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giugno 2003
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tratto da Corriere delle Alpi - 24 giugno 2003
Tutti i segreti delle bollicine
A San Michele all'Adige un simposio internazionale
c.l.
SAN MICHELE. Venerdì e sabato prossimi l'Istituto agrario di San Michele all'Adige ospiterà il primo simposio internazionale sullo spumante classico intitolato "Spumante tradizionale e classico nel terzo millennio", al quale prenderanno parte un centinaio tra ricercatori, enologi ed esperti del settore provenienti da tutto il mondo vitivinicolo. L'iniziativa, organizzata dall'Istituto agrario in collaborazione con l'Oiv (Office International de la Vigne e du Vin), il massimo organismo scientifico mondiale del settore vitivinicolo con la Provincia, si propone di analizzare la situazione mondiale dei vini spumanti ottenuti con il metodo della rifermentazione in bottiglia e nello specifico di far emergere l'importanza della terra trentina in materia di spumanti a fianco dei grandi produttori mondiali (Champagne).
Si tratteranno molti temi, dalla situazione mondiale dei vini spumanti naturali (in particolare di quelli ottenuti mediante rifermentazione in bottiglia), al terreno, vitigno e zonazione delle regioni di produzione dei vini spumanti, dalla qualità degli spumanti alle fitoalessine, dalla sboccatura alla composizione chimico fisica della spuma ("perlage") e fattori che ne influenzano la stabilità e la destabilizzazione ed ancora dall'analisi chimica e sensoriale dei vini spumanti ottenuti per rifermentazione in bottiglia, alle occasioni di consumo e salute in correlazione agli spumanti classici, per arrivare alla psicofisiologia del consumo dei vini spumanti classici ed al marketing dei vini spumanti.
I lavori si articoleranno in tre sessioni: quella di venerdì mattina dedicata alla viticoltura, nel pomeriggio all'enologia ed alla microbiologia, al sabato sessione enologica.
La due giorni di San Michele all'Adige si preannuncia di altissimo interesse scientifico.


tratto da il Resto del Carlino - 24 giugno 2003
E' il vino della Casa Bianca
SAN BENEDETTO - Sono arrivati con almeno 20 anni di ritardo i lettori di 'Duemilavini' e di 'Bibenda', i libri guida ai vini d'Italia e i visitatori della 37^ edizione del Vinitaly, a Verona. Da più di 20 anni, George Bush senior, ex presidente degli Stati Uniti e il figlio George Bush junior, allora governatore del Texas, festeggiano gli appuntamenti importanti portando a tavola il Montepulciano d'Abruzzo 'Zanna' del produttore Dino Illuminati, ex dirigente della Samb Calcio. In pratica, gli americani hanno anticipato la filosofia dell'Associazione Italiana Sommelier che ha fortemente sponsorizzato l'Oscar del Vino, "nella convinzione che il 'dolce nettare' vada apprezzato e premiato come si fa con l'arte, la cultura, le scienze e le varie capacità individuali". Nella V^ edizione dell'Oscar del Vino, dedicata agli artefici del suo successo, quindi ai personaggi che hanno contribuito e contribuiscono a renderlo famoso nel mondo, il Montepulciano d'Abruzzo 'Zanna' dalla Cantina Illuminati ha conquistato il secondo posto, dopo il Barolo Monfortino Riserva, come miglior vino rosso. Il premio è stato consegnato a Dino Illuminati nell'appuntamento promosso dall'Associazione Italiana Sommelier, all'hotel 'Cavalieri Hilton' a Roma, nella 'Notte delle Stelle', presentata dalla giornalista - conduttrice dei programmi di 'mamma Rai', Antonella Clerici. "Per me e per la mia famiglia è stata una serata che sarà impossibile dimenticare - ha commentato il premio Dino Illuminati - anche perché, ai 'Cavalieri Hilton', c'erano personaggi del mondo dello spettacolo, del cinema, del teatro e, inoltre, alcuni giornalisti importanti, da Giorgio Tosatti ad Enrico Mentana a Lamberto Sposini. Probabilmente per questo - la conclusione - la 'Notte delle stelle', registrata dalle telecamere di Rai Uno, è stata trasmessa, in seconda serata, il 21 giugno scorso". Per Dino Illuminati e famiglia, una trasmissione da registrare e da inviare al presidente Bush, con allegato un bigliettino: 'Thank you and your family', per aver compreso da 20 anni la qualità del rosso 'Zanna'.


tratto da Corriere delle Alpi - 24 giugno 2003
Studentessa all'istituto agrario e appassionata di cavalli sogna di lavorare in una cantina vinicola
Una trentina futura "regina" dei vini
Sara Gardoni, 20 anni, è la finalista del campionato Viniadi
Dieci ragazzi trentini hanno partecipato al concorso nazionale
TRENTO. Vent'anni, studentessa di enologia, un papà appassionato di vini e uno zio che lavora alle cantine Ferrari. Sara Gardoni, di Vigo Meano, è la finalista, insieme ad uno studente di veterinaria di Dozza, Gabriele Tanzarella di Imola, delle "Viniadi", il primo campionato degustatori non professionisti, in programma il 26 luglio nella Fortezza Medicea di Siena.
Aveva aderito al concorso, nella sua classe dell'istituto Agrario di San Michele, dove studia, avevano partecipato in dieci, più per curiosità che per altro e adesso si trova ad essere una delle candidate a vincere il primo campionato di degustatori non professionisti. Un torneo mirato a sensibilizzare le nuove generazioni ad un consumo corretto e moderato del vino. Sara, amante della natura e di animali, nel tempo libero si occupa della sua cavalla, ha sfidato 28 appassionati ed esperti conoscitori ed ha primeggiato in tutte le prove. Ma cosa l'ha spinta a conoscere il mondo dell'enologia? Una passione la sua, forse insolita per una ragazza di vent'anni, ma che potrebbe portarla lontano. Sara quando ha cominciato ad interessarsi all'enologia?
"Quando ho iniziato a frequentare l'Istituto Agrario di San Michele, adesso ho finito, mi devo diplomare giovedì. In verità in un primo momento volevo studiare veterinaria, poi un po' per mio papà Luigi e mio zio Riccardo che sono entrambi degli appassionati, un po' dopo aver seguito un corso di enologia che mi ha molto incuriosito ho deciso di seguire questa strada".
E' quindi anche lei appassionata di vini?
"Non bevo vino e faccio poche degustazioni, quelle che mi fanno fare a scuola, quello che mi piace è il lavoro dell'enologo, nelle cantine, le analisi, la vendemmia. Ho fatto un tirocinio nella cantina di Francia Corta e uno in Toscana e mi è piaciuto molto. Amo i lavori manuali e la natura non sarei mai capace di stare ferma dietro ad una scrivania".
Cosa pensa di fare in futuro?
"Continuerò a studiare enologia, mi sono già iscritta all'università di Udine. La facoltà c'è anche a Trento, ma ho scelto Udine perché così avrò anche l'occasione di vedere una realtà nuova, mi piace molto viaggiare".
Le piacerebbe anche lavorare all'estero?
"Perché no? Non mi dispiacerebbe visitare qualche altro Paese".
Erano difficili le prove del concorso?
"Non particolarmente. Erano tre: la prima bisognava riconoscere i vitigni di tre qualità diverse di vini, poi bisognava rispondere a tre domande ed infine indovinare la regione di provenienza di tre vini diversi".
Come si sente ad essere una delle candidate a vincere un campionato importante come questo?
"Non lo so, io ho partecipato per curiosità, aspettiamo di vedere cosa succede in luglio".


tratto da il Mattino di Padova - 19 giugno 2003
Pionieri del vino biologico
L'esempio dell'azienda Paladin di Annone Veneto. I "Bosco del Merlo" mietono premi a ripetizione
re.mal.
All'estero dove il biologico è una forma di cultura ben radicata sono già una realtà affermata. In Italia i vini biologici stanno affacciandosi solo adesso con una certa autorevolezza nei mercati. Per raccontarne il crescente gradimento da parte dei consumatori citiamo come esempio quello dell'azienda Paladin di Annone Veneto, pioniera in questo settore emergente. I Paladin hanno intrapreso il difficile percorso di questo nuovo metodo di coltivazione dieci anni fa, tra la diffidenza e la perplessità generale. Oggi i vini biologici del "Bosco del merlo", una delle aziende del gruppo, mietono premi a ripetizione ai maggiori concorsi internazionali. E parliamo di vini bianchi e rossi Doc del Lison-Pramaggiore: Pinot Grigio, Chardonnay, Sauvignon, Tocai e Cabernet, di vari cru aziendali (Prinè, Campo Camino Merlot, 360 Rubert Capite e Vineargenti affinati in barrique). E ancora dolce Soandre e del Novello. I più recenti premi sono stati ottenuti alla Rassegna di Legambiente a Grosseto e al Concorso di vini Bio a Parigi. "Fin da quando nel 1993 abbiamo iniziato la coltivazione biologica - rivelano i Paladin - eravamo convinti che si potesse coltivare la vite riducendo l'impatto ambientale, senza dover rinunciare a tecniche viticole d'avanguardia che consentissero di ottenere vini di alta qualità".
Coltivare biologicamente significa seguire il ciclo vegetativo della vite con attenzione, nel rispetto dei ritmi stagionali, senza sfruttare in modo insensato le piante e il terreno. Ciò comporta la rinuncia a produzioni abbondanti, con la compensazione però dell'alta qualità delle uve che sono ricche di tenore zuccherino, di sapidità e di aromi. La difesa dei parassiti della vite è condotta senza l'impiego di prodotti chimici di sintesi. Per la concimazione sono utilizzati solo fertilizzanti organici: stallatico, residui di lavorazione di frutta e barbabietole. Per la difesa della peronospora e dell'oidio si utilizzano solo sali di rame e zolfo minerale. Contro gli insetti dannosi la Paladin ricorre all'uso di trappole sessuali a feromoni. Con gli anni è la pianta stessa a sviluppare sistemi di autodifesa, e inoltre il ripristino dell'ecosistema favorisce la ricomparsa dei predatori naturali degli insetti nocivi alla vite. "Tutto il ciclo produttivo - spiegano i Paladin - è controllato e certificato da un Ente riconosciuto dal Ministero per le Politiche Agricole e dall'Unione Europea, che ha il compito di verificare il rispetto delle norme previste per le produzioni biologiche". La Paladin è nata nel 1962 grazie a Valentino, al quale si sono poi affiancati i figli Carlo, Lucia e Roberto. La splendida sede di Annone Veneto, che si richiama alla villa veneta con barchessa e cantina, è stata costruita nel 1985. Da tempo l'azienda segue il principio dell'alta densità di piante per ettaro, con bassa resa per ceppo. La scelta dei cloni, così come del tipo di impianto, è stata fatta con la collaborazione dell'Istituto sperimentale per la viticoltura di Conegliano.


tratto da la Stampa - 19 giugno 2003
Il Loazzolo doc: un film in Super8
di Sergio Miravalle
DUE notizie internazionali e una di casa nostra. Il mondo del vino (più o meno tutti i Paesi del pianeta dove si coltiva la vite) guarda al prossimo VinExpo di Bordeaux, in programma da domenica 22 al 26 giugno. La rassegna francese, ogni due anni raccoglie umori e tendenze dell'enologia mondiale. Ci andranno anche moltissimi italiani e molti piemontesi, con lo scopo di capire, tra euro pesante e situazione internazionale non certo leggera, che aria tira. Le rendite di posizione non ci sono più e gli ottimismi di facciata diventano patetici. I primati sono importanti, ma non bastano. Un esempio: l'Australia (sì, quella che sulle guide turistiche è la terra dei canguri) ha vinto già una gara alle prossime Olimpiadi di Atene del 2004: sarà il fornitore ufficiale dei vini prima, durante e dopo l'evento sportivo. Capito che aria tira, in fatto di marketing internazionale?Va detto, che per quelle invernali di Torino 2006, i vini e gli spumanti "ufficiali" saranno delle tenute di Fontanafredda (e ci mancava pure uno Chardonnay della Swan Valley in Valle Susa). Per intanto l'Italia si "consola" con la nomina di Federico Castellucci, direttore della Federvini, alla prestigiosa carica di direttore generale dell'Oiv (Organizzazione internazionale della vite e del vino, con sede a Parigi). E' una sorta di turbolento Onu enologico e il fatto che a guidarlo sia un italiano, potrebbe non essere di poco conto.Arriviamo alla notizia di casa che una festa di compleanno: i dieci anni del Loazzolo doc. E' uno dei figli del moscato, un fratello del "gigante" Asti. Ma nasce solo dalle vendemmie tardive, quelle dove il grappolo è avvolto dalla muffa nobile. La vendemmia avviene tra le nebbie di novembre, quasi acino per acino e il grappolo va ad appassire sui graticci. E' una tecnica che i francesi del Sauternes hanno reso celebre e che enologi di fama, come Giancarlo Scaglione, hanno riproposto anche sulle colline sopra Canelli, nella Langa astigiana. Ci ha creduto una manciata di produttori: sono otto in tutto, oltre a Scaglione e ai figli, anche il sindaco Giovanni Satragno (presidente dell'Assomoscato) e con lui Luisella Cavallero, Pietro Cirio, Pier Luigi Elegir, Carlo Galliano, Lodovico Isolabella Della Croce, Giuseppe Laiolo.I super8, con una produzione annua di una cinquantina di ettolitri. Il loro passito profumato ha fatto notizia e scuola prima ancora che esplodesse la "moda" dei chinati e dei vini da conversazione. Superbo con i formaggi di Langa e tumultuoso con i dolci. Per far festa al Loazzolo doc, domenica nel piccolo paese langarolo arriveranno personaggi di fama dell'enologia. E il paese conferirà la cittadinanza onoraria a chi considera tra gli ispiratori delle scelte che 10 anni fa portarono alla doc: Anna Bologna la riceverà per conto del marito Giacomo e con lei Vittorio Gancia, Carlin Petrini, Luigi Veronelli.Ma a Loazzolo domenica non si parlerà solo di vino. In paese, ancora una volta per merito di Giancarlo Scaglione e non solo, sono riusciti a mettere d'accordo i proprietari di una vasta area tra boschi, vigne e prati. Sono cento ettari che diventeranno una Riserva naturale speciale. E' il "privilegio di Loazzolo". Il Bosco lo chiamano della Luja e ha per simbolo una capretta nera. E nei prati fioriscono le orchidee selvatiche. Sembra una favola, ma è realtà. Anche le masche lo sanno e sorridono sorseggiando un nettare ambrato.


tratto da il Gazzettino - 19 giugno 2003
Nuove regole istituite dall'Organizzazione Comune del mercato del vino. Ecco le principali novità in vigore dal gennaio 2003
Ad ogni vino la sua etichetta di identificazione
di Livio Pizzoli
La nuova Organizzazione Comune del mercato del vino (OCM) si è completata con il nuovo regolamento che disciplina le informazioni che dovranno figurare sulle etichette dei vini a partire da gennaio 2003, e cioè quelle obbligatorie e quelle facoltative. Le indicazioni obbligatorie, sono quelle di base e riguardano la denominazione di vendita del prodotto, l'indicazione del volume, il titolo alcolometrico, il numero del lotto, il nome dell'imbottigliatore, quello di chi spedisce o importa.
Il regolamento precisa quindi le modalità di utilizzazione delle menzioni obbligatorie che devono figurare tutte nello stesso campo visivo e per quanto riguarda il titolo alcolometrico fissa anche le tolleranze ammesse. In particolare, il titolo alcolometrico espresso in etichetta deve essere indicato mediante unità o mezze unità di percentuale del volume e non può essere né superiore né inferiore allo 0,5\% volume al titolo determinato dall'analisi. La tolleranza si eleva a 0,8\% vol. per i vini spumanti o frizzanti e per quelli imbottigliati da oltre tre anni. Deroghe alle indicazioni obbliga-torie sono previste per i prodotti trasportati fra due o più impianti di una stessa azienda ubicata nella medesima unità amministrativa o unità amministrative limitrofe, per quantitativi inferiori a 30 litri non destinati alla vendita e per quelli destinati al consumo familiare.
Le indicazioni facoltative, ma regolamentate, sono quelle complementari che possono essere riportate a condizione che non siano tali da creare confusione al consumatore che deve ricevere le informazioni. Il regolamento stabilisce che talune indicazioni possano essere utilizzate per tutti i vini come l'indicazione delle persone che partecipano alla filiera, il tipo di prodotto come "dolce", "secco", un colore particolare non rilevabile nella classificazione tradizionale che prevede solo bianco, rosso e rosato. Tuttavia le indicazioni relative all'anno di produzione, alla varietà, alle medaglie e ai riconoscimenti ottenuti, al nome del vitigno e al luogo d'imbottigliamento sono riservate solo ai vini che hanno un'indicazione geografica secondo precise norme di un disciplinare di produzione. Le indicazioni dette "libere" non rientrano in quelle obbligatorie e facoltative, possono essere utilizzate a condizione che non inducano in errore il consumatore.
Le menzioni tradizionali sono di due gruppi, quella di prima categoria, che devono essere specifiche e definite dalla legislazione dello Stato membro, essere sufficientemente distintive e godere di una solida reputazione nell'ambito del Mercato Comunitario, essere state utilizzate tradizionalmente da almeno dieci anni nello Stato in questione.
Nella seconda categoria sono inserite le menzioni tradizionali, le quali, oltre a dover rispettare le precedenti condizioni, devono essere associate a un vino recante un'indicazione geografica e servire ad identificare questo vino come originario di detta regione o località del territo-rio comunitario qualora la reputazione, una qualifica, o un'altra caratteristica determinata, possa essere attribuita essenzialmente a tale origine geografica (DOC o DOCG).
Le indicazione dei nomi delle varietà di viti possono figurare a condizione che tali varietà siano nella classificazione nazionale degli Stati membri (varietà raccomandate o autorizzate), che siano previsti per i vini in questione, che non comprendano un'indicazione geografica utilizzata per designare un vino e che, in ogni caso, anche se il nome del vitigno è accompagnato da un nome geografico, quest'ultimo non figuri sull'etichetta. Inoltre, nel caso in cui si faccia ricorso alla denominazione di una sola varietà di vite, è necessario che almeno l'85\% del vino sia ottenuto con tale varietà. Allorquando vengono, invece, menzionate due o tre varietà di vitigni, è necessario che il 100\% del vino sia prodotto con tali varietà.


tratto da la Nazione - 17 giugno 2003
Massa-Carrara
ALLA SCOPERTA DEI SEGRETI DEL TOSCANO
CARRARA - Le sigaraie della Manifattura di Lucca saranno a Buon'Italia per far conoscere i sigari Toscani, prodotti tipici regionali che devono essere inseriti a pieno titolo nella cultura enogastronomica italiana.
Per la prima volta l'azienda produttrice E.t.i. presenta, nell'ambito di una manifestazione promozionale, non solo il sigaro, ma anche il processo di produzione, affidato, come due secoli fa, alle famose sigaraie lucchesi, che daranno dimostrazione di un'antica sapienza artigiana tutta italiana.
Ogni sera, inoltre, in un salottino di degustazione, un esperto proporrà, in abbinamento con i sigari Toscani, i vini dell'azienda piemontese "La Scolca".
Il Toscano, dei primi dell'800, deve tutta la sua fortuna all'intuito del direttore di una manifattura fiorentina, che, volendo salvare un notevole quantitativo di tabacco kentucky inzuppato dalla pioggia di un improvviso acquazzone estivo, fece asciugare le foglie che già stavano fermentando per farne qualche partita di sigari a buon mercato.
Nacque così un sigaro unico, realizzato, per risparmiare sui costi, solo con il ripieno e la fascia.


tratto da il Giorno - 17 giugno 2003
Valfurva ospita gli assaggiatori di formaggi
I.P.
VALFURVA - Valorizzare e promuovere i prodotti caseari, con un'attenzione particolare a quelli di nicchia. Prosegue senza sosta l'attività delle delegazione provinciale di Sondrio dell'Onaf (Organizzazione nazionale assaggiatori di formaggio). Nel corso dell'ultima assemblea dei soci è stata rieletta come delegata l'agronoma Fides Marzi. Toccherà a lei e al suo staff di collaboratori (Giancarlo Speziale, Flavia Paroli, Aminta Bonomi, Gianni Ravelli, Gianni Balsarri, Carimati Pierangelo, Renato Ciaponi Renato, Giulio Massa, Giancarlo Nani, Luciana Libera, Enzo Picceni e Antonio Gusmeroli, Duilio Tagliaferri, Alfredo Mazzoni) proseguire sulla strada tracciata.
Il bilancio del primo semestre di quest'anno è stato positivo e ricco di impegni. "Nel 2003 si sono aggiunti all'esercito di onafisti 30 nuovi assaggiatori - spiega Mazzoni - ci affidiamo anche al loro entusiasmo per far conoscere le produzioni minori della Valle, compresi i formaggi caprini. Per migliorare la qualità dei prodotti abbiamo costituito un'apposita commissione di valutazione dei formaggi di capra".
Tra le iniziative che hanno riscosso maggior successo nei primi mesi del 2003 è stata ricordata l'animazione per i turisti delle settimane bianche sulle nevi della Valfurva portata avanti da 4 piccoli produttori di formaggio e assaggiatori Onaf. Il 14 luglio si replica alla baita de Nasegna di Santa Caterina con un'intera giornata dedicata alla degustazione guidata di formaggi e prodotti della Valle e alla caseificazione in diretta, col contributo del maestro assaggiatore Giulio Massa.
Maggiori informazioni si possono avere allo 0342-925209, www.scoiattolo.valtline.it


tratto da la Provincia Pavese - 17 giugno 2003
Oltrevini, vini anche dall'estero
Svolta storica alla rassegna casteggiana
(s.d.).
CASTEGGIO. La prossima edizione di Oltrevini allargherà i suoi orizzonti, aprendo ufficialmente le porte all'estero. Per la prima volta in 33 anni di vita, la rassegna casteggiana riserverà grande spazio ai vini provenienti dagli altri Paesi, come Australia, Cile e Sud Africa. "Il filo conduttore di quest'anno sarà "Il vino come amico" e proprio in questo senso abbiamo voluto aprire la nostra vetrina anche ai vini d'oltre confine, poiché è un modo per sottolineare la fratellanza ed il sentimento di amicizia che dovrebbe regnare fra i popoli - spiega Gianni Saporiti, patron di Oltrevini - All'interno del padiglione vino, presso l'apposito banco d'assaggio, visitatori e giornalisti specializzati potranno degustare prodotti internazionali, ad esempio i vini di California, Francia ed Australia". Come tutti gli anni, dunque, lo staff organizzativo ha preparato un leit-motiv principale. Per Oltrevini 2003, in programma dal 2 al 7 settembre, i visitatori potranno assaggiare prodotti mai provati prima ed estendere la propria cultura in questo campo, ad esempio attraverso degustazioni "internazionali" guidate dagli esperti Ais ed Onav. "Nel settore della gastronomia, oltre alle specialità locali, metteremo in mostra i migliori piatti preparati in Lombardia, con qualche puntata anche all'estero - continua Saporiti - Ospite della prima serata, proprio per ben rappresentare il tema della rassegna 2003, sarà Dario Ballantini, famoso imitatore di "Striscia la Notizia"".Confermata l'istituzione del ticket d'ingresso, riservato solo a coloro che entreranno nel padiglione principale dedicato al vino. Per il resto la kermesse casteggiana rispetterà la tradizione. All'esterno, in un'apposita struttura installata per l'occasione, saranno sistemati i rappresentanti della gastronomia, e sempre nelle immediate vicinanze sarà collocata l'area spettacoli. "Studieremo dei percorsi obbligati per l'area della gastronomia, in modo da garantire la stessa visibilità a tutti gli espositori - spiegano gli organizzatori di Oltrevini - Nel padiglione vino saranno abbelliti gli interni e completata la climatizzazione, con una temperatura leggermente fresca ottimale per i visitatori e per la conservazione dei prodotti. La saletta degustazione sarà potenziata, come sempre sarà a disposizione gratuitamente dei produttori che intendano far assaggiare i loro vini. Organizzeremo una serata dedicata esclusivamente all'assaggio dei vini che hanno vinto il Talento d'oro". C'è spazio anche per una precisazione. "Non è vero, come affermano alcune voci, che esporre ad Oltrevini è costoso - chiarisce Saporiti - Uno stand tipo, già allestito, costa 650 euro".


tratto da il Resto del Carlino - 16 giugno 2003
L'ETILOMETRO DA TASCHINO
JESI - Si rinnova sabato e domenica l'appuntamento con la "Antologia enogastronomica in giardino", giunta alla sua terza edizione. La manifestazione è stata organizzata dalla famiglia Silveri che ha scelto il curatissimo giardino del ristorante Rusticanella per ospitare i 110 espositori, settanta dei quali provenienti da fuori regione. All'attenzione dei visitatori (l'ingresso è libero) ci sarà una vasta gamma di prodotti enogastronomici di nicchia e la possibilità di assaggiare quelle prelibatezze che ancora molte piccole aziende familiari o artigianali continuano a produrre per un mercato sempre più attento ai sapori genuini di un tempo. Un po' di spazio sarà riservato alla cesteria ed alle divise da lavoro per operatori della ristorazione e dei bar.
La novità di questa edizione, però, non è rappresentata da una prelibatezza del palato, ma da un prodotto della tecnologia; una casa vinicola piemontese, infatti, accanto ai suoi vini presenta un etilometro da taschino o da borsetta, un apparecchietto di facile utilizzo che istantaneamente rileva il tasso alcoolico presente nel sangue. Con tale iniziativa si vuole avviare un'opera di prevenzione nei confronti dei bevitori. Non solo, l'azienda vinicola, infatti, sosterrà corsi di educazione al bere coinvolgendo in tale operazione sia i gestori di enoteche, sia le scuole. Alla presentazione della manifestazione ha partecipato l'assessore allo sviluppo economico, Katia Mammoli, che ha lodato l'iniziativa della famiglia Silveri che, partendo dalla promozione del vino locale ha fatto si che questo diventasse la locomotiva alla quale si sono agganciati tutti gli altri prodotti gastronomici di nicchia, dalla lonza di fico ai salumi, dalla cicerchia all'olio d'oliva ed altro. L'Antologia enogastronomica rimarrà aperta nei pomeriggi di sabato e domenica, dalle ore 17 alle 24.



tratto da la Tribuna di Treviso - 16 giugno 2003
Un convegno e un libro sul vitigno un tempo diffuso in tutta la provincia
Verdiso, trevigiano "doc" da tre secoli
di Antonio Menegon
Verdiso: un vino e un territorio da valorizzare. Il punto sul vitigno presente sulle colline della Pedemontana fin dal diciannovesimo secolo, è stato fatto giovedì 5 giugno a Susegana presso l'Istituto sperimentale per la viticoltura di via Casoni con un convegno sull'argomento e la presentazione di un libro interamente dedicato a questo vino.
Giovanni Follador, presidente dell'Associazione "Amici del Verdiso" sorta nel 1991 ha aperto il convegno che ha visto susseguirsi al tavolo dei relatori Antonio Calò con un intervento su "La storia", Angelo Costacurta su "il vitigno", Diego Tomasi su "La zonazione del suo comprensorio", Marzio Pol su "La vinificazione", Maurizio Sorbini su "Interesse e prospettive per i vitigni locali".
L'iniziativa è dell'Associazione "E' Verdiso" di Combai, della Camera di Commercio di Treviso, dell'Istituto Sperimentale per la viticoltura di Conegliano che ha presentato il libro "E' Verdiso - Il vitigno, la zonazione del suo territorio, il vino" di fronte ad un pubblico numeroso, formato prevalentemente da studenti della scuola enologica. Il Verdiso è un vitigno originario dell'arco collinare trevigiano un tempo diffusissimo in tutta la provincia.
Il convegno, inoltre, ha presentato i risultati di una ricerca all'interno dell'attuale perimetro di coltivazione del Verdiso, coincidente ad est con i comuni di Sarmede e Fregona e poi a scorrere verso Conegliano e Vittorio Veneto fino a terminare a Combai, Guia e Col S. Martino.



tratto da il Resto del Carlino - 10 giugno 2003
Alta qualità al giusto prezzo
Vince Ricci Curbastro
di Paolo Morelli
LUGO - C'è anche una famiglia romagnola tra coloro che hanno ricevuto l'Oscar del Vino 2003 sabato scorso all'Hotel Cavalieri Hilton di Roma: Riccardo Ricci Curbastro dell'omonima azienda ha ricevuto dalle mani dell'attore Pino Caruso la prestigiosa statuetta per una categoria particolarmente ambìta: il rapporto qualità/prezzo. Il suo Franciacorta Satin Brut, uno spumante di particolare finezza che costa da 15 a 18 euro (prezzo consigliato in enoteca), è stato il più votato dai visitatori del Vinitaly e dai lettori di Duemilavini, il libro - guida dei vini dell'Associazione Italiana Sommeliers, e della rivista Bibenda.
La famiglia Ricci Curbastro ha due aziende agricole in Romagna: una a Lugo, dove non produce vino, e una a Brisighella dove un paio di anni fa ha acquisito l'azienda Rontana. In provincia di Brescia, nel comune di Capriolo, si trasferì per amore il nonno di Riccardo, che ora guida l'azienda di antica tradizione: in cantina c'è ancora una bottiglia con etichetta datata 1885.
Da tempo Ricci Curbastro ha seguito la vocazione spumantistica della Franciacorta (una zona che nulla ha da invidiare allo Champagne).
A fare i complimenti a Riccardo Ricci Curbastro è stato un altro romagnolo, Terenzio Medri, presidente dell'Associazione Italiana Sommeliers.
L'intera premiazione, condotta da Antonella Clerici e Franco Ricci, sarà trasmessa da RaiUno il 21 giugno alle 23.


tratto da la Provincia Pavese - 10 giugno 2003
A Broni arriveranno tante star. E in serata il confronto sarà tra Lombardia ed Emilia alla Cantina sociale
Gli uomini del vino lanciano la sfida
Sabato triangolare benefico con il grande Liedholm in panchina
di Carlo E. Gariboldi
BRONI. Un'altra iniziativa benefica della Nazionale Italiana Maestri del Vino. A portarla in Oltrepò è l'unico nostro rappresentante nella selezione, ossia Fabrizio Polenghi, già responsabile vendite alle aziende Travaglino e Podere San Giorgio che presto approderà alla Angoris, di Cormòns, nel cuore del Collio friulano.
"Il nostro gruppo raccoglie una quarantina di operatori - spiega Polenghi -: produttori, enologi e altri che lavorano in cantina e in generale nel mondo del vino, come Claudio Pasqualin procuratore calcistico (tra l'altro cura gli interessi di Francesco Toldo e Alessandro Del Piero), o Bruno Pizzul, da buon friulano, grande appassionato di vino".
Sabato la giornata sarà divisa in due parti. Nella prima parte, a cominciare dalle ore 16.30 ci sarà un triangolare calcistico tra la formazione dei Maestri del vino, i politici di Broni e una selezione di Telelombardia (tra gli altri dovrebbero esserci Michelangelo Rampulla, Nazareno Canuti ed Evaristo Beccalossi).
Dopo un rinfresco a inviti, dalle 21 l'enologo Donato Lanati (uno dei più noti e di successo in Italia) presenterà una vera e propria sfida tra sei vini lombardi e sei vini emiliani.
A fischiare il sorso d'inizio sarà l'arbitro Trentalange. La sfida sarà moderata da Lanati, ma a giudicare i vini saranno esperti e semplici consumatori. "Il punteggio sarà stilato in base anche alla piacevolezza - spiega Fabrizio Polenghi -, perché noi siamo bravi a descrivere i vini, ma poi le bottiglie devono essere vendute. E chi lo beve apprezza magari altre caratteristiche, apprezza la piacvolezza complessiva più che altri aspetti".
Importante sarà la presenza dei vini oltrepadani nella selezione lombarda. I nomi sono top secret, come si conviene in questi casi, ma si sa che i vini delle nostre colline saranno quattro su sei. Il confronto sarà tra vini analoghi. Così una bonarda ferma (dicono i bene informati) dovrebbe sfidare un Gutturnio, mentre un robusto rosso della Valtellina sfiderà un Sangiovese riserva. L'altra comparsa non oltrepadana per la compagine lombarda sarà certamente un Franciacorta docg che si confronterà con uno spumante metodo classico romagnolo.
Insomma, le sfide saranno due: la prima sul campo da calcio (soprattutto se i giocatori saranno in grado di resistere al caldo e all'umidità asfissianti) e poi in cantina: lì per la resistenza serviranno altre doti.
L'incasso della manifestazione andrà a beneficio di due associazione: in parte per la Toyai, che fa soprattutto attività all'estero, in parte per l'oratorio De Tommasi di Broni.


tratto da Gazzetta di Parma - 10 giugno 2003
Pantelleria, regno del Passito
di Claudio Rinaldi
C'è il sole, dentro. Il sole di Pantelleria. Portate il naso sopra il calice, e godetevi quel profumo. Poi le labbra, e assaporate questo nettare. I nasi "allenati" sentiranno l'albicocca, il miele, la pesca sciroppata, la frutta candita. Ma il sole, quello esce dal bicchiere e balza alle narici e al palato di tutti. E la morbidezza del sapore, la dolcezza mai stucchevole. Signore e signori, ecco il Passito di Pantelleria: quest'isola magica e ricca di storia che non esaurisce il suo fascino nei colori bellissimi del mare o nei nomi dei tanti Vip che l'hanno "adottata" come rifugio discreto per i mesi estivi. C'è di più, molto di più. A partire dalla cultura enogastronomica, appunto. Il nettare di cui sopra, prodotto dal Moscatellone d'Alessandria (nome tecnico del celeberrimo Zibibbo). I capperi panteschi, a loro volta inarrivabili. E l'olio, il cous cous di pesce, la caponata, le tumme. Anche lo Slow Food ha "adottato" quest'isola, patrocinando il "Viaggio nell'isola del gusto" messo a punto dal giovane e dinamico tour operator bresciano Nexum. Otto giorni in giro per Pantelleria, con giornate scandite da visite alle cantine dei più rinomati produttori di Passito e incontri con gli esperti per scoprire i segreti della coltivazione e della lavorazione del cappero, tappe nei santuari della cucina pantesca (come l'ottima Nicchia di Gianni Busetta) e nei caseifici dove si produce la tumma, formaggio a pasta molle realizzato sfruttando un metodo di salazione con acqua di mare. Il costo del pacchetto (volo, albergo, gite, degustazioni e sette cene) parte da 1.550 euro (1.390 per i soci Slow Food).
"Il mio sogno, il mio obiettivo è esportare emozioni". Gira e rigira il calice, Salvatore Murana, e racconta come nasce il suo vino. Mostra le viti - bassissime, con la tipica lavorazione "a paniere" - e le "conche" scavate nel terreno vulcanico intorno alle piantine. Come usa a Pantelleria, per non lasciare i grappoli in balia del vento, che è una costante dell'isola e che raggiunge spesso altissima velocità. Mostra le serre a tunnel utilizzate per l'appassimento dell'uva. Spiega come l'uva passa venga aggiunta a quella fresca (in proporzione di circa il 30 per cento, nel caso del Passito), dopo essere stata pulita ("rigorosamente a mano") da frammenti di legno del grappolo.
Un grande personaggio, Murana. Il suo Passito migliore, il Martingana, è "abbonato" ai tre bicchieri del Gambero Rosso. Una bottiglia da mezzo litro costa 55 euro in enoteca. "Non è tanto, se si considera la difficoltà della lavorazione, la cura nella produzione, assolutamente artigianale". Eccellenti anche l'altro Passito di casa Murana, il Khamma, e il Moscato Mueggen, prodotto sempre con Zibibbo, ma con una percentuale inferiore di uva passa. Normalmente il Moscato raggiunge una gradazione di un grado, un grado e mezzo più bassa (12,5 contro 14) e minore residuo zuccherino (7/8%, contro 11/12%). Vino perfetto per formaggi cremosi e piccanti il primo, insuperabile vino da meditazione l'altro. Merito del sole che ha dentro, non c'è dubbio.
L'azienda agricola Valenza Monastero si regge sulle spalle di Salvatore Valenza: un altro personaggio più unico che raro. Se avete sentito, in qualche intervista, Gerard Depardieu salutare l'"amico Salvatore", sappiate che è proprio lui. "Qualche anno fa gli ho fatto assaggiare un mio Passito. Stava passando in rassegna tutti i produttori, perché aveva appena acquistato sei ettari a Pantelleria, e voleva cominciare a produrre vino anche qui (come già faceva in Cina, in Francia, in Toscana, dove possiede vasti terreni, ndr)". "E' rimasto colpito - continua Valenza -. Ha ordinato al pilota di decollare, per andare in Francia a prendere l'enologo e un addetto al marketing. Poche ore dopo, abbiamo fatto il contratto, con una stretta di mano". Adesso Valenza produce un Passito che Depardieu commercializza solo in Francia (a un prezzo che sfiora i 150 euro per la bottiglia da mezzo litro): fino all'anno scorso, con i frutti dei propri vigneti; dalla prossima estate, con le uve dei terreni del grande attore (ed esperto sopraffino di vini) francese. Personaggio d'altri tempi, Valenza. E vino di altissima qualità, quello che esce dalla sua cantina. "C'è troppo Passito di Pantelleria in circolazione - dice -. I 120mila quintali di Zibibbo prodotti a metà anni Settanta sono diventati 30mila nel 2002: ma le bottiglie continuano ad aumentare. Sa perché? Semplice: perché c'è gente che usa il caramello, o il concentrato. I Passiti "autentici" sono pochi". Quelli dell'azienda agricola Valenza lo sono, senza ombra di dubbio. Ottimo il Moscato Monastè, superiori il "Moscato di don Vito '94" (dedicato alla memoria del padre dei fratelli Valenza) e il Passito Monasté. L'ultima tappa del tour pantesco dedicato a Bacco è all'azienda Nuova agricoltura. Il Moscato Málika il Passito Kósuros sono, a loro volta, su altissimi livelli. Molto buoni anche i vini secchi ottenuti dagli stessi vitigni di Zibibbo: serviti freschi, si gustano ottimamente come antipasti o accompagnati a piatti a base di pesce.


tratto da la Nazione - 9 giugno 2003
Ecco il Museo della Comunità del Brunello
di Antonella Leoncini
MONTALCINO - Inaugurato il Museo della Comunità di Montalcino e del Brunello che Stefano Cinelli nella sua proprietà di Podernovacci ha voluto dedicato a questo territorio. Il taglio del nastro ha coinciso con la celebrazione del centenario della nascita di Giovanni Colombini, uno dei padri del Brunello. In questa esposizione, reale e multimediale, si trova di tutto e di più. Ci sono i personaggi, le famiglie che nel tempo hanno contribuito a rendere famoso questo vino. Immagini di volti, i nomi delle generazioni che hanno segnato le vicende dei Colombini e degli altri. Nelle stalle restaurate di Podernovacci si ricordano i riconoscimenti consegnati al Brunello; ci sono anche oggetti e spaccati di vita quotidiana che testimoniano come si è vissuto in queste campagne. Si parte con alcuni oggetti e pagine on line per poi ampliare nel tempo la rassegna con altri prodotti e reperti. Per la presentazione del Museo sono stati chiamati esperti: si è voluto sapere che cosa ne pensano del Brunello. Questo incontro è servito a scoprire che una delle chiavi del successo, almeno per Davide Gaeta esperto di marketing, "è la scelta di esportare il 70 per cento dell'offerta. I produttori hanno risparmiato i costi di intermediazione, hanno investito e contribuito a migliorare ancora più la qualità del vino e la sua immagine". Piero Antinori, nome famoso nel vasto mondo vinicolo, ha messo sulla stessa bilancia Brunello e Chianti: il primo ha avuto il vantaggio di avere evitato le difficoltà dell'altro. Tutti d'accordo, il sindaco di Montalcino, Massimo Ferretti, Carlo Petrini, presidente di Slow Food, Stefano e la mamma Francesca Colombini, Alessandro Torcoli e tutti gli altri, che una delle chiavi del successo è il binomio "Brunello-Montalcino". Ha permesso che qualità del vino, storia e territorio si sostenessero reciprocamente: tutto questo perché l'uno senza l'altro e viceversa sarebbero come dire un vaso di Pandora senza sorprese.


tratto da il Gazzettino - 9 giugno 2003
Gettonatissima, la bionda bevenda viene messa spesso "in difficoltà" dal pomodoro
Birra o vino? Arduo dilemma
Per l'abbinamento con il nettare di Bacco ecco alcuni consigli
Pensi alla pizza e il primo abbinamento che ti viene in mente è quello con la birra (tacendo... per pudore, su quello con la coca). Ma è sempre quello giusto? Il problema è dato dal pomodoro, quasi sempre presente sull'amata pietanza, le cui caratteristiche di acidità mal si abbinano a quelle delle birre più comuni nelle pizzerie.
Scegliere la birra giusta (così come il vino) nel caso della pizza, del resto, non è facile, e questo anche per le svariate farciture delle pizze che rendono difficile l'abbinamento con un'unica tipologia birraria. Visto comunque che il pomodoro è un po' il comune denominatore di quasi tutte le pizze, una Vienna ambrata o una Marzen dovrebbero essere in grado di esaltarne il sapore senza essere penalizzate dalla sua acidità.
Se l'abbinamento pizza-birra è un classico anche quello con il vino vanta ormai sempre più estimatori. Anche in questo caso sono soprattutto gli ingredienti con i quali viene farcita la pizza a decretarne l'abbinamento con un vino piuttosto che con un altro.
Ecco, comunque, alcuni abbinamenti suggeriti da enologi e pizzaioli per alcune grandi "classiche" presenti in pizzeria.
Marinara - Può essere accompagnata da un vino bianco, quasi fruttato, ampio e asciutto, pieno e armonioso.
Margherita- Anche per lei è indicato un vino bianco, con odore tenue e vinoso, dal gusto brioso.
Napoletana- Un vino bianco, delicato, asciutto, sapido e armonico
Pugliese - Per questa pizza è indicato un vino rosso, fruttato, intenso, di medio corpo, morbido e anche vivace.
Romana - Si ritorna ad un vino bianco, fruttato e fine, asciutto, morbido ed elegante.
Pescatora- Un vino bianco, fine e asciutto, fresco e armonico, oppure rosato, fruttato e morbido.
Ai quattro formaggi - Di nuovo un vino rosso corposo e gradevole, armonico leggermente tannico.
Al prosciutto- Un abbinamento consigliabile è con del vino rosato, leggero, profumato e persistente, gradevole e fresco
Alla salsiccia - Un vino rosso, dal buon profumo vinoso, armonico, asciutto, leggermente tannico.
Focaccia- Un vino rosso, dall'aroma floreale, fresco, armonico, vivace
Pizza dessert con frutta o creme- va scelto senz'altro un vino bianco, vivace e fruttato, dolce, aromatico.


tratto da la Nazione - 9 giugno 2003
Oscar del vino a due lady
SIENA - Sono toscane le lady del vino. Alla terza edizione degli Oscar assegnati dall'Ais, l'Associazione italiana Sommelier, con Bibenda e Duemilavini, due signore hanno ottenuto la prestigiosa statuetta in bronzo di Donatella Benotti.
Due donne, entrambe di Montalcino: Donatella Cinelli Colombini, la creatrice di "Cantine aperte" e del turismo del vino, è premiata come migliore produttore nella sua fattoria "tutta in rosa", il Casato Prime Donne; il titolo di "miglior sommelier in ristorante" è andato invece a Patrizia Leonardi, affascinante contitolare del ristorante Poggio Antico.
Altri due Oscar premiano la Toscana: nessun vino ma un grande winemaker come Carlo Ferrini come migliore enologo, mentre la "migliore azienda" risulta Ca'Marcanda, il "feudo" dei Gaja nella nuova mecca del vino, la zona di Bolgheri.


tratto da il Messaggero - 8 giugno 2003
GLI OSCAR
Roma "incorona" i migliori vini italiani
Cresce il Sud e si conferma l'Alto Adige, ma la vera sorpresa viene dalle donne. Trionfa il rosato abruzzese
di GIACOMO A. DENTE
ROMA - E'Roma, sempre di più, la Capitale delle ultime tendenze enogastronomiche. Eventi, tendenze, locali, pubblico sempre più competente, sono il mix vincente di una città che non si limita a subire le mode, ma le reinventa, interpretandole in una chiave assolutamente originale. E'la stessa Roma che, attraverso la sua Associazione dei Sommelier, ha tanto contribuito a costruire uno zoccolo duro di competenti, capaci di dare nuovo impulso alla ristorazione, ma anche di far volare un nuovo pubblico attento al nuovo, smaliziato, curioso, caratterizzato da un gusto. Naturale quindi che Roma, ormai da cinque anni, sia diventata il punto di riferimento obbligato per la presentazione degi Oscar del Vino, la manifestazione con la quale i sommelier italiani incoronano il meglio della produzione enologica tricolore, raccontando il punto di vista dei competenti su quel che c'è di più interesante sul mercato. "La nostra è una premiazione del tutto speciale", spiega Franco Ricci, presidente dei sommelier romani e direttore di Bibenda, sofisticato magazine per gli appassionati di settore "perché non è condizionata dal solito gioco dei guru della degustazione. I vini che vincono sono il risultato di un plebiscito. Votano i sommelier, votano i lettori delle nostre riviste - quasi ventimila "grandi elettori" - e alla fine escono etichette che raccontano un'eccellenza del tutto concreta, vicina alla gente e al giudizio degli esperti. Queste le basi culturali. Poi c'è anche il piacere di una premiazione che, col gioco delle "nomination", della costruzione dello spettacolo, consente di raccontare il vino anche al di fuori delle solite liturgie per pochi eletti".
Insomma, essere esperto di vini è diventata una moda. Bastava vedere il "parterre" dei personaggi convocati all'Hilton di Roma per l'Oscar del Vino: Enrico Mentana, Paola Saluzzi, Lamberto Sposini, Giorgio Tosatti, Debora Caprioglio, Barbara De Rossi, Al Bano (produttore, a sua volta, di un ottimo vino in Puglia), Antonella Clerici (nominata con l'occasione sommelier onorario). La parola qualità è più che mai appropriata per raccontare i risultati del censimento del meglio d'Italia secondo i sommelier. Le tendenze? Senza dubbio si conferma la crescita dela Sud, ma emerge anche l'importanza dell'Alto Adige, una regione che ha saputo portare avanti una politica intelligente di investimenti in vigna e in cantina. E ancora, una premiazione che sancisce un "8 marzo tardivo", per i numerosi riconoscimenti alle donne (basti pensare alla proprietà tutta al femminile dell'Enoteca Ferrara di Roma, migliore enoteca, o a Donatella Cinelli Colombini, del Casato Prime Donne di Montalcino, riconosciuta miglior produttore. Una vittoria romantica, infine, al di fuori di ogni gioco di marketing: è il premio per il miglior rosato all'abruzzese Edoardo Valentini, capace di dare al Montepulciano una dimensione di grandezza, al di fuori delle fredde regole delle mode.


tratto da la Stampa - 4 giugno 2003
I vini e l'incanto della solidarietà
di Sergio Miravalle
Bottiglie all'asta? Sì, grazie, meglio se per solidarietà. Il fenomeno non è nuovo: alla fine degli Anni Ottanta le Aste di barbera d'Asti dei vigneti storici "rendevano" centinaia di milioni destinati ad associazioni umanitarie e istituti di ricerca contro il cancro. Poi l'iniziativa è andata un po' tristemente "in sonno". Anche il mondo del Barolo ha destinato in beneficenza cifre importanti. E il "tarlo" della solidarietà non smette, per fortuna, di rodere le coscienze e così in questo fine settimana, tra i moltissimi eno-appuntamenti, ci sono in Piemonte almeno quattro aste benefiche. A Ghemme, sabato pomeriggio alla distilleria Francoli, è in programma un vendita all'incanto che ha coinvolto produttori di vino e artisti autori di etichette per bottiglie speciali che saranno vendute all'incanto, con l'intervento dell'attrice Lella Costa a favore di Emergency, sodalizio fondato dal medico Gino Strada impegnato a tenere aperti ospedali nelle zone di guerra. Chiaro il titolo dell'asta: "Sorsi di pace".Sempre sabato, nel pomeriggio altra asta a Costigliole d'Asti dove si presenta il progetto "Costigliole motore di cultura". In mattinata ci sarà Bruno Pizzul con la guida 2003 delle Città del vino. All'asta vanno 365 bottiglie di barbera, in lotti di sei. Un piccolo grande tesoro che il giornalista Burt Anderson, vincitore del premio nel novembre scorso, durante "Miracolo Barbera" ha lasciato a scopo benefico. La morte improvvisa del giovane assessore Luigi Capello, tra i promotori della rassegna, ha fatto nascere l'associazione "Amici di Gigi" che destineranno il ricavato dell'asta al recupero del campanile della chiesa di Motta, la frazione di Gigi. Tra i banditori anche Bruno Gambarotta. Una curiosità nei lotti ci sono bottiglie di barbera firmate anche da Paolo Conte, una chicca per i fans dell'avvocato-cantautore astigiano.E sabato sera altra iniziativa eno-benefica organizzata dal Rotaract Gavi-Libarna. Al Relais Villa Pormela, dodici aziende del Gavi, d'intesa con la condotta Slow Food che si gemella con il "Convivium" di Monaco di Baviera, abbineranno i loro vini ai prodotti locali, con l'obiettivo di contribuire alle spese di ristrutturazione della scuola elementare di Serravalle Scrivia danneggiata dal terremoto dell'11 aprile. Prenotazioni al 347 1191635Domenica altra asta, questa volta a Vignale Monferrato, dove da qualche anno Alessandra Colonna, abbina i vini della sua azienda alla solidarietà pro Amani, sodalizio inpegnato ad aiutare concretamente i bambini in Africa. Quest'anno Alessandra, dopo aver letto su "Specchio" dell'ospedale "Sacra Famiglia" di Nazareth, dove un gruppo di medici italiani, cura israeliani e palestinesi, ha aggiunto ai magnum del suo "Amani" (un Monferrato rosso ottenuto da uve di cabernet sauvignon) e ai soggiorni agrituristici a Vignale, anche un gioiello offerto apposta della Casa orafa Baldi di Valenza. All'asta, collegata in diretta con Israele e il Kenia, ci sarà anche Aldo Serena, il campione di calcio, ora commentatore tv.E c'è chi domenica compie cent'anni. E' la cantina sociale di Mombaruzzo che festeggia il primo secolo di vita. Lo raccontano in un libro Giuseppe Scaletta e Maurizio Gily. Fondata nel 1903 raduna tutti i 350 soci che coltivano i filari ai confini tra l'Astigiano e l'Acquese e fa festa con pranzo, musiche e passeggiate tra le vigne. Auguri per cento di questi anni.


tratto da il Gazzettino - 4 giugno 2003
Sensibile ai freddi invernali e alle gelate tardive, predilige zone collinari e terreni poco fertili, ricchi di scheletro e riparati da correnti fredde
Le problematiche del vitigno "Prosecco"
di Livio Pizzoli
L'origine di questo vitigno è un po' contrastata, forse proviene dalla Venezia-Giulia o da zone orientali più lontane.
Diffuso nel Veneto, e particolarmente nelle zone collinari della provincia di Treviso, è comunque presente anche sui Colli Euganei (Serprina) e sulle colline vicentine.La coltivazione del "Prosecco" nella nostra provincia ha origini storiche diverse, è stato sempre coltivato nelle fasce collinari della zona Pedemontana e in alcune piccole aree dei Colli Berici; di recente è stato riscoperto nelle aree pedecollinari e di pianura. La gelata dell'8 aprile scorso, con l'abbassamento della temperatura fino a -6°C, ha colpito questo vitigno in modo alquanto grave a livello di germogli principali, specie nei fondovalle e nei terreni umidi e fertili. Questo campanello d'allarme deve far riflettere i viticoltori su quelli che possono essere i limiti d'impiego del vitigno in areali poco adatti o potenzialmente a rischio. A tal proposito, già nel 2001, l'Ispettorato Regionale dell'Agricoltura di Vicenza ha predisposto un decreto per la delimitazione delle aree di coltivazione del "Prosecco" per poter usufruire del premio di ristrutturazione e riconversione viticola (DGR 4152 del 22/12/2000).
La delimitazione prevede che gli impianti possano avvenire nelle aree esclusivamente collinari o in alcune aree di pianura, con terreni ricchi di scheletro dei bacini viticoli 7 e 8 della provincia di Vicenza. Dal punto di vista ampelografico è risaputo che il vitigno è molto sensibile ai freddi invernali e alle gelate tardive a causa della sua estrema precocità (più dei vitigni precoci Chardonnay, Pinots, ecc.) e perché generalmente vigoroso, con tessuti ricchi di acqua. In pianura, in terreni fertili ed umidi, tende ad anticipare ulteriormente il germogliamento, per questo predilige zone collinari e terreni poco fertili, ricchi di scheletro e possibilmente riparati da correnti fredde. Per quanto riguarda il vitigno, la selezione clonale effettuata negli ultimi 10 anni ha permesso di individuare due tipi di prosecco: quello tondo (il più diffuso, conosciuto anche con il nome di prosecco nostrano o semplicemente prosecco) e quello lungo (coltivato anche in zona Breganze e chiamato erroneamente Tocai nostrano). Da quest'ultimo, sono stati poi selezionati due ulteriori biotipi: il Prosecco lungo e il Prosecco lungo "Segat". Il prosecco tondo è conosciuto con due nuovi biotipi: "Prosecco tondo Cosmo" e "Prosecco tondo Balbi".
Le selezioni clonali di prosecco riconosciute sono: Fedit 8 C.S.G., ISV-ESAV 10, ISV-ESAV 14, ISV-ESAV 19 ed altre in corso di riconoscimento.Per quanto riguarda il portinnesto per le zone collinari predilige il 420/A, 110/R e il 1103/P (quest'ultimo viene particolarmente utilizzato per i reimpiazzi). Nelle aree di pianura poco fertili e ricche di scheletro, Kober 5BB, C2 (cosmo 2) e 420/A (quest'ultimo non si adatta al reimpianto). Circa i biotipi si consiglia l'uso del Prosecco tondo in tutte le aree della provincia, mentre il Prosecco lungo è preferibile in zona collinare e pedecollinare. Relativamente ai sistemi di allevamento: per le zone collinari sono preferibili capovolto, guyot, sylvoz, casarsa e controspalliere in genere; per le zone di pianura sono da sconsigliare sistemi di allevamento bassi, data l'epoca precoce di germogliamento: pertanto è opportuno adattare le spalliere e le controspalliere.
Nei terreni collinari e in quelli ghiaiosi (grave) teme periodi prolungati di siccità. Nei terreni fertili e freschi di pianura, l'uso dell'azoto deve essere razionalizzato al massimo e distribuito a piccole dosi quando è strettamente necessario, necessita invece maggiormente di potassio e microelementi. È opportuno altresì ricordare che il vitigno prosecco è interessante solo se rivolto a produzioni di qualità; con tale obiettivo e con la storia di coltivazione nella nostra provincia, si potrà, in futuro, aspirare ad un suo inserimento come vino di qualità prodotto in aree ben determinate della DOC Vicenza.


tratto da Corriere Adriatico - 4 giugno 2003
Per la Vernaccia di Serrapetrona anche la garanzia.
SERRAPETRONA - Mostre, eventi, appuntamenti ma anche e soprattutto ottima cucina e buon bere con il vino che a Serrapetrona si chiama naturalmente Vernaccia, la vernaccia Doc di Serrapetrona che il 9 giugno prossimo verrà ufficialmente riconosciuto come primo vino Docg, vale a dire primo vino a denominazione di origine controllata e garantita. Qualità certificate ma sulle quali non mostrarono dubbi nemmeno Dante e Petrarca tanto che il primo dei nostri citò la Vernaccia addirittura nel XXI Canto della Divina Commedia. Ma i riconoscimenti, si sa, non bastano mai. Ecco allora che i viticoltori della zona stanno anche aspettando il riconoscimento di un secondo vino Doc - il "Serrapetrona" semplicemente - riconoscimento che arriverà anch'esso a giorni. Si tratterà di un vino fermo da realizzare con i grappoli non idonei alla prima scelta.
"Serrapetrona - spiega il primo cittadino Giampiero Feliciotti - dal 1980 ha avuto lo stesso sindaco e di conseguenza anche l'opportunità di sviluppare un percorso di crescita del prodotto Vernaccia che ha tutelato da un lato il prodotto e il suo vitigno e dall'altro il territorio. In tutto questo periodo l'interrogativo è stato quello di sviluppare, anche tecnicamente, la produzione delle 300.000 bottiglie anche tenendo presenti le peculiarità del territorio dal punto di vista economico, agricolo e più in genericamente da quello turistico e culturale, sempre enologicamente parlando".
Ma Serrapetrona non è solo Vernaccia, certo. Chiese e raccolte d'arte ospitano un prezioso Polittico di fine XV secolo del sanseverinate Lorenzo d'Alessandro, una Crocifissione di anonimo marchigiano del XIII secolo e altre rarità.


tratto da la Stampa - 4 giugno 2003
Al via il master che preparerà manager del vino
SANTO STEFANO BELBO. Un master per preparare imprenditori e manager alle sfide che attendono il vino italiano sui mercati mondiali, dove già si fanno avanti concorrenti temibili come Usa, Australia, Nuova Zelanda, Sud Africa e Sud America. L'iniziativa è della Mib, la scuola privata di Economia di Trieste, e sarà presentata oggi alle 19, alla Locanda Gancia, la foresteria che la Casa spumantiera canellese ha a Santo Stefano Belbo. Il corso, con materie di marketing e gestione aziendale, si rivolge anche a non laureati, che abbiano ruoli di responsabilità in aziende della filiera del vino. Partecipare costa quasi 16 mila euro a testa. Nella dotazione c'è anche un computer portatile.
L'avvio del master è previsto in novembre. Sarà articolato in 13 settimane di lezione, una al mese per non compromettere l'attività lavorativa di chi partecipa. Sede delle lezioni (in tutto oltre 1200 ore) Trieste, con trasferte anche a Bordeaux e Barcellona dove ci sono corsi analoghi. Direttore del master è il prof. Francesco Venier. I posti sono 25.
Info 040.9188111 o sul sito web www.mib.edu/wine.


tratto da la Nazione - 4 giugno 2003
Val d'Orcia, ecco la Doc
SIENA - Per l'ultima nata fra le Denominazioni senesi, la Doc Orcia, è arrivato anche il momento della presentazione della Strada del Vino. E lo farà all'interno della 37^ edizione della Settimana dei Vini, organizzata dall'Enoteca Italiana (a Siena fino all'8 giugno), stamattina alle ore 12 presso la sede dell'Amministrazione provinciale di Siena (Sala Giunta). Alla presentazione intereverranno: Tattarini, presidente Enoteca Italiana; Galletti, assessore provinciale all'agricoltura; Vanetti presidente del Consorzio del Vino Orcia e della Strada del Vino; Pizzinelli, curatore del progetto Strada del Vino; Simonetti, sindaco di Castiglione d'Orcia; Guerranti, direttore Apt Siena. "Nella giornata odierna, sottolinea il segretario generale dell'Enoteca Italiana Di Lena, il programma della Settimana dei Vini proseguirà con appuntamenti culturali, promozionali e la "sublimazione" dell'ospite d'onore, la Regione Marche, che sta riscuotendo un grande successo in questi giorni qui a Siena". La cena degustazione dei prodotti del territorio marchigiano è alle 21.30 presso l'Enoteca Italiana alla Fortezza Medicea (prenotazioni allo 0577/288497). Alle 15, (Fortezza Medicea, Bastione San Filippo), assemblea dei soci della "Conferenza permanente vitivinicola", dalle 17 alle 19 nel Bastione San Francesco, "Vino è" punto informazioni della campagna Unavini con degustazione di vini da vitigni autoctoni. Alle 21 quindi, (Bastione San Filippo), concerto "Il flauto, la chitarra, il pianoforte" in collaborazione con l'Istituto di Alta Formazione Musicale "R.Franci" di Siena, classi dei prof. Brigidi, Bianchi e Palazzolo.


tratto da la Nazione - 2 giugno 2003
L'enoturismo diventa un manuale
SIENA - Presentato presso l'Enoteca Italiana- Bastione San Filippo, nell'ambito della XXXVII Settimana dei vini, il "Manuale del Turismo del Vino" di Donatella Cinelli Colombini, edito da Franco Angeli per l'Associazione nazionale Città del Vino. L'enoturismo, questo nuovo comparto del turismo italiano, oggi riguarda oltre 2000 cantine e circa 5 milioni di visitatori per un business stimabile fra i 2 ed i 3 Miliardi di Euro. Il manuale di Donatella Cinelli Colombini, una dei protagonisti del mondo del vino italiano, attualmente Assessore al Turismo del Comune di Siena, unisce nozioni di carattere generale, sui flussi e le tendenze mondiali del turismo, con la sistematica spiegazione di come scegliere, progettare, gestire e persino rendere famosa una cantina aperta al pubblico. Il manuale fa parte della collana di studi enoturistici pubblicati dall'Associazione Nazionale Città del Vino, nata nel 1987 a Siena, città dove ha tuttora la sua sede. Le 499 città che la compongono hanno nel vino un vero protagonista e grazie all'associazione sono ora legate da rapporti di collaborazione particolarmente importanti per le azioni di promozione e salvaguardia dei territori viticoli. Il programma della Settimana dei Vini propone inoltre per oggi l'appuntamento con "Vino è", la campagna di informazione e promozione della cultura del vino all'interno del mercato UE, finanziata dalla Comunità Europea con il contributo dell'Italia e di Unavini, l'Unione nazionale associazioni produttori vitivinicoli. Il progetto "Vino è" avrà durata triennale e si compone di una serie di iniziative su tutto il territorio nazionale. Dalle 17 alle 19 degustazione di vini da vitigni autoctoni e punto informazioni sul progetto "Vino è" presso l'Enoteca Italiana Bastione S. Francesco. In serata, momento musicale proposto dall'Istituto di Alta Formazione Musicale R.Franci: alle 21 presso la Fortezza medicea concerto " Il Violino" con la classe del professor Luca Rinaldi.


tratto da il Gazzettino - 2 giugno 2003
Polemiche dopo l'incontro all'Itis Da Vinci
"Vino, saperlo bere esclude la dipendenza"
Ariego Rizzetto replica alle associazioni alcolisti
di Maurizio Marcon
Portogruaro. La cultura del buon vino, per assumerlo con moderazione cogliendo i più fini aspetti estetici, olfattivi e gustativi, ovvero saper bere bene per bere poco. Il vino come alimento. Il vino materia di educazione nella scuola. L'idea, alla base della conferenza organizzata nei giorni scorsi a Portogruaro, coinvolgendo le istituzioni scolastiche, ha suscitato parecchi polemiche e non è piaciuta alle associazioni del recupero di alcolisti e tossicodipendenti che hanno scritto un documento di denuncia. Si è parlato di mancanza di etica per la scelta di voler promuovere il consumo di alcol, con toni indignati per l'iniziativa di far addirittura degustare il vino ai ragazzi. Alla polemica sollevata risponde il presidente della Rete interdistrettuale istituzioni scolastiche, professor Ariego Rizzetto, dirigente scolastico dell'Isis Luzzato. "Che le associazioni degli alcolistl - sostiene Rizzetto - lancino allarmi per la conferenza tenutasi all'Itis "Da Vinci", rientra nei loro obiettivi istituzionali e non si può che condividere la preoccupazione sociale del fenomeno. Diverso è il parere sul tono da crociata in merito al coinvolgimento delle scuole all'iniziativa promossa dalla Pro Loco e dalla mostra nazionale dei vini di Pramaggiore". "Dell'incontro - precisa Rizzetto - se ne è parlato nella Rete interdistrettuale di scuole, come convegno aperto ai giovani sulla valorizzazione del patrimonio naturale della Valle Vecchia cui avrebbe fatto seguito un breve intervento sull'uso alimentare del vino. Ogni istituto ha mandato una rappresentanza di studenti che hanno seguito i lavori manifestando interesse e attenzione. Lo spazio dedicato al vino come alimento è stato di una decina di minuti, ed è stato presentato dal giornalista Giampiero Rorato con tutte le precauzioni del caso, partendo proprio dalla distinzione tra gusto e abuso, e concludendo con le sue caratteristiche organolettiche. Tutto qui". "Non è con posizioni integralistiche e con gli anatemi - commenta Rizzetto - che si prevengono i dissesti causati dall'alcolismo. Per i giovani che hanno più di 16 anni, meglio se quelli di 18, un'educazione a tutto campo dovrebbe metterli in guardia dall'assumere certe sostanze e, nel caso del vino, promuovere una sana cultura della moderazione. Saper bere è una cultura ed è un pilastro della poesia classica, ma saper bere esclude di fatto la dipendenza dal vino. Chi dice il contrario o non conosce il vino, o ne ha fatto un abuso per motivi di natura psicologica, o se ne è servito come di una droga. La degustazione del vino - conclude Rizzetto - è di per sè contenuta nella quantità e presuppone conoscenze olfattive, visive e gustative che invano sono presenti nell'alcolista e che costituiscono invece per l'intenditore l'essenza stessa, il rito dell'assunzione di un prodotto che ha costituito nel nostro territorio uno, se non l'unico, settore portante di una diffusa economia".


tratto da il Centro - 2 giugno 2003
Vini bianchi, l'Abruzzo fa faville
Pioggia di medaglie e riconoscimenti nelle selezioni nazionali
PESCARA. L'Abruzzo dei vini fa incetta di medaglie e riconoscimenti. Giurie e concorsi nazionali le hanno tributate ad aziende e imprenditori che in questi annni hanno puntato sulla qualità dei prodotti. Tra le curiosità, ad esempio, si segnala la riscossa dell'Abruzzo e delle regioni del Centro Sud nel settore dei vini bianchi.
E' il caso, ad esempio, della Selezione Nazionale vini da pesce. Tra le regioni più premiate l'Abruzzo con 2 medaglie d'Argento e 1 di Bronzo oltre 22 Diplomi di Merito. L'Abruzzo e la Puglia inoltre si confermano come le regioni dei vini rosati di eccellenza.
Questo l'elenco dei vini premiati e delle aziende produttrici sia abruzzesi che marchigiane.
Categoria vini bianchi secchi tranquilli D.o.c. e D.o.c.g.
Medaglia di bronzo ex-aequo: Alto Adige Doc Sauvignon 2002 - Cantin Produttori San Paolo S.C.R.L. - San Paolo/Appiano (Bz); Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico superiore "Casal di Serra" 2001 - Azienda Vinicola Umani Ronchi - Osimo (An); Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico superiore "Podium" 2001 - Casa Vinicola Gioacchino Garofoli S.P.A. - Loreto (An).
L'Abruzzo in questa categoria ha fatto il pieno di diplomi di merito: Trebbiano d'Abruzzo Doc 2002 - Agricola Villa Medoro - Atri (Te); Trebbiano d'Abruzzo Doc "Colle Secco" 2002 - Cantina Tollo - Tollo (Ch); Trebbiano d'Abruzzo Doc "Colleventano" 2002 - Az. Fatt. Giuseppe Savini - Morro d'Oro (Te); Trebbiano d'Abruzzo Doc "Riseis" 2002 - Agriverde S.R.L. - Caldari di Ortona (Ch); Trebbiano d'Abruzzo Doc "Rondineto" 2002 - Az. Fatt. Giuseppe Savini - Morro d'Oro (Te); Trebbiano d'Abruzzo Doc "Terra d'Aligi" 2002 - Az. Agr. Terra d'Aligi - Atessa (Ch); Trebbiano d'Abruzzo Doc "Tratturo" 2002 - Cantine Spinelli - Atessa (Ch); Trebbiano d'Abruzzo Doc "Valle d'Oro" 2002 - Cantina Tollo - Tollo.
Categoria vini bianchi secchi tranquilli I.g.t.
E' la categoria che ha visto un buon piazzamento dei vini abruzzesi. Diploma di merito: Colli Aprutini Igt Chardonnay "Roccesco" 2001 - Az. Agr. Orlandi Contucci Ponno - Roseto degli Abruzzi; Colline Pescaresi Igt Chardonnay 2002 - Az. Agr. San Lorenso SS - Castilenti (Te); Colline Teatine Igt Chardonnay "Vallee du vin" 2001 - Agriverde S.R.L. - Caldari di Ortona; Colline teatine Igt Chardonnay "Villa Roscia" 2002 - Agriverde S.R.L. - Caldari di Ortona; Sicilia Igt Chardonnay "Zangara" 2002 - Az. Agr. Terra d'Aligi - Atessa (Ch); Terre di Chieti Igt Chardonnay "Farnese" 2002 - Farnese Vini - Ortona; Terre di Chieti Igt Chardonnay "Tresor" 2002 - Agriverde S.R.L. - Caldari di Ortona.
Categoria vini bianchi secchi tranquilli D.o.c. e D.o.c.g. elaborati in barrique o comunque affinati in legno.
Verdicchio dei Castelli di Jesi Doc Classico "Salmariano" 2000 - Az. Agr. Giovanni e Francesca Marotti Campi - Morro d'Alba (An). Diploma di merito: Trebbiano d'Abruzzo Doc "Casale Vecchio" 2002 - Farnese Vini - Ortona; Trebbiano d'Abruzzo Doc "Cerano" 2002 - Casa Vinicola Italo Pietrantonj sas - Vittorito (Aq).
Categoria vini bianchi secchi tranquilli I.G.T. elaborati in barrique o comunque affinati in legno.
Medaglia d'oro: Marche Igt Bianco "Gale" 2000 - Casa Vinicola Gioacchino Garofoli S.P.A. - Loreto (An). Medaglia d'argento: Marche Igt Bianco "Gaudeo" 2002 - Az. Agr. Ciuciù di Bartolomei M. e W. - Offida (Ap). Medaglia di bronzo: Marche Igt bianco "Poggio Infinito" 2002 - Vini Accattoli Sas - Montefano.
L'Abruzzo in questa categoria ha ben figurato raccogliendo diplomi di merito, queste le ditte: Terre di Chieti Igt Chardonnay "Cagiolo" 2000 - Cantina Tollo - Tollo; Terre di Chieti Igt Chardonnay "Cantico" 2001 - Cantine Mucci S.R.L. - Torino di Sangro (Ch); Terre di Chieti Igt Chardonnay "Farneto" 2002 - Farnese vini - Ortona; Terre di Chieti Igt Chardonnay "Opis" 2002 - Farnese vini - Ortona.
Categoria vini rosati secchi tranquilli D.o.c.
Anche in questo caso i vini abruzzesi hanno ottenuto medaglie e riconoscimenti.
Medaglia d'argento ex-aequo: Montepulciano d'Abruzzo Doc Cerasuolo "Cerano" 2002 - Casa vinicola Italo Pietrantonj Sas - Vittorito (Aq); Montepulciano d'Abruzzo Doc Cerasuolo "Villa Medoro" 2002 - Agricola Villa Medoro - Atri. Medaglia di bronzo: Montepulciano d'Abruzzo Doc Cerasuolo 2002 - Cantina sociale Madonna del Carmine S.c.r.l. - Lanciano. Diploma di merito: Montepulciano d'Abruzzo Doc Cerasuolo "Terra d'Aligi" 2002 - Az. Agr. Terra d'Aligi - Atessa.


tratto da il Messaggero - 1 giugno 2003
Sul periodico statunitense Wine Spectator una pagina dedicata al mago del Vitiano-Falesco Riccardo Cotarella, le cui consulenze sono ricercate in Usa
L’Orvieto conquista i gusti degli americani
di GIULIO LADI
ORVIETO - Non solo Duomo e Pozzo di San Patrizio, non solo arte che i secoli e la perizia degli antenati hanno lasciato in preziosa eredità, ma c'è anche qualcosa che gli orvietani sono stati capaci di costruirsi da soli. Un bicchiere di quello ottimo, tra i cento vini più buoni del mondo? Secondo gli americani, lo si può bere a Orvieto. La copertina del numero di maggio della rivista "Wine Spectator", è dedicata al Vitiano - Falesco. La rivista gode di fama internazionale, ritenuta tra le più accreditate in quanto a specializzazione nel settore specifico dei vini. E, gioco simpatico del destino, nello stesso periodo, Orvieto in quest'altro emisfero, a Cracovia, viene premiata per la sue caratteristiche di "città benemerita del turismo religioso e culturale".
Il numero di maggio del mensile americano, torna a parlare dell'arte enologica di Riccardo Cotarella, che proprio di quel Vitiano - Falesco è il padre. Al famoso enologo di Orvieto che, nel 2001 ricevette quale enologo dell'anno, il riconoscimento della Camera di Commercio Itala - Usa di New York, per aver contribuito attraverso la profonda conoscenza delle più prestigiose cantine italiane, ad incrementare i rapporti economici fra i due Paesi, la rivista dedica un servizio. Spiega l'arte enologica di Cotarella e lo conferma tra gli enologi più influenti del mondo, capace di anticipare le tendenze del mercato nel gusto del vino, caratteristica, questa, molto apprezzata negli Stati Uniti, tanto che la consulenza enologica di Riccardo Cotarella è ricercatissima tra i più prestigiosi marchi ed imprenditori vinicoli a livello internazionale.
Se da Orvieto arriva il messaggio del vino, insieme arrivano anche altri messaggi che ne fanno una città dove l'ospitalità merita riconoscimenti. E' quanto accaduto a Cracovia, dove insieme a Montefalco e Montacassino, a Orvieto è andato il riconoscimento proprio per l'alto grado di ospitalità che sa offrire a chi la visita per ammirare i suoi tesori d'arte o per un pellegrinaggio religioso. E chissà che anche nella valutazione di quell'ospitalità che è così piaciuta, tanto da essere menzionata, non c'entri anche un buon bicchiere di vino. Perché se il Vitiano - Falesco si gode la copertina di Wine Spectator, non è difficile gustarsi la qualità anche mettendo in tavola uno dai tanti altri vini che producono le cantine orvietane.
La qualità ha fatto passi soltanto qualche anno fa impensabili e sono tante le etichette che ormai girano il mondo senza temere alcun confronto. Il nuovo disciplinare del Doc, suggerito e voluto anche da Cotarella, dovrebbe aiutare ulteriormente a far entrare il vino orvietano nel gusto degli intenditori e dei giovani ai quali il mercato ormai guarda con sempre maggiore interesse.
Si è trattato della 21^ edizione dei premi europei "benemeriti del Turismo e dell'Ospitalità" e "Una vita per il turismo" che ogni anno vengono assegnati dalla Federazione Europea della Stampa Turistica.


tratto da l'Eco di Bergamo - 1 giugno 2003
Pompei: riecco uva e vino degli antichi
di Adriana Giannini
Il 29 aprile si è tenuta un'asta veramente speciale. Sono state battute e aggiudicate 1.721 bottiglie di prezioso vino rosso: Villa dei Misteri è il nome che lo contraddistingue e Pompei la località di provenienza. Ma che cosa ha di eccezionale questo vino, oltre al colore rubino intenso e al forte profumo di spezie e di frutti di bosco? È il primo risultato italiano di un esperimento che, coniugando archeologia e viticoltura, si propone di riprodurre l'autentico vino che si beveva a Roma nel I secolo dopo Cristo.
A condurre questa straordinaria esperienza che si ripeterà negli anni a venire è stata la Soprintendenza di Pompei insieme all'azienda vinicola Mastroberardino. Con il ricavato si intende restaurare la cella vinaria del foro Boario di Pompei, dove sorgeva il vigneto più esteso della città. Duemila anni fa questa ricca cittadina era uno dei centri più floridi del commercio dei vini che venivano prodotti dai vigneti che ricoprivano le fertili pendici del Vesuvio. E a Pompei si beveva e molto, come testimonia una scritta rinvenuta su un muro «Avete, utres sumus», «Salute, noi beviamo come otri» e come fanno pensare le oltre 100 taverne emerse dagli scavi.
Ma che tipo di vino si beveva? Per capirlo si è cominciato dai vitigni cercando quelli coltivati da più tempo tra quelli originari della Campania. Alla fine la scelta è caduta su due a frutto rosso: la Colombina purpurea degli antichi, ora Piedirosso, e la Vitis oleagina, ora nota come Sciasinoso. Non si è potuto coltivare un vitigno sicuramente antico come la Vitis hellenica o Aglianico perché ha dimostrato di non sopportare il clima attuale di Pompei, più caldo e secco rispetto a quello del I secolo d. C. Le viti sono state piantate esattamente dove, sotto la cenere, erano rimaste le impronte dei pali e delle radici, rispettando la disposizione degli antichi filari. Il primo raccolto ottenuto seguendo in parte i suggerimenti di Plinio il Vecchio e Columella ha prodotto dieci quintali di uva dai quali, dopo l'invecchiamento di un anno in botti in cui veniva mantenuta la temperatura delle antiche giare interrate, è stato ottenuto il migliaio di bottiglie andato all'asta.
L'esperimento, come si è detto, è nuovo per l'Italia, ma è stato preceduto da uno di più vasta portata condotto in Francia sin dal 1995 da Hervé Durand, proprietario di un'azienda vinicola a Gard, André Tchernia, della Scuola di studi superiori in scienze sociali e da Jean-Pierre Brun direttore del Centro Jean Bérard creato dal Cnr francese a Napoli. Come descrive Brun in un articolo pubblicato in maggio sulla rivista francese «Pour la Science», è possibile ricostruire le tecniche di vinificazione degli antichi romani basandosi sui numerosi testi pervenuti sino a noi, sui bassorilievi e su quanto delle antiche ville è riuscito a conservarsi ed è stato oggi restaurato. Per esempio, per Catone il Vecchio una tenuta modello si doveva estendere su 25 ettari e occupare 16 persone. La vendemmia veniva in genere fatta a settembre-ottobre, in modo che le uve avessero un'alta percentuale di zucchero e quindi corressero meno rischi di dare un vino acido.
Secondo i ricercatori francesi, i romani davano la preferenza ai vini bianchi come il Falerno e il Cecubo e quindi durante la pigiatura cercavano di tenere separate le bucce. Succedeva spesso, però, che a causa della temperatura ambientale la fermentazione cominciasse già durante la pigiatura e quindi i vini diventassero dei rosati o dei chiaretti. Sempre secondo Catone un'azienda modello doveva disporre di una quantità di giare sufficiente per ben cinque vendemmie.
Si sono conservati sia in Italia sia nel Sud della Francia molti torchi per la spremitura delle vinacce e questo ha consentito al proprietario dell'azienda di Gard di ricostruirne uno perfettamente funzionante e visitabile. Poiché i romani non conoscevano l'utilizzo dello zolfo per bloccare la moltiplicazione dei batteri, era necessario fare altri trattamenti che aumentassero il tenore alcolico e consentissero al mosto di invecchiare senza danno. Tra gli accorgimenti vi era quello di trattare una parte del mosto con la cottura e l'addizione di mele cotogne, fieno greco, iris e giunco odoroso. Questo mosto profumato e concentrato chiamato defrutum veniva aggiunto in proporzioni ben precise che, secondo Columella, variavano per i vini che crescevano vicino al mare o nelle pianure interne.
I romani amavano i vini vecchi, tipo Madera, e per ottenere rapidamente un risultato analogo usavano esporre le giare al sole o, nelle località meno calde, le immagazzinavano nei locali (fumaria) situati sopra le terme. Marsiglia era specializzata nella produzione di questi vini affumicati, così lontani dai nostri gusti attuali.