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tratto da la Repubblica - 25 agosto 2003
Il reato finirà sulla fedina penale
Troppo alcol al volante, rischio carcere
ROMA- Con l'entrata in vigore del nuovo codice della strada, guidare sotto l'effetto di alcolici comporterà qualche rischio in più della perdita della patente. La legge di conversione del decreto legge 151, che ha introdotto la nuova normativa, ha infatti apportato (a partire dal 12 agosto) una sostanziale modifica all'art.186, che punisce "chiunque guidi in stato di ebbrezza con l'arresto fino ad un mese e con l'ammenda da 258 euro a 1032". Pene che fino al 12 agosto rischiavano di rimanere sulla carta. La competenza per questo reato era infatti del Giudice di Pace, il quale - a norma di legge - può infliggere soltanto pene alternative alla reclusione. La nuova legge ha ora trasferito la competenza al Tribunale ordinario, colmando la lacuna e garantendo così l'effettività delle sanzioni previste.
Insomma, l'incontrovertibile giudizio dell'etilometro finirà direttamente sulla fedina penale. La norma è già stata applicata in Alto Adige e, secondo il giudice Edoardo Mori, "l'automobilista colto in fallo sarà a tutti gli effetti un pregiudicato".


tratto da Corriere delle Alpi - 26 agosto 2003
C'è la grappa trentina fra i "superprotetti" Ue
Pisoni entusiasta: "E' un grandissimo traguardo, premiati tutti i nostri sforzi"
di Pierluigi Depentori
TRENTO. C'è anche la grappa trentina all'interno della lista Ue dei prodotti "superprotetti" per difendersi della pirateria agroalimentare. La lista, che ormai viene data per definitiva in vista del vertice Wto di Cancun, comprende 37 prodotti esclusivi: si va dallo Champagne al Cognac, dall'Asiago alla mozzarella di bufala, dal Parmiggiano Reggiano al Porto passando, appunto, per la grappa trentina. "E' un grandissimo traguardo", commenta entusiasta Arrigo Pisoni, il presidente dell'Istituto di tutela.
L'inserimento in questa "short list" non era affatto scontata, data l'esiguità dei prodotti. La finalità è quella di mettere un argine serio ed efficace ai numerosi tentativi di "taroccare", dove magari viene copiato il nome utilizzando però prodotti scadenti oppure provenienti da zone diverse dagli originali. "Purtroppo questo avviene anche con la nostra grappa", chiarisce Pisoni, titolare dell'omonima distilleria e a capo dell'Istituto di tutela della grappa trentina che da tempo sta portando avanti la sua lotta (spesso silenziosa) sulla qualità. Dura lotta ai "pirati" dunque, ma anche guerra a quei paesi extra-Ue dove magari qualche "furbo" ha registrato il marchio tipico creando confusione nei consumatori. "La grappa trentina è solo quella che viene fatta da uva prodotta e vinificata in Trentino, noi ci stiamo battendo da tempo per questo e come Istituto eseguiamo una serie di controlli proprio per smascherare chi non segue le regole", continua Pisoni, "certo che se l'Unione Europea ha deciso di difendere anche la grappa vuol dire che c'è grande considerazione del nostro lavoro e dei nostri sforzi". Pisoni non vuol andare più in là, ma il fatto che siano stati gli stessi imprenditori del settore a dare vita all'Istituto di tutela come ente privato (e non la Provincia, per essere chiari) fa capire quanto l'impegno dei produttori trentini sia forte. "E pensare che la nostra grappa non ha niente da invidiare ai grandi vini e liquori, conosco tanta gente che beveva solo cognac fino a quando ha assaggiato la vera grappa. Questo vuol dire che con una giusta impostazione commerciale, lo sviluppo sarebbe possibile", prosegue Pisoni.
La "short list" in mano ai vertici dell'Unione Europea non è certo nata a caso. Rappresenta il meglio della genuinità europea, ma tra i criteri seguiti c'è anche quello dell'inclusione di quei prodotti di cui c'è "un abuso del suo nome nel mondo". Tra le misure che verranno esaminate a Cancun, c'è anche quella dell'ipotesi dell'introduzione di una serie di dazi doganali in grado di garantire ulteriormente i trentasette prodotti della "short list" del gusto europeo. Ancora Pisoni: "Il consumatore va aiutato a capire e scegliere, deve poter distinguere una grappa trentina artigianale e genuina da una imitazione fatta magari con vitigni di chissà quale angolo di mondo".
La grappa trentina come prodotto di eccellenza europea, dunque. E basta esaminare la lista per rendersi conto dell'importanza di questa "short list". Tra i vini e gli spiriti ci sono Bordeaux, Bourgogne, Champagne, Chianti, Cognac, Malaga, Marsala, Madeira, Moselle, Porto, Rhin, Rioja e Jerez. Tra gli altri prodotti, ci sono anche asiago, fontina, gorgonzola, grana padano, mortadella Bologna, mozzarella di bufala campana, prosciutto di Parma, il San Daniele, pecorino romano e prosciutto toscano.


tratto da Panorama - agosto 2003
Duelli alcolici: la lite sul tocai
Nel nome del vino
di Damiano Iovino
Un documento del '600 riapre la querelle tra Italia e Ungheria per l'utilizzo dell'etichetta. E presto il caso approderà alla Corte europea di Bruxelles.
"Produciamo vino dal 1520" dice il conte Filippo Formentini. Parla con la stessa naturalezza con cui indossa la Tracht (il vestito mitteleuropeo che portava suo nonno) e passeggia nelle sue terre col falco Peter sul braccio. "Quindi ci battiamo per il nome del nostro Tocai friulano che gli ungheresi non vogliono farci usare" spiega mostrando un documento trovato nel 2001 negli archivi di famiglia. È il patto con cui la sua antenata Aurora portava in dote al conte ungherese Adam Batthyany "vitti di Toccai, 300". Correva l'anno 1632, vent'anni prima che in Ungheria cominciasse la produzione di quel vino che si chiama come la città di Tokaj. Si tratta dello scritto più antico in cui si parla del vino che prende il nome dalla frase slovena "je tukaj", che vuole dire "è di casa". Un foglietto di carta scritto a mano, diventato ormai una bandiera nella disfida del Tocai. Ha meno di 40 anni Formentini, e otto secoli di storia alle spalle. Tradizione e imprenditoria convivono sotto lo stemma di famiglia, tre cinghiali in campo rosso e bianco, che dal 1216 adornano le sale del castello di San Floriano del Collio, sopra Gorizia. Oggi il maniero ospita un albergo, un golf a nove buche, un ristorante e una cantina che produce 300 mila bottiglie l'anno. Attorno, le colline dei massacri della Grande guerra e il verde dei vigneti. Dove i filari di Tocai friulano sono allineati come soldati pronti alla battaglia. La querelle è cominciata nel 1993, quando il governo, guidato da Carlo Azeglio Ciampi nell'Italia squassata da Mani pulite, firmò un accordo in sede comunitaria che riconosceva all'Ungheria il diritto a usare in esclusiva il nome di Tokaj, per quel vino così importante da essere citato nell'inno nazionale. Agli italiani veniva concesso di usarlo solo sino al 31 marzo 2007. Se la decisione passò inosservata per il pubblico, per i produttori di Tocai fu invece un disastro. "Un mercato da 750 miliardi di lire fu messo a rischio" spiega Filippo Formentini. "Qualcuno si è arreso e ha espiantato i vitigni, altri hanno inventato nomi assurdi, altri, furbetti, sognano un risarcimento della Ue". Un conflitto inspiegabile perché si tratta di due vini molto diversi, che per secoli avevano convissuto senza polemiche. Tanto più che il Tocai friulano è un vitigno autoctono della zona di Gorizia, come la Ribolla gialla e la Malvasia, dal quale si produce un bianco secco. Colore giallo paglierino con riflessi verdastri, retrogusto di mandorla, consigliato per antipasti, crostacei, l'ideale per la cucina mitteladriatica. Mentre Tokaj, in Ungheria, è il nome di una località. Il celebre vino ungherese nasce dalla miscela di tre uvaggi, di solito è dolce e liquoroso ed è conosciuto sin dalla fine del '600 come " Il vino dei re, il re dei vini". "Il nostro era buono per il popolo e i signori: cancellare il suo nome sarebbe come togliere la pizza ai napoletani" spiega Formentini, ricordando che sino agli anni 60 il Tocai era roba da osteria. Solo quando produttori come Schioppetto e Felluga cominciarono a imbottigliarlo divenne un vino di qualità, apprezzato in Austria, Germania, Gran Bretagna e Usa.Ma, chissà perché, l'Ungheria nel 1993 ottenne dalla Comunità europea l'esclusiva del nome Tokaj. Il conte non esita a ricordare che "i francesi hanno investito molto sui vitigni in Ungheria" e ad accusarli di "pressioni sulla Ue". Parla anche di un giallo: "Stranamente, il nome Tocai sparisce dall'elenco dei vini italiani per alcuni mesi del 1993, proprio mentre a Bruxelles si esaminava la richiesta ungherese". Quando ricompare, aggiunge, è troppo tardi perché l'accordo è stato firmato. "Un errore del governo, un autogol" secondo il professor Fausto Capelli, direttore del Collegio europeo di Parma e vittorioso legale dei produttori italiani nelle recenti vertenze davanti alla Corte di giustizia europea a tutela di prodotti, come il parmigiano o il prosciutto di Parma. "Nel '93 ci fu molta leggerezza nella lettura degli atti" spiega l'avvocato "anche perché nel 1962 la Cassazione aveva dato ragione ai baroni Economo di Aquileia contro la società di stato ungherese che gli contestava il diritto di usare il nome Tokaj per il loro vino". Che sia scritto con la "c" o con la "k", è un vino che crea sempre discussioni.Ma la scoperta del patto di Aurora ha risvegliato gli animi. Il clamore suscitato in Friuli dalla scoperta è giunto alle orecchie del ministro per le Attività produttive, Antonio Marzano, che è stato il primo a chiedere lumi a Formentini. Che poi è riuscito a convincere il ministro per l'Agricoltura, Gianni Alemanno, a intervenire sulla vicenda con il collega degli Esteri, Franco Frattini. "Stiamo recuperando faticosamente una vicenda cominciata negli anni 90" spiega Alemanno "e il ministero degli Esteri ha riaperto questo tema nella discussione dei patti di adesione dell'Ungheria alla Ue. Ora la Commissione europea è stata impegnata a trovare una soluzione che tuteli ungheresi e italiani". Ma, paradossalmente, proprio il suo ministero è stato chiamato, per il 9 giugno, davanti al Tar del Lazio dalla Regione Friuli-Venezia Giulia e dai produttori di Tocai, assistiti da Capelli, per un decreto del 2002 che recepisce l'accordo del 1993. Il Tar servirà da trampolino per trasmettere gli atti alla Corte di giustizia europea. I giudici di Bruxelles, che valuteranno anche l'atto della baronessa Aurora, riusciranno a trovare prima dei politici una soluzione alla guerra del Tocai?


tratto da Corriere delle Alpi - 25 agosto 2003
Con la fusione tra le cantine Lavis e Cembra nasce in Trentino il terzo polo della viticoltura
TRENTO. E' nato dalla fusione tra le cantine cooperative di Lavis e di Cembra il terzo polo cooperativo della viticoltura trentina, che affianca Cavit e Mezzocorona. La nuova realtà potrà contare su 1.250 soci e altrettanti ettari di vigneto (area produttiva pari al 13% di quella trentina), un fatturato di 44 milioni di euro, 15 mila tonnellate di uva prodotta (75% bianchi e 25% rossi) ed una produzione di 6 milioni di bottiglie di vino che si allarga anche all'area altoatesina grazie alla presenza storica di soci nella zona di Salorno. Il terzo polo della cooperazione trentina nel mondo del vino si caratterizza per il forte radicamento sul territorio ed una produzione vinicola di alta qualità, frutto del lavoro di zonizzazione avviato già da alcuni anni. La cooperativa La-Vis è tra l' altro co-proprietaria con Rinaldi Bologna del marchio Cesarini Sforza (spumanti Charmat e Trento Doc) e con Cembra anche di una zona produttiva di 70 ettari in Toscana, grazie ad una collaborazione con Rocca delle Macie. "I due marchi commerciali (La-Vis e Cembra) resteranno distinti - hanno spiegato i presidente Roberto Giacomoni e Vittorio Gozzer - per sfruttare al meglio le opportunità commerciali". Va letta in questo senso - ha aggiunto il direttore generale Fausto Perathoner - la ristrutturazione di Maso Franch, alle porte di Cembra. Storiche produzioni della nuova società sono lo Chardonnay, il Mueller Thurgau, il Nosiola (unico vino bianco autoctono) e tra i rossi il Sorni e il Pinot Nero.


tratto da Gazzetta del Mezzogiorno - 25 agosto 2003
Da Rionero a Barile e a Venosa, l'annata 2003 promette un prodotto di eccellente qualità
E' partita con il bel tempo la vendemmia del moscato, nel Vulture i produttori non vivono di solo Aglianico
di Angelo La Capra
potenza E' già tempo di vendemmia. La bella e soleggiata estate 2003 ha favorito la maturazione dell'uva e alcuni dei produttori del Vulture sono entrati prontamente in azione partendo con la vendemmia del moscato. Infatti all'ombra dell'antico vulcano non si vive di solo Aglianico.
"Finalmente avremo una vendemmia asciutta, pulita e con uva eccellente - commenta l'enologo del Consorzio dei Viticoltori Associati di Barile, Sergio Paternoster - in quanto le gelate primaverili hanno favorito una sorta di selezione naturale e adesso abbiamo un prodotto veramente valido. La vendemmia di quest'anno è paragonabile a quella del 2001 che fu un annata memorabile. Bisogna anche tener conto che da noi, in un'area di alta collina, gli sbalzi di temperatura dal giorno alla notte permettono alla vite di "vegetare" e irrobustirsi. La vendemmia del moscato durerà una settimana circa e le nuove bottiglie del 2003 dovrebbero essere pronte per Natale. Tra l'altro il Consorzio si è dotato di nuove attrezzature e di nuovi serbatoi per migliorare e incrementare le produzioni".
Non tutti i produttori puntano sul moscato e lo spumante dolce del Vulture resta un prodotto di nicchia, quasi per intenditori. "Con una produzione di 50mila bottiglie l'anno - commenta Paternoster - il nostro mercato non varca di molto i confini regionali, oltre a un quantitativo destinato all'esportazione. Possiamo contare su di una clientela che preferisce il prodotto locale agli spumanti tipo "Asti"".
Scendiamo di altitudine e spostiamoci nel venosino. Qua, tra le colline ai confini con la Puglia, la vendemmia del moscato è già cominciata e c'è chi l'ha già quasi terminata. "Abbiamo seguito l'esempio della Sicilia - commenta il presidente della Cantina di Venosa Teodoro Palermo - vendemmiando di sera. Le nostre persone hanno lavorato dalle prime luci dell'alba, per poi smettere alle 9 del mattino, con il sole alto e un caldo eccessivo, e poter poi riprendere al tramonto.
Per completare la vendemmia sono bastati pochi giorni perchè l'uva non era tantissima, in quanto le gelate di marzo e aprile hanno prodotto qualche danno, ma niente rispetto allo scorso anno. Prevedo comunque che ne verrà fuori un vino di ottima qualità".
La Cantina di Venosa ha investito molte risorse sul suo moscato. Il "Dry Muscat" ha già ricevuto riconoscimenti importanti. "In autunno al nostro spumante - prosegue il presidente - dovrebbe essere assegnato l'Oscar Qualità/Prezzo del Gambero Rosso e probabilmente anche i prestigiosi "tre bicchieri". La nostra produzione attuale si aggira sulle 30mila bottiglie l'anno ma, viste le richieste che ci arrivano dal mercato, credo che dovremo chiedere presto alla Regione l'autorizzazione ad impiantare altri vigneti per il moscato".


tratto da l'Unione Sarda - 25 agosto 2003
Lotzorai. Riscoperte le coltivazioni abbandonate
Scatta il salvataggio dei vitigni in estinzione
Lotzorai In Ogliastra e nel resto dell'isola alcune varietà d'uva non più coltivate per esigenze commerciali rischiano l'estinzione naturale. Portano nomi antichi e assonanze misteriose comeAmbasorgia, Muristellu, Niedda Carta o Cagnulari. Con loro rischia di scomparire anche una parte della storia e della cultura del bere di interi territori. Di alcune varietà, quelle più antiche e meno conosciute, si è persa persino l'anagrafe e la denominazione certa è avvolta nelle nebbie della tradizione orale. Così nelle ultime settimane Luca Capuana, giovane ricercatore dell' Università di Milano, ha percorso in lungo e in largo l'Ogliastra sotto il sole d'agosto "alla ricerca del vitigno perduto". La ricerca riguarda anche altre zone viticole dell'Isola ed è stata commissionata dall'Associazione Nazionale delle Città del Vino alla Facoltà di Agraria dell'Università di Milano. L'obbiettivo e quello di catalogare le specie vitigne ormai in via di estinzione, per studiarne le caratteristiche in rapporto al territorio e salvarle da estinzione certa graziealla creazione di un "vivaio della memoria". Non è un caso che Luca Capuana, una specie di Indiana Jones dei vitigni dimenticati, sia uno stretto collaboratore del professor Attilio Scienza, autorità riconosciuta nel campo della "zonizzazione delle superfici produttive". "L'obbiettivo di questa prima fase della nostra ricerca - spiega Luca Capuana - è quella di censire le varietà a rischio di estinzione. Alla descrizione delle diverse varietà seguirà il prelievo del materiale di propagazione per costituire un campo sperimentale. Ovviamente le fasi successive della ricerca lasciano aperte altre interessanti prospettive per il futuro della viticoltura nelle zone interessate ". Non è detto infatti che con le tecniche moderne o la pratica dell' uvaggio alcune varietà dimenticate non riacquistino importanza sui mercati di nicchia del vino. Come è capitato, caso emblematico, per il vitigno del rosso Piccolit in Veneto. Il vino e la grappa del Piccolit hanno oggi un posto d'onore nell'Olimpo dei vini e quotazioni adeguate. Nel corso della prima fase della sua ricerca Luca Capuana ha potuto contare sulla collaborazione dei tecnici dell' Ersat di Jerzu, del vicesindaco di Seui Ignazio Marci e di Alessandro Mereu, viticoltore di Lotzorai e vicepresidente della Cantina Ogliastra di Tortoli. Proprio a Lotzorai il ricercatore dell'Università di Milano ha effettuato una missione fuori programma "sull'isolotto d' Ogliastra, alla ricerca di un vigneto impiantato nei primi anni del secolo da pescatori di Ponza e ora in gran parte sommerso dai rovi. Anche grazie al recupero dei vitigni scomparsi la viticoltura dell' Ogliastra potrebbe giocare una carta importante per il proprio futuro.Nino Melis


tratto da l'Unione Sarda - 25 agosto 2003
controtendenza
L'uva non è matura Vendemmia ritardata
Cardedu Le temperature tropicali degli ultimi giorni e la siccità allungano i tempi di maturazione dell'uva e rischiano di ritardare quelli della vendemmia. La situazione, paradossale ma solo in apparenza, colpisce in maniera differente i vigneti in asciutto e quelli dotati di impianto d'irrigazione. I tecnici delle quattro cantine dell'Ogliastra sono impegnati in questi giorni nella ricognizione dei filari dove i grappoli dell'uva cannonau hanno già assunto il colore che annuncia la vendemmia. Sergio Loi, enologo e azionista della "Alberto Loi Vitivinicola" di Cardedu invita però alla prudenza. "E' ancora troppo presto - esordisce - per fare previsioni. Se non arriva la pioggia potrebbero diminuire non tanto il grado di zuccherina quanto l'acidità e i profumi. Le irrigazioni di soccorso contrastano solo in parte le temperature tropicali". Con un occhio al cielo e un altro al calendario, fremono anche i viticoltori delle altre Cantine, la Antichi Poderi di Jerzu, la Cantina Ogliastra di Tortolì e la Perda Rubia di Cardedu.
Ni. Me


tratto da il Messaggero - 25 agosto 2003
Più rosso, meno pillole
di GIACOMO A. DENTE
IL BRINDISI è d'obbligo. Ora che gli scienziati della Harvard School di Medicina hanno scoperto che i polifenoli, sostanze contenute nel vino rosso, allungano la vita delle cellule come una dieta ipocalorica, si aprono prospettive più sorridenti per i cultori del buon bicchiere. Addirittura si congeda un po' di quel senso di colpa che accompagna il rito affettuoso dell'apertura di una bottiglia. Meno male. Oltre tutto perché i risultati della ricerca forniscono un'informazione precisa: un'assunzione moderata di vino rosso non è solo un piacere, ma anche una prassi che giova alla salute e allunga la vita. Bacco sorride. Il massimo della gioia di Epicuro a portata di mano. Ciascuno, secondo la propria inclinazione, può allargare cioè lo scaffale della farmacia di casa a una bottiglia di Barolo, piuttosto che di Brunello. Il segreto è tutto nella formula che accompagnava insieme al "conosci te stesso" i fedeli di Apollo nel santuario di Delo: "Senza eccessi". Vogliamo mettere però le profondità di emozione che può regalare un bicchiere, uno solo, di Bordeaux rispetto a una pillola, una bustina, o diosasolocosaltro di integratore dietetico? Per i gourmet, senza dubbio, la risposta non ammette equivoci. Come il protagonista de Il ferroviere di Pietro Germi che sollevava apodittico il calice nella modesta cucina di famiglia con un "Uva!", che era esclamazione e preghiera laica di una fede con poche, ma solide, certezze. Al vocabolario del quotidiano si aggiungono nuove parole difficili, ma ben vengano i polifenoli e quant'altro, se come in un'allegoria della vendemmia accompagnano festanti il carro di Dioniso. L'importanza della scoperta rivaluta l'attualità della contrapposizione tra piacere nella moderazione e trasgressione nell'eccesso. Non per caso il Platina, autore di uno dei più celebri ricettari del XVI secolo, intitolava la sua opera all'"honesta voluptas". Ruota tutto intorno a questo punto l'uso sociale e culturale dell'indicazione dei ricercatori americani. Vino rosso, un bicchiere. Alla larga dai riti di morte degli alcolisti del sabato sera. E alla larga anche dalla fruizione cupa dell'osteria, come luogo dell'eccesso. Molto più interessante la cultura del wine bar. Un bicchiere scelto con amore, con saggezza, per affacciarsi su un universo di cultura e di sapori. Basta, per dilatare l'anima e la testa. Per giunta, a quanto pare, anche ad assumere in maniera piacevole principi utili alla nostra salute. Nessuna indulgenza, né simpatia, per la cultura dello sballo. Non parla di quell'uso del vino lo studio americano. Per contro, sul versante dell'uso virtuoso della bevanda, ci si può divertire ad improvvisare una "farmacia" casalinga dove, tra gli integratori convenzionali, non potranno non figurare i nostri buoni rossi. Allungarsi la vita con la Barbera, col Chianti, col Nero d'Avola, il Sangiovese, il Merlot, il Cesanese del Piglio, difficile non felicitarsi con la scoperta americana. Davvero, tutto il potere alla fantasia. Si pareggia un poco, in questo modo, la partita con il grande nemico ideologico, l'acqua, a sua volta ampiamente esaltata dalla letteratura medica. Ma i gourmet, notoriamente faziosi, preferiscono ricordare il sofisticato scrittore latino Lucio Apuleio: "Nella città di Tisbe vivono genti orribili e dedite a pratiche contro natura. Costoro aborriscono il vino".


tratto da il Resto del Carlino - 23 agosto 2003
Vecchio buon vino, "ubriacato" da soldi e cantori
raspelli@tin.it
Franco Tommaso Marchi, fondatore e principe dei sommelier italiani, alzava il bicchiere d'assaggio; lo traguardava con i suoi occhi acuti; faceva roteare brevemente semplicemente naturalmente le due dita di vino; lo annusava; lo sorseggiava e ne parlava. Era il linguaggio della semplicità, della chiarezza: un linguaggio come quello che mi avevano insegnato di riportare sulle colonne del mio Corriere d'Informazione, Giovanni Raimondi, Franco Damerini, Cesare Lanza, Mario Perazzi: parlare e scrivere semplice. L'arte del sommelier "Se scrivi facile ti fai capire dal prefetto e dalla sua cameriera. Se scrivi difficile ti comprende solo il prefetto: secondo te, è meglio essere letti da due persone o da una persona sola?". Marchi mi istruiva sul vino come i miei maestri di giornalismo. Era il 1975: in quell'appartamentone milanese di via Cesare Correnti 1, al Carrobbio, sede dell'Associazione Italiana Sommelier, diretta dagli eroi e dai pionieri disinteressati dell'enologia italiana, il linguaggio era fatto di chiarezza: equilibrio, morbidezza, la conservabilità di un vino, la tannicità che legava la bocca, freschezza, secchezza, amabilità... Il sommelier non era un guru ma un cameriere specializzato che conosceva le bottiglie della sua cantina, che sapeva consigliarle al cliente, che ne valutava i pregi ed i prezzi e che, soprattutto, aveva come scopo, in quella categoria di mercato, di far bere bene, al meglio, in particolare accostando quel vino, quelle bottiglie a quei dati piatti... Era la filosofia che avrebbe conquistato il pubblico. Così, come Franco Tommaso Marchi, come Franco Colombani (l'indimenticato oste del Sole di Maleo), come Gianluigi Morini del San Domenico di Imola, parlavano i loro allievi: Itala Brovelli del Sole di Ranco, Ezio Santin dell'Antica Osteria del Ponte, il sommo Giuseppe Vaccarini, neo campione mondiale dei sommelier,Beppe Biggica, del Berti di Milano, Giorgio Pinchiorri dell'Enoteca di Firenze... Negli Anni Settanta i sommelier italiani andavano in California a vedere la curiosità di quei pazzi di americani che volevano fabbricare il vino.La Francia portava negli USA i grandi Chateaux, i sommi Champagne, noi ci gloriavamo dei milioni di ettolitri di Lambrusco delle Cantine Riunite... I fischi di Chianti dal lunghissimo collo vitreo e folcloristico occhieggiavano nei ristoranti di Little Italy, alla fioca luce del lumino acceso davanti al quadretto della Madonna con Gesù. Il vino era in cima ai miei pensieri gastronomici. Alla Certosa di Pavia, accanto a sommi "anziani" come Riccardo Riccardi e Piero Bolfo,promuovevo e bocciavo i vini lombardi dell'Enoteca Regionale; ad Alghero o Castrocaro Terme approvavo o respingevo gli aspiranti nuovi sommelier. Poi, il boom e la crisi. Già mi sorprendeva il fatto che nelle commissioni d'assaggio venissero eliminati i punteggi estremi dati a quel dato vino: si ammetteva, esplicitamente, che quella data bottiglia per un esperto potesse essere meravigliosa e per un altro, altrettanto esperto, una schifezza. La critica è soggettiva, certo, ma se Gualtiero Marchesi a me, a Marco Gatti ed al tavolo a fianco, il 19 giugno 1999, la notte del mio 50° compleanno, dà un pesce grigio e che puzza, c'è poco da essere soggettivi... Insomma, mi sono scostato dal vino, anche perchè diventava un affare economico, un business sempre più pesante:giornalisti che giudicano i vini e che ne accettano la pubblicità a pagamento sulle loro riviste o sulle loro guide;pubblicisti libertari che inneggiano all'impiego del legno per l'invecchiamento dei vini bianchi e che poi fanno sì che le loro compagne vendano, allo stesso recapito telefonico, le medesime botticelle... Il linguaggio, poi, si è involuto fino a diventare ridicolo, incomprensibile, aristocratico fino ad essere capito solo da chi scriveva. Veronelli, parlando di una riserva di champagne Krug, vi trovava dello sperma, non tanto l'odore quanto, addirittura, il sapore... Il marchesino de Gresy, produttore di Langa, davanti ad un pezzo sull'Espresso scritto del pubblicista bergamasco, ne era molto contento "anche se non ho capito niente" mi disse. Chiarezza e folklore Oggi, contemporaneamente al boom qualitativo della produzione vinicola di casa nostra, contemporaneamente alla crescita dell'interesse della gente, è caduta a precipizio la validità della comunicazione, più esattamente il suo linguaggio. Certo, non condivido il populismo critico di un Antonio Albanese:non tutto è folclore, non tutti i linguaggi sono terrificanti, ma certo la chiarezza di un tempo è solo un ricordo. Ce lo rammenta tutti i mesi una rivista divulgativa come Il Mio Vino che dedica una bellissima rubrica, "Il carciofino", allo stupidario dell'enocritica (e nel tritacarne finisce, ogni tanto, anche lo stesso giornale).


tratto da il Messaggero - 20 agosto 2003
AMMETO DI MARSCIANO
Vino e turismo, così la festa diventa un paradiso per sommelier
di LUIGI FOGLIETTI
TODI - Nel Parco di Ammeto di Marsciano, tutte le sere dalle 19 in poi, fino al 24 agosto nell'ambito della 8^ edizione della "Sagra dei primi Piatti", sarà possibile degustare alcuni tra i migliori vini d'Italia. L'iniziativa della degustazione, presa dall'Associazione Amici della Vite di Marsciano e patrocinata dall'AIS, l'Associazione italiana Sommeliers sezione Umbria, tende a divulgare la cultura del vino di qualità anche grazie ad una Enoteca permanente che resterà aperta per tutto il periodo della Sagra. La passione del bere bene ha preso questo gruppo di Marsciano, tra cui Sesto Giannoni e Alfredo Brustenghi, che si ritrova per gustare vino unito a cibo secondo le buone regole impartite con autorevolezza e competenza professionale dell'AIS che, proprio a Marsciano, ha una delle sedi dei suoi corsi professionali. E così Amarone, Brunello di Montalcino, Morellino di Scansano, Primitivo di Manduria, Tocai Friulano, Vermentino, Traminer Aromatico, Rosso di Montefalco, Rosso di Bolgheri, Prosecco Valdobbiadene, Sagrantino non avranno più segreti per quanti saranno ad Ammeto per la Sagra. Una rassegna di primi piatti oramai accreditata per la qualità e genuinità che si sposa egregiamente con la qualità del vino, accoppiamenti dovuti anche alla competenza e ai consigli del Sommelier tuderte Luca Rosati, grande intenditore, referente dell'AIS per Todi e Marsciano. Il turismo legato all'enogastronomia, soprattrutto al vino, sta diventando sempre più importante e anche questo segnale che arriva da Marsciano dimostra l'attenzione per la nuova formula che ha sicuramente un grande futuro, vista anche la qualità della proposta vitivinicola che arriva dall'Umbria nel suo insieme.


tratto da la Nazione - 19 agosto 2003
Il Chianti Classico è entrato a far parte della lista dei prodotti agricoli del registro Wto
Il Chianti Classico è entrato a far parte della lista dei prodotti agricoli a denominazione di origine protetta che saranno inseriti nel registro che "nascerà" nella prossima conferenza del Wto. A meno di un mese dal quinto vertice della Wto (l'Organizzazione mondiale del commercio) che si terrà a Cancun.
Ed è una lista che premia anche il vino prodotto nelle colline del Chianti Classico. A dare l'annuncio è stato il ministro dell'Agricoltura, Gianni Alemanno, cheha assicurato che dell'elenco faranno parte alimenti e vini italiani famosi e apprezzati in tutto il mondo e che rappresentano il simbolo della qualità e dell'unicità del "made in Italy".
Il vino toscano si aggiunge ai nomi degli altri prodotti dop come il Parmigiano Reggiano, il prosciutto di Parma e il Gorgonzola.
A questa "banda dei quattro" sono stati poi aggiunti i prodotti che fanno parte di una lista resa pubblica in questi giorni.
Tra questi si trova anche il prosciutto Toscano a dimostrazione di come l'agroalimentare di qualità sia per la Toscana un vero e proprio elemento trainante dell'economia. Il riconoscimento per il Chianti Classico arriva dopo che il "rosso" ha scelto di diventare internazionale e di togliere, a partire dal 2006, le uve bianche, Malvasia e Trebbiano, dal blend di produzione come invece stabiliva la "ricetta" di Ricasoli.


tratto da Alto Adige - 19 agosto 2003
I segreti dell'agricoltura biologica
A Laimburg e al Navesel gli incontri con gli esperti: si parte domani
TRENTO. I centri sperimentali di San Michele e di Laimburg stanno per "svelare" i risultati dei loro studi e progetti nel campo della frutticoltura e agricoltura biologica. Il primo appuntamento sarà a Laimburg, domani con inizio alle ore 13, mentre dopodomani toccherà all'Istituto agrario nello splendido scenario dell'azienda sperimentale "Navesel" di Rovereto, con inizio alle ore 9.15. In questo secondo caso, la presentazione sarà a cura dell'Unità operativa Difesa delle colture dell'Istituto agrario di San Michele all'Adige.
Ma vediamo nel dettaglio gli argomenti che saranno trattati, iniziando dall'appuntamento di domani a Laimburg, al Centro Sperimentale situato nei pressi di Ora.
Controllo funghi: Ticchiolatura. Provvedimenti sanitari per la riduzione del potenziale di infezione. Resistenza al dilavamento di diverse formulazioni di prodotti rameici. Ulteriori prove sperimentali. Oidio. Verifica dell'efficacia di diversi fungicidi nel contenimento dell'oidio.
Diradamento: Diradamento con sali minerali e borlande a confronto con il polisolfuro di calcio. Presa in esame di diversi prodotti per il miglioramento dell'allegagione. Provvedimenti per rafforzare la cascola di giugno dei frutticini. Controllo insetti: Afide lanigero: prove con l'olio di Neem. Afide cenerognolo: confronto tra diverse formulazioni a base di olio di Neem. Minatrici: utilizzo di diversi prodotti per il contenimento delle minatrici. Progetto Ryania: riassunto dei tre anni di attività sperimentale. Alla fine dell'incontro, ci sarà la presentazione di nuove macchine per la lavorazione del terreno lungo il filare.
Ecco invece il programma della seconda giornata, quella prevista al Navesel di Rovereto per dopodomani e dedicata in particolare alla viticoltura a partire dalle ore 9.15.
Esperienze sulla evoluzione di peronospora nel corso della stagione. Esperienze sulla lotta a Scaphoideus titanus in viticoltura biologica e aggiornamento sulla confusione sessuale nel 2003 in Trentino.
Situazione normativa e utilizzo di prodotti alternativi per la viticoltura biologica con riferimento alla realtà svizzera e francese (a cura di Alessandro Natali - Segetis).
Illustrazione delle prove condotte presso il vigneto biologico dell'azienda Sperimentale di Navicello (visita). Al termine delle visite sarà organizzato un breve assaggio di vini e prodotti biologici offerti da Atabio (Associazione Trentina Agricoltura Biologica).


tratto da Corriere della Sera - 19 agosto 2003
Filari illuminati dalla luce dei trattori. Gli agricoltori: così è più facile lavorare
Oltrepò, vendemmia di notte per "salvare" l'uva dal caldo
Grappoli a rischio per le temperature elevate. La raccolta scatta alle 22
di Giuseppe Spatola
PAVIA - Eccezionale, qualitativamente superiore. Sarà un'annata da incorniciare per i viticoltori lombardi, costretti dai mesi di siccità e caldo torrido ad anticipare la vendemmia. E a raccogliere l'uva sotto le stelle, dalle dieci di sera fino all'alba. Le temperature alte hanno convinto i viticoltori dell'Oltrepò a ricorrere alla vendemmia notturna per salvare la qualità degli acini e mantenere costante il livello di acidità che, una volta iniziato il processo di vinificazione, darà i gradi alcolici al vino in bottiglia. A Montalto Pavese, nella storica azienda Doria, ogni sera una decina di trattori illuminano a giorno i vigneti in modo da consentire agli operai di raccogliere l'uva. "Il caldo torrido ha cambiato le nostre abitudini - sottolinea Daniele Manini, agronomo e enologo dell'azienda pavese -. Per salvare l'uva abbiamo deciso di vendemmiare dopo il tramonto. Una scelta che ha dato benefici anche a chi è impegnato nella raccolta, persone che altrimenti sarebbero costretti a lavorare con temperature di 40 gradi". Stessa filosofia anche alla tenuta Il Bosco, l'azienda pavese affiliata al gruppo Zonin che con i suoi 150 ettari di vigneto è la più grande della Lombardia. "Negli ultimi anni - sottolinea Piernicola Olmo, direttore dell'azienda - abbiamo meccanizzato la maggior parte delle operazioni di vendemmia. Quest'anno utilizzeremo una particolare macchina che ci consentirà la raccolta notturna: da sola riesce a fare il lavoro di circa cento vendemmiatori". Anche in Franciacorta si è dovuto ricorrere allo stesso stratagemma. "La scelta di vendemmiare di notte è stata obbligata - spiega Franco Metelli, titolare dell'azienda Boschi -. Era impensabile far lavorare i nostri operai con 40 gradi all'ombra. A dire il vero la nostra azienda, che produce il Metellus, da oltre 15 anni cerca di puntare su vini di grande qualità seguendo l'esempio del francese Petrus. Oltralpe vendemmiano di notte, prima che si formi la rugiada sugli acini. Questa tecnica permette di mantenere intatta l'acidità dell'uva e impedisce che inizi la fermentazione nelle casse di raccolta prima di arrivare in cantina". Adesso tutti i produttori lombardi sono concordi nel dire che sarà un anno d'oro per il vino. "E' stata una stagione atipica per l'eccezionale ondata di caldo - puntualizza Giovanni Desigis, presidente dell'Unione Agricoltori di Pavia -. Comunque, malgrado si preveda una perdita di produzione anche del 30-40 per cento rispetto allo scorso anno, la qualità delle uve è superiore a ogni aspettativa".


tratto da il Secolo XIX - 19 agosto 2003
E il Dolcetto punta tutto sul riconoscimento docg
OVADA. I viticoltori locali insistono con richieste specifiche
di Bruno Mattana
Ovada Per il Dolcetto d'Ovada è giunto il momento di puntare alla docg, la denominazione d'origine controllata e garantita. Cosìè stata presentata la richiesta ufficiale. Un riconoscimento ulteriore che permetterà al nobile vino nostrano di diventare più blasonato e essere alla pari, con tutti i conseguenti vantaggi, con il Brachetto d'Acqui e il Gavi. Sarà anche l'Enoteca regionale di Ovada, di prossima realizzazione, a dare la spinta decisiva per arrivare al traguardo". Burnengo, architetto milanese ma di origini ovadesi, al Dolcetto crede e così ha "sposato" la vitivinicoltura d'eccellenza. Sulla collina di Ovada ha trasferito, in un'azienda agricola modello, la sua nuova attività, quella di viticoltore. "Tutti dobbiamo capire - insiste Burnengo - che in queste zone agricole si deve punture e vendere unicamente, o in modo preminente, vino, anche se nel territorio un unico prodotto non basta".
"L'unica cosa che ancora manca nel nostro territorio - denuncia il vice presidente - è un'adeguata ricettività alberghiera. Anche perché la vocazione turistica della nostra zona è ancora giovane". Il diffondersi di Bed and Breakfast, anche di notevole qualità (recentemente quando Julia Roberts soggiornò in una struttura ricettiva di questo tipo), è un contributo importante però bisogna far nascere strutture più grandi. Al riguardo c'è l'ipotesi di un grande albergo nei pressi del casello autostradale. Ma per ora solo voci anche se pare che un gruppo imprenditoriale sia propenso a realizzarlo.Il Dolcetto d'Ovada, in ogni modo, sta anche recuperando vigneti storici e centenari per rilanciarli attraverso un'iniziativa mirata del Consorzio di Tutela del Dolcetto d'Ovada e del Centro Vitivinicolo Sperimentale Regionale "Tenuta Cannona", che vuole fregiarsi della Docg. L'importante riconoscimento è particolarmente atteso anche perchéil primo vitigno si dice sia giunto nell'Ovadese da molto lontano grazie a San Colombano il monaco che, in epoca remota fondò Belforte. Come segno tangibile per un prosperoso futuro, sembra che il Santo, dopo aver costruito una chiesetta attorno alla quale dovevano sorgere le prime case, abbia piantato questo speciale vitigno che si adattò magnificamente alla nuova dimora.


tratto da Adnkronos - 19 agosto 2003
Latte: è italiano? Da domani basterà leggere l'etichetta
COLDIRETTI, 8 ITALIANI SU 10 VOGLIONO INDICAZIONE PROVENIENZA
Roma 19 ago- Da domani per sapere se il latte e' italiano bastera' leggere l'etichetta. Fino a oggi infatti quello che si trovava sulla classica busta di tetrapak era il luogo di confezionamento del prodotto, e non quello d'origine. Con l'entrata in vigore dei due decreti dei ministeri delle Politiche agricole, delle Attivita' produttive e della Salute, invece, i consumatori troveranno in etichetta la provincia di origine, la regione o 'Italia', per il latte prodotto nella Penisola; il singolo paese di provenienza o piu' genericamente 'Ue' per quello prodotto all'interno dell'Unione europea; o, ancora, l'indicazione 'Mondo' per quello che proviene, in tutto o in parte, da nazioni extra Ue.
(Mig/Pe/Adnkronos)


tratto da il Giornale di Brescia - agosto 2003
Farina di neccio: il pane dei poveri è diventato un prodotto Dop
di GIANMICHELE PORTIERI
Mai assaggiata la polenta di farina di castagne? Da noi la farina di castagne ha la sua sorte segnata nella preparazione del castagnaccio, noto da noi, ma anche in Toscana, come pattona. In Toscana viceversa si è conservata, sul filo della nostalgia, l'abitudine a preparare la polenta con farina di castagne accompagnandola con sapori forti come quello dello stinco di maiale, o più soavemente con la ricotta. Perché parliamo di castagne in una stagione in cui i ricci sono ancora verdi e le piccole castagne sono ben lungi dall'essere commestibili? Perché arriva la tutela comunitaria per la Farina di Neccio della Garfagnana a denominazione d'origine protetta (DOP) che si aggiunge alle 123 specialità alimentari italiane che hanno già avuto l'ambito riconoscimento dell'Unione Europea. È stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità Europee la domanda dì riconoscimento e, se non verranno sollevate obiezioni entro i prossimi sei mesi, si procederà alla sua iscrizione nell'Albo delle denominazioni di origine dell'Unione Europea. La farina di neccio è la farina di castagne di quelle valli. La farina di neccio, attualmente destinata quasi esclusivamente alla produzione di dolci, ha rappresentato nel corso di molti secoli uno degli alimenti base per il sostentamento delle popolazioni rurali della Garfagnana. Tra le ricette tipiche troviamo la polenta di farina di neccio, i manafregoli (farina di neccio cotta con il latte), il castagnaccio (ottenuto con farina di neccio, olio, noci e pinoli) per concludere con quello che potremmo definire il pane della Garfagnana che prende il nome di "neccio", prodotto con farina, acqua e sale e cotto su ferri da cialde. L'antichissima specialità povera si accompagna a meraviglia con ricotta e formaggi freschi. La zona geografica interessata alla produzione di farina di neccio della Garfagnana, comprende una ventina di Comuni della provincia di Lucca individuati nel disciplinare. La farina di neccio della Garfagnana Dop si ottiene dall'essiccazione delle castagne in tradizionali strutture denominate metati mediante fuoco lento e con l'utilizzo esclusivo di legna di castagno. Dopo un periodo di essiccazione, non inferiore a 40 giorni, le castagne (noi a questo punto le chiameremmo biline) vengono sbucciate, con le tradizionali macchine a battitori, ventilate e ripassate a mano per levare le pellicine disseccate che fossero rimaste. I mulini provvedono alla trasformazione delle castagne secche in "farina di neccio" mediante macine di pietra. A questo punto il disciplinare che tutela il prodotto pone i suoi paletti.Ogni anno la nuova "farina di neccio della Garfagnana", può essere commercializzata soltanto dopo il primo giorno di dicembre. I sacchetti di farina devono essere chiusi e sigillati, in modo tale da impedire che il contenuto possa essere estratto senza la rottura del sigillo. II sigillo è costituito da una etichetta inamovibile che deve riportare l'indicazione "Farina di Neccio della Garfagnana". I contadini della Garfagnana, mai si sarebbero immaginati tante cure per il più povero dei loro "piatti unici".


tratto da l'Unione Sarda - agosto 2003
enogastronomia
In Italia sei milioni di "turisti del vino". Toscana e Piemonte le mete preferite
Bologna. Nel mercato del vino è ormai una realtà consistente quella dei "wine trainer", gli "enoappassionati" stimati in oltre 6 milioni, che stanno diventando un anomalo ma importante canale distributivo alternativo che vale circa un sesto del mercato italiano e si affianca a enoteche, grande distribuzione, ristorazione. La stima è dell'Osservatorio permanente del salone del Vino, curato dal Centro Studi Promotor di Bologna. L'enoappassionato è in prevalenza maschio, ha un'età da 30 anni in su, reddito e livello di istruzione medio-alto, vive nelle regioni del centro-nord. È comunque in forte ascesa l' interesse per il vino da parte delle donne, che in molti casi determinano gli stili di consumo della coppia. Il "wine trainer" dedica metà del tempo libero alla ricerca di cantine e luoghi tipici e fa il "turista del vino" quasi sempre individualmente. È lieto di ricevere vino in regalo e si affida a etichette prestigiose se deve fare un regalo importante. Sceglie bottiglie diverse a seconda delle occasioni: champagne per le serate in allegria, rossi importanti per gli incontri decisivi, bianchi fruttati per l'estate, rossi di medio corpo per il consumo quotidiano. Predilige i vini italiani e concentra l'attenzione su Toscana, Piemonte, Veneto, ma sceglie anche i bianchi di Friuli, Alto Adige e Trentino. Nella propria cantina ha almeno una decina di etichette di pregio e, pur dichiarandosi bevitore abituale, non supera i due bicchieri a pasto.


tratto da il Resto del Carlino - agosto 2003
La mortadella nell'Olimpo degli inimitabili
BOLOGNA - Se non ci saranno colpi di mano dell'ultima ora, stamattina a Ginevra il "Comitato 133", delegato alla tutela dei prodotti dell'Unione europea, darà il suo primo ok all'inserimento della mortadella Bologna nell'elenco dei tredici prodotti italiani che nessuno al mondo potrà più contraffare o colpire con concorrenza sleale. La notizia è stata diffusa ieri pomeriggio da Adolfo Urso, viceministro alle attività produttive con delega al commercio con l'estero. "E' un risultato molto importante - ha spiegato Urso - perché fino a poche ore fa, vista la grande concorrenza degli altri Paesi europei impegnati nella sponsorizzazione dei loro prodotti, non avevamo la certezza di riuscire ad inserire la mortadella Bologna nel ristretto elenco dei nostri prodotti da tutelare. Se la lista presentata a Ginevra otterrà il primo necessario imprimatur, dal 9 al 14 settembre a Cancun, in Messico, affronteremo il secondo e fondamentale atto della procedura". "Mi sono battuto - ha aggiunto il viceministro - per far sì che accanto al prosciutto di Parma, al San Daniele, al salame toscano, al parmigiano reggiano, e agli altri prodotti doc delle nostre terre comparisse anche la mortadella Bologna prodotto ricco di tradizione e di peculiarità che meritano di essere tutelate in ogni modo. Alla fine dell'iter nessuno potrà farla e venderla nel mondo chiamandola con questo nome: sarà un vantaggio per chi la produce ma soprattutto per chi la consuma visto che le contraffazioni di prodotti così rinomati e conosciuti sono all'ordine del giorno". Accennavamo alla concorrenza degli altri Paesi europei. Il caso più eclatante è quello della Grecia che si batte da anni per inserire nell'elenco le sue olive nere e la feta, il formaggio salato che trova estimatori ovunque. "L'attuale lista - ha concluso Adolfo Urso - contiene trentacinque prodotti, tredici dei quali italiani. Per inserire anche la mortadella Bologna occorrerà innalzare il tetto a trentotto. Ripeto, non è stato facile raggiungere questo risultato. La prima stesura non comprendeva la mortadella Bologna ma il grande lavoro fatto anche in collaborazione con altri colleghi, tra cui il parlamentare di An e consigliere comunale di Bologna Enzo Raisi, ha infranto le ultime resistenze e poche ore fa da Ginevra è giunta la tanto attesa notizia. Non è finita certamente qui perché i prodotti italiani da tutelare nel mondo sono anche altri. Ci arriveremo".


tratto da la Provincia Pavese - agosto 2003
Elena Mercandelli, donna del vino
Gestisce l'azienda Cabanon "inventata" con il padre
A Godiasco sperimenta uvaggi segretissimi ma sempre biologici
di Carlo E. Gariboldi
GODIASCO. Sono molte, ormai, le aziende vinicole gestite da donne, anche nell'Oltrepo pavese. E' diventata quasi una moda. Ma nella maggior parte le donne del vino sono poco più che l'immagine gentile e dolce di un lavoro che spesso è anche duro.
Il caso di Elena Mercandelli fa eccezione. Cresciuta enologicamente all'ombra e poi in osmosi con il padre, l'erede del fondatore dell'azienda vinicola Cabanon è l'enologa, ma ormai anche l'agronoma, il braccio e mente dei quaranta ettari di campagna che fruttano 200 mila bottiglie l'anno.
I Mercandelli poco più di cento anni fa erano proprietari di un'osteria in centro a Godiasco. Per rifornire il locale di vino genuino, come si usava una volta, il bisnonno di Elena, si era comprato un campo sul miglior versante della bassa valle Staffora.
Da quel vigneto, pertica dopo pertica, Giovanni Mercandelli ha costruito la sua azienda che è nelle preziose mani della figlia prediletta. "Più di vent'anni fa io e papà abbiamo iniziato dal niente. Avevamo qualche damigiana e un'imbottigliatrice con quattro beccucci, quelle che oggi vendono anche all'Iper. Passo dopo passo abbiamo costruito tutto questo. Mi ha mandato a studiare e a fare pratica in francia, a Bordeaux", racconta la giovane produttrice.
Elena è una donna timida, con un grande sorriso che ogni tanto si spegne sul volto dominato da due grandi occhi. Quando degusta un vino non lo presenta con il colorito linguaggio dei somellier, ma ne fa l'analisi chimica, come se stesse nel suo laboratorio dove da anni annota tutto - ma proprio tutto - quello che concerne le analisi su piccoli quaderni da scuola elementare.
La morte del papà, un autentico ciclone di idee e di dinamismo enologico, ha lasciato un grande vuoto nella casa che domina i vigneti. Ma la tradizione va avanti. "Mio papà pensava al futuro, infatti vent'anni fa noi abbiamo iniziato a realizzare quello che gli altri fanno adesso - dice Elena -. Il Cabernet Sauvignon? Ci dicevano che eravamo matti. Il Shiraz? Lo stesso".
A Elena chiedete tutto, ma non gli ingredienti dei suoi vini. Gli uvaggi sono un segreto custodito gelosamente. "La tipicità? Cosa vuole dire? Per noi tipicità significa qualità - incalza Elena -. Ci impediscono di fare la Bonarda riserva. Questo significa curare la tipicità? Noi produciamo vini biologici da anni. Nelle nostre vigne si produce poco, ma tutta l'uva, che è la base dei nostri vini, è ottima. Lo scorso anno il Riesling non era buono e noi non ne abbiamo prodotto nemmeno una bottiglia. Non usiamo la chimica, ma lavoriamo meccanicamente in mezzo al vigneto e lo trattiamo con i prodotti naturali, con i minerali: quindi solo verde rame e zolfo".
Sulle etichette campeggia la scritta Bionaturale: "L'abbiamo brevettato noi - spiega Elena con a fianco il marito Giovanni Tinteri, un italo-canadese poliglotta che da qualche mese ha lasciato il lavoro a Bruxelles per dare una mano alla moglie - è questa la nostra filosofia: sempre nel solco tracciato da mio padre".
Come si legge sulle cassette dei vini: "Prodotti a Godiasco, dai Mercandelli".

CUOREDIVINO
«Ma il vino può fare anche bene»
GODIASCO. "Il vino fa bene" ora è uno slogan un po' trito e ritrito, ma all'inizio degli anni fa non era così. "Mio padre sapeva che in Francia avevano fatto studi approfonditi dai quali era emerso che vinificando facendo macerare con l'uva i tralci apicali era possibile estrarre più tannino, con effetti benefici per la salute". Insomma, spiega Elena Mercandelli, si produceva un vino con caratteristiche migliori. Così è nato il Vino cuore, poi ribattezzato Cuoredivino, un taglio bordolese (Merlot-Cabernet Sauvignon) con una base di Bonarda.
"E' il nostro prodotto che trova migliore riscontro tra i clienti, sia in Italia, sia all'estero - dicono all'azienda Cabanon, a Godiasco - conosciuto come quello della Botte numero 18. Anche in quel caso non potevamo considerarlo un vino a denominazione d'origine controllata e questa è una delle contraddizioni del nostro sistema. Il nostro vino, curato metro per metro in campagna e poi in cantina, in molti casi deve essere considerato un "semplice" vino da tavola".


tratto da Corriere Romagna - agosto 2003
Albana, il pioniere della Docg
CESENATICO - La vendemmia, a causa della siccità, si avvicina e per alcuni vitigni è già iniziata con un buon anticipo rispetto ad un'annata normale. Fra i vini tipici della Romagna vanno annoverati l'Albana e il Sangiovese. Prendendo in considerazione l'Albana, forse non tutti sanno che l'Albana di Romagna è stato il primo bianco a ottenere la Docg, attribuitagli nel 1987. Questo vino, che si presenta nelle varianti Secco, Amabile, Dolce e Passito, è prodotto con le uve dell'omonimo vitigno, coltivato da Bologna fin quasi al mare. L'Albana di Romagna Secco, il cui periodo ideale di consumo è entro due anni dalla vendemmia, va servito a una temperatura di 10-12°C in calici per vini bianchi di corpo. Si abbina bene a piatti a base di pesce e frutti di mare, ma anche a frittate alle erbe, lumache e formaggi giovani a pasta molle.Le varietà Amabile, Dolce e Passito vanno invece consumate a fine pasto, con la frutta e il dessert, servite in calici piccoli. Un abbinamento particolarmente indicato è quello dell'Albana di Romagna Passito con la ciambella, la classica torta con il buco, appena indurita.Per una corretta conservazione dell'Albana di Romagna, le bottiglie devono essere mantenute in posizione orizzontale in scaffalature di legno, o di altro materiale resistente agli urti e alle vibrazioni, e lontano da fonti di luce. Il locale in cui conservare questo vino deve avere una temperatura costante tra i 10 e i 15°C e un'umidità intorno al 70-75%.La vinificazione dell'Albana di Romagna Docg Secco è tecnicamente delicata, perché, come tutti i bianchi, anche questo può essere soggetto ad alterazioni microbiche e fermentazioni anomale. Si ottiene facendo avvenire la fermentazione del mosto fuori dal contatto delle bucce, che potrebbero comprometterne il colore del vino.L'uva utilizzata per la produzione della versione Passito deve invece aver raggiunto un leggero appassimento. La diraspatura fa sì che l'uva appassita sia in grado di assorbire sensibili quantità di alcol. Si procede poi a una leggera pigiatura e alla fermentazione, che si ferma naturalmente. Seguono la stabilizzazione, l'imbottigliamento e un invecchiamento obbligatorio di sei mesi.
c.r.


tratto da Corriere della Sera - agosto 2003
L'eccezionale caldo ha fatto maturare gli acini e acceso una disputa tra innovatori e tradizionalisti
Uva d'agosto, sfida ai Castelli
A Lanuvio si parte tra una settimana, ma a Frascati niente vendemmia anticipata
di Piera Lombardi
Giurano che non è un'eresia, solo il modo di assecondare il clima ed eseguire la volontà della vigna. Volentieri i produttori del Colli Lanuvino doc quest'anno giocano d'anticipo: a Lanuvio, Genzano e Nemi, la vendemmia inizia il 25 agosto. Se i Castelli incarnano alle porte di Roma la millenaria civiltà del vino, questa civiltà si presenta scissa; almeno due le anime distinte, forse pure distanti. Per i produttori del Frascati Doc che hanno aziende sparse a Frascati, Monte Porzio, Monte Compatri, Colonna e in parte anche a Roma, non se ne parla: prima di settembre avanzato non iniziano le "danze". Questione di latitudine e clima, pare, ma anche di filosofia della raccolta, concezione del prodotto da distribuire su un mercato che va da Roma fino agli Usa passando per Europa ed Emirati Arabi. "Ebbene sì - annuncia lieto Antonio Posti, direttore del Consorzio Vini Doc Colli Lanuvini che raccoglie 18 aziende e 570 produttori iscritti - noi cominciamo tra qualche giorno: si fa una prima selezione di uve mature e si va avanti fino ad ottobre. Sicuramente le alte temperature ed il fatto che la nostra zona sia rivolta verso il mare hanno fatto sì che le uve siano maturate prima". Ma c'è dell'altro. "Il chicco estremamente "abbronzato" e bruciato dal sole - spiega Posti - come si presenta quando si raccoglie a fine settembre, non va bene perché si brucia anche la parte aromatica. E' preferibile dal punto di vista organolettico un vino a più bassa gradazione alcolica, certo meno zuccherino e corposo, meno vino tradizionale dei Castelli, ma con concentrato acido più alto". Posti assicura che "sarà il trionfo dei profumi: siamo molto ottimisti perché quest'anno, non avendo mai piovuto, l'uva è la migliore in assoluto, ha sia alta percentuale di zuccheri che di acidi". Si prepara dunque una partita all'ultimo chicco tra innovatori e tradizionalisti? "Non è così - sottolinea Umberto Notarnicola, presidente del Consorzio Tutela Frascati Doc che unisce 21 aziende - l'uva va raccolta al tempo giusto, quando è matura. Quest'anno, con tutto il sole che ha preso, avremo una qualità eccezionale. Però conviene aspettare, la qualità si fa anche con un po' di pioggia se verrà. Inizieremo la vendemmia dopo la prima decade di settembre". D'accordo Vincenzo Ciuffa, 24 anni, giovane produttore, titolare dell'azienda "Cerquetta" di Monte Porzio Catone: "Se anticipassimo la raccolta, non sarebbe lo stesso prodotto. Sarebbe un vino "magro" e poco corposo". Altra l'impostazione di Marino Camponeschi, dell'omonima azienda di Lanuvio: "Probabilmente faremo la vendemmia notturna", anticipa. Non è un capriccio: "Serve per contrastare le alte temperature diurne ed evitare una fermentazione precoce dell'uva".


tratto da la Nazione - agosto 2003
Il "Bancarel'vino" protagonista per quattro giorni
MULAZZO - Importante appuntamento quest'oggi per gli amanti del buon vino. A Mulazzo apre infatti i battenti il "Bancarel'Vino", edizione 2003, una full immersion nel mondo vitivinicolo e nella produzione tipica di qualità. Il premio "Bancarel'Vino" viene assegnato ai vini che hanno ottenuto il punteggio più elevato nell'ambito della loro tipologia. Da oggi a lunedì i produttori vitivinicoli sono ospitati con i propri stand nella piazza della Chiesa mentre le aziende gastronomiche espongono la loro produzione nei "fondi" del paese. La cerimonia di aperturà è fissata alle 17.30, mentre alle 18 nella sala del centro studi malaspiniani verrà presentata una delle manifestazioni collaterali, la mostra di dipinti e sculture del maestro Loris Nelson Ricci ispirate alla Divina Commedia. Seguirà una conferenza sul turismo enogastronomico cui parteciperanno Luigi Veronelli, Carlo Cambi e Bruno Gambacorta.


tratto da il Tempo - agosto 2003
Miele, è boom delle strane varietà
DOPO il boom del vino, dell'olio e del cioccolato, è il miele la nuova passione dei gourmet, e tra le diverse qualità prendono piede le più rare, prodotte tra l'altro in Sardegna. Gli apicoltori, che si sono dati appuntamento a Montalcino per la Settimana del Miele, dal 12 al 14 settembre, avvertono i consumatori: quando si acquista il miele occorre scegliere con attenzione, e soprattutto leggere bene l'etichetta. L'invito degli esperti è a privilegiare le confezioni in cui sia riportata l'origine geografica e l'indicazione dell'apicoltore che ha prodotto il miele, evitando i barattoli di cui si nasconda l'origine e la modalità di trasformazione dietro all'equivoca dizione "miscela di mieli". In ogni caso il nuovo trend è quello dei mieli monoflora, ovvero ottenuti dal nettare di una stessa pianta in misura non inferiore al 45%, ricevati da specie rare ed originali: come il miele di corbezzolo, uno dei più prelibati e costosi, che si produce in Sardegna e a Montalcino, nel Senese, ed è caratterizzato da profumo intenso e sapore amaro e leggermente resinoso; si raccoglie in Sardegna, Calabria e Lazio il miele di eucalipto, di colore ambrato, profumo aromatico e sapore penetrante.


tratto da il Resto del Carlino - agosto 2003
E per le uve bianche è già tempo di vendemmia
ROMA - Sarà una vendemmia anticipata, dalla quale si otterrà un buon vino anche se in quantità contenute. Ma comunque superiori a quelle dello scorso anno.
E' quanto prevede la Coldiretti per la vendemmia 2003 che, per le uve bianche più precoci, in alcune zone, potrebbe partire da questa settimana anche in seguito alla siccità che ha anticipato le fasi di maturazione dei grappoli.
L'assenza di pioggia non ha compromesso i raccolti che potrebbero portare, riferisce la Coldiretti, a una produzione vicina ai 50 milioni di ettolitri (+12% rispetto allo scorso anno), se le precipitazioni dei prossimi giorni serviranno a far ingrandire i grappoli e non si trasformeranno in grandine e nubifragi.


tratto da News Coldiretti - agosto 2003
Siccita': la vendemmia si anticipa con buona qualita' e quantita' contenute
Sarà una vendemmia anticipata dalla quale si otterrà un vino di buona qualità in quantità contenute ma comunque superiori a quelle dello scorso anno quando è stato segnato un minimo storico a 44,6 milioni di ettolitri. E' quanto prevede la Coldiretti per la vendemmia 2003 che, per le uve bianche più precoci, in alcune zone, potrebbe partire da questa settimana anche a seguito della siccità che ha anticipato le fasi di maturazione dei grappoli. L'assenza di pioggia non ha quindi finora compromesso i raccolti che secondo l'Ismea potrebbero portare - riferisce la Coldiretti - ad una produzione vicina ai 50 milioni di ettolitri (+12% rispetto allo scorso anno e sui livelli del 2001 e del 1997) se nei prossimi giorni interverranno le precipitazioni necessarie a fare ingrandire i grappoli e ad evitare i rischi di uno "stress idrico". A determinare definitivamente la qualità del vino sono infatti soprattutto le condizioni mete meteorologiche degli ultimi giorni precedenti la vendemmia che in ogni caso - prosegue la Coldiretti - si prevede anticipata un po' dovunque e in molte Province le Prefetture hanno autorizzato i viticoltori ad iniziare la raccolta già a partire dal primo di agosto. Se in molte Province come Vicenza è stata fissata con decreto la data del primo agosto in alcune province della Lombardia si partirà il 2 agosto, in Franciacorta prima di ferragosto e per lo spumante Trento Doc attorno al 15 di agosto. La situazione si prospetta dunque nettamente migliore rispetto a quella dello scorso anno quando maltempo e grandine hanno distrutto i raccolti e compromesso in parte la qualità e ci sono quindi ancora tutte le condizioni per consumatori e gourmet - sostiene la Coldiretti - per assicurarsi nel prossimo anno vini di pregio compresi tra le 314 DOC, 24 DOCG e 124 IGT di cui si pregia il nostro Paese. In Lombardia è attesa una vendemmia di buona qualità per i vini "doc" milanesi di San Colombano, per quelli pavesi di Franciacorta e Oltrepò e per quelli mantovani dei Colli Morenici. Ancora tutta da giocare in Veneto la partita sul piano meteorologico per l'uva nelle pianura sulle rive del Piave dove si produce il Raboso, un rosso di grande prestigio, mentre nelle colline del mitico spumante Prosecco la situazione è più difficile, ma l'annata vinicola potrebbe essere da ricordare per la qualità veramente speciale. La vendemmia della Vernaccia di Serra Petrona e dei vini Rossi del Piceno e del Conero si annuncia di qualità eccellente, sia pure contenuta. Un'annata parca in quantità, - evidenzia la Coldiretti - ma di rara qualità è quella che, per il caldo persistente, si annuncia per i vini Chianti, Brunello di Montalcino e Morellino. Per l'Umbria i vigneti baciati con forza inusitata dal sole di giugno e luglio, particolarmente quelli del Sagrantino di Montefalco, dell'Orvieto classico, del Torgiano e del Grechetto, fanno sperare in una buona annata per i vini. Vini di grande qualità, sia pure di poca quantità, saranno quelli dei Castelli Romani dove il sole sta facendo maturare precocemente le uve e con alto grado zuccherino.
Produzione di vino in Italia in Milioni di ettolitri
2003 (*) 50
2002 44,6
2001 51,5
2000 54
1999 59
1998 57,1
1997 50,6
1996 58,5
1995 56,2
1994 59,3
1993 62,7
1992 68,7
1991 59,8
(*) stima


tratto da la Nazione - agosto 2003
Viniadi, il più bravo è un bancario
SIENA - E' un 36enne di Broni (Pavia), Alberto Rovati (nella foto), bancario nel settore del credito agricolo, il vincitore assoluto delle "Viniadi", primo campionato degustatori non professionisti, la cui finale si è svolta ieri pomeriggio presso il Bastione San Filippo della Fortezza, sede dell'Enoteca che ha organizzato l'originale torneo nell'ambito del progetto speciale "Vino e giovani" promosso in tutta Italia in collaborazione con il Ministero delle Politiche Agricole, Comitato di Progetto Interregionale di Educazione e Comunicazione Alimentare, Agivi e le Regioni. Rovati si è classificato al primo posto al termine della finale che vedeva impegnati 18 concorrenti provenienti da 11 regioni, i quali hanno dovuto affrontare due prove di degustazione (riconoscimento di tre monovitigni e individuazione di 4 annate di uno stesso Chianti in ordine di età) e cinque domande di cultura enologica generale. Alle spalle di Rovati, Alghiero Tozzi, 34 anni, studente universitario di Ascoli Piceno e Gabriella Cutica, 34 anni, insegnante di Nizza Monferrato. I primi tre classificati si sono aggiudicati un filare di vite pregiata in usufrutto per 3 anni, wine experiences di 3, 5 e 7 gg, e rispettivamente 120, 60 e 42 bottiglie. Un filare di vite pregiata e 42 bottiglie sono andati anche alla finalista più giovane, Sara Gardoni, 20 anni, studentessa di enologia, di Vigo Meano (Trento), mentre il primo classificato categoria junior (18-25 anni) è stato un altro giovanissimo: Gabriele Tanzarella, 21 anni, studente in veterinaria di Dozza (Imola). In premio a lui sono toccati una wine experience di 3 giorni e 42 bottiglie offerte da Enoteca Italiana. Per la sezione Senior, ennesimo exploit femminile per Elena Di Ghionno, 26 anni, economista sanitaria di Tollo (Chieti), che ha ricevuto in premio 60 bottiglie, così come la vincitrice per la categoria Hors d'Age, Attilia Giovanna Medda, 53 anni, insegnante in pensione di Olbia (Sassari). Ieri sera nell'anfiteatro le premiazioni dei vincitori, l'assegnazione del Premio speciale "Per Bacco" a "Medici senza Frontiere" e il concerto gratuito di Edoardo Bennato.


tratto da Corriere della Sera - agosto 2003
In Franciacorta il problema è la manodopera
"Possiamo soltanto sperare negli immigrati"
Il gran caldo non ha danneggiato le coltivazioni. Buona la stagione anche in Valtellina e nel Mantovano
PAVIA - Mentre nell'Oltrepò pavese si calcolano perdite fino al 50% rispetto alla vendemmia di due anni fa, il resto della Lombardia sembra non aver risentito dell'effetto siccità. "Le prime stime sono confortanti - sottolinea Giovanni Trerotola, direttore regionale di Federlombarda -. La vendemmia di quest'anno, seppur anticipata di un mese, sarà sui livelli di quella del 2001. Le zone meno colpite dalla siccità sono quelle di Brescia, dalla Franciacorta all'Alto Garda, della Valtellina e dell'Alto Mantovano. La maglia nera sarà l'Oltrepò pavese dove l'irrigazione artificiale è meno diffusa. In provincia di Brescia, invece, verranno prodotti 219 mila quintali di uva, il 30% in più rispetto allo scorso anno. Rimane il problema della manodopera. All'appello mancano centinaia di braccianti. E sono sempre più difficili da trovare: quest'anno manca l'apporto degli studenti che venivano reclutati come stagionali. Anticipando la vendemmia al 10 agosto, infatti, non si trovano giovani disposti a rinunciare le ferie per lavorare tra i vigneti. L'unica speranza, adesso, sono gli stranieri, volenterosi ma non specializzati". Spiega Giovanni Desigis, presidente dell'Unione Agricoltori della provincia di Pavia: "Al contrario della Franciacorta o della Valtellina, sulla colline pavesi non si può irrigare artificialmente e siamo costretti a sperare nella pioggia". Dunque, se i viticoltori del Sud Lombardia piangono per la produzione dimezzata, se la passano decisamente meglio i produttori della Valtellina e del Garda. Malgrado il caldo torrido e la poca pioggia, infatti, sulle montagne attorno a Sondrio e sopra al lago la vendemmia si annuncia eccezionale sia per qualità che per quantità. "Il caldo e le temperature elevate - dicono in Federlombarda - hanno evitato il diffondersi di molte malattie della vite. La mancanza di acqua non ha rappresentato un grande problema, anzi il sole delle ultime settimane garantirà un leggero aumento della gradazione alcolica, che lo scorso anno era scesa a causa delle forti piogge e dall'abbondanza di acqua tra luglio e agosto nel periodo di maturazione degli acini".
G. Sp.


tratto da il Gazzettino - agosto 2003
Vini calabresi alla ribalta
La nostra regione sarà presente alla terza edizione del V8, il vertice dei vini doc, che si svolgerà a partire dal 3 agosto sul lago Maggiore
CATANZARO. La Calabria sara' presente il 3 agosto 2003 a Belgirate (Vb), sul lago Maggiore, dove si svolgera' la terza edizione del V8 - vertice dei vini docg. L'evento, che si inserisce nell'anno del semestre italiano e della costituzione dell'Enoteca d'Italia, ha ottenuto il Patrocinio della Presidenza del Consiglio dei Ministri, del Ministero per le Politiche Agricole e Forestali, del Ministero per le Politiche Comunitarie e della Regione Piemonte. Il V8 ) costituisce un unicum nazionale: e' infatti l'unica degustazione in cui sono riunite tutte le docg del Piemonte (Asti, Barolo, Barbaresco, Brachetto d'Acqui, Gattinara, Gavi, Ghemme e Moscato) che quest'anno ospitano le 46 doc della Regione, selezionate dalle 10 Enoteche Regionali (situate nei comuni di Acqui Terme, Barbaresco, Barolo, Canelli, Grinzane Cavour, Canale, Gattinara, Mango, Roppolo e Vignale Monferrato). Inoltre, guest star della manifestazione, saranno le Regioni Abruzzo, Calabria, Sicilia e Valle d'Aosta con i loro prodotti doc, docg e igt. Le degustazioni dell'eccellenza enologica piemontese e italiana inizieranno alle ore 9.30 e continueranno fino alle ore 21.00 presso il Padiglione "Vigneto Italia" situato all'interno dell'Hotel Villa Carlotta sede dell'evento. Dalle ore 10.30 alle ore 12.30 alla Sala Faggi avra' invece luogo il Convegno "Vigneto Italia. Le strategie di promozione per il Made in Italy" a cui seguiranno la presentazione del video Wine call prodotto da Lumiq Studios e la premiazione di Paola Cortellesi e Stefano Dionisi interpreti del film "Senza Freni" ambientato in Piemonte. Per le ore 13 si svolgera' l'inaugurazione ufficiale del percorso enologico. La Carta dei Vini del V8, che e' composta da oltre 350 produttori soci delle Enoteche Regionali, accompagnera' il buffet previsto per le ore 13.30 a cura degli chef Stella Michelin: Norbert Niederkofler del Ristorante St. Hubertus di San Cassiano (Bz); Giancarlo Morelli dell'Osteria del Pomiroeu di Seregno (Mi) e Martin Dalsass del Ristorante Sant'Abbondio di Lugano. Alle ore 16.00 in Sala Faggi Rai Trade "Cartoons on the Bay" in collaborazione con Rai Sat Gambero Rosso Channel presenteranno "Etichette Animate": Daniele Cernilli e Natasha Lusenti condurranno la "sfida" tra Crtistina Lastrego e Francesco Testa, Pierluigi De Mas, Giuseppe Lagana', Laura Fiori, Michel Fuzellier e Vincenzo Gioanola nella realizzazione di etichette dedicate agli 8 vini docg del Piemonte. Seguira' nella stessa sala alle ore 17 la presentazione di "Canelli citta' del Vino" a cura dell'Enoteca Regionale di Canelli e dell'Astesana. Nell'ambito della manifestazione verra' inoltre presentato, alle ore 12.30, nella Sala Faggi il "Progetto Valsesia dreaming" a cura dell'Unione Artigiani della Provincia di Vercelli e dell'Ascom (Associazione Commercianti) della Provincia di Vercelli.


tratto da il Gazzettino - agosto 2003
Quarto mercato per le bollicine
Il Prosecco doc pronto allo sbarco in America
Ma l'euro forte impone compensazioni
Quasi 40 milioni di bottiglie commercializzate nel 2002, di queste più di 30 milioni sono di Spumante con un export che incide per il 32\% sul fatturato totale che l'anno scorso ha toccato i 240 milioni di euro. Questo è il bilancio del Prosecco Doc di Conegliano Valdobbiadene che prepara per il 2004 uno sbarco in forze negli Stati Uniti. Gli Usa, precisa Franco Adami presidente del Consorzio di tutela, sono il quarto mercato estero "ma i volumi sono ancora marginali, meno del 5\%. Per questo abbiamo in programma una campagna articolata per conquistare il consumatore americano". Che peraltro dimostra di essere molto interessato a giudicare dai sempre più numerosi articoli e servizi che riviste specializzate (da Wine Spectator a Wine Enthusiast) e quotidiani come il Washington Post e televisioni dedicano alle bollicine della provincia trevigiana che da sola produce il 97\% del Prosecco. La campagna 2004 nasce anche sull'onda del sorpasso dei vini italiani su quelli francesi nell'export oltreatlantico, un trend che prosegue: alla fine di maggio le vendite di vino francese in Usa erano crollate del 24\%. Ma a penalizzare anche il Prosecco c'è un euro rivalutatosi del 30\% sul dollaro. Per rispondere alla forza della moneta unica, nelle settimane scorse alcune aziende vinicole italiane, tra cui la veronese Montresor, hanno stipulato un accordo con gli importatori americani per assicurare un cambio fisso inferiore a quello ufficiale e avvantaggiare così la penetrazione del vino Made in Italy. Il Prosecco seguirà la stessa strada? Due grandi nomi delle bollicine trevigiane hanno opinioni diverse. Gianluca Bisol dell'omonima azienda di S. Stefano di Valdobbiadene è contrario. "Non è una politica che noi adottiamo -spiega- anzi quest'anno i nostri listini sono aumentati del 13\%. Ma possiamo farlo perchè il prodotto Prosecco doc è già il migliore spumante al mondo in termini di rapporto qualità prezzo e vediamo che il mercato, anche quello Usa, ci sta seguendo" e i numeri ci sono con l'8\% dell'export totale di Bisol stappato fra New York, Dallas e Miami. Non la pensa così Antonio Motteran, vicedirettore generale della Carpenè Malvolti, lo storico marchio di Conegliano. "Autonomamente ci stiamo muovendo già negli Usa e questo impone anche una politica dei prezzi attenta che nel nostro caso non si esprime attraverso un cambio fisso bensì una negoziazione commerciale che ritengo più efficace quando si debba conquistare un mercato, come in questo caso". L'export verso gli Usa della Carpenè Malvolti si avvicina al 7\% ma l'obiettivo è di aumentare considerevolmente grazie anche qui all'implementazione di un piano distributivo. Il 2003 è l'anno degli Usa anche per la Valdo con il suo presidente, Pierluigi Bolla, che però avverte "Sta succedendo quello che accadeva negli anni '80 in Germania: dobbiamo fare scelte serie e non rischiare di aprire la strada a produttori senza scrupoli. Questo è un mercato che non perdona". È ancora Adami a confermare "Come Consorzio vogliamo trarre vantaggio dal clima favorevole che circonda il Prosecco in Usa, certo va considerato anche il problema prezzo con gli importatori che se in una prima fase hanno compensato il gap crescente ora chiedono un intervento "calmierante" ai produttori, attorno al 5\%. Obiettivo comune è comunque qualificare le vendite: non c'è solo New York, ci presenteremo anche a Chicago e nel West dove è più forte la concorrenza dei vini californiani".
A. Bu.


tratto da il Nuovo - agosto 2003
Marchio "doc" per il latte
Con un decreto il governo impone nell'etichetta di specificare il luogo di produzione degli allevamenti. Allungata a sei giorni la data di scadenza del latte fresco.
MILANO - Anche il latte diventa "doc". Con un decreto, infatti, i ministeri delle Politiche agricole e quello delle Attività produttive hanno stabilito che nelle etichette del latte dovrà essere indicato anche il luogo di provenienza degli allevamenti di origine, oltre allo stabilimento dove il latte viene confezionato. In questa maniera l'alimento principe della dieta dei bambini sarà rintracciabile, come fa notare la Col diretti, dalla stalla al banco di vendita. La denominazione di origine controllata de latte segue quella già prescritta per la carne bovina e i prodotti ortofrutticoli freschi, con l'intento di salvaguardare i consumatori sulla trasparenza e la genuinità dei prodotti alimentari. L'associazione dei coltivatori diretti spiega che una confezione di latte su tre è italiana, ma contiene prodotto importato dall'estero e sono circa 1,6 miliardi i litri di latte ogni anno importati e destinati a "trasformarsi" in italiani dopo il confezionamento e la trasformazione industriale. L'importanza del marchio doc assume poi un aspetto assai importante se si considera che negli ultimi cinque anni gli italiani hanno consumato a testa l'11% di latte in meno (UHT e fresco), una percentuale che arriva al 19% se si considera il solo latte fresco, per un valore che in assoluto è sceso nel 2002 a 40,6 litri per persona per il latte totale e a 16,3 litri per persona per quello fresco. La denominazione d'origine, quindi, mira non solo a tutelare i consumatori, ma anche a far riprendere il mercato del latte. E a questo proposito è stato approvato un ulteriore provvedimento che allunga la data di scadenza del latte fresco al sesto giorno successivo a quello del trattamento termico mentre è stata prevista una specifica indicazione in etichetta nel caso di latte ottenuto con nuove tecnologie, come nel caso di quello microfiltrato. (26 LUGLIO 2003, ORE 17.30)


tratto da il Messaggero - agosto 2003
LA PAROLA ALL'ESPERTO: VALERIA MATTEUCCI
Alcol e patente, ecco i problemi per chi guida
di M. RITA CHIACCHIERA
L' ALCOL etilico o etanolo è un liquido che si forma per fermentazione di alcuni zuccheri o si concentra per distillazione di prodotti alcolici fermentati. Le bevande alcoliche sono tutte quelle che contengono alcol etilico in una determinata concentrazione. Per esempio, il vino ha dal 9 al 14% di alcol, la birra dal 3 al 9%, i liquori dal 20 al 30%, le acquaviti e i whisky dal 40 al 50%. C'è da precisare che l'Italia è ai primi posti nel mondo per la produzione di vino e per consuno medio di alcol per persona. Sull'argomento abbiamo interpellato la dottoressa Valeria Matteucci, responsabile del Servizio Alcologia GOAT - ASL N. 2 di Perugia. "Ogni persona - spiega l'esperta - ha ovviamente nei confronti dell'alcol una posizione personale: gli astemi sono coloro che non hanno mai bevuto alcol; gli astinenti coloro che, per motivi diversi, hanno smesso di bere; i bevitori "moderati" sono molto difficili da definire anche ricorrendo a criteri di quantità e di frequenza d'uso (per la maggioranza delle persone è sempre "moderato" il proprio bere); i bevitori "problematici", ai quali il bere inizia a creare problemi a vari livelli: fisici, relazionali o sociali; infine gli alcolisti, che hanno un legame con l'alcol che li rende dipendenti e che procura loro danni fisici e/o psichici e/o sociali". L'alcol, purtroppo, modifica il funzionamento del nostro cervello e perciò la nostra percezione della realtà. Produce di solito sensazioni soggettive di euforia, anche se in realtà è un sedativo del sistema nervoso. La sua assunzione protratta nel tempo può provocare dipendenza e implica elevati livelli di pericolosità individuale e fami- liare; per tutti questi motivi, l'alcol è considerato una droga. E così dice infatti l'Organizzazione Mondiale della Sanità. Alcol e il nuovo codice stradale, quali sono i problemi per chi guida? "L'alcol - spiega Valeria Matteucci - riduce la capacità visiva: può renderla confusa e può ridurre la visione not- turna del 25%. Viene inoltre ridotta la visione laterale, rendendo difficoltosa la vista dei veicoli provenienti da destra o da sinistra. Inoltre può provocare sonnolenza e quindi una diminuizione dell'attenzione". C'è un limite legale per guidare? "Il limite legale per guidare è 80 milligrammi di alcol in 100 millilitri di sangue (0,8 g per litro di sangue). Non esistono comunque argomentazioni certe - dice l'esperta - per affermare quanto si può bere per superare questo limite, perché varia da persona a persona e dipende dal peso, sesso, età. In realtà l'abilità di guida può essere influenzata anche da solo uno o due bicchieri di vino. E, naturalmente, questo può comportare anche la sospensione della patente". Quali sono i consigli? "I consigli per chi guida, indipendentemente dal mezzo che si usa (auto, moto o bici), è quello di rinunciare anche al primo bicchiere. Di mettersi d'accordo, prima di andare ad una festa, su chi non dovrà bere e farà da "autista" per il rientro a casa. Di non bere mai bevande a stomaco vuoto e infine di provare le bevande analcoliche: sono gradevolissime". C'è anche un'ultima cosa da sottolineare, ed è quella che se si è tentato di ridurre la propria tendenza al bere ma ci è sembrato troppo difficile, è bene parlarne con un membro della famiglia o con un vero amico. Forse qualcuno sicuramente può aiutare e offrire un sostegno. Oppure, in alternativa, andare nel Centro Servizio di alcologia più vicino, dove ci sono tante persone con lo stesso problema e operatori pronti ad aiutare.