dal Forno 1994 con il 125%.


tratto da il Secolo XIX - 12 febbraio 2003
Un pizzico di edonismo e l'attrazione della moda lanciano in orbita la voglia di enologia e di prodotti tipici
Boom dei corsi per imparare a conoscere le bottiglie e abbinarle ai cibi
Vino, il trionfo del «buon vivere»
di Antonella Granero - granero@ilsecoloxix.it
Per Elio Ferraris, presidente del Circolo degli Inquieti e fondatore della Congrega dei Sapidi, è un gioco ambivalente tra «sapore e sapere, gusto e intelligenza». Per Cinzia Mattioli, responsabile con il marito del “Doc”, ristorante cult, nonché dirigente nazionale delle “Donne del Vino” e sommelier di rango, conoscere il vino non «è questione di etichette, ma di recupero del rapporto con la terra e con i suoi prodotti» .
Sia come sia, i savonesi scoprono in massa il piacere per i corsi di degustazione dei vini che si moltiplicano in ogni parte della provincia: da quelli dell’Associazione italiana sommelier, di tipo professionale, a quelli più conviviali delle “Donne del Vino”, dai severi corsi Onav alla “degustazione di base” insegnata dal Circolo degli Inquieti con un maestro del settore come Lorenzo Tablino, sino alle iniziative del centro di formazione “Miretti” di Celle che addita come avvicinarsi ai vini, ma presto varerà anche corsi di cucina mediterranea e di pasticceria.
E’ un fenomeno che si è andato affermando negli ultimi anni sino ad assumere contorni clamorosi ed ormai non sfugge agli osservatori più attenti. Cambiano i gusti, mutano le abitudini: al fondo, resta il desiderio di aderire alle mode - che, oggi, chiedono appunto di riavvicinarsi ai prodotti naturali e della terra - e il gusto edonistico per il “buon vivere”.
Il tabacco è sulla via del tramonto ed è stato quasi bandito dalla vita civile: oggi, accendere una sigaretta vale al minimo un’occhiataccia. Affondata dai ritmi frenetici della vita moderna, Venere sta appena meglio, come dimostrano senza tema di smentita gli studi degli psicanalisti e l’abbandonante ricorso a Viagra e simili. Della vecchia triade dei piaceri resiste dunque Bacco: ma muta aspetto, cambia proporzioni. Non c’è più il bottiglione con il “gotto” del contadino. Ma si afferma la bottiglia pregiata del bevitore moderno, da centellinare con il contagocce ed abbinare ai prodotti gastronomici tipici ed al gusto tutto intellettuale della scoperta.


tratto da il Tirreno - 12 febbraio 2003
E’ cresciuto in questi anni il numero degli appassionati che seguono il precetto di «bere meno ma bere meglio»
Gli italiani amano il vino di qualità
Ma per una bottiglia sono disposti a spendere al massimo 30 euro
FIRENZE. Gli appassionati del vino di qualità (circa un milione del totale dei consumatori calcolati in 6,4 milioni) sono disposti a spendere, al massimo, 30 euro per un bottiglia di vino eccellente, da consumarsi spesso in grandi occasioni. E’ il risultato più interessante di una ricerca svolta lo scorso dicembre da Eurisko sugli «italiani ed il vino rosso di qualità» commissionata dal Consorzio del Chianti Classico e presentata al teatro della Pergola a Firenze nel corso di un forum dedicato a «culto e mercato». L’indagine, svolta su un campione di 400 consumatori di vino di qualità, (tutti con redditi medio-alti) rileva però che la metà di questo popolo di intenditori non è disposta a spendere più di 15 euro per un vino di qualità davvero superiore e solo il 3% della popolazione italiana mette in tavola tutti i giorni un vino che costa circa 5 euro a bottiglia. Ma lo stesso milione di appassionati di Bacco quando sceglie un vino normale spende circa 4,30 euro contro i 2,30 della media dei consumatori italiani nel loro totale. Ed il motto «bere meno e bere meglio» avanza, e questa è una novità, anche fra i giovani, pur se la fascia 18-24 anni rappresenta solo il 6% dei consumatori. Il campione Eurisko ha scoperto che il vino di qualità viene consumato in media 2,3 volte la settimana e se ne bevono 1,2 bicchieri a pasto. I cosiddetti «forti» bevitori sono il 30% che consuma due o più bicchieri a pasto; il 41% di«moderati» uno, il 29% di «assaggiatori» mezzo bicchiere. Dati che dovrebbero interessare - ha rilevato a margine un esperto - in particolare la categoria della ristorazione italiana ancora assai restia ad offrire i vini al bicchiere. Il vino rosso di qualità è preferito soprattutto nelle regioni nordoccidentali (con le etichette del Piemonte in testa, seguito dalla Toscana); il 60% è costituito da maschi; il 70% ha istruzione medio-superiore o universitaria ed è decisamente qualificato in termini professionali. A motivare l’acquisto della bottiglia di qualità sono soprattutto la regione di produzione e la denominazione, Doc o Docg; seguono poi la nazionalità, la tipologia, l’ annata, il vitigno. Ed avanza il favore verso i vini biologici che hanno visto il parere positivo di oltre il 25% del campione Eurisko, mentre non sembrano rappresentare, per ora, una minaccia ai vini italiani quelli di produzione extra-europea.


tratto da il Resto del Carlino - 11 febbraio 2003
«PROFESSIONE SOMMELIER»: COME FARE
PESARO — Professione sommelier? L'indirizzo giusto è quello della Federazione italiana sommeliers albergatori e ristoratori (Fisar) che, insieme con Cescot Pesaro e Federazione dei ristoratori della provincia, organizza un corso di sommelier (I° livello). Il corso, della durata di 30 ore, si svolgerà nella sala dell'Hotel des Bains, in viale Trieste 221, a Pesaro. Le lezioni si svolgeranno in orario serale a partire dai primi di marzo. Il corso è aperto a tutti: ristoratori, operatori turistici, baristi e addetti dei pubblici esercizi, appassionati del bere di qualità.La quota di partecipazione è di 250 euro comprensiva di vini e liquori, volume, valigetta con 4 calici degustazione, cavatappi, distintivo Fisar, eccetera. Sarà rilasciato un regolare attestato.
Informazioni: Cescot Pesaro, via Salvo D'Acquisto 5, Pesaro, telefono 0721-21421.


tratto da il Giornale di Vicenza - 11 febbraio 2003
Prodotti dop. Oggi a Roma
Il naso elettronico spiega come fare l’Asiago più buono
Verrà presentato questa mattina a Roma, nella sede dell'International Wine Academy il "Naso elettronico" e le sue applicazioni rivolte all'analisi del formaggio Asiago dop. La sperimentazione trae avvio da una ricerca per ottenere informazioni sulle caratteristiche merceologiche del formaggio Asiago Dop nelle sue due tipologie Asiago Pressato (o fresco) e Asiago d'allevo (o stagionato) e svoltasi nel 2001 e 2002. Lo studio era stato promosso dal Consorzio tutela formaggio Asiago, che ne ha curato la parte organizzativa e logistica, ha coinvolto l'Università di Milano - Dipartimento di Scienze e Tecnologie Alimentari per le analisi attraverso il "naso elettronico" e Veneto Agricoltura - Istituto per la Qualità per le restanti analisi e l'elaborazione dei dati.
La ricerca ha ricevuto il contributo del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali e vengono qui presentati i risultati del primo anno di lavoro. Sono state considerate analisi routinarie di tipo merceologico (grasso, proteine, umidità) e microbiologico, ma anche analisi più complesse delle componenti volatili attraverso la gascromatografia e l'utilizzo di un naso elettronico, lo studio della trasformazione delle caseine con l'elettroforesi, lo studio delle caratteristiche strutturali con i test reologici e lo studio delle peculiarità organolettiche attraverso l'attività della commissione del Consorzio e quella di un panel addestrato alla determinazione del profilo sensoriale.
I dati fin qui ottenuti ed elaborati hanno consentito di "fotografare" i singoli campioni di formaggio Asiago e quindi di focalizzarne le caratteristiche distintive. In particolare il "naso elettronico" ha fornito indicazioni precise su campioni di Asiago "diversi" dagli altri per caratteristiche olfattive.
La Commissione di esperti degustatori del Consorzio, operando in modo autonomo ed indipendente rispetto al "naso", ha individuato "diversità" negli stessi campioni segnalati dal "naso". Più specificatamente sono state individuate una decina di analisi, su oltre cinquanta, che spiegano perché un Asiago è diverso dall'altro e possono dare indicazioni tecnologiche agli esperti casari al fine di addivenire al miglioramento qualitativo del prodotto.
Le informazioni acquisite nel primo anno di lavoro appaiono perciò estremamente interessanti per i caseifici che possono avere dati oggettivi sulla qualità del loro formaggio, ma anche per il Consorzio che può avere, utilizzando il "naso elettronico" un giudizio rapido ed oggettivo sulla conformità del formaggio Asiago allo standard del Disciplinare.


tratto da il Messaggero Veneto - 11 febbraio 2003
Istituito Vinum Loci con la supervisione delle Università di Milano e Udine
Vitigni antichi da salvare: a Gorizia un comitato per lo studio e la ricerca
di GIUSEPPE LONGO
GORIZIA. Il capoluogo isontino, cuore del Collio, è da secoli un punto di riferimento per la vitivinicoltura del Friuli-Venezia Giulia. Lo era fin dai tempi dell’Austria, tanto da sperimentare già allora tecniche innovative. Ma oggi Gorizia non vuole essere da meno e lo fa diventando, nei fatti, la “capitale” dei vitigni autoctoni. Un patrimonio di antica origine che per il Friuli, come pure per il resto del Paese, era pressochè smisurato e che in larga parte è andato distrutto, complici vari fattori: tenuta sanitaria, produttività, qualità del prodotto, diffusione dei vitigni internazionali (soprattutto francesi) di più sicure soddisfazioni.
Tuttavia, un certo numero di vitigni è ancora salvo, ma il materiale genetico è sparso disordinatamente in tantissimi vecchi vigneti, per cui si impone un’attenta opera di ricerca e di salvaguardia. Così Gorizia si è messa a capo di questa iniziativa sicuramente benemerita, considerando che in tempi di mercato globalizzato il “piccolo” è anche “bello”, come dire che produrre Pignolo o Tazzelenghe, Verduzzo o Picolit non è come proporre Merlot e Sauvignon, vini pur grandi, che hanno scritto pagine gloriose dell’enologia friulana - anzi, ne hanno accompagnato lo sviluppo -, ma che sono sempre più aggrediti dalla concorrenza straniera, soprattutto dei Paesi emergenti, dove si producono questi vini - e altri - a costi, e quindi a prezzi finali, più vantaggiosi. E il gradimento degli antichi vini friulani è sempre più evidente fra i consumatori, come è emerso anche pochi giorni fa a Roma alle degustazioni dei nostri Superwhites. Ecco, allora, che Gorizia diventa sede di un progetto prestigioso - “Vinum Loci” - che ha avuto il suo lancio ufficiale alla Camera di commercio, ente sostenitrice, come la Fiera isontina, della necessità di questo rilancio. E’ nato così un comitato che raccoglie tutti gli enti promotori, con la rassicurante supervisione delle Università di Milano e Udine, che in pratica dà seguito a quanto detto in occasione dell’ultima Ruralia, ma anche in precedenti edizioni, e pure nelle passate “puntate” di Vite, la fiera della barbatella.
Ma raccoglie anche l’appello lanciato da Emilio Del Gobbo durante il convegno organizzato alla fine del 2002 proprio a Gorizia, a coronamento del trentennale del Ducato dei vini friulani. E proprio domani, nella sede della Facoltà di agraria a Udine, sarà sottoscritta una convenzione fra l’Ateneo e il Ducato per dare il via a un piano di ricerche al fine di studiare i vitigni autoctoni che offrono maggiori garanzie quali-quantitative. Valorizzando così «un patrimonio - ha detto Marco Felluga, successore dello scomparso conte Douglas Attems alla guida del Collio - che deve essere, e rimanere, solo nostro, promuovendo se possibile anche un’opportuna azione legislativa».


tratto da News Coldiretti - 10 febbraio 2003
«Degustolio» a Roma dal 12 al 15 febbraio 2003
Torna dal 12 al 15 febbraio Degustolio, il tradizionale appuntamento capitolino con l’extravergine di qualità organizzato nell’ambito della settimana nazionale dell’olio, promossa da Enoteca Italiana e dall’Associazione nazionale Città dell’Olio con il patrocinio del Ministero delle Politiche agricole e forestali.Ancora più ricco quest’anno il programma delle quattro giornate di Roma articolato in una serie di iniziative che intendono promuovere la conoscenza e l’apprezzamento dell’extravergine italiano di qualità presso i consumatori.Si comincia il 12 febbraio con una degustazione di una selezione di oli extravergine presso due grandi mercati rionali: lo storico Mercato di Campo del Fiori e il 13 febbraio presso il Mercato di Testaccio (ore 10.00/12.30).


tratto da il Resto del Carlino - 10 febbraio 2003
'Mela della val di Non' diventa prodotto Dop
ROMA — Tutela comunitaria (Dop) anche per le «Mele della Val di Non». La disposizione è comparsa ieri nella Gazzetta della Comunità. La produzione di mele italiane nel 2002 è stimata in calo del 5% rispetto all'anno precedente con una quantità di poco superiore ai 2 milioni di tonnellate mentre - precisa la Coldiretti - i consumi medi annuali per persona sono di circa 130 mele all'anno.


tratto da La Sicilia - 6 febbraio 2003
Via libera al marchio Igp
L'uva di Mazzarrone entra in Europa
La Sicilia si rivela un vero e proprio «giacimento» per buongustai. Dopo il pomodorino di Pachino, da oggi, infatti, anche l'uva da tavola di Mazzarrone s'iscrive nel ristretto «club» dell'Igp (Indicazione geografica protetta), che raggruppa il meglio dei prodotti agricoli e alimentari a livello comunitario. Dall'Ue è arrivato il sì definitivo per l'Igp «Uva da tavola di Mazzarrone», che rappresenta i grappoli prodotti in una zona ad alta vocazione viticola, tra le province di Catania e Ragusa.


tratto da L'Eco di Bergamo - 3 febbraio 2003
Tokaj, il brindisi della storia al «re» d'Ungheria
di Giovanni Ruggeri
A riconoscerne e ad apprezzarne la raffinatezza e l'eccellenza avevano provveduto da sempre tutti i palati di buon gusto. Gli zar russi, poi, non se lo facevano mai mancare, al pari di re e papi, mentre il francese Luigi XIV – il noto Re Sole – non esitò a definirlo «re dei vini e vino dei re». Quanto alla sua zona di produzione, già nel 1737 un decreto reale la dichiarò – primo caso al mondo – zona vinicola protetta. Ed oggi, a sancire definitivamente la straordinarietà del prodotto e dell'ambiente in cui prende vita, provvede nientemeno che l'Unesco, l'organizzazione dell'Onu per la cultura e le scienze: la zona vitivinicola di Tokaj, in Ungheria, entra a far parte del Patrimonio mondiale dell'Umanità.
Il riconoscimento – che per quanto riguarda l'Ungheria è stato preceduto lo scorso anno da analogo inserimento nel Patrimonio Unesco di alcuni siti di Budapest, precisamente l'elegante viale Andrássy, la metropolitana del Millennio e Piazza degli Eroi – rende giustizia alla singolarità e alla millenaria cultura vitivinicoladi di questa regione a nord-est del territorio ungherese. La regione di Tokaj è infatti un vero paradiso per gli amanti del buon bere e per quanti sanno gustare il piacere di perdersi nel dolcissimo saliscendi di sterminati vigneti. E l'unicità di questo pregiato vino, lavorato con tecniche particolari e differenziato in vari tipi a seconda dello zucchero contenuto (i famosi «puttony»), ne rende la degustazione qualcosa di simile ad un rito.
La zona vitivinicola di Tokaj-Hegyalja comprende 27 località, tra le quali le aree di Tokaj, Bodrogkeresztúr, Bodrogkisfalud, Mád, Mezozombor, Rátka, Szegi, Tarcal, Tállya. L'intera regione presenta particolarità uniche sul piano geologico e geografico. In seguito ad attività vulcaniche e postvulcaniche si è infatti formato un suolo particolare, che incide molto sulla fertilità del terreno, nonché sulle sue capacità di assorbimento, mantenimento e rispecchiamento del calore. La favorevole posizione del terreno, la buona esposizione al sole, la vicinanza dei fiumi Bodrog e Tisza creano condizioni climatiche molto favorevoli, da cui dipende, ad esempio, il cosiddetto «ammuffimento nobile», processo grazie al quale gli acini di uva si trasformano in passiti. Al particolare microclima si deve invece il fiorire di muffe nobili, sui muri delle cantine, determinanti per la maturazione del vino.
La storia gloriosa del Tokaj può essere ripercorsa nel Museo dell'omonima cittadina, mentre per le degustazioni sono a disposizione varie cantine: impressionante è la Rakoczi, lunga un chilometro e mezzo e in grado di conservare fino a 20 mila ettolitri di vino. Tutta la zona, poi, offre più di un'attrattiva, ad iniziare dalle gite in battello sul fiume Tisza alla volta di Sárospatakra, dove si trova un castello considerato tra i complessi architettonici più preziosi dell'Ungheria. Da vedere anche il castello di Szerencs, con un'incredibile collezione di ben 825 mila cartoline e un curioso Museo dello zucchero. E ovviamente: Prosit!


tratto da il Giorno - 3 febbraio 2003
Sondrio
Nasce la Vigna del fumetto
di Carlalberto Biasini
SONDRIO — Un'ammiccante Eva Kant - la compagna di Diabolik - in abito lungo, che brinda con un bicchiere di Sforzato in un vigneto valtellinese. E' questa una delle tavole realizzate per i prossimi 14 e 15 febbraio. Il Consorzio tutela vini di Valtellina organizza a Sondrio, Città del vino, una manifestazione che permetterà ai principali disegnatori italiani di fumetti di incontrare la produzione enologica italiana della Valtellina e di contribuire, con il loro impegno, al recupero di una vigna bisognosa di opere di ripristino, a Tresenda, luogo simbolo dell'alluvione dell'83. L'idea nasce da un accostamento tra la genesi di una storia a fumetti e la nascita di un vino. La due giorni è stata illustrata ieri mattina in Camera di commercio dal direttore del Consorzio, Carlo Alberto Panont, affiancato da Pino Roccatagliata e da Luca Faccinelli.
L'appuntamento, promosso con la collaborazione del Comune di Sondrio, porterà nel capoluogo valtellinese gli autori della «Sergio Bonelli», la più importante casa editrice italiana del settore (suoi Tex Willer, Dylan Dog ecc), quelli di Astorina, dove nasce Diabolik e perfino Guido Silvestri, in arte Silver, il papà di Lupo Alberto.
L'incontro si strutturerà in due momenti distinti. Una prima giornata consentirà ai disegnatori di ascoltare dalla viva voce dei produttori come nasce un vino valtellinese e di dare quindi vita a particolari etichette, pezzi unici che verranno apposti su alcune bottiglie pregiate. L'idea è quella di realizzare in seguito un'asta, il cui ricavato possa essere utilizzato per un fattivo intervento di supporto alla viticoltura di montagna, recuperando un terrazzo vitato che diverrà la «Vigna del Fumetto». Una seconda giornata, a Palazzo Sassi, vedrà invece i visitatori impegnati in un vero e proprio percorso didattico sul fumetto, aperto al pubblico, durante il quale saranno affiancati dai produttori, dislocati nei vari ambienti di cui si compongono le cantine e pronti a far conoscere e degustare i propri vini. Anche «Topolino» riporterà sul numero di domani l'annuncio della singolare iniziativa.
Come ha spiegato Panont la qualità dell'enogastronomia valtellinese è ormai indiscussa. Ora è tempo di lavorare sull'immagine e la promozione culturale.
In tema, il 21 del mese, si terrà un convegno internazionale a Verona su due grandi vini ottenuti dall'appassimento delle uve: Sforzato e Amarone. Alla manifestazione parteciperà il ministro alle Politiche agricole Giovanni Alemanno. Ogni azienda valtellinese presente sarà assistita da un sommelier dell'Ais.


tratto da la Stampa - 3 febbraio 2003
LO CHIEDE IL CONSORZIO
«La Docg al Dolcetto di Ovada»
OVADA. Per il Dolcetto d´Ovada verrà chiesta la Docg, la Denominazione di origine controllata e garantita. Lo ha deciso l´assemblea del Consorzio di tutela e sull´argomento si è aperto un dibattito: oggi se ne discuterà fra i viticoltori aderenti alla Cia in una riunione che si svolgerà ad Ovada. Il Dolcetto d´Ovada da oltre trent´anni beneficia della Doc, il relativo decreto è del 1 settembre 1972. Nel corso degli anni, è maturata la necessità di chiedere modifiche al disciplinare di produzione e dopo non poche discussioni già nel settembre 1998 vennero concordate alcune variazioni da richiedere. Le innovazioni proposte partivano prima di tutto dalla possibilità di utilizzare la denominazione di «Ovada», e fra le altre modifiche c´era quella riguardante la qualità «Superiore», con produzione di 70 quintali-ettaro, mentre il numero dei ceppi veniva quantificato in 4 mila. Un´altra innovazione riguardava la vinificazione, che doveva essere limitata alla zona di produzione, con la possibilità di deroga alle province di Alessandria, Asti, Cuneo e Torino, ma solo a favore delle aziende in grado di dimostrare la tradizione di tale vinificazione. Ma la pratica non ha avuto buon esito. Di fronte a questa situazione si è fatta strada la prospettiva di chiedere la Docg, che evidentemente inserisce alcune innovazioni importanti, per maggiormente salvaguardare il prodotto, come quella che ogni bottiglia dovrà essere munita di una fascetta di stato. Dopo un iter abbastanza burrascoso, nel corso del quale ci fu lotta a più livelli, quello di Ovada fu il primo Dolcetto a beneficiare della Doc, e ora c´è l´ambizione di ripetersi con la Docg. r. bo.


tratto da la Nazione - 1 febbraio 2003
Pisa
Le iscrizioni ai corsi Fisar per sommelier
PISA — Aspiranti esperti di vino, all'erta. La Fisar ha aperto le iscrizioni al nuovo corso annuale per sommelier, la cui presentazione ufficiale è fissata per martedì 25 febbraio alle 21, nell'auditorium della Confesercenti in via Mascagni. Il via vero e proprio alle lezioni verrà dato lunedì 3 marzo, con l'inizio del ciclo di «primo livello», gradino iniziale dei tre in cui complessivamente si articola il cammino per conseguire il diploma di assaggiatore. La serata del 25, sorta di «anteprima», sarà l'occasione per iniziare la reciproca conoscenza tra frequentanti e docenti (sommelier della delegazione Fisar Pisa-Litorale ed esperti del settore enologico), oltre che per raccogliere le iscrizioni, comprensive di tessera associativa Fisar, libri di testo e materiale didattico, valigetta con calici da degustazione, e cena conclusiva (come da tradizione). Le lezioni, che avranno una durata di circa due ore, si svolgeranno sempre al centro di formazione professionale Confesercenti, e sempre con inizio alle 21: la prima sarà l'unica a tenersi di lunedì, le successive avranno luogo il martedì e il giovedì di ogni settimana.
Per informazioni e iscrizioni, gli interessati possono contattare il 339-4317.262.


tratto da l'Arena - 1 febbraio 2003
Pigiatura per il primo «garantito» veneto
Recioto di Soave in alto con il docg
Nel 2002 prodotti 1.393 ettolitri e rilasciate 261.000 fascette. A »30% il prezzo delle uve (1,75 euro al kg)
di Paola Dalli Cani
Con la pigiatura in piazza il Recioto di Soave Docg 2002 ha ufficialmente aperto la sua quinta stagione. Il Consorzio tutela vini Soave e Recioto di Soave ha portato in piazza, pardon, in chiostro, le uve della prime denominazioni di origine garantita (Docg) veneta. Abbandonate le arele, i graticci sui quali la Garganega è stata messa a riposare dopo la vendemmia, le uve del Recioto sono state protagoniste della spremitura pubblica nel chiostro del palazzo vescovile di Monteforte d’Alpone. «Pur nelle difficoltà delle passata annata siamo soddisfatti tanto dal punto di vista della quantità che da quello, verificato dai tecnici consortili, della qualità. Prosegue quindi a testa alta il percorso del Recioto di Soave, che per primo in Veneto ha affrontato il rigore e le lusinghe della Docg, e che nel corso di questi ultimi quattro anni ha recuperato in termini quantitativi i valori storici della Doc Recioto di Soave», spiega Aldo Lorenzoni, direttore del Consorzio tutela vini Soave e Recioto di Soave. Tradotto in numeri significa che «nel corso del 2002 la commissione camerale ha certificato prodotto per 1.393 ettolitri di Recioto contro i 1.233 dell’anno precedente, e sono state rilasciate ben 260.997 fascette contro le 203.838 del 2001. Considerando la rinuncia alla Docg da parte di alcuni produttori, e anche il fatto che altri inizieranno solo quest’anno la commercializzazione del Recioto Docg, possiamo dire che l’effetto denominazione garantita sta avendo riscontri positivi». Dal punto di vista dei prezzi, stando alle rilevazioni del Consorzio tutela il prezzo al chilo pagato per le uve conferite ha avuto un incremento del 30% tra la vendemmia 2001, quando erano state pagate 1,45 euro/chilogrammo, e quella del 2002 che ha visto il prezzo attestarsi su 1,75 euro/chilogrammo. Non esiste, invece, un mercato delle uve appassite. Il prezzo di vendita, considerato in media, ha registrato un incremento costante passando dai 544,07 euro/ettolitro nel 2000 ai 700,00 euro l’anno scorso. Nel 1997 il prezzo medio all’ingrosso per un ettolitro di Recioto si attestava sui 490,63 euro. Il dato all’ingrosso si spiega col fatto che il Recioto è caratterizzato da una commercializzazione ristretta, prevalentemente orientata sulle cantine sociali: fanno eccezione alcuni privati che producono comunque per conto proprio. Una situazione, questa, che proprio per i numeri, non ha creato un mercato. Nel 2002 acquistare una bottiglia di Recioto (750 ml) significava spendere tra i 15 ed i 20 euro, ultimo prezzo registrato in linea con il costante aumento che ha caratterizzato, dal 1998 in poi, quindi dalla Garantita in poi, la bottiglia cresciuta percentualmente di 5-10 punti percentuali l’anno. Una qualità che si paga, quindi, e in nome della quale il Consorzio promuove spesso iniziative di studio: «Con la modifica del nuovo disciplinare del Recioto di Soave Docg, che ha registrato l’innalzamento di alcuni parametri tipici della qualità per un vino ottenuto da uve appassite, quali gradazioni, estratti e residuo zuccherino, il Consorzio ha dato il via ad un programma di ricerca finalizzato a comprendere meglio i meccanismi biochimici che correlano i diversi indici analitici dei principali componenti del Recioto di Soave», spiega Lorenzoni. «In particolare in questa prima fase della ricerca, l’attenzione è stata puntata sui valori dell’estratto secco netto e sulla sua relazione con: origine delle uve, tecnologie di vinificazione e correlazione con gli altri componenti del vino. L’indagine ha raccolto anche l’interesse del Gruppo di ricerca dell’Università di Verona facoltà di Enologia».


tratto da la Repubblica - Affari & Finanza - 1 febbraio 2003
un’idea di winenews
Produttori di vino: chi ha il sito più bello?
di PAOLA JADELUCA
Non più solo grandi cru da testare, adesso le cantine italiane saranno anche valutate per i loro siti web. L’idea di un rating telematico è di WineNews (www.winenews.it), l’agenzia on line d’informazione che ha sede a Montalcino, la patria del Brunello, il vino quest’anno finito in cima alle classifiche di Wine Spectator, la bibbia del settore (www.winespectator.com). WineNews ha anche stilato una prima classifica dei migliori siti: in ordine sono arrivati il colosso veneto Santa Margherita (www.santamargherita.com), il "re" del Sagrantino di Montefalco, Caprai (www.arnaldocaprai.it) e una delle aziende che ha segnato il "rinascimento" del vino in Sicilia, Planeta (www.planeta.it). A seguire la siciliana Cusumano, la trentina Ferrari, la friulana Marco Felluga, la veneta Zonin, la franciacortina Mosnel, la trentina Cesarini Sforza e la piemontese Fontanafredda. Ma da quest’anno, la classifica "Cantine in Web" chiama a raccolta gli enonuati, con un pool di giurati composto da 6.500 tra grafici, giornalisti, comunicatori d’impresa e esperti di Internet voterà il sito migliore.
Un modo per incentivare il legame tra vino e Internet. «L’approccio al web da parte delle aziende vitivinicole italiane risulta ancora, tranne rare eccezioni, pionieristico o addirittura artigianale», spiegano in coro Irene Chiari e Alessandro Regoli fondatori di WineNews e Elenora Ciolfi, che li ha presto affiancati. «I produttori hanno ora fiutato l’interesse cresciuto in modo esponenziale intorno al mondo dell’enologia, e hanno scoperto che gli appassionati di vino sono in pratica lo stesso target che utilizza quotidianamente Internet per lavorare o per il tempo libero». I siti si sono dunque moltiplicati. Ma come? «Nulla a che vedere, almeno per il momento, con la professionalità e la cura nei dettagli di alcuni siti stranieri: basta provare a visitare, per esempio, quelli di Moët & Chandon (www.moet.com) e di Robert Mondavi (www.mondavi.com) che costituiscono un canale privilegiato di dialogo con i consumatori».
Basta fare un giro sulla rete per imbattersi in un mare magnum di siti dedicati al vino. Per estare in Italia, non hanno bisogno di presentazioni www.gamberorosso.it, del Gambero Rosso e www.slowfood.it, di Slow Food, la grande associazione di cultura enogastronomica; anche Luigi Veronelli, decano della materia, ha un sito, www.veronelli.com. Non manca l’Asi, associazione sommelier, www.ais.it. Un guida utile è www.movimentoturismovino.it, Turismo del Vino, che organizza in Italia "Cantine Aperte", la giornata mondiale durante la quale i produttori aprono le porte al grande pubblico. C’è poi, www.culturagastronomica.it, per conservare e diffondere la cultura gastronomica italiana, realizzato da un consorzio di biblioteche, archivi, università e dal ministero dei Beni Culturali. Oltre alla qualità del vino ne valuta anche la tipicità, ovvero l’espressione della realtà non solo fisica e geografica, ma anche storica e culturale di un determinato territorio www.esperya.it il portale ecommerce del gruppo l’Espresso che anche con www.kwcucina.kataweb.it ha una finestra sul settore. Il vino va di moda, ma può essere anche un investimento, attraverso i future, con cui si possono comprare vini di qualità molti anni prima dell’imbottigliamento: a occuparsene in Italia è www.winetip.com. Vera asta on line riservata a estimatori di vini famosi e cari è www.winebid.com.