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tratto da Alto Adige - 23 settembre 2003
Ultimi giorni di vendemmia, la cantina produttori Termeno chiude domani. Un bilancio giudicato lusinghiero
Termeno, quantità ridotta ma la qualità è elevata
Esperti concordi: da anni non c'era un grado zuccherino così alto. Meno guai del previsto per il freddo, la siccità e qualche grandinata
di Umberto Fellin
TERMENO. È tempo di vendemmia: il calendario segna appunto la fine dell'estate ed i primi giorni dell'autunno, ma la vendemmia, almeno da queste parti, è oramai pressochè terminata. La cantina produttori di Termeno, infatti, chiude domani salvo per qualche ultima partita di qualità tardive, vedi il Cabernet. La calda estate e soprattutto il tempo costantemente al bello hanno permesso una vendemmia assai celere, pulita e che si riflette sicuramente anche sui costi di questa importante fase.
"Da tempo non vedevo uve così ben mature e sane - osserva il presidente della cantina di Termeno Reinhold Andergassen - e dal grado zuccherino così elevato. Si preannuncia sicuramente una buona annata dal punto di vista qualitativo". E per quanto concerne la quantità? "Certo, rispetto alla media produttiva degli scorsi anni abbiamo registrato un minor conferimento quantitativo, dovuto ai noti fenomeni atmosferici, vedi la moria di viti per il freddo invernale in talune zone esposte, la siccità e da non dimenticare anche la grandine che ha colpito la zona di Sella e di Montagna". Sulla stessa linea anche l'enologo della cantina Willy Stuerz: "Le gradazioni sono ottimali e danno garanzia di un'ottima annata. Qualche preoccupazione poteva derivare dalla scarsa acidità riscontrata in talune qualità ma non ritengo possa incidere più che tanto sulla bontà del prodotto. Soprattutto per i vini bianchi avremo una annata ottimale".
Il discorso non cambia a Cortaccia dove si conferisce il miglior Vernaccia delle colline; soddisfatte anche le cantine di Ora produttrici del famoso Lagrein, un'uva autoctona che figura sui tavoli dei migliori ristoratori. Anche la cantina sociale di Magrè è agli ultimi carichi mentre negli enormi cilindri contenitori il mosto sta ribollendo. La Schiava delle colline che degradano da Entiklar fino a Magrè produce un vino dall'abboccato dolce ed invitante. Prosegue intanto la raccolta delle mele, giunta in prossimità del traguardo e favorita dalla maturazione precoce e dal bel tempo. Si staanno staccando la Braeburn e la Granny Smith, poi toccherà alla Fuji e alla Pink Lady che chiuderanno la serie.


tratto da Unione Sarda - 22 settembre 2003
Intervista con il direttore di Sella & Mosca: l'azienda di Alghero ha ottenuto il successo con i bianchi
Sella & Mosca, cinquant'anni passati tra i filari: "Così ho inventato il Vermentino"
Consorte: ma il vino sardo non ha ancora un'immagine internazionale
Dall'inviato Lucio Salis
Alghero. È arrivato in Sardegna per starci sei mesi, c'è rimasto quasi mezzo secolo. E non ha nessuna intenzione di andarsene. Mario Consorte, 63 anni, veneto, è amministratore delegato e direttore generale della Sella & Mosca, la più grande azienda vitivinicola dell'Isola, nonché presidente nazionale dell'Assoenologi. Un tecnico-manager, esperto di vitigni e marketing, che ha varcato spesso i confini dei Piani, sede del gigantesco vigneto di 500 ettari, per calarsi nella problematica realtà della vitivinicoltura sarda. Con interventi spesso dirompenti (a volte poco graditi) in una realtà attraversata da grossi interessi, non sempre trasparenti. Negli anni Settanta pochi in Sardegna predicavano il verbo della qualità e del mercato. Consorte era tra quelli. E i fatti gli hanno dato ragione, perché ha permesso a un'aziendina familiare di produrre sette milioni di bottiglie di buon livello. Contribuendo in misura decisiva, con il lancio del Vermentino, a creare un'immagine del vino sardo strettamente legata all'industria delle vacanze.Perciò iniziamo da lui questo breve viaggio tra vigneti e bottiglie.Com'erano i vini sardi quando lei è arrivato in Sardegna?"Abbastanza grossolani, di alta gradazione, adatti per il consumo interno e il taglio di altri prodotti. All'epoca però si affermava un mutamento dello stile di vita legato soprattutto a un'alimentazione ipocalorica. E il vino, soprattutto il bianco, doveva essere più raffinato, leggero, senza particolari valori energertici. All'epoca la Sardegna non era allineata in questa direzione".Com'è avvenuto il cambio di rotta?"L'unica soluzione era cambiare il sistema produttivo, piantando vigneti per ottenere i vini richiesti dal mercato".Questa rivoluzione ha avuto successo? "Direi proprio di sì. La Sardegna è riuscita a ottenere i vini richiesti dal consumatore. Prodotti solari, nati in ambienti incontaminati, frutto di una naturale predisposizione alla vitivinicoltura. È mancata invece la vocazione imprenditoriale".E cioè?"Negli anni Settanta, quando la Sardegna produceva una media di due milioni e mezzo di ettolitri di vino all'anno, aveva un'imprenditoria privata piuttosto modesta, mentre si era sviluppato molto il settore cooperativo, che monopolizzava circa il 90 per cento della produzione attraverso una rete di una quarantina di cantine sociali. Tutti gli incentivi regionali erano indirizzati verso la cooperazione". Una linea che lei non ha apprezzato?"Era una politica giustificata sotto il profilo produttivo, perché le cantine riuscivano a lavorare in tempi brevi una grande massa di materia prima. Ma aveva due limiti: le cooperative erano orientate verso i vini di massa e nessuno si è mai preoccupato di esplorare il mercato dei prodotti di qualità. Questa attività non ha mai consentito una buona remunerazione dell'uva, nonostante la Regione si sia svenata per assistere le cantine, con contributi e ripianamento dei debiti. L'aver trascurato il settore commerciale e la mancanza di una strategia di prodotto, hanno condotto infine le cooperative al collasso".Oggi è cambiata l'immagine del vino sardo?"Certamente, è noi vi abbiamo contribuito col lancio del Vermentino su scala nazionale. Abbiamo capito, attraverso studi di mercato, che il consumo si stava orientando verso il vino bianco, fresco, leggero. Da consumare soprattutto d'estate. Abbiamo puntato sul vitigno Vermentino, coltivato a spalliera e a pergola, ottenendo una buona resa e una qualità ben accetta dal mercato. Un bianco, nato in contrapposizione all'immagine del vino tradizionale sardo, lanciato con una grande campagna pubblicitaria, a tutta pagina, sui quotidiani nazionali che all'epoca (fine anni Settanta) costò un miliardo".Esiste all'estero un'immagine del vino sardo?"All'estero non siamo conosciuti nemmeno dal punto di vista geografico".Oggi, con una produzione inferiore agli 800 mila ettolitri, la Sardegna può essere presente nel mercato?"Soddisfatto il consumo interno, resta ben poco. E manca quella coralità di produttori che può far decollare una regione nei mercati".La Sardegna importa vino e persino uva: non le sembra vergognoso?"Direi proprio di sì, perché la nostra tipicità rischia di svanire".E mentre si produce di meno vengono fuori vini che hanno grande successo."All'inizio degli anni Novanta il mercato ha chiesto anche vini più consistenti, rispetto a quelli in voga all'epoca, per soddisfare esigenze più raffinate. Tendenza incoraggiata dalle guide gastronomiche e dagli opinion leader verso punte esasperate di qualità e caratteristiche. Così oggi si producono vini più da bicchiere che da bottiglia. Ma già si colgono i primi segni di stanchezza. Anche perché i prezzi sono sostenuti". Insomma, si abusa delle barriques?"Direi proprio di sì. Le barriques dovrebbero dare al vino un gusto internazionale. Invece molti ritengono che possano aggiungere anche caratteristiche che il vino non ha. E finisce che si sentono solo gli apporti della barrique".I vini del falegname."Appunto. Ma il mercato li sta già rifiutando".I grandi vini sardi da dessert sono quasi scomparsi. Per sempre?"Oggi, nell'ambito di quella richiesta di vini importanti, si tende a un recupero dei dessert. E il Cagliaritano, con Nasco, Monica e Moscato ne ha un bel patrimonio. Noi abbiamo il Nasco Monteluce, ma ci sono anche l'Angialis di Argiolas, il Latinia di Santadi e altri".Cosa pensa dell'espianto dei vigneti?"Un errore clamoroso. Per un piatto di lenticchie abbiamo perso una grande opportunità di rilancio del settore vitivinicolo. Oggi è impossibile pensare di ampliare il patrimonio vitato dell'Isola. Non a caso, altre regioni hanno bloccato per tempo la vendita dei diritti di reimpianto. Così, oggi, noi vorremmo ampliare la produzione ma non ne abbiamo la possibilità".Quindi è impossibile piantare nuovi vigneti?"La Regione possiede diritti per 550 ettari che intende distribuire per regolarizzare le vigne sorte abusivamente".E le sembra giusto che chi ha violato la legge abbia la precedenza?"Assolutamente no".Paradossalmente, però, l'Unione europea prima ha dato i contributi per l'espianto, ora per la ristrutturazione dei vigneti."Mentre non li dà per gli impianti di irrigazione, in una regione cronicamente afflitta dalla siccità".Puntare sui vitigni sardi o sugli internazionali?"Per me il vitigno è solo lo strumento per produrre un buon vino. Merlot, Cabernet e Chardonnay si sono diffusi nel mondo perché sono facili da coltivare, danno una buona resa e hanno un grande carattere. Io dico sempre che il Davide di Michelangelo è certo frutto di scalpello e mazzetta. Ma se l'artista avesse avuto il Black & Decker, avrebbe fatto meglio".


tratto da Giornale di Brescia - 18 settembre 2003
Alla Barone Pizzini, un museo dedicato ai campi e al vino
L'INAUGURAZIONE A NOVEMBRE. VERRA' DONATO AL COMUNE
di Silvano Danesi
Feriae Augusti? Nemmeno per sogno. Alla Barone Pizzini di Timoline di Franciacorta si è lavorato tutta l'estate. Mentre arrivo, qualche giorno fa, per una visita al "cantiere", stanno scaricando un vecchio torchio. Quando rialza la testa, riconosco, in uno dei "facchini" piegati in due dallo sforzo, un vecchio amico, Danilo Ravarini, direttore di Magazine della Franciacorta, esperto di storia, di olio e di vini, di tradizioni e di tante altre cose. È uno dei volontari che stanno costruendo il percorso museale dedicato ai lavori dei campi e alla cultura del vino. "Lo vedi?", mi dice. "È un torchio austriaco. Lo ha donato un emigrante che lo ha acquistato molto tempo fa con i soldi messi da parte in anni di lavoro in Austria". Entriamo all'osteria "La Licenza"; sarà il terminale del percorso museale. Un buon bicchiere è d'obbligo. Siamo in una delle cantine blasonate della Franciacorta e ad offrirlo è Paolo Ghilardi, coordinatore del progetto che entro fine mese vedrà la luce, anche se l'inaugurazione ufficiale è spostata più in là nel tempo, verso novembre. Ghilardi ci spiega la logica che presiede all'impresa. In francese lo chiamano "terroir" e in italiano, perifrasticamente, lo si può rendere con attenzione al territorio, per valorizzarne le potenzialità, la storia, la cultura e, così facendo, valorizzare anche la propria azienda, che del territorio è parte integrante. La linea conduttrice della Barone Pizzini è questa. Vale per la Franciacorta e vale per altri luoghi dove l'azienda ha messo radici: in tutti i sensi, visto che sta vitando alcune realtà interessanti. Cominciamo il percorso esterno. Arriveremo poi al museo. Partiamo da un bianco marchigiano, che si chiama Dominé e viene prodotto sulle colline di Jesi, in località Maiolati Spontini. L'azienda si chiama Pievalta ed è già in perfetto assetto produttivo. A Scanzano nella zona del Morellino, l'azienda Ghiacciaforte sta preparando un rosso da tavola e un riserva che usciranno ad ottobre. In Puglia, nella zona del Tarantino, l'azienda "Le fabbriche" produce rossi di grande qualità, primo fra i quali un Primitivo da primato. Quando sarà in pieno assetto produttivo, ossia nel 2007, la rete guidata dalla Barone Pizzini avrà una potenzialità di 900mila bottiglie all'anno. L'itinerario museale, curato da Luciano Peroni, che sarà donato alla comunità ed aperto al pubblico, percorre l'intero "Borgo Barone Pizzini", iniziando dall'entrata che porta al ristorante Santa Giulia, per finire all'osteria. Attrezzi che ci riportano indietro nel tempo, come i graticci per i bachi da seta, pannelli che illustrano le fasi di lavorazione, i nomi dialettali, le storie connesse al mondo contadino. Quando il visitatore arriverà all'osteria potrà concludere con un buon bicchiere, commentando quanto ha visto e potrà anche, se lo vorrà, acquistare prodotti locali e biologici nello shop.


tratto da il Giorno - 17 settembre 2003
Valtellina, la vite ha fatto miracoli: sarà una buona vendemmia
Nonostante la siccità e l'ondata di caldo record, l'annata 2003 per i vini di Valtellina potrà riservare sorprese positive. In vista della vendemmia, i tecnici della Fondazione Fojanini hanno intensificato il lavoro di rilevazione nei vigneti della Valle, e dalle analisi emergono dati incoraggianti. "La vite ha fatto miracoli - spiega Graziano Murada, coordinatore del settore viticoltura della fondazione sondriese - perché nessun'altra coltura sui nostri terrazzamenti sarebbe riuscita a resistere alle condizioni climatiche di quest'estate, in assenza di impianti di irrigazione". Come già previsto, la produzione subirà un calo: si arriverà intorno ai 35mial quintali di uva commercializzata, il 20-25% in meno rispetto al 2002, il 10-15% sulla media degli ultimi dieci anni. "La qualità delle uve già raccolte, quelle per gli Sforzati, è buona - dice Murada - e a giorni sapremo se la vendemmia potrà definirsi eccezionale". Intanto, le analisi hanno messo in luce che quest'anno le uve valtellinesi assomigliano di più a quelle del Centro e Sud Italia.


tratto da Corriere della Sera - 17 settembre 2003
SIENA
I Supertuscans dalle vigne alle visite in cantina
Tra cantine e vigneti alla scoperta dei grandi vini di Toscana: è la proposta di Royal Demeure Hotel, che dedica ai "Supertuscans" uno speciale pacchetto week end, da degustare fino al termine dell'autunno presso le due residenze senesi del gruppo. Soggiorno al Grand Hotel Continental, nel centro storico di Siena, o al Park Hotel Siena, tra le colline che circondano la città, per partecipare a uno dei tre itinerari in catalogo: si va a Castellina, cuore del Chianti Classico, per conoscere la Docg più famosa del mondo, nella Val d'Orcia per vedere come nascono e degustare i prossimi novelli, oppure a Montalcino per scoprire il sontuoso Brunello, facendo visita al nuovo museo a lui dedicato (Museo del Brunello, tel. 0577.846104). I prezzi: al Park Hotel, 154 euro a persona in doppia (minimo due notti, fino al 15 novembre), con prima colazione a buffet e cena per due al ristorante L'Olivo (vini esclusi); 50% di riduzione per accedere al Golf Club Villa Gori; al Grand Continental, 208,45 euro con prima colazione a buffet e degustazione di vini per due all'enoteca Sapordivino (fino al 22 dicembre).
(D. N. )
ROYAL DEMEURE, Siena.
Per prenotazioni: tel. 0577.44204, www.royaldemeure.com


tratto da il Secolo XIX - 17 settembre 2003
L' evento-rassegna.
"SalottodiVino", i grandi vini da dessert e meditazione "sfilano" per la prima volta a Sanremo
di Fabio Pin
SanremoVini da meditazione. La definizione, coniata qualche anno fa dalla nouvelle vague dell'enologia italiana, potrà anche suonare eccessivamente pretenziosa. Tuttavia, basta dare un'occhiata all'elenco delle etichette che faranno bella mostra alla prima edizione del "Salotto diVino" in programma la prossima settimana a Sanremo (Villa Ormond, 26-29 settembre), per capire che anche i visitatori più scettici avranno l'opportunità di ricredersi.Ad attenderli ci saranno quaranta vini selezionati da una commissione di esperti guidata da Alberto Zaccone: il meglio della produzione nazionale quanto a vini da dessert e, appunto, da meditazione. Prosecchi, moscati, malvasie, passiti e vendemmie tardive provenienti dalle più importanti regioni a vocazione vitivinicola e da altre che, dopo decenni di letargo e produzioni di massa,hanno deciso di investire nella qualità e nella rivalutazione di antichi vitigni autoctoni.Celebrate maison accanto a giovani produttori che arrivano sul mercato dopo aver fatto esperienza oltre che sui libri anche tra i filari.I nomi,per un verso o per l ' altro,sono tutti famosi: Duca di Salaparuta,Cantine Florio,Carlo Pellegrino,Ferrari,La Versa,Martini &Rossi,Bisol,Bolla,Argiolas, giusto per citarne alcuni.L ' evento -perchè di evento si tratta in una città che ha ben poca tradizione in questo settore -è stato organizzato in collaborazione da Sanremo Promotion e l ' Unione italiana ristoratori,con il patrocinio di Comune di Sanremo,Casinò,Provincia e Regione Liguria.
Ieri mattina,a Villa Nobel,la presentazione in occasione della quale l' assessore regionale all ' Agricoltura Piero Gilardino ha fatto da anfitrione.
Oltre ad una serie di incontri e dibattiti,l ' appuntamento forte del "Salotto diVino" saranno le degustazioni guidate e gli abbinamenti con formaggi,foie gras,pasticceria e cioccolato.
Due i gala,in programma le sere di venerdì 26 e lunedì 29, che vedranno all ' opera una brigata di chef dell ' Unione italiana ristoratori chiamata a realizzare una serie di piatti della tradizione ligure utilizzando l ' olio extravergine di oliva Dop della Riviera Ligure."Questo importante appuntamento enogastronomico consentirà a Sanremo e al nostro entroterra -ha detto Gilardino- di entrare in quel circuito d ' elite che ormai da molti anni richiama migliaia di appassionati e gourmet.In provincia di Imperia sono molti i giovani che hanno inteso ritornare alla terra e alle sue produzioni originarie. E ' un modo per rilanciare la nostra economia e allo stesso tempo per tutelare l' ambiente. Due motivi per i quali questa iniziativa merita tutto il nostro appoggio " . Per quanto riguarda l ' articolazione della manifestazione,i ticket per le degustazioni di formaggi,dessert e cioccolato ha un costo di 3 euro,per la degustazione del foie grass il prezzo è di 6 euro.Per partecipare alla cena di apertura del SalottodiVino,il costo è di 55 euro a persona,vini compresi. Stesso prezzo per il gala di chiusura.


tratto da il Mattino - 17 settembre 2003
A Sant'Agata dei Goti
Torna Falanghina Felix
di LUCIANO PIGNATARO
Il bianco più bevuto e meno conosciuto viene celebrato nuovamente nel centro storico di Sant'Agata dei Goti dove sabato e domenica si svolge la seconda edizione della rassegna regionale Falanghina Felix: 30 aziende per 51 etichette diverse. Un appuntamento da non perdere per gli appassionati, qualificato come pochi in Campania, una regione con troppe manifestazioni generaliste.
Ieri al Gambrinus a Napoli la presentazione ufficiale con il presidente della Camera di Commercio di Benevento Roberto Costanzo, l'assessore provinciale Alfonso Ciervo, il commissario di Sant'Agata Tommaso Paolucci e il responsabile Slow Food di Benevento Roberto Matarazzo, ideatore e anima della manifestazione.
L'appuntamento inizia ufficialmente sabato mattina con un convegno a cui segue il brindisi di apertura previsto alle 13. Dalle 17 e fino a mezzanotte c'è la possibilità di degustare i prodotti di 30 aziende che presentano 51 versioni diverse della Falanghina. Per gli appassionti due degustazioni guidate alle 19 (su Sannio e Sant'Agata) e alle 21 (sui i Campi Flegrei). Domenica l'apertura della enoteca è alle 10. Alle 19 la degustazione del bianco più bevuto dai campani passato in legno. Per gli operatori del settore è prevista un'appendice lunedì mattina con un work shop specializzato e la consegna degli attestati di partecipazione.
La manifestazione è stata organizzata dall'Ersac, dall'Unioncamere, dalla Camera di Commercio di benevento, dalla Provincia di Benevento e dal comune di Sant'Agata dove si svolge la manifestazione. Una scelta contestata lo scorso estate da qualcuno che ha la mente appesantita da visioni eccessivamente campanilistiche, quasi che la Campania non fosse percepita all'esterno come un unico terroir. Per fortuna Matarazzo e Costanzo hanno insistito e stavolta si registra la partecipazione delle aziende sannite al gran completo con una cospicua presenza di quelle casertane e una rappresentanza di cantine napoletane e irpine. Dunque la rassegna rafforza la sua dimensione regionale e gode dello spostamento da giugno a settembre che se mette in difficoltà i produttori impegnati nella vendemmia sicuramente avvantaggia i consumatori. Proprio a Sant'Agata, grazie a Leonardo Mustilli, la Falanghina è rinata in bottiglia e il paese può considerarsi la patria di questo vitigno tipico.


tratto da il Messaggero - 17 settembre 2003
I vitigni nel Lazio: dopo syrah e petit verdot si punta su tempranillo, melbeque e gewurztraminer
Nessuno dorme sugli allori. La sperimentazione iniziata ormai trent'anni fa con l'inserimento sui terreni pontini di vitigni internazionali ormai ha dato risultati di pregio. Ma gli esperimenti continuano incessanti. A Cori proprio quest'estate Pietra Pinta ha dato vita con la Regione e con gli esperti dell'Istituto enologico di Vittorio Veneto ad una "prova di miglioramento viticolo in campo e in cantina". "Che ha dato ottimi risultati abbassando la resa a 80 quintali per ettaro", conferma Cesare Ferretti. Ecco in cosa consiste: "Una potatura invernale è stata effettuata ai primi di agosto per diminuire il carico di uva per ettaro: e così le piante alleggerite hanno reagito meglio al caldo e il prodotto è stato migliore". Quanto ai prodotti Pietra Pinta dopo aver sperimentato l'affiancamento di syrah e cabernet ai vitigni autoctoni come il Nero di Cori si accinge a lanciare sul mercato un Syrah e un Petit Verdot. Si sperimenta sempre anche a Casale del Giglio: arrivano sul mercato l'Afrodisium (un misto di greco, fiano, viogner e petit mansey) e una grappa. E per il futuro si punta su melbeque, tempranillo e gewurztraminer.


tratto da il Giornale di Calabria - 17 settembre 2003
Vini calabresi protagonisti
A Lamezia in occasione della Festa dell'uva che si terrà al chiostro San Domenico
LAMEZIA TERME. Grappoli d'uve bianche e nere, che costituiscono la base per la produzione dei 12 Doc e dei 13 Igt Calabria, verranno esposti lunedì 22 settembre alle 17 al chiostro San Domenico, in occasione della "Festa dell'uva", organizzata dalla delegazione di Catanzaro dall'Organizzazione assaggiatori di vino (Onav) e patrocinata dal Comune di Lamezia Terme. Si tratta di una rassegna dei vitigni e dei vini che per la prima volta vengono esposti in città, manifestandosi in tutte le loro varietà, diversità morfologica, colore e caratteristiche. Numerosi i vitigni autoctoni raccolti nella Locride, come a Donnici o nell'area della Costa Viola, a testimoniare quella terra Enotria che è stata la Calabria. Sarà presente anche la collezione varietale del campo sperimentale dell'azienda Librandi impiantato su un ettaro di terreno a Rocca di Neto-Casabona, messo a dimora nel 1999 con 25 varietà, quella dell'Istituto Professionale per l'agricoltura e l'ambiente di Lamezia con 15 varietà autoctone e internazionali innestati su diversi portainnesti e con diversi sistemi d'allevamento ed il materiale di propagazione dell'azienda vivaistica Maiorana di Lamezia. Nell'ambito di questa festa ci sarà la premiazione del concorso "Grappolo doc Lamezia" riservato ai viticoltori per il miglior grappolo dal punto di vista delle attitudini enologiche (saninità, zuccheri e acidità) e la presentazione di alcuni lavori degli studenti dell'Istituto magistrale di Lamezia impegnati nel progetto "Mediterraneità da riscoprire". Una manifestazione che coinvolgerà, hanno sottolineato il consigliere nazionale dell'Onav Saveria Sesto e il delegato provinciale Enrico Cristiano, "addetti ai lavori e non, consumatori e ricercatori per far diventare patrimonio comune quanto si produce in termini di idee, energie in campagna e nel mondo agricolo, raggiungendo un grado di consapevolezza sulle reali potenzialità del settore viticolo-enologico". Non va però sottaciuto, secondo l'agronomo Sesto, "quanto sia stridente parlare di viticoltura e di vendemmia con le cantine a gestione ex Esac (Lamezia, Caselle, Cirò) chiuse, cadenti ed un patrimonio viticolo con svalutazione dei terreni, che ha preso altre strade: la festa dell'uva s'inserisce anche in questo contesto, non per rinvangare un nostalgico passato produttivo ma per dimostrare anche gli sforzi positivi che imprenditori stanno effettuando in Calabria".


tratto da il Mattino - 16 settembre 2003
Ecco l'Oscar del Falerno
di GIOVANNI DE STASIO
Il migliore Falerno annata 2002? Quello del piccolo produttore Enzo Iannelli, funzionario del Comune di Falciano del Massico, che lo ha prodotto da una vigna di primitivo di 130 anni in località Vinelle, alle falde del Massico. Si è aggiudicato il sesto concorso enologico "Immortale Falernum", promosso dall'Agenzia comunale sviluppo turismo ambiente di Falciano (di cui è solerte presidente il maresciallo Pasquale Macaro), con il patrocinio della Provincia di Caserta e della Regione Campania. L'ambitissimo trofeo è stato consegnato al vincitore Iannelli dall'assessore provinciale all'agricoltura Gaetano De Angelis che, nel complimentarsi con il vincitore, ha evidenziato che la "Provincia di Caserta è orgogliosa di questa Doc, la più amtica del mondo. Se sappiamo sfruttare appieno questo enorme giacimento enologico, creeremo le condizioni per un vero sviluppo economico di quest'area meravigliosa dell'Ager Falernus".
Tra i 26 agguerriti concorrenti, al Falerno di Iannelli, un vero "nettare degli dei", è stata assegnata la palma del migliore da una nutrita e prestigiosa commissione (il sindaco Carlo Zannini, i sommeliers Antonio Papa e Antonio Terrazzano, l'agronomo Pietro Zannini, il presidente dell'Acsta Pasquale Macaro, Claudio Napoli, Franco Semprebuono, Giovanni Di Marco, Gaetano Prata, Giosuè Santoro, Pasquale Santoro, Amato Paolella, Roberto Gentile, Domenico Baldi, Gennaro Papa e Felice De Biase). Il giudizio è maturato attraverso ledegustazioni dei vini in concorso, esaminandoli soprattutto dal punto di vista del colore, dell'odore, del sapore e degli aromi.
Il concorso si è snodato attraverso una tre giorni di musica, balli (le moderne Dionisiache), gastronomia (lancio prodotti tipici locali), ritrovamenti archeologici e convegni. Il più importante quello svoltosi, presso il museo civico comunale, sul tema "Il vino Falerno e le sue prospettive nella filiera enogastronomica lungo le vie del vino". Una chicca: dallo studio scientifico, durato un anno, sul Falerno comparato con gli altri migiori vini, è emerso in modo inconfutabile che il Falerno (con il vitigno Primitivo), dopo essere stato il "number one" dell'enologia antica, è ancora il migliore dell'era moderna. A svelarlo nel corso del convegno la professoressa Angelita Gambuti, prima assistente universitaria del professor Luigi Moio, considerato tra i migliori esperti del mondo, che sta appunto svolgendo questo studio per conto della Provincia. Allora, il migliore Falerno? Con il vitigno Primitivo, le cui uve vanno tenute in macerazione nella botte per 10 giorni. E poi un'altra grande scoperta sull'aroma: "Il Falerno vanta altresì - ha sottolineato la Gambuti - il migliore marcatore molecolare che poi da la massima tipicità".
Il funzionario della Cepica di Caserta Francesco Marconi ha sottolineato che siccome nella globalizzazione vince la tipicità, Falciano e la sua area hanno tutte le carte in regola per troivare un apprdo di rilievo nelle vie del vino. Interessante la visita alla villa rustica di Castelluccio dove è stato degustato oltre che il Falerno, anche il "mulsum et crustum". Un grazie al sindaco Zannini che ha rilanciato la cultura del Falerno. Di recente Roberto Gervaso a proposito del Falerno scriveva sulla nostra prima pagina: "Un bicchiere di Falerno è il viatico più prodigioso per il talamo e l'alcova".
Un nobile fine quello della mostra di pittura organizzata dalla Caritas della parrocchia dei Santi Cosma e Damiano diretta da don Peppino Leone: la devoluzione in beneficenza delle quote di iscrizione. Tra gli ideatori e promotori dell'iniziativa, ancora una volta il maestro Mario Ronca, instancabile organizzatore di mostre e concorsi di pittura. Il regolamento della mostra in questione, giunta all'undicesima edizione, non prevede limiti d'età e sono ammesse tutte le tecniche. Le opere dovranno essere consegnate decorosamente incorniciate entro le ore 20 di sabato 20 settembre. Tutte saranno esposte nell'antica e suggestiva chiesa di Sant'Antonio Abate, alle porte della città, fino al 28 settembre, giorno della premiazione. I premi consistono in coppe, targhe e diplomi. Le iscrizioni alla mostra sono aperte tutti i giorni dalle 17.30 alle 19 sempre presso la chiesa di Sant'Antonio Abate. Ulteriori informazioni si possono richiedere telefonando al numero 0823/875.546.



tratto da il Messaggero - 17 settembre 2003
Il Sagrantino del nuovo Millennio
di FILOMENA ARMENTANO
Sarà presentata la nuova etichetta per l'annata 2000 del Sagrantino Docg e, giunti ormai a ben trenta mesi dall'imbottigliamento se ne potranno anche assaggiare gli aromi, ma non finisce qui perché alla venticinquesima "settimana enologica" ci sarà anche la chitarra "repubblicana" di Giuseppe Mazzini. Giovedì prossimo si aprirà un atteso appuntamento per tutti gli estimatori dei vini di Montefalco, con convegni, spettacoli musicali, degustazioni, "passeggiate dei sapori" sulla Strada del Sagrantino e iniziative culturali e gastronomiche, per concludersi con la tradizionale festa della vendemmia. Saranno ventitrè le aziende che esporranno per le degustazioni e venderanno i vini di Montefalco, un Rosso, un Bianco, il Sagrantino e il Sagrantino passito. Le aziende sono: Adanti, Antonelli, Bea, Benincasa, Brogal, Colpetrone Saiagricola, Colpiceni, Fongoli, Madonna Alta, Moretti, Napolini, Rocca di Fabbri, Ruggeri, Scacciadiavoli, Spoletoducale, Tenuta Alzatura, Tenuta San Clemente, Tenuta San Lorenzo, Tiburzi Gustavo, Terre de' Trici, Virili. giovedì si partirà con il convegno sulla "tutela della qualità", alle 10,30 presso il teatro S. Filippo Neri. Alle 17,30 verrà ufficialmente aperta la mostra mercato dei vini di Montefalco e dei prodotti tipici presso il complesso Sant'Agostino, mentre in contemporanea al Palazzo comunale verrà inaugurata la mostra d'arte "Il Sagrantino disegnato da Sergio Toppi", artista che ha disegnato l'etichetta per le bottiglie dell'annata 2000, che invece sarà presenta venerdì alle 10, presso il teatro S. Filippo Neri. Alle 16,30 inaugurazione della mostra "Sfogliando il Sagrantino" presso il complesso Sant'Agostino, attrezzi da lavoro "vitivinicolo" e in serata alla chiesa museo di San Francesco, in collaborazione con la "Sagra musicale umbra" si svolgerà il concerto-conferenza "La chitarra di Giuseppe Mazzini", affiancata da chitarre dell'Ottocento, suonate da Marcio Battaglia e presentate da Stefano Ragni.


tratto da l'Arena - 16 settembre 2003
I bianchi di Soave ora sfidano gli altri vini d'Italia
Alla vetrina scelti nove doc premiati come Cavalieri pronti per nuovi confronti
(p.d.c.)
Monteforte. Altro che appassionati: chi 10 giorni fa ha partecipato a Soave alle degustazioni legate alla prima edizione di Soave Versus, la vetrina-passerella del Soave della Denominazione, sapeva cosa andava a fare e soprattutto chi andava a "votare". Sabato sera nel salone Ermolao Barbaro del Palazzo Vescovile, cornice della cena di gala che ha accompagnato la proclamazione dei Cavalieri del Soave, la notizia è stata anche questa. Scoprire, infatti, che i pareri espressi dai visitatori sono stati assolutamente concordi mentre quelli della giuria tecnica decisamente meno omogenei, la dice lunga sulla cultura del vino che caratterizza l'enoturista innamorato del Classico bianco d'Italia. Ma l'attesa più grande per le 32 aziende del Soave che avevano preso parte alla manifestazione, presente anche Pieropan come fuori concorso, era comunque legata alla rivelazione di quali siano stati i vini "eletti" a difendere i colori della Denominazione dai grandi bianchi di terraferma e isole. Il primo torneo di Soave Versus, promosso dall'omonima associazione con i Comuni di Soave e Monteforte d'Alpone, il vero cuore della Denominazione, la Provincia, l'Onav, Slow Food, il Consorzio tutela vini del Soave e l'associazione Strada del Vino Soave, "elegge" quali Cavalieri del Soave e del Soave selezione il Soave Classico doc Pressoni 2002 di Cantina del Castello, il Soave Classico doc Monte Tondo 2002 dell'omonima azienda vitivinicola e il Soave classico doc Ronchetto 2002 di Portinari. Quelli del Soave selezione e affinato in legno sono il Soave classico doc I Cerceni 2002 di Cambrago, il Soave classico superiore doc Salvarenza 2001 di Gini e il Soave classico superiore doc Montegrande 2001 di Prà. Il Recioto di Soave docg 2001 di Balestri Valda, il Recioto di Soave docg Le Sponde 2001 di Coffele e il Recioto di Soave docg Vigna Marogne 2000 di Tamellini sono stati, infine, scelti quali Cavalieri della prima Garantita veneta. Per tutti c'è stata una preziosa miniatura che riproduce il primo trofeo di squadra, una coppa frutto, come per le miniature, dell'estro creativo del maestro artigiano Michelangelo Marchi.


tratto da Alto Adige - 16 settembre 2003
GUIDE. In libreria i primi cinque volumi della collana
L'Italia lungo le strade del vino
Sono appena arrivati in libreria i primi cinque volumi della collana "Sulle strade del vino", pensata per gli appassionati del turismo enogastronomico e dedicata alla scoperta delle più importanti aree vitivinicole italiane, sia sotto il profilo eno-gastronomico che artistico, culturale, naturalistico e paesaggistico. Una vera e propria guida d'Italia, in cui il vino diviene l'occasione per visite a luoghi poco frequentati. La collana ha ottenuto il patrocinio del Ministero delle politiche agricole e forestali ed il supporto del Movimento Turismo del vino, che ogni anno organizza importanti manifestazioni a carattere nazionale e locale (Cantine aperte a maggio, Calici di Stelle in agosto, Benvenuta vendemmia in ottobre). Nei primi cinque titoli (Lombardia-Emilia-Romagna; Lazio-Abruzzo-Molise; Valle d'Aosta-Piemonte-Liguria; Veneto-Trentino-Alto Adige-Friuli Venezia Giulia; Toscana), dopo un'introduzione sulle caratteristiche, la storia e gli elementi distintivi della viticoltura regionale, vengono proposti degli itinerari, tutti corredati da apposite cartine dettagliate. Ogni tappa del viaggio si conclude con l'elenco delle aziende, con indirizzi anche di ristoranti, locande e wine-bar.


tratto da Milano Finanza - 16 settembre 2003
Gusto Dal Piemonte alla Sicilia, ecco le sagre enogastronomiche che celebrano i prodotti tipici.
Il palio dei sapori d'Italia
Sul portale Agriclub tante offerte last minute per assaporare le bontà di stagione
di Cristina Cimato
Cosa ci fanno israeliani e palestinesi insieme in Sicilia? Cucinano. Dal 23 al 28 settembre a San Vito Lo Capo (Tp) è di scena la IV edizione del Cous Cous Fest, summit pacifico in cui parteciperanno anche algerini, marocchini, tunisini, senegalesi, brasiliani, francesi e gli abitanti della Costa d'Avorio. Tutti uniti per una gara che premierà il miglior Cous Cous 2003. L'evento è solo uno dei molti appuntamenti enogastronomici a cui, tra il mese di settembre e ottobre, si può partecipare in tutta Italia, anche all'ultimo minuto, attraverso il portale www.agriclub.it. Sul sito c'è una ricca sezione dedicata alle offerte last minute (www.agriclub.it/offerte_utenti.asp), dove si possono consultare più di 80 proposte aggiornate in tempo reale dagli agriturismi. E allora ecco che il protagonista assoluto dei prossimi eventi è il vino, con uno dei suoi rituali più affascinanti, la vendemmia. Nel Roero, in Piemonte, per esempio, dal 14/09 fino al 28/09 alcune aziende agricole accoglieranno i visitatori e daranno la possibilità di vivere da vicino la vendemmia e di fare degustazioni alle cantine. In Umbria, dal 18/09 al 21/09, sarà infatti presentata l'annata 2000 del Sagrantino, fino ad ora in affinamento, in occasione della XXIV Settimana enologica a Montefalco (Pg). Ancora omaggio a Bacco nelle Marche, dove il 20 e 21 settembre nel centro storico di Ortezzano (Ap) è possibile assistere alla festa del vino con la rievocazione storica della pigiatura e degustazione di vini locali. Una delle occasioni più particolari è poi quella di Marino (Rm), dove la prima domenica di ottobre si svolge la Festa dell'uva. In questa giornata speciale, legata alla festa della Madonna del Rosario e caratterizzata da cortei in costume, le fontane della città gettano vino e a coloro che partecipano, viene offerta l'uva. In Toscana l'appuntamento è con la festa dell'uva, del vino e dell'olio di Ciggiano (Ar), dove il 20 e 21 settembre antiche tradizioni contadine, folcloristiche e culinarie si incontrano nella festa dei sapori e dei prodotti genuini locali; nei ristoranti della zona, infatti, le donne di Ciggiano per l'occasione preparano piatti tipici di antica tradizione. E se questo è il momento dell'anno più importante per il vino, altrettanto si può dire per funghi, tartufi e castagne. Patria del tuber magnatum pico, il tartufo bianco, è senza dubbio Alba, dove dal 3/10 al 26/10 si celebra l'annuale Fiera nazionale del tartufo bianco con la possibilità di acquistare i pregiati tuberi e di degustare prodotti tipici e vini locali. In Emilia è invece la festa del fungo porcino. Dal 19 al 21 settembre si festeggia la 28a sagra del fungo porcino di Borgotaro (Pr), un appuntamento gastronomico cui si unisce un più ampio contesto culturale, grazie alle manifestazioni legate alla sagra: concerti, convegni, laboratori per ragazzi e presentazione di libri. Dal 4 al 12 ottobre nel Lazio, a Soriano nel Cimino (Vt), la sagra delle castagne è considerata una delle più suggestive manifestazioni storico-rievocative d'Italia. Uno dei momenti più folcloristici della settimana è scandito dalla gara di colori e di decori delle quattro contrade in cui viene divisa la cittadina, che si confrontano nell'allestimento di rievocazioni storiche, in addobbi delle vie e nella sfida finale per la conquista del Palio, premio della spettacolare Giostra degli Anelli, la prova di abilità di arcieri e cavalieri. Delicatezza del palato, lo strudel, è protagonista del festival di Trento dedicato al connubio di sapori regalato da strudel e vin santo. Dal 18/09 al 21/09 in ogni osteria e pasticceria c'è la possibilità di degustare i due prodotti e in piazza del Duomo viene preparato uno strudel di mele da guinness, lungo 1.000 metri.


tratto da Libertà - 16 settembre 2003
Franciacorta: torna il festival con itinerari enoturistici
C.M.
Al via nei prossimi giorni il festival di Franciacorta, l'appuntamento giunto alla sua quarta edizione che "ha come obiettivo - come ha sottolineato Adriano Baffelli, direttore del Consorzio per la tutela del Franciacorta - la valorizzazione del binomio vino- territorio, che diventa però una triade se vi si aggiunge anche il metodo di vinificazione, che ha reso celebre il vino".L'evento - presentato nei giorni scorsi a Milano in un affollata conferenza stampa - offre la possibilità di conoscere il vino di Franciacorta nell'incantevole cornice di Villa Lechi dove saranno allestiti banchi di assaggio di 38 aziende.Per l'occasione vengono inoltre proposti diversi itinerari enogastronomici, ma anche visite culturali e momenti di spettacolo e animazione (organizzati in diversi pacchetti week end proposti al pubblico)."Il sistema Franciacorta si è consolidato negli anni - ha spiegato l'assessore all'agricoltura della provincia di Brescia, Paolo Mantelli, intervenendo alla conferenza stampa - ha saputo fare sistema e oggi raccoglie il risultato sul mercato internazionale".Del resto anche durante tutto l'anno l'associazione Strada del Franciacorta (una realtà che raggruppa cantine, ristoranti, alberghi, enoteche, ecc..) offre un calendario di opportunità per conoscere il territorio del Franciacorta, oltre che naturalmente il vino.E tra i vini di Franciacorta il presidente del Consorzio Maiolini ha ricordato l'ultimo successo: il Satèn, un prodotto in pieno sviluppo che sta ottenendo consensi sempre maggiori.


tratto da Naturalmente Italiano - 8 settembre 2003
Colline di Romagna: nuovo olio Dop
Arriva il riconoscimento Ue per un altro prodotto tipico italiano
E' l'olio "Colline di Romagna" il nuovo prodotto tipico italiano riconosciuto dall'Unione europea. Così anche questo prodotto nazionale può fregiarsi di un marchio a Denominazione d'origine protetta (Dop).
Per la nuova Dop, infatti, la Commissione europea ha adottato il regolamento grazie al quale l'olio "Colline di Romagna" viene iscritto nel registro delle Dop e Igp e con la pubblicazione in G.u. dell'Unione europea, lo scorso 25 agosto, è stato ufficializzato il suo riconoscimento.
Si tratta di un olio la cui zona di produzione, trasformazione e confezionamento comprende parte dei territori delle province di Rimini e di Forlì-Cesena, in Emilia Romagna.
Nessuna obiezione, dunque, per questa Dop che trascorsi i 6 mesi d'attesa in sede europea ha visto il suo riconoscimento.
Sale, pertanto, a 130 il paniere italiano delle Dop e Igp. Ne restano, al momento, 8 ancora in lista d'attesa.


tratto da Libertà - 8 settembre 2003
Il mito del giornalismo sportivo nel ricordo del collega-amico. Stasera la rievocazione a tavola, come piaceva a lui
Io, Gianni Mura allievo, non erede del grande Brera
di PAOLO GENTILOTTI
Sono passati quasi undici anni da quando Gianni Brera non c'è più, vittima di un incidente stradale a due passi da noi, sulla strada fra Codogno e Casalpusterlengo. Reduce da una cena, di quelle cene-happening a lui tanto care, il più grande giornalista sportivo di tutti i tempi aveva 73 anni. E ancora molte cose da dire e scrivere. E Piacenza vuole ricordare la sua grande figura, quella del padano a tutto tondo, del giornalista ma anche dello scrittore, di chi ha cambiato il modo di scrivere di calcio. Lo farà con una serata eccezionale nell'ambito di Carovane, lo fa con una serata come sarebbe piaciuta a lui: con tanti amici seduti a un tavolo (al ristorante Casabella di Ziano), a ora tarda: vino e sapori della sua terra, perché fra Piacenza e Pavia c'è davvero un tiro di schioppo. Ci sarà anche Gianni Mura, che rifiuta l'etichetta di erede del grande Giuan, ma non c'è dubbio ne abbia raccolto tracce e insegnamenti, tanto da subentrargli nell'immaginario dei tifosi e di chi mangia pane e calcio. Classe 1945, Mura è da anni opinionista di Repubblica, dopo avere iniziato la carriera proprio sotto l'egida di Brera. Al quale resta legatissimo. Memorabile un suo articolo a un anno dalla morte di Brera, intitolato semplicemente "I Senzabrera". Come vive e cosa pensa, oggi, un "senzabrera"? "Quando penso a Brera - risponde Mura - sento una grande riconoscenza nei suoi confronti. Non perché mi abbia dato una mano a far carriera, ma perché mi ha insegnato a credere in questo lavoro. Ritorno al 1965, ero da pochi mesi in Gazzetta ed ero ancora incerto su quale aspetto e prospettiva dare alla mia vita, perché a quei tempi il cronista sportivo era guardato non dico con sospetto, ma con una certa sufficienza. E io avevo radici velleitarie, fra università e recensioni ai tempi del Liceo su film super-impegnati di radice est-europea... Non ero particolarmente portato allo sport, visto che ero grassottello, ma la passione stava nascendo. Così, chiamai Brera per chiedergli un consiglio, gli chiesi se avesse avuto mezz'ora da dedicarmi". E lui? "Intanto ricordo che mi ha risposto dandomi del "lei", ma subito dopo mi invitò a casa sua, a Bosisio Parini, sul lago Pusino. Mi presentai e lui mi diede subito del "tu", visto che eravamo colleghi e mi chiese subito di accompagnarlo a prendere le uova nel pollaio. La mezz'ora che gli avevo chiesto si trasformò in ore e ore. Leggevo Brera da tempo, il conoscerlo così da vicino, il fatto solo che esistesse uno come lui, mi convinse a fare questo mestiere". Perché rifiutare l'etichetta di erede di Brera? "Perché Brera non può avere eredi, il suo stile non è imitabile. Nello sport sono esistiti grandi dualismi, Merckx o Coppi, Pelè o Maradona, nel giornalismo c'è Brera e basta. Io mi considero molto fortunato per avere avuto la possibilità di fare un pezzo di strada con lui". Anche perché eravate diventati grandi amici... "Ci frequentavamo spesso, è vero, soprattutto quando lavoravamo in giornali diversi, quindi avevamo la possibilità di seguire gli stessi avvenimenti. La nostra amicizia iniziò a cementarsi nel '76, ai Mondiali: lui era inviato della Gazzetta, io di Epoca e mandavo servizi anche a Repubblica. Lì iniziammo a passare splendide serate al ristorante, che si chiudevano non prima delle quattro del mattino". Quali erano i vostri punti in comune e quali le differenze? "Ci univano tanti piaceri strettamente umani: il piacere di mangiare e bere bene, di considerare la tavola come l'occasione per uno scambio di idee ed esperienze, il piacere di giocare epiche partita a "scopa" o a bocce. Con lui non condividevo, invece, la passione per la caccia: anch'io vado per boschi, ma solo a caccia di funghi". Qual è la più grande qualità professionale che riconosce a Brera? "Intanto, penso e dico che uno come lui nasce sì e no ogni cento anni. E poi ricordo un episodio per me molto importante. Era il 1964 ed ebbi l'incarico di scrivere il mio articolo per la Gazzetta: un'intervista a Germano, il giocatore che poi sposò la contessa Agusta. Scrissi quel pezzo "alla Brera", infarcendolo di citazioni in dialetto, latino e tedesco. Insomma, un'imitazione vera e propria. Mi chiamò Zanetti, direttore della rosea, e mi disse che quel pezzo l'avrei potuto buttare in quel posto e tirare l'acqua. Lo riscrissi a modo mio: è stata, quella, la prima e ultima volta che ho tentato di imitare Brera". Sì, ma torniamo alla sua grande qualità professionale... "Quella che mi ha sempre impressionato di più era non solo la capacità di creare immagini, la dote di grande raccontatore, ma il suo rapporto qualità-tempo. Lui era bravissimo nel dettare i pezzi "a braccio", cioè senza scriverli, quando si giocavano partite di sera e c'era poco tempo per chiudere i giornali. E nessun lettore, il giorno dopo, si accorgeva che il pezzo di Brera era stato fatto così di corsa e di getto. Anzi, tutti avevano l'impressione che si trattasse di pezzi studiati, riletti e rivisitati. Anche in questo senso ho provato a cogliere il suo insegnamento. Ho provato a usare anch'io il computer, a scrivere mentre si giocavano le partite, ma mi sono sentito un fesso: in pratica vedevo solo il primo tempo delle partite e alzavo gli occhi dalla tastiera quando sentivo solo un boato: non. Non era possibile "non vedere" le partite a quel modo. Così sono tornato alla macchina da scrivere e alla dettatura dei pezzi, cosa quest'ultima che mi ha fatto diventare una sorta di "marziano"". In che senso? "Nel senso che mi sono trovato in grandi sale stampa di grandi avvenimenti a dettare per telefono, con un nugolo di giornalisti giapponesi super-computerizzati intorno. E questi a chiedermi se non pensavo di disturbare gli altri dettando ad alta voce. Gli ho sempre risposto che a me dava noia il loro silenzio". E la più grande qualità di Brera uomo? "Una frase che diceva sempre, alla fine di ogni incontro: se hai bisogno, chiamami. Lì stava tutto il senso della sua grande disponibilità. E poi ho sempre apprezzato la sua grande lealtà, che lo portava a distinguere nettamente fra amici e nemici, senza compromessi". E il suo più grande insegnamento? "Quello di essere libero, di scrivere senza il più piccolo condizionamento. Lui lo ha sempre fatto, anche sbagliando, ma rifiutando sempre qualsiasi ingerenza. Tutto il contrario dei giornalisti sportivi di oggi, che sono diventati "gonfiatori" di avvenimenti che hanno magari scarso valore e sono costretti ad intervistare solo chi decide la società. Non c'è più senso critico, si va per iperboli e grandi aggettivi. I giornalisti che si prendevano la responsabilità di criticare e prendere posizione, sono una assoluta rarità". Ma cosa scriverebbe, come si porrebbe Brera nei confronti del calcio di oggi? "Me lo sono chiesto spesso anch'io. Credo che si sarebbe presto rotto i cosiddetti di questo calcio, dei giocatori di oggi, dei super-manager, di tutte queste stupidaggini. Ma credo che avrebbe continuato a scriverne, perché lui era un malato di calcio. E che lo avrebbe fatto con grande ironia, prendendo in giro tutto e tutti. Anch'io sento un senso di repulsione sempre più forte nei confronti di questo mondo, ma continuo a frequentarlo perché ho sempre la speranza di vedere un gran gol, un'azione che cancella tutto il resto. Anche se il calcio di Maradona e Platini, senza andare tanto indietro del tempo, era tutta un'altra cosa".


tratto da Corriere della Sera - 8 settembre 2003
Governo francese a caccia di soldi, Raffarin vorrebbe un'imposta di 5 centesimi su ogni bottiglia
"Tassa sul vino". Da Bordeaux parte la rivolta
L'ex primo ministro Alain Juppè sta guidando la protesta dei produttori
di Massimo Nava
PARIGI - Molti giornali francesi pubblicano in questi giorni classifica e critiche sui migliori vini di Francia. Ma per i francesi, il più diffuso e irrinunciabile dei piaceri del palato, rischia di essere sempre più amaro. La spesa pubblica fuori controllo potrebbe spingere il governo di centro destra di Jean Pierre Raffarin a colpire uno dei beni-bandiera della nazione: il vino. Una tassa di cinque centesimi d'imposta potrebbe essere introdotta nei prossimi giorni, al fine di recuperare un po' d'entrate fiscali dopo che il ministero delle finanze e dell'economia, proprio ieri mattina, ha comunicato gli ultimi, allarmanti, dati ufficiali sul buco di bilancio. L'accelerazione della spesa pubblica, dovuta in particolare al deficit della sanità, e il calo delle entrate, da mettere in relazione con la difficile congiuntura economica, hanno fatto esplodere il disavanzo: spese in aumento del 3,5 per cento e minori entrate del 6,8 per cento. Adesso il governo corre ai ripari, anche per presentare nei prossimi giorni una legge finanziaria che incoraggi la ripresa e non sia decisamente in rotta di collisione con i parametri di Maastricht. Già nei giorni scorsi, si è riaccesa la polemica con Bruxelles per il deficit pubblico ormai decisamente sulla soglia del 4 per cento. Persino il presidente della Convenzione, Valéry Giscard d'Estaing, ha sentito la necessità di richiamare il governo ad una maggiore attenzione agli impegni e alle regole europee. L'ipotesi della tassa sul vino, già ovviamente avversata dai produttori, sembra per il momento niente più che un "assaggio" nei confronti dell'opinione pubblica francese che sempre più spesso sente parlare di necessari sacrifici. Contro la nuova tassa si è già pronunciato il presidente dell'UMP, il partito della maggioranza, Alain Juppè, il quale, oltre che ex primo ministro, è anche sindaco di Bordeaux e presidente dell'associazione dei produttori locali: difficile immaginare uno scontro nella maggioranza su quello che, assieme ai formaggi, è il prodotto più amato dai francesi, sempre presente sulla tavola di qualsiasi categoria sociale. Una tassa sul vino penalizzerebbe peraltro un prodotto già piuttosto caro, aggredito dalla sempre maggiore concorrenza straniera e ultimamente dalle avverse condizioni climatiche: la gelata dell'inverno scorso e il caldo eccezionale che ha costretto molti produttori ad anticipare la vendemmia. La tassa sul consumo di vino sembra poi in contraddizione con la recente decisione del governo di abbassare del 3 per cento le imposte sui redditi, proprio con l'obiettivo di stimolare la crescita e i consumi. D'altra parte, gli ultimi dati dicono che la spesa pubblica francese è ormai fuori controllo. Secondo alcune fonti del ministero dell'economia, il deficit reale dello Stato sarebbe valutabile fra il 15 e il 20 per cento delle spese, con una progressione notevole negli ultimi mesi, dovuta, come si è detto, anche alle minori entrate: oltre 50 miliardi di euro nei primi sette mesi di quest'anno, contro i circa 37 nello stesso periodo dell'anno scorso. Sotto accusa è in particolare l'assistenza malattia, con un "rosso", nel 2003, vicino ai dieci miliardi di euro. Dopo la riforma delle pensioni, varata in primavera, il governo di Jean Pierre Raffarin, è intenzionato a raccogliere nelle prossime settimane anche la sfida della sanità. Tuttavia, con un approccio molto prudente, con un occhio al dialogo con le organizzazioni sindacali e un altro allo stato d'animo dei francesi, sempre più preoccupati e sempre meno disposti a veder ridurre i vantaggi dello Stato sociale. Proprio ieri, il ministero della sanità, ha diffuso il rapporto d'inchiesta sulla "strage" di anziani durante l'eccezionale canicola d'agosto. Il rapporto punta il dito sui servizi di prevenzione e assistenza a domicilio: un atto d'accusa che, almeno oggi, sconsiglia nuovi tagli. Quindi si tenta la strada di nuove entrate. Cominciando, forse, dal sempre meno "irrinunciabile" bicchiere di Bordeaux.


tratto da il Resto del Carlino - 8 settembre 2003
Con i vini marchigiani brindisi di qualità mondiale
ANCONA - In veste di presidente della terza commissione consiliare Economia e lavoro, Ferdinando Avenali si congratula con le aziende "Terre Cortesi-Moncaro" e "La Vite" di Monteschiavo per i "prestigiosi riconoscimenti ottenuti dal concorso Wine Challenge di Londra".
Le "Terre Cortesi-Moncaro" hanno infatti ottenuto per il Verdicchio dei Castelli di Jesi passito "Tordiruta 2000" il riconoscimento quale miglior vino a vendemmia ritardata (passito) al mondo. "La Vite" di Monteschiavo ha ottenuto per il Verdicchio dei Castelli di Jesi Classico 2000 "Le Giuncare" il riconoscimento di miglior vino bianco d'Italia. Questi riconoscimenti, come altri dello stresso livello ottenuti con il prodotto "Pelago" dell'azienda Umani Ronchi di Osimo e il Verdicchio "Balciana" della Sartarelli di Poggio San Marcello, rappresentano secondo Avenali "i più efficaci strumenti per la promozione della 'immagine Marche' e la più concreta dimostrazione della crescita qualitativa e competitiva delle produzioni agricole marchigiane, a partire dai vini". "Questa è la testimonianza - continua - che gli investimenti pubblici, seppure a volte insufficienti, hanno impresso quella necessaria sollecitazione affinchè le nostre produzioni agroalimentari passassero dalla quantità alla qualità. Questa è altresì l'unica strada sulla quale deve continuare e intensificarsi la politica agricola marchigiana, con gli investimenti pubblici, se si vuole accrescere la sua capacità competitiva e remunerativa per chi vi opera e, nel contempo, per dare garanzie e certezze ai consumatori". "Questi riconoscimenti, di livello mondiale, sono un importante incoraggiamento per il mondo agricolo e le loro associazioni, per le istituzioni, in un particolare momento della politica agricola, anche marchigiana, chiamata sempre più a confrontarsi - conclude Avenali - con la competizione mondiale e con la nuova politica agricola comunitaria".


tratto da il Secolo XIX - 8 settembre 2003
Tradizioni violate
Cinque Terre, vendemmia anticipata, e lo sciachetrà "brucia" il vermentino
Nelle Cinque Terre si vendemmia già da due giorni e la stagione,particolarmente calda, ha avuto la meglio sulla tradizione.Da sempre,infatti,la raccolta delle uve bosco,fermentino e albarola per lo sciachetrà,avviene per ultima, in una vendemmia tardiva che consenta agli acini di assorbire tutto il sole di settembre.Ormai anche la raccolta delle uve da sciacchetrà viene anticipata ma quest ' anno la vendemmiaè assai precoce. " Tutta colpa del cambio generazionale e del fatto che ormai la raccolta dell ' uva si è trasformata in un appuntamento di divertimento per i fine settimana.-spiega il presidente della Cooperativa delle Cinque Terre che raccoglie 250 viticoltori della zona,Matteo Bonanini -Sono i figli o i nipoti dei viticoltori che decidono di tornare nei weekend e di trascorrere le giornate tra le vigne.Ma lo sciachetrà è un vino troppo nobile per essere lasciato alla cura dei dei cittadini.Occorre selezionare le uve sul vigneto,curarne il trasporto,metterle ad appassire nei luoghi e coi tempi giusti.Per questo,la vendemmia è affidata ai vecchi viticoltori,che devono agire prima dell ' arrivo dei vendemmiatori da weekend". Quest ' anno i tradizionali vigneti a terrazza delle Cinque Terre hanno prodotto uve di qualità più elevata rispetto al passato,grazie anche al clima secco dell ' estate che ha evitato marciume e malattie ai grappoli." Ma sulla quantità è meglio non sbilanciarsi " ,commenta Bonanini. Per quanto riguarda lo sciachetrà,le speranze della Cooperativa sono quelle di raggiungere i 100 quintali di uva (pari a circa tremila bottiglie che saranno messe in commercio soltanto nel 2006),il massimo che i soci possono raccogliere e far appassire.


tratto da Alto Adige - 8 settembre 2003
Sull'"Orient Express" anche un vino locale
max
APPIANO. Sulla carta di vini - un centinaio in totale, in rappresentanza di tutto il mondo - offerti sull'Orient Express, il treno di lusso più prestigioso ancora in circolazione, ce n'è anche uno altoatesino. Si tratta del Sauvignon St.Valentin 2001 prodotto dalla cantina sociale di San Michele. La buona notizia è venuta da Alexander von Egen, ex politico e grande conoscitore di vini, che recentemente ha avuto modo di viaggiare sull'Orient Express da Bolzano in direzione Parigi. L'Obmann della cantina di San Michele Anton Zublasing, il capo-cantiniere Hans Terzer e il diettore della cantina Günther Neumair una volta appresa la notizia si sono dichiarati particolarmente soddisatti per questo riconoscimento. All'immancabile brindisi per celebrare la qualità del vino dell'Oltradige non sono voluti mancare nemmeno il sindaco di Appiano Franz Lintner e il direttore dell'associazione turistica Alexander Hamberger. Per la cronaca l'Orient Express in questione è partito a Venezia ed ha finito la sua corsa a Londra.


tratto da la Provincia Pavese - settembre 2003
Taglio del nastro a "Oltrevini"
Molti gli appuntamenti da questa sera a Casteggio
CASTEGGIO. Taglio del nastro ieri sera della trentatresima edizione di Oltrevini, la rassegna dei vini di Casteggio.
Quest'anno è una manifestazione particolarmente ricca. Ieri sera è iniziato il corso più attteso e originale, quello dedicato agli ipo e non vedenti "Ascolta il vino" che proseguirà anche questa sera all'area fieristica di Casteggio.
Il programma per la giornata di oggi è molto articolato. Alle 20.45, alla sala degustazione: "I vitigni storici dell'Oltrepo Pavese" degustazione guidata a cura da Vito Intini, delegato Onav Lombardia.
Alle 21.15 all'area spettacoli c'è il concorso di bellezza "La più bella del mondo" e sfilata di moda, organizza New Model di Piacenza. Alle 22, ancora alla sala degustazione: "Il bonarda nella storia rovescalese e oltrepadana" a cura dell'associazione "Il bonarda storico di Rovescala", intervengono professor Flavio Fagnani e e la dottoressa Invernizzi.
Tra le iniziative collaterali di Oltrevini (ingresso al salone vini è a pagamento, 7 euro) c'è la mostra sull'Italia dell'enosolidarità. In questo contesto a Casteggio arriveranno molti importanti ospiti. Già ieri sera è giunto Giuseppe Randazzo, presidente della cooperativa Monte Jato di Monreale, che presenta il "Vino antimafia", il vino prodotto nelle terre che sono state confiscate ai boss mafiosi.
Ma ci saranno anche silvano Stefanutti, presidente di Villa Russiz di Capriva del Friuli, che da 140 anni si occupa di infanzia abbandonata, Franco Patriarca, titolare dell'omonima azienda di Ghemme ha battuto diverse bottiglie all'asta per finanziare Emergency, Ottavio Rube, della cooperativa Valli unite di Costa Vescovato, dal 1998 produce il vino solidale "Barbera Brisca", che ha aiutato la scolarizzazione del Burkina Faso e poi gli indios delle foreste amazzoniche.


tratto da Unione Sarda - 4 settembre 2003
Produzione in calo ma il vino sarà di buona qualità
Un'estate torrida. E l'uva è appassita
I viticoltori in crisi chiedono lo stato di calamità
di Antonio Martinelli
Appassiti sulla pianta. I grappoli d'uva delle vigne dell'Iglesiente sembrano essere stati colpiti dal lanciafiamme. "Quest'estate è stato un inferno. Stiamo perdendo tutto. Una vera calamità naturale senza precedenti". Lino Rubiu, uno dei più grossi viticoltori della città (insieme alle famiglie Peddis, Aru e Vendrame) si porta le mani nei capelli. "I danni sono immensi. Se andrà bene riusciremo a salvare il trenta per cento del prodotto". È soltanto una delle tante lamentele sollevate nella zona, dove la coltivazione della vigna ha perduto gli antichi splendori ma che resta comunque una voce importante dell'economia. "Una volta - continua il viticoltore - a Iglesias avevamo anche la cantina sociale. Oggi non c'è più e molti producono il vino in casa propria. Tanti di noi hanno trasformato le vigne per produrre uva da tavola. E, purtroppo, questo caldo ha colpito soprattutto questo tipo di prodotto che, nelle attuali condizioni, non si può portare sui banchi dei mercati". Gli acini dei grappoli bianchi dell'uva "Italia" (quella che va per la maggiore nei negozi di frutta e nei market) sono rimasti piccoli, non si sono sviluppati come avrebbero dovuto e, soprattutto, non c'è stata la maturazione regolare. All'esterno i grappoli sembrano anche presentabili. Ma poi l'assaggio dimostra che l'uva non è certo delle migliori. Si sono salvati soltanto i grappoli coperti dalle foglie: ciò che è rimasto esposto al sole è stato bruciato dal caldo. "I danni si registrano in particolare nelle vecchie vigne - spiega Andrea Peddis, enologo, che con la famiglia possiede un attrezzato e moderno vigneto tra i più importanti della città - che non sono state attrezzate con i nuovi sistemi d'irrigazione". In pratica è l'uva di una volta, ideale per ottenere vino robusto, ma un'annata del genere porta a perdere percentuali altissime di prodotto. Anche se poi potrà favorire la qualità. "Per salvare la produzione - spiega ancora l'esperto - doveva essere utilizzata l'acqua. Noi, nelle nostre proprietà, abbiamo dovuto effettuare ben quattro irrigazioni. Di solito bastavano due, ma quest'estate è stata davvero dura. Non ci era davvero mai capitato in precedenza. E, fortunatamente, l'acqua non è mancata". Il caldo di agosto ha creato insomma una sorta di forno. "L'uva è cotta dentro e cruda fuori", dice in parole povere Lino Rubiu, per far capire cos'è successo negli alberelli della sua vigna. "Io ho avuto la possibilità di utilizzare l'acqua - spiega un altro viticoltore, Giovanni Carzedda, che ha aderito alla Confraternita degli appassionati del vino fatto in casa - e il prodotto riuscirò a salvarlo anche se la produzione è in ritardo di almeno un mese". Insomma, c'è chi è corso ai ripari e chi, non potendo o restando legato alla tradizionale coltivazione della vite, sta rischiando di perdere tutto o quasi. Un mare di lamentele è già arrivato anche sul tavolo della Coldiretti. In via Valverde i viticoltori si sono presentati a decine per capire se la Regione potrà intervenire. Anche se i tempi sono cambiati e i contributi a fondo perduto non potranno più arrivare "a pioggia" come una volta. "I danni, in effetti, sono enormi, anche a Iglesias - spiega Gianluigi Rubiu - dove la coltivazione della vite è ridotta rispetto ad altri periodi. Però, è una situazione che si estende anche ad altre zone. Comunque, gli iglesienti stanno riscoprendo la vigna". Quattro o cinque produttori sono impegnati nel settore e riescono a produrre un prodotto di qualità che vendono anche nella penisola. "Ci sono poi tanti piccoli appassionati, con due o tre ettari di vigneto, che stanno ottenendo importanti risultati. Le prospettive positive - aggiunge il segretario della Coldiretti - si stanno nuovamente concretizzando e non è escluso che, con la disponibilità dell'acqua, la valle del Cixerri possa nuovamente ritornare un giardino per la coltivazione della vite".


tratto da il Resto del Carlino - 4 settembre 2003
A Offida "Divino in Vino"
Serafino Camilli
OFFIDA - Con la partecipazione di tecnici e operatori del settore vitivinicolo, oggi alle 18, presso la sala dell'enoteca regionale verrà inaugurata la manifestazione "Divino in Vino" organizzata dalla Vinea . Dopo il saluto del sindaco di Offida D'Angelo e del presidente della Provincia Colonnella, interverranno Ido Perozzi, presidente Vinea, Riccardo Strano, coordinatore dell'assessorato regionale al turismo e il presidente della Giunta regionale Vito D'Ambrosio. Sulla rivista Vinea, Perozzi ricorda che durante "Divino in Vino", verrà lanciato il "Marchio d'Area" che rappresenta un ulteriore tassello del grande mosaico di sviluppo territoriale e ha aggiunto che verrà avviato il programma di "zonazione" dell'area Doc Offida, un progetto che metterà in grado i produttori di ottenere il meglio dalla nostra terra e dai nostri vitigni. Il presidente ricorda poi che è in avanzata fase di svolgimento il master organizzato dall'Università di Macerata in Gestione dei servizi agroalimentari che ha la finalità di formare qualificate figure professionali e, illustrando il perchè di tali iniziative, spiega che :"L'ulteriore sforzo da fare in questa fase è di avviare un importante programma di promozione che sia in grado di proporre le nostre valenze produttive ai mercati mondiali, garantendo così un valore aggiunto alle nostre imprese".Un programma articolato e la Vinea è certa che produttori e istituzioni non si tireranno indietro.


tratto da l'Eco di Bergamo - 4 settembre 2003
Vendemmia: in Lombardia siamo al 40%
"La vendemmia in Lombardia è giunta al 40% della raccolta dell'uva per quest'anno". E le previsioni sono per una chiusura anticipata di quindici giorni rispetto alla tradizione, con gli ultimi grappoli che "in Lombardia saranno recisi in Valtellina dove si lavorerà fino ai primi di ottobre".
A tracciare un primo bilancio della vendemmia nella regione è Vittorio Ruffinazzi, presidente dell'Ascovilo, l'Associazione dei consorzi dei vini della Lombardia. "Una vendemmia particolare - la definisce Ruffinazzi in una nota - caratterizzata dal grande caldo e dalla straordinaria siccità, che in alcune zone è stata iniziata addirittura il 5 agosto".
Quanto alla qualità, il presidente dell'Ascovilo considera quella di quest'anno "un'uva ottima ma con una media del mosto inferiore del 20% rispetto all'anno passato" e dalla cui spremitura si otterrà un vino pregevole "soprattutto per la qualità e un po' meno per la quantità". A beneficiarne soprattutto i rossi, in luce, a detta di Ruffinazzi, "per l'alto grado alcolico, la particolare corposità e una notevole intensità di colore".
Proprio la vendemmia dei rossi è ormai ai blocchi di partenza. Anzi, in alcune situazioni nei vigneti lombardi si sta già lavorando per raccogliere le prime uve. Anche in Bergamasca, dopo le operazioni di raccolta dei bianchi, si stanno affilando le forbici per dare il via alla vendemmia per i rossi. Qualcuno, a dire il vero, si è già mosso soprattutto per quanto riguarda la raccolta delle uve Merlot. Il grosso, però, farà muovere mezzi ed uomini solo nei prossimi giorni.
E in attesa dei risultati concreti della raccolta, si parla ancora di stime. E per la vendemmia 2003 qualcuno indica che verrà registrato il "minimo storico" a causa della siccità. Il grido d'allarme in questo senso è stato lanciato da Ismea e Unione italiana vini che hanno rivisto al ribasso le stime di luglio, da 50 a 46,3 milioni di ettolitri.
Come già il 2002, "anche il 2003 - ha commentato Ezio Rivella, presidente dell'Unione italiana vini - passerà alla storia come un'annata di magra, la più povera dell'ultimo trentennio dopo quella dell'anno scorso". Tuttavia, concorda anche Rivella sull'alto valore qualitativo della vendemmia 2003. "Il caldo non ha avuto solo effetti negativi - dice -: siamo infatti in presenza di uve sane e di buonissima qualità".


tratto da l'Eco di Bergamo - 1 settembre 2003
Budapest. Festival internazionale del vino e dello spumante: dal 7 al 17 settembre
Al castello di Buda fiumi di spumante per festeggiare la vendemmia
R. V.
Nella capitale ungherese gli appuntamenti di festa, di cultura, di musica, di sport e di arte si susseguono in ogni mese dell'anno. La vita diurna e notturna del resto a Budapest è sempre particolarmente animata, in ogni stagione, da eventi nazionali che si svolgono nelle cornici di sontuosi palazzi oppure all'ombra di albero secolari dei suoi grandi parchi.
Lo scorso mese di agosto, ad esempio, si sono svolti il Festival della Musica sull'Isola di Obudai, la Sagra dei mestieri artigiani, il Festival del folclore, il Gran Premio automobilistico di Formula Uno, che purtroppo non ha portato bene per le rosse di Maranello, ma ha saputo portare a Budapest migliaia di visitatori, appassionati di automobilismo che però hanno pure avuto l'occasione di mettere i panni del turista per vedere le bellezze di questa splendida città.
Sono stati oltre 300 mila, dal 30 luglio al 6 agosto, gli ingressi a pagamento nell'Isola di Obudai, sul Danubio, trasformata in una città nella città per la dodicesima edizione dell'affermato festival delle varie tendenze musicali. Una cifra che la dice lunga sull'interesse riscosso dall'iniziativa. Centinaia i concerti e gli spettacoli che si sono susseguiti giorno e notte, migliaia i giovani accampati sull'isola per vivere la manifestazione.
Questo mese di settembre sarà la volta del Festival internazionale del vino e dello spumante: dal 7 al 17 settembre, appuntamento annuale per migliaia di turisti, una vera e propria festa dell'enogastronomia, che ha il suo momento più importante al castello di Buda, dove si potranno degustare e comprare i vini dei migliori produttori ungheresi ed esteri. Il 13 settembre corteo della vendemmia e il 17 settembre asta dei vini più pregiati. Appuntamenti enologici anche fuori Budapest. Dal 5 al 7 settembre festa della vendemmia a Badacsony, sulla riva settentrionale del lago Balaton. Il 13-14 settembre appuntamenti enologici a Szentendre, 20 chilometri a nord di Budapest. Dal 26 al 28 settembre festa della vendemmia a Pecs, mentre i vini di Tokaj avranno la loro celebrazione nella omonima zona di produzione dal 2 al 5 ottobre (sono in programma spettacoli folcoristici, fiera del'artigianato e degustazioni). Dal 5 al 20 settembre festa della paprika a Kalocsa, suggestiva cittadina a 120 chilometri da Budapest, capitale del peperoncino ungherese.
Per informazioni: Ufficio Turistico Ungherese, via Alberto da Giussano 1, 20145 Milano,
telefono 02-48195434, fax 02-48010268.
www.turismoungherese.it
info@turismoungherese.it



tratto da Libertà - 1 settembre 2003
In mostra a Casteggio: l'uva dai terreni confiscati al boss Agrigento
Pronte le bottiglie di vino anti-mafia
r. i.
Milano - E' pronto il vino antimafia, un bianco le cui uve sono cresciute sui 14 ettari di terreno confiscati al boss Romualdo Agrigento. Le prime bottiglie saranno presentate alla mostra "L'Italia dell'enosolidarietà", inserita all'interno della manifestazione "Oltrevini", in programma a Casteggio da oggi al 7 settembre.Per la 33/a edizione, che coincide con l'anno europeo della disabilità, OltreVini ha scelto di presentare nella mostra le più significative fra le iniziative benefiche realizzate nel mondo del vino. Accanto al vino antimafia, saranno in mostra le etichette braille di Villa Caplet per il Soave doc e la Valpolicella Doc; il bollino "Wine for life", appena lanciato dalla comunità di Sant'Egidio per la lotta all'Aids in Mozambico; e poi i vini prodotti da comunità come San Patrignano e Villa Russiz-Istituto Adele Cerruti, che ospita bambine orfane o abbandonate.A Casteggio, inoltre, verrà varato il corso per ipo e non vedenti "Ascolta il vino", curato da Andrea Giomo, Docente di Analisi Sensoriale presso la Facoltà di Agraria dell' Università Politecnica delle Marche.La degustazione, in gergo, viene chiamata "Blind test", e gli enologi spiegano che per giudicare davvero la qualità di un vino non bisogna lasciarsi ingannare dalla vista, prendendo magari un "bel rosso" per un "buon rosso". Non a caso, molti dei migliori degustatori di champagne sono non vedenti. L'approccio del corso di Casteggio, infatti, parte proprio dalla sensibilità degli allievi e dalla loro migliore capacità di percezione gusto-olfattiva.Con dispense in Braille e a caratteri ingranditi, realizzate dall'Unione Italiana Ciechi di Pavia, il programma del corso, in 8 lezioni, prevede Analisi sensoriale, Introduzione al vino ed Esercitazioni. Ottenuto il patrocinio dell'Unione Italiana Ciechi nazionale, dopo Casteggio il corso sarà poi diffuso a livello nazionale e per l'autunno arriverà a Milano, Pavia e Verona. Per sostenerne i costi, il Consorzio dei Vini dell'Oltrepò Pavese ha previsto un'asta di vini d'annata e storici, che avrà fra le bottiglie di richiamo anche il glorioso Clastidium degli anni 70.


tratto da Brescia Oggi - 1 settembre 2003
SERLE. Al via un corso serale dedicato alla conoscenza dei vini e dei distillati
L'arte del bere si studia a tavola
di Alfredo Laffranchi
Il Comune di Serle, in collaborazione con la Pro Loco, propone un mini-corso teorico-pratico per chi desidera conoscere il vino e per meglio apprezzarlo. Lo slogan che ha motivato gli organizzatori e': "Bere e' un piacere; saper bere e' un'arte". Il percorso di approfondimento della conoscenza del vino sara' guidato da relatori esperti e qualificati dell'Ais (Associazione italiana sommeliers). Il corso sul vino sara' serale per consentire la partecipazione anche a chi lavora. Per la precisione, le lezioni si terranno presso presso la Casa del Fante di Serle, dalle 20.30 alle 22.30 nei seguenti giorni: 17 e 24 settembre; 1,8 e 15 ottobre. Per ulteriori informazioni e per le iscrizioni bisogna rivolgersi, entro e non oltre venerdi 5 settembre, al Comune di Serle, chiamando il numero di telefono 030 6910370. La quota di partecipazione e' di 110 euro, tutto compreso (bicchieri di degustazione, cavatappi e dispense delle lezioni). Il corso sara' assai intenso e formativo. Prevede, in primo luogo, una approfondita ed esauriente conoscenza del vino e della sua degustazione. Dopo aver esaurito l'argomento vino (e degli abbinamenti cibo-vino) si parlera' anche della birra e dei distillati (tra cui, ovviamente la grappa). L'ultima giornata del corso, mercoledi 15 ottobre, sara' dedicata alla visita di una cantina in Franciacorta.


tratto da la Nazione - settembre 2003
Nuovi corsi per barmen
VIAREGGIO - L'Aibes, la prestigiosa associazione dei barmen e sommelier, organizza in Versilia corsi di formnazione di primo e secondo livello per barman, una professione che da anni non vede crisi occupazionale. Gli interessati possono rivolgersi a Leone Felaco, al Caffè Vip di via Garibaldi 65 (0584-45.971), e ai numeri 320.029.40.44 e 339.266.77.31. I corsi si articoleranno in 12 lezioni spaziando dalla conoscenza dei liquori e delle materie prime alla tecnica di miscelazione, dalle ricette ai modi di somministrazione.


tratto da Alto Adige - settembre 2003
Non viene condivisa l'iniziativa della cantina di Cornaiano. Commenti ironici: è stata solo un'efficace propaganda
Vendemmia notturna, esperti perplessi
"Con questo caldo è meglio raccogliere l'uva al mattino presto"
MAGRÈ/CORNAIANO. Un'esigenza dettata dal caldo opprimente oppure un'azione per farsi pubblicità? Si discute, negli ambienti agricoli, a seguito della vendemmia notturna effettuata mercoledì sera, in un vigneto di Monticolo, dalla cantina di Cornaiano. Gli esperti concordano: "La raccolta di notte non ha alcun senso: la temperatura dell'uva è sempre la stessa. Meglio sarebbe raccoglierla nelle prime ore del mattino". Conferma la cantina: "Visto che nelle ore notturne la media è di 21 gradi, è stata quasi obbligatoria la scelta di vendemmiare con la luce artificiale". La raccolta dell'uva dalle 22 in poi - fatta mercoledì sera a Monticolo dalla cantina di Cornaiano - non convince gli esperti. "La vendemmia notturna non trova giustificazione per quanto concerne la temperatura dell'uva che rimane quella diurna", è il parere unanime. Secondo il presidente delle cantine produttori Arnold Terzer: "Si potrebbe, al limite, ipotizzare l'anticipo nelle ore mattutine quando l'atmofera è fatta più fresca. Anche per me è stata una boutade pubblcitaria, tra l'altro ben riuscita". Sono perplessi anche i tecnici dell'Ufficio di consulenza per la viticoltura: "Non ci sono basi tecniche per suffragare un tale principio - sostiene Manuela Unich del Centro di Egna - le ore notturne non giustificano per nulla una simile decisione. Semmai è opportuno anticipare la vendemmia nelle prime ore del mattino". Resta il fatto che la vendemmia notturna di mercoledì non ha precedenti, almeno in provincia di Bolzano. È un fatto ricorrente in Sicilia - tanto per fare un solo esempio - dove però le elevate temperature di questa estate sono da considerare normali. Insomma l'iniziativa della cantina di Cornaiano, negli ambienti agricoli della Bassa Atesina e dell'Oltradige, è stata accolta con il sorriso - decisamente ironico - sulle labbra: "Certo - è una delle osservazioni più ricorrenti all'indomani della pubblicazione della notizia - che se quelli di Cornaiano volevano pubblicità gratuita l'hanno trovata. Proprio per questo bisogna togliersi il cappello e congratularsi con loro". Dalla cantina di Cornaiano rispondono: "Nessuna pubblicità. L'iniziativa è stata organizzata proprio in conseguenza del fatto che di giorno l'uva arrivava in cantina con una temperatura attorno ai 30 gradi".


tratto da il Giorno - settembre 2003
Moscato, Fumin e Torrette. Quando il vino è "eroico"
di Terenzio Medri
AOSTA - Questa è un'epoca favorevole alla Valle d'Aosta, perché il gusto internazionale sta lasciando spazio a vini che sono l'espressione di un territorio e della sua gente. Bene ha fatto, quindi, la Regione a vietare l'impianto del cabernet-sauvignon, un vitigno che si trova in tutto il mondo e che qui avrebbe avuto ben poco da dire. I produttori valdostani, con le loro piccole produzioni che Moreno Rossin, profondo conoscitore della realtà valdostana e presidente regionale dei sommelier, definisce "eroiche espressioni di una tradizione che non si è mai lasciata contaminare", salgono alla ribalta. Le loro produzioni sono poco conosciute, ma non per questo meno apprezzabili: primo fra tutti il Moscato passito che Andrea Costa, enologo della "Crotta de Vegneron" di Chambave, produce da un vitigno di moscato bianco; è un grande vino da meditazione con profumi che ricordano il timo, l'acacia, la pesca, la mandorla dolce, i fichi appassiti, il miele. Per non uscire dalla tradizione, a Chambave si produce un grande rosso, il Fumin, vino suadente con intensi e ampi profumi speziati chiusi da delicati sentori di frutta rossa; è un vino di grande corpo ed eleganza che, nei mesi freddi, trova il miglior abbinamento con le carni di camoscio e cervo servite con ottima polenta. Infine non si può trascurare il Torrette, il vino più comune della Valle d'Aosta, prodotto essenzialmente da vitigno petit rouge; eccezionale il Superiore che l'enologo André Barnaz produce con l'azienda Di Barrò.


tratto da il Gazzettino - settembre 2003
LA PROVINCIA HA CHIESTO LO STATO DI CALAMITÀ NATURALE PER L'AGRICOLTURA
Distrutte serre, interi vigneti e coltivazioni di frutta e ortaggi
di Orfeo Meneghetti
Dice un adagio contadino "col seco xe bona anca la tempesta", ma ieri mentre cadevano chicchi di grandine grossi come arance, i produttori agricoli devono aver certamente dubitato della saggezza degli antichi. Dopo una stagione eccezionale in termini di siccità, anche la grandine ha assunto i contorni di un evento che nessun vecchio agricoltore ricorda. E di eccezionalità in eccezionalità, anche i danni sono stati particolarmente gravi nel settore agricolo nei comuni di Vigonza, Albignasego, Bagnoli e Agna. Danni rilevanti anche alle auto. Molti i capannoni scoperchiati anche di attività artigianali. E' un bollettino di guerra quello che è stato presentato all'assessore provinciale all'Agricoltura Luciano Salvò, dai sindaci dei comuni colpiti dall'eccezionale evento atmosferico. "I danni sono ingenti e per ora non è possibile fare nessuna stima, - ha sostenuto Salvò - adesso dobbiamo attivarci per chiedere lo stato di calamità naturale per l'agricoltura e per gli edifici pubblici. Si tratta di due strade diverse. La prima riguarda il fondo di solidarietà nazionale, chiederemo agli organismi agricoli competenti di definire la zona e di provvedere alla stima e poi liquidazione rapida dei danni; mentre per gli edifici civili la situazione è legata alla normativa regionale. Se la legge non fosse finanziata con i comuni faremo squadra per ottenere la liquidazione da parte della Regione". Intanto i comuni colpiti dalla grandine hanno chiesto lo stato di calamità naturale. Ecco un primo quadro dei maggiori danni registrati nei centri più colpiti. Vigonza, le serre delle ditte florovivaistiche sono andate completamente distrutte, delle piante in terreno aperto, le ortensie in particolare, non resta che il fusto."La violenza con la quale è caduta la grandine è stata tale da forare il doppio strato delle serre di nylon - ha detto l'imprenditore Silvio Zancanaro - ed ora dobbiamo rimboccarci le maniche". Situazione analoga nella aziende florovivaistiche di Capriccio di Vigonza ed anche di Saonara. Molti i danni anche alle autovetture. Ad Albigansego la grandine ha distrutto le strutture delle serre destinate alla coltivazione di fiori. La grandinata ha colpito in maniera pesante il comune di Bagnoli in particolare la frazione di S. Siro dove il 40-45 per cento dell'uva è andato perso come ha sostenuto l'imprenditore agricolo, Nicola Pastore. Un incendio, sembra causato da un fulmine, ha distrutto completamente una casa colonica che era in restauro. L'edificio doveva essere convertito in un agriturismo Nel comune di Agna l'intero territorio comunale è stato duramente colpito. Le plafoniere dell'impianto dell'illuminazione pubblica sono state distrutte. Scoperchiati i tetti degli edifici pubblici e di molte case. Perdite ingenti in agricoltura soprattutto uva, frutta e ortaggi. A Stanghella il tetto di una stalla dove si allevavano bovini da carne è stato divelto dalla furia del vento. I danni si aggirano sui 50 mila euro.


tratto da Corriere della Sera - settembre 2003
Come dice un vecchio adagio, la migliore vendemmia è sempre l'ultima
di Francesco Arrigoni
Come dice un vecchio adagio, la migliore vendemmia è sempre l'ultima. Ma quest'anno siamo davvero in presenza di una vendemmia storica. Nel senso che non se ne è mai vista una così precoce a memoria d'uomo, e che con ogni probabilità sarà la più scarsa del secolo, con un calo che dovrebbe attestarsi intorno al 20%. Più difficile la previsione riguardo alla qualità, che sarà diversa da zona a zona: partendo da un buon generalizzato, ci saranno alcuni territori che si distingueranno per vini molto buoni, e pochi per un vino eccezionale. Insomma - salvo eccezioni - non sarà la vendemmia del secolo. La siccità non ha giovato alla vite, che in molti luoghi (dove non sono arrivate piogge o irrigazioni) ha sofferto molto, andando in stress. Quindi si potranno avere sì vini ricchi e alcolici, ma un poco squilibrati. Rischiano maggiormente i bianchi che hanno acidità più basse e un patrimonio aromatico (responsabile dei profumi) bruciato dal caldo. Potrebbe essere meglio per i rossi, che saranno molto concentrati e piuttosto tannici. Il dato positivo è che ovunque le uve sono sane perché grazie alla siccità si sono fatti meno trattamenti antiparassitari. Hans Terzer , Kellermeister della cantina di San Michele Appiano, evidenzia il problema: "In Alto Adige è un'annata difficile da interpretare, soprattutto per i bianchi, con sovramaturazione delle uve, acidità basse, rese contenute. Va meglio per i rossi. Vini migliori verranno dalle zone più alte e fresche. Ma la differenza la faranno gli enologi che sapranno affrontare situazioni estreme". Buone nuove dalle Langhe, in Piemonte, dove si fanno Barolo e Barbaresco. Luca Currado della Vietti di Castiglione Falletto spiega: "Il Nebiolo ha un acino più piccolo e ha sofferto meno del Barbera. Chi ha saputo diradare e ridurre la produzione è stato premiato. Paradossalmente hanno sofferto di più il caldo i vigneti sui bricchi più in alto. In ogni caso aspettiamo un'annata davvero molto buona. Il rischio è quello della grandine, che in alcune zone ha già falcidiato il raccolto. Altrimenti saremo molto soddisfatti". Beppe Bologna di Braida di Rocchetta Tanaro (Asti) ha già terminato la raccolta. Sarà una buona vendemmia per i bianchi, ma anche per il Moscato d'Asti e per alcuni rossi normali. Il Brachetto d'Acqui, che ha reso solo il 50%, è comunque valido. C'è molto ottimismo per la Barbera: "La maturazione è precoce ma ottimale, e per di più l'acidità - che è il principale problema di questo vino - si è ridotta. Ci sono le condizioni per un'annata memorabile. Di contro la resa è molto bassa, dal 30 al 40% in meno, anche se potrebbe non essere un grande problema dal momento che molti in Piemonte hanno le cantine piene di vino delle annate precedenti".
Il problema più importante è stato l'anticipo della raccolta, come dice Maurizio Zanella di Ca' del Bosco, uno dei leader della Franciacorta. "Fortunatamente abbiamo costantemente monitorato i vigneti e già a fine luglio ci siamo accorti che le uve per la base del Franciacorta erano già mature. Così abbiamo iniziato a vendemmiare il 5 di agosto. Mai visto. Chi ha aspettato anche solo dieci giorni farà sì spumanti ricchi, tuttavia risulteranno meno interessanti e variegati. I bianchi sono già tutti raccolti, così come il Pinot nero. C'è una certa contrazione di prodotto, ma non dovrebbe superare il 10%". In Valpolicella, dove la vite è stata beneficiata da piogge provvidenziali, si comincia ora una vendemmia nettamente anticipata che, secondo Franco Allegrini dell'omonima azienda agricola di Fumane, si preannuncia molto buona, se non di più. Con gradazioni alcoliche sostenute e ottime prospettive per la produzione di Amarone. Pochi chilometri più in là, nella zona dei bianchi di Soave, Roberto Anselmi si dimostra molto soddisfatto della vendemmia: "Ottima qualità, soprattutto per chi ha prodotto poca uva per pianta. Chi ha esagerato, alla fine ha raccolto uve squilibrate. La quantità mi sembra appena sotto la media. Per il giudizio sulla validità del prodotto bisogna aspettare la fine delle fermentazioni. C'è solo qualche preoccupazione per l'intensità dei profumi". Spostandosi verso est nel Collio, il territorio dei migliori vini bianchi d'Italia, Marco Felluga, presidente del Consorzio del Collio, non nasconde invece le sue preoccupazioni per la quantità: "La vendemmia dei bianchi è finita, il calo produttivo c'è. Le cantine sono vuote, c'è stata una corsa all'accaparramento, con conseguente incremento dei prezzi della materia prima, che non dobbiamo però riversare sul vino in bottiglia. La qualità sarà senz'altro più che buona, anche se dovrà fare i conti con acidità più basse e aromi meno intensi". Variegata la situazione dell'Italia centrale. Non è ancora finita la vendemmia del Verdicchio dei Castelli di Jesi, ma ci si aspetta una vendemmia valida. Sarà l'annata del Montepulciano d'Abruzzo, che è maturato bene grazie a piogge ben distribuite e non ha sofferto il caldo. Più problematica la situazione in Toscana. Bene per varietà internazionali, quali il Cabernet Sauvignon, che hanno dimostrato di tenere bene il caldo, come conferma Niccolò Incisa della Rocchetta che produce il Sassicaia a Bolgheri. "Ci sarà un calo del 20%, ma confidiamo in un'ottima annata".
Più fluida la situazione del Sangiovese (con il quale si producono il Chianti, il Brunello di Montalcino e il Nobile di Montepulciano) che ha molto sofferto il caldo. Stefano Chioccioli , enologo tra i più esperti di questo vitigno, si dice però fiducioso. "La situazione è a macchia di leopardo, occorrerà fare molta attenzione nel diversificare la raccolta vigneto per vigneto. Il Sangiovese è un vitigno tardivo e per fare un'ottima raccolta ci vorrebbe ora una bella pioggia. Certamente i risultati migliori si otterranno dalle vecchie viti e dai vigneti piantati su terreni più profondi come il galestro del Chianti Classico. Certamente sarà un'annata scarsa: mancherà il 20-25% del prodotto e anche di più in alcune zone". Più interessante il quadro al Sud, dove la vite da secoli è acclimatata al gran caldo. Nel Vulture, grazie a piogge ben distribuite, si prospetta un'ottima annata per l'Aglianico. In Puglia, come conferma Serafino Garofano , il più famoso enologo della regione, "c'è un calo che arriva fino al 40% per il primitivo e al 20% per il Negraoamaro, ma l'annata è davvero notevole. Contrariamente a quanto ci si immagina, la vite ha sofferto meno degli altri anni, e siamo molto fiduciosi". Per la Sicilia, si prospetta un anno d'oro. "È un'annata davvero eccezionale. Soprattutto a Pantelleria". Non ha mezze misure Marco de Bartoli , produttore "pasdaran" del Marsala, ma con vigna anche a Pantelleria. "Qui l'annata agronomica è stata perfetta: inverni freddi, buona quantità di pioggia, estate calda ma ventilata, raccolta solo leggermente anticipata. Ora stiamo essiccando le uve sotto il sole di agosto, il migliore. Annata stra-ordi-na-ria , spero di poterne rivedere un'altra così nella mia vita. Per il resto della Sicilia sarà un'ottima annata, soprattutto per chi avrà saputo fare delle selezioni. Lucina Biondo , agronomo di Cottanera sull'Etna: "Stiamo facendo una vendemmia "a zona" per differenziare le uve migliori, quelle turgide, da quelle sovramature e torrefatte. La produzione sarà leggermente inferiore alla media".


tratto da il Mattino - settembre 2003
La Sastri vendemmia di notte a Pietratorcia
di CIRO CENATIEMPO
"La sperimentazione della vendemmia notturna era cominciata in Sicilia. Per noi è stata una scelta necessaria, anche sulla spinta di un'estate soffocante che ha già stressato l'uva ed avrebbe spossato i raccoglitori, al lavoro sotto il sole. Insomma abbiamo celebrato un minimo rito magico, nel rispetto delle viti e degli uomini". Così Vito Verde, presidente delle Cantine Pietratorcia di Forio d'Ischia, la scorsa notte, che pure è stata accompagnata dalla prima pioggerella ventosa d'agosto, ha commentato l'esperienza condivisa con numerosi amici, guidati in campagna, tra tralci e grappoli, da Franco Iacono, con i figli Vito e Gino, ovvero il nume tutelare, l'amministratore e il responsabile tecnico dell'azienda. La soirée è cominciata alla casa madre sotto il pergolato del punto degustazione, nel rispetto pieno della tradizione gastronomica curata da Rossana Verde: insalata di patate, cipolle e pomodori; trecce di mozzarella di bufala; peperoncini dell'orto; salame napoletano, pasta con i fagioli spolichini; brindando con i vini rossi "Ianno Piro" e "Scheria". Una fetta d'anguria e via libera ai gesti millenari della vendemmia tra le vigne di Cuotto e Chignole. Si sono lasciati coinvolgere, in allegria, il prefetto Renato Profili; l'assessore regionale all'Agricoltura, Vincenzo Aita; l'attrice Lina Sastri; il sindaco di Positano, Ottavio Fusco; la musicista Susanna Pascetti, appena arrivata da Oslo: il 2 settembre tornerà sull'isola per dirigere un concerto dedicato a Vivaldi ed al tango, nell'ambito di Settembre sul Sagrato.


tratto da Alto Adige - settembre 2003
LA VENDEMMIA
"Saranno vini più morbidi"
L'incontro dell'Associazione enologi a San Michele
TRENTO. I vini di quest'anno saranno di ottima qualità, ma un po' più "morbidi" e corposi del solito. "Il gusto cambierà un po', si sentirà più la morbidezza e meno l'acidità", ammette Gianni Gasperi, presidente trentino dell'Associazione enologi enotecnici italiani che ieri pomeriggio ha riunito gli enologi trentini per un incontro tecnico sulla vendemmia 2003 all'Istituto agrario di San Michele. Il caldo record e le sue conseguenze sono state al centro del dibattito. E' stato Enzo Mascalchin, del Centro di assistenza tecnica, a mettere nero su bianco i dati: da maggio a luglio 2003 si è avuto un aumento di ben tre gradi rispetto alla media ventennale di stagione, e tutto ciò a fronte di una diminuzione notevole della piovosità di periodo. "Queste situazioni hanno accelerato le fasi e l'anticipo della maturazione dell'uva", sottolinea Gasperi. "E la scarsità delle precipitazioni ha consentito di portare le viti a una situazione fito-sanitaria più naturale e controllabile, puntando su trattamenti biologici evitando così quelli chimici". L'incontro è avvenuto nel bel mezzo della vendemmia anticipata. La stima parla di un 5% rispetto all'anno scorso: "E' comunque un'annata scarsa, ma lo si sapeva. Ancora venti giorni fa si vedeva che col caldo e con la siccità i grappoli si erano ingrossati meno". Mentre i bianchi sono vicini al giro di boa, la prossima settimana si inizierà con i rossi. Prima il Pinot Nero, poi il Teroldego, infine verso la metà del mese Merlot e i vari Cabernet. La settantina di esperti presenti all'incontro ha potuto apprezzare le varie relazioni tecniche, contenenti numerose indicazioni tecnologiche da mettere in pratica nel lavoro quotidiano nelle varie cantine trentine. "Nonostante le bizze del clima, sono convinto che quest'anno ci saranno dei buonissimi vini trentini, seppure un po' diversi", conclude Gasperi.


tratto da Alto Adige - settembre 2003
Caldaro, viene presentata la rassegna dedicata al vino
CALDARO. Domani alle 11 presso lo Schlosshotel Ahrental sarà presentata la diciottesima edizione dei "Kalterer Weintage", rassegna vitivinicola alla quale prendono parte tutte le più quotate cantine locali. A fare gli onori di casa saranno Josef Sölva, presidente del comitato delle "Giornate caldaresi del vino", e l'Obmann del consorzio wein.kaltern, Sighard Rainer. Quest'ultimo presenterà il nuovo "wein.kaltern magazine", nel quale saranno contenute le principali novità del settore ed anche le varie strategie che si intendono concretizzare per la promozione dei prodotti locali. "La presenza dei produttori e dei Kellermeister - spiega Josef Sölva, presidente del comitato organizzatore - offre la possibilità anche ai profani di apprendere le peculiarità dei singoli prodotti".


tratto da il Messaggero - settembre 2003
Grandi vini dove osano le aquile
di GIACOMO A. DENTE
ROMA - Passerella di gala per i vini italiani. Quelli più grandi. E cornice degna di un evento al top, tra le montagne e le eleganze mondane di Cortina d'Ampezzo. L'occasione è Vino Vip , di scena dal 4 al 6 settembre, nato da un'idea di Civiltà del Bere , uno dei grandi magazine di riferimento per gli appassionati di enogastronomia. Spiega Pino Khail, guru della rivista, esperto di fama mondiale e "barometro" sensibile delle tendenze del vino nel nostro Paese negli ultimi anni: "abbiamo voluto applicare alla riflessione sul vino il modello di Cernobbio, piuttosto che quello di Davos, vale a dire che ci siamo sforzati di creare un contenitore dove politica, produzione, ricerca potessero confrontarsi in forma non ingessata sui temi del bere di qualità". Da qui l'idea di non ricorrere a formati troppo rigidi, come le solite conferenze, ma di coinvolgere tutte le componenti del mondo del vino in iniziative "aperte", concrete, utili a fare un vero punto della situazione. Momenti clou a Cortina? Un grande talk show condotto giovedì prossimo 4 settembre da Fabrizio del Noce, seguito da una degustazione del tutto particolare, prevista per il giorno successivo, il "Wine tasting delle Aquile", vale a dire un assaggio dei vini di cinquanta produttori leader, effettuato al Rifugio Faloria, in mezzo alle Dolomiti, sopra i 2000 metri. Un evento ancor più speciale, perché saranno i produttori stessi, autentiche star della qualità enologica del made in Italy, a sedere dietro il banco e a raccontare le loro etichette a un selezionato parterre di esperti di settore. Tiziana Frescobaldi, sofisticata signora del vino, racconta divertita "la degustazione in quota influisce non tanto sul vino, se trasportato con criterio e lasciato a riposare il suo giusto tempo. L'aspetto più interessante è un altro, e riguarda quanto l'aria pura e la diversa ossigenazione influenzano - in senso positivo, ovviamente - il naso e il palato di chi degusta. Una condizione estrema, per certi versi. Ma anche molto interessante sotto il profilo delle emozioni sensoriali". Ma l'evento ha un altro valore del tutto speciale, e riguarda il suo significato "politico". Passeranno infatti per Cortina molte delle parole d'ordine sul nuovo vino italiano. La principale? In controdenza rispetto al fenomeno internazionale che ha fatto dei wine maker, gli "alchimisti" responsabili della qualità di un vino in cantina, ritorna centrale la vigna, e quindi la figura dell'agronomo. In questo settore la scienza ha fatto passi da gigante, non a caso: dalle rilevazioni satellitari, alle analisi dei terreni per individuare l'uva più giusta, all'innalzamento della consistenza numerica di almeno tre volterispetto al passato delle viti piantate per ogni ettaro, "così le piante soffrono e, nella sofferenza, selezionano qualità", precisa Pino Khail. Altra parola d'ordine, la crescita di nuovi territori d'eccellenza, come la Sicilia e le sue isole. Ma soprattutto la Maremma, al punto che questo territorio è diventato una sorta di via Condotti del vino griffato. Compresi i grandissimi stranieri, da Eric de Rothschild del celebre Chateau, gioiello del bordolese, in joint venture con l'editore gourmet Paolo Panerai, e Robert Mondavi, leader della California di qualità, che ha rilevato con Frescobaldi la tenuta dell'Ornellaia.


tratto da Naturalmente Italiano - settembre 2003
A Rimini il primo bar biologico
Certificato QC&I e "V"
Un bar biologico vegetariano certificato dall'QC&I, l'organismo di controllo e certificazione dei prodotti da agricoltura biologica, e dalla "V" dell'Associazione Vegetariana Italiana.
Con l'idea di creare un luogo speciale, dove il gusto e il benessere si fondano per una pausa rilassante, gli ideatori del Bio's Café, questo il nome del locale, offrono prodotti solo biologici a pranzo, cena, colazione, merenda, o come aperitivo e fuori pasto.
Il Bio's Café si trova a Rimini, ha aperto il 22 febbraio scorso ed è il primo in Italia nel suo genere.
"Non è di sicuro un ambiente lugubre, legato ai pregiudizi sulla cucina macrobiotica e vegetariana - ha spiegato, Renzo Agostini, uno dei proprietari del locale - anzi si mangia sano e ci si diverte. Siamo tutte persone professionalmente preparate, da anni lavoriamo nel biologico, e avevamo l'intenzione di creare a Rimini, un posto unico in Italia, dopo aver viaggiato a lungo in Europa e raccolto il meglio dagli altri paesi".
Il Bio's Café, oltre ad essere l'unico bar ad avere al suo interno un laboratorio di pasticceria e gelateria riconosciuto dall'associazione dei Vegetariani italiani, offre anche un menù appositamente dedicato ai bebè.
L'obiettivo dei proprietari, se l'operazione avrà successo, è quella di sviluppare una rete in franchising di bio bar.
L'appuntamento è a Rimini, al Bio's Café in via Bramante, n. 7.
Info: tel. 0541 788260
http://www.vegetariani.it/Attivit%C3%A0/bioscafe.htm



tratto da Gazzetta del Mezzogiorno - settembre 2003
Metaponto
Rossi, rosati e bianchi, prodotti con frutti pregiati ma contenuti nel prezzo
L'ex Cantina Sociale sfiderà l'Aglianico
L'azienda riapre alla grande, con nove diverse etichette di vini. Il titolare: "Impegno mantenuto"
di Filippo Mele
BERNALDA - Erano le 12.30 di ieri quando la prima bottiglia di mosto è stata riempita alla "Cantina del Metapontino". Presente il titolare, Roberto Donno, di Ginosa, con il cantiniere Paolo Calabria, ed il progettista della struttura, Pasquale Infante, è stato subito "prosit".
Donno è stato di parola poichè aveva dichiarato alla Gazzetta, il 9 giugno scorso, che avrebbe aperto a fine agosto. "E lo abbiamo fatto, addirittura - ha detto raggiante - qualche giorno prima. Abbiamo accelerato i tempi. Questa mattina abbiamo scaricato del Primitivo di Manduria".
Vasti gli orizzonti dell'imprenditore, 36 anni, a capo della RD Invest, con altri due impianti nel Tarantino. "L'uva arriverà dal Metapontino e da tutta la Basilicata, ma anche dalle aree vicine di Puglia e Calabria. È già partita una campagna di manifesti che giungerà sino al Vulture".
Tra qualche anno, dunque, il vino di Metaponto potrebbe far concorrenza all'Aglianico? "Sì. In giro ci sono dei nostri mediatori impegnati a trovarci proprio partite di Aglianico". Ma che vino uscirà da Metaponto? "Faremo 9 etichette differenziate dalla qualità. La differenza verrà fuori in primis dalle uve utilizzate e poi dall'invecchiamento cui il mosto sarà sottoposto in barriques, piccole botti da 2,5 quintali in rovere francese, ed in bottiglia. Produrremo rossi, rosati, bianchi, che chiameremo con nomi legati alla grande storia della Magna Grecia e ai miti di Dioniso ed Apollo". Ma come funzionerà il ciclo produttivo? "Ogni viticoltore porterà la sua partita di uva, che verrà scaricata nella vasca in attesa di venir macinata e lavorata. Le partite, ovviamente, saranno differenziate in base alla qualità dell'uva ed al vitigno".
Ed i prezzi? Quanto spunteranno gli agricoltori dalle loro produzioni? "Quest'anno i prezzi saranno abbastanza buoni. Diciamo che si va dai 18 euro al quintale per l'uva bianca ai 22 per la nera. Dipende, è chiaro, dalla gradazione dell'uva". Così, la mitica "Cantina sociale del Metapontino", costruita dall'ex Ente Riforma Fondiaria nel lontano 1963 e chiusa dopo alterne vicende economiche nel 1998, ha ripreso a produrre con un potenziale di 2500 quintali di uve da lavorare all'ora.
Già assunte 10 unità lavorative con la possibilità di arrivare a 20 quando la fabbrica andrà a pieno regime. La durata della vendemmia è prevista sino a novembre quando usciranno le prime bottiglie con le nuove etichette. E fra 6 mesi è prevista l'inaugurazione della seconda parte dell'investimento di circa 4 milioni di euro effettuato da Donno: lo spazio espositivo con il Museo dell'Enologia ed un parco giochi per bambini. Insomma, quanti amano il "nettare di Bacco" potranno assistere a tutto il processo produttivo, portarsi a casa qualche buona bottiglia ed altri prodotti tipici, e fare un excursus su come si faceva il vino dalla preistoria sino ai giorni nostri. Una "cantina aperta" per 365 giorni all'anno.