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tratto da Corriere della Sera - 28 dicembre 2003
Mai far ghiacciare lo spumante. E piano con i tappi...
di Gian Luigi Paracchini
Ernest Hemingway sosteneva che pasteggiare a Champagne fa bene all’umore e all’amore ma soprattutto (lo snobismo non è acqua) evita la seccatura di cambiare vino a ogni portata. E’ anche con queste battute d’autore che il più prestigioso vino francese ha alimentato la sua leggenda associandosi a smoking, diamanti e lussi patinati. C’è una festa del gran mondo che non sia inondata da fiumi di Champagne? D’altra parte che cosa fa a tavola James Bond per sbalordire la pupa di turno? Butta lì una certa annata di Dom Pérignon. E Richard Gere con Julia Roberts in Pretty Woman ? La vizia con fragole e Champagne. Poco importa se Carlo d’Inghilterra e Bill Clinton si siano espressi più volte a favore dello spumante italiano. In questo campo la disputa con i francesi non avrà mai fine: loro diranno che non c’è partita, noi continueremo a ribattere che, immagine internazionale a parte, è tutta da giocare. Ma ci sono regole che valgono per lo Champagne come per lo spumante e che sia 007 sia il vezzeggiato Gere non ignorerebbero mai. A cominciare dalla temperatura della bottiglia che va aperta quando ha raggiunto una media fra gli 8 e i 12 gradi, anche se una più rigida scuola di pensiero fissa tra i 6 e i 9 lo zenit della degustazione e dei suoi effetti. Chiaro che un’operazione del genere non ammette sgarri. Se ci si accorge che la temperatura della bottiglia è da tisana e l’atteso suono al campanello s’avvicina, non si ceda allo sconsiderato impulso d’inabissarla nel freezer, perderebbe il suo aroma. James Bond propenderebbe per un secchiello con cubetti di ghiaccio, un pugno di sale grosso per conservarli e saprebbe guadagnare tempo.
Anche la tecnica d’apertura può far perdere punti: il tappo si tiene con una mano mentre con l’altra si fa girare il fondo della bottiglia possibilmente con nonchalance , senza cioè cambiare colorito o sbuffare. Lo stappo con botto è da arricchiti con catene d’oro e l’ospite potrebbe sapere che l’apertura tipo lancio satellitare provoca traumi al vino e al suo perlage . Contano anche i bicchieri, mai troppo vetrosi ma di cristallo sottile come chiffon. Il cinema in bianco e nero ci tramanda brindisi con eleganti coppe. Quello a colori i flû tes , lunghi, sottili, capaci di trattenere sapore e brio. Il Dvd si sta invece esprimendo a favore dei bicchieri a tulipano, più generosi nel rivelare il prezioso contenuto. Mai comunque riempire più della metà del bicchiere: rivela fretta o comunque una poco elegante ingordigia. E quando ci sono di mezzo le bollicine bisogna saper aspettare.


tratto da Corriere della Sera - 28 dicembre 2003
Bollicine minuscole, così lievita l’aroma
di Giovanni Caprara
Nei brindisi le bollicine dello spumante sono tutto (o quasi). Adesso quelle dello Champagne hanno anche una loro scienza e ciò che era intuito finora dai sommelier si è trasformato in formule e tabulati. Gli esperti dell’Università francese di Reims hanno spiegato sul Journal of Agricultural and Food Chemistry pregi e difetti delle piccole entità gassose e quello che succede nella loro rapida ascensione verso la sommità del bicchiere. Innanzitutto, durante la corsa, trattengono e trasportano l’aroma e il sapore della bevanda liberandolo quando arrivano in superficie. Ma perché l’effetto sia moltiplicato e più efficace - dicono i ricercatori - bisogna che le bollicine siano le più piccole immaginabili perché in tal modo risultano più numerose.
«Prima pensavamo che tutto dipendesse dall’anidride carbonica. E’ vero, il suo ruolo è notevole, ma fabbricare un buon Champagne con le bolle giuste - dice Gérard Liger-Belair dell’Università di Reims - non è facile e abbiamo visto che bisogna considerare pure altri aspetti. Un complesso gioco di chimica e fisica governa il risultato e quindi la magia della distribuzione degli aromi».
Indagando nei laboratori delle cantine di maggior pregio e anche nelle università, soprattutto francesi, si è scoperto che ciò non dipende soltanto dalla quantità di anidride carbonica presente ma dal modo nel quale essa si diffonde nel liquido. Questo è frutto della sapiente alchimia legata alla concentrazione di sali, zuccheri e minerali. Proprio variando la loro presenza, si è trovato che è possibile trasformare uno spumante in un profumato fuoco d’artificio.
Negli spumanti l’anidride carbonica può essere prodotta dalla fermentazione naturale degli zuccheri (come accade appunto nello Champagne e negli spumanti prodotti con metodo champenois), oppure aggiunta come succede nella maggior parte dei prodotti in commercio.
Ora gli scienziati francesi si sono posti un obiettivo: oltre al perfezionamento dei vari metodi conosciuti, conquistare soprattutto la formula della combinazione ideale delle varie sostanze coinvolte, al fine di costruire un modello teorico da applicare nella generazione delle bolle. «Dobbiamo innanzitutto conoscere - precisa il professor Liger-Belair - il ruolo che ciascuna di esse assume nel controllo della formazione delle minuscole cavità gassose».
E alla fine dovranno essere assolutamente microscopiche, numerosissime e capaci di inebriarci come mai era accaduto in passato.


tratto da Corriere Romagna - 21 dicembre 2003
Vino, non moda passeggera
di Cristiano Riciputi
CESENA - Viticoltura ed enologia: una moda o un settore destinato a dare soddisfazioni nel tempo? Se ne è parlato con profondità di termini ed argomentazioni martedì scorso in un convegno organizzato dal Movimento giovanile della Coldiretti.Presente Erio Sbaragli, referente della Provincia per il settore viti-vinicolo, Luigi Mainetti, responsabile nazionale Coldiretti per la viticoltura, Davide Modigliani e Paolo Martin, rispettivamente presidente e direttore Coldiretti di Forlì-Cesena.Sbaragli ha snocciolato i numeri della viticoltura a Forlì-Cesena: dagli ultimi rilevamenti infatti emerge che gli ettari di vigneto, compresi i diritti, sono 7738. Negli ultimi anni sono sorte molte cantine che puntano, quasi tutte, alla qualità del prodotto finale."Si parla molto di vino - ha spiegato Sbaragli nel suo intervento - ma poco di viticoltura e tecniche agronomiche. Invece la qualità di un buon vino prodotto parte proprio da una serie di considerazioni agronomiche basilari e imprescindibili. Il tipo di vitigno in relazione al terreno, il sistema d'allevamento, l'esposizione, le concimazioni, le lavorazioni del terreno, la potatura e i diradamenti: sono solo alcuni dei fattori che concorrono per ottenere un buon prodotto finale".Sbaragli ha poi spiegato anche che a causa di inadempienze avute si sono persi molti diritti di impianto. Ed è da condannare anche la brutta "moda" di vendita di diritti da regione a regione, purtroppo al momento praticata,.La forza e la debolezza della viticoltura regionale si riassume in un unico dato significativo: la superficie media di circa 1,40 ettari ad azienda. Una superficie di tali dimensioni può essere indice di qualità se si utilizzano tecniche adeguate di coltivazione e trasformazione, ma anche indice di scarsa specializzazione in taluni casi specifici purtroppo non sempre poco diffusi. E' perciò una lama a doppio taglio che rappresenta allo stesso tempo vantaggi e svantaggi. E va tenuta d'occhio costantemente.Mainetti ha posto poi l'accento sulla mancanza di Op (organizzazioni di produttori) in viticoltura.Tale assenza fa sì che la commercializzazione sia frammentata e i produttori stessi potrebbero ottenere risultati migliori se fossero organizzati in maniera adeguata ed uniforme. Inoltre ha affermato che in Italia il 25 per cento del vino è Doc o Docg, il 30 per cento Igt e il 45 per cento da tavola, senza alcuna certificazione specifica.Questo non significa che sia di qualità scadente, ma solo che è rivolto ad una certa fascia di consumatori.


tratto da il Secolo XIX - 22 dicembre 2003
Il Brachetto sbarca in Cina e prenota il grande business
ACQUI.Chiuso un eccezionale 2003, il Consorzio di tutela prevede nuovo anno con i fiocchi
di Giovanna Galliano
Acqui Terme.   Il brachetto d'Acqui parlerà cinese, americano e anche russo. Sono questi infatti, gli obiettivi per il 2004 che il Consorzio di tutela si è imposto. Quello che si cercherà di raggiungere è un livello più alto e i presupposti ci sono tutti. L'annata 2003 si è confermata eccezionale, non solo dal punto di vista qualitativo ma soprattutto commerciale. Dati alla mano, si parla di un incremento del 35 per cento rispetto allo stesso periodo del 2002. Parlando della vendemmia poi, Paolo Ricagno, presidente del Consorzio per la tutela del brachetto, l'ha definita "eccezionale sia per il brachetto d'Acqui che per il moscato, con una produzione di vini di alta qualità e giusta quantità". Buono anche il business con gli Stati Uniti. Sta crescendo infatti ad un buon ritmo l'interesse in merito al prodotto piemontese. Per quanto riguarda la Cina, è stato confermato il contratto di 24 mila bottiglie per il primo anno, sino ad arrivare ad un milione di bottiglie nei prossimi cinque anni.Le prospettive sui mercati emergenti, tipo la Cina, nazione sulla quale Ricagno aveva creduto anche quando le condizioni non erano considerate tra le migliori, si stanno rivelando eccellenti. Il Consorzio di tutela del brachetto d'Acqui ha un ufficio di rappresentanza a Shanghai, una "piazza" importante che non poteva essere ignorata dai viticoltori della zona. In questo grande Paese il vino è un prodotto ancora poco noto ma il brachetto d'Acqui è piaciuto molto.Questo vino si abbina con il gusto della cucina cinese per essere bevuto a tutto pasto. Inoltre, la politica del governo cinese starebbe promuovendo le bevande con moderata gradazione alcolica e quindi il mercato è ad una svolta, si sta passando da una fase iniziale ad una fase di consolidamento in cui cominciano ad essere definiti i canali di vendita, la segmentazione di prodotto per fasce di prezzo, ma anche la notorietà dei vini tra cui il brachetto d'Acqui. Il Consorzio sta inoltre contribuendo ad invertire la rotta verso il consumatore cinese, per il quale il vino è vissuto fortemente come status symbol ed era considerato "french wine". Ricagno inoltre, ha annunciato anche l'apertura di un nuovo mercato, quello russo. "Quell'area è interessata al nostro prodotto, alcune aziende si stanno già dotando di tutto quanto occorre per introdurre il nostro vino in quell'area considerata di ottima potenzialità". Paolo Ricagno, da anni alla guida della vecchia cantina di Alice Belcolle e Sessame, è anche presidente dell'Asti, le cui vendite stanno riprendendo quota. Aziende che fanno parte del Consorzio, ha ancora sottolineato Ricagno, sono in salita. Si prevede di chiudere con una produzione di 72 milioni di bottiglie, rispetto ai 65 milioni dello scorso anno. Il che addizionato alle bottiglie di moscato d'Asti, fa raggiungere la quota di 79 milioni di bottiglie vendute.


tratto da Gazzetta del Mezzogiorno - dicembre 2003
SALICE/ Attestati al vino di qualità
Tanti riconoscimenti a Leone De Castris
SALICE SALENTINO L'Azienda "Leone De Castris fa il "pieno" di riconoscimenti. Quattro prestigiosi premi sono stati assegnati al Salice Salentino doc, rosso riserva "Donna Lisa" 1999, e uno al vino pregiato "Illemos" 1999. Il primo ha ottenuto l'eccellenza con i "Tre bicchieri" nella guida "Vini d'Italia 2004" del "Gambero Rosso - Slow Food", i "5 Grappoli" nella guida "Duemilavini" dell'Associazione Italiana Sommelier, un punteggio elevato nell'Annuario dei "Migliori vini italiani 2004" curato da Luca Maroni e l'inserimento nella selezione dei 50 migliori vini d'Italia stilata dal giornalista Paolo Massobrio, dell'Associazione "Club Papillon". Il secondo, invece, è stato ritenuto di massima qualità, con le "Cinque bottiglie", nella guida "Vini d'Italia 2004" pubblicata da "L'Espresso". L'Illemos, di colore rosso rubino, viene invecchiato in barrique in legno "allier" per circa 14 mesi. E' ricavato dall'unione di vini provenienti da vitigni autoctoni (Primitivo 50 per cento, Negroamaro 10 per cento) e innovativi (Montepulciano 20 per cento, Merlot 20 per cento).
"Questi riconoscimenti - afferma Piernicola Leone De Castris - sono uno stimolo per fare sempre di più. L'augurio è che la Puglia e il Salento possano ulteriormente crescere e che questi prestigiosi riconoscimenti si allarghino il più possibile anche ad altre realtà produttive. Ritengo - conclude - che il successo di un territorio sia dato da un numero sempre crescente di aziende che riescono ad imporsi sul mercato: Toscana e Piemonte insegnano".
r.f.


tratto da Giornale di Brescia - dicembre 2003
Asti spumante: le vendite salgono del 12%
CONTI E BOLLICINE
ASTI - Nei primi nove mesi di quest'anno in Italia sono state vendute 5 milioni e 361mila bottiglie di Asti Spumante, con un più 12 per cento nei confronti del corrispondente periodo dell'anno scorso. Ma le previsioni per fine anno sono di un ulteriore incremento. È uno dei dati emersi dal rapporto inviato da Paolo Ricagno, presidente del Consorzio di Tutela dell'Asti Spumante, ai soci. Buone notizie anche dai mercati che l'anno scorso avevano creato problemi: in Germania, pur non avendo più toccato le grandi cifre degli anni passati (anche per la crisi economica interna) c'è un mercato stabile.


tratto da Corriere della Sera - dicembre 2003
"Vino, la riscossa del Sud con vitigni di 1.500 anni fa"
di Luca Zanini
Porta avanti una tradizione millenaria, iniziata con i vigneti di papa Gregorio Magno (590-604 d.C.) e tiene alta la bandiera del rinascimento enoico del Sud. Vincenzo Ercolino, Oscar del Vino come migliore produttore 2002, è il patron di Feudi di San Gregorio, cantina avellinese che ha conquistato i più alti riconoscimenti dei critici e della sommelierie. I vini del Mezzogiorno ora seducono il mercato: una rivincita sul Nord? "Indubbiamente è un momento felice: il futuro del vino italiano passa attraverso la riappropriazione da parte del Sud del ruolo che gli spetta". Stanchi di stare in seconda fila? "Per anni vini e mosti del Sud sono stati il nerbo di alcune produzioni nazionali: la Sicilia, che da sola produce un decimo del vino italiano, ne imbottigliava solo un centesimo. Oggi in Sicilia, Puglia, Campania e altre regioni del Sud tante aziende hanno linee di imbottigliamento. Diamo prodotti finiti e gran qualità a prezzi concorrenziali. Perciò vendiamo bene e riceviamo premi". Qual è il segreto dei nuovi grandi vini del Sud? "Il fatto che non sono nuovi. Nascono da quella che era la prima causa di povertà e oggi è divenuta il motore della rivoluzione dei vini meridionali: l' isolamento. Non passa giorno senza che si riscopra un vitigno autoctono, conservato grazie all' isolamento". Dai vitigni alle etichette che conquistano gli enoappassionati. Di chi è il merito? "Di noi che viviamo e lavoriamo queste terre dove il sole matura al meglio l' uva, e delle grandi aziende pioniere, come Marzotto e Zonin in Sicilia, Antinori in Puglia. Ma anche dei wine maker: dai grandi (Cotarella, Tachis, Bernabei, Ferrini) ai giovani emergenti, ragazzi del Sud che dopo gli studi di enologia tornano a casa per far crescere la loro terra, il loro vino".


tratto da il Mattino - 21 dicembre 2003
A Benevento vertice delle "Città del Vino" campane
Si terrà domani alle 10 nella Sala Giunta di palazzo Mosti la prima riunione del coordinamento regionale dell'Associazione Città del Vino, al cui vertice è stato recentemente eletto il vicesindaco di Benevento, Gianfranco Ucci. Ci saranno il sindaco di Montefalcione, Wanda Grassi, il vicesindaco di Terzigno, Salvatore Annunziata, il sindaco di Mondragone, Ugo Conte, quello di Guardia Sanframondi, Carlo Falato, e, in rappresentanza del Parco del Vesuvio, Nicola Miranda. "La riunione - spiega Ucci - servirà a tracciare le linee di indirizzo dell'attività associativa per il 2004. La prima iniziativa in cantiere sarà la nostra partecipazione alla Bit di Milano"


tratto da Corriere delle Alpi - dicembre 2003
LaVis, il grande matrimonio tra Cantine
Perfezionata la fusione con Cembra. E' nato il terzo polo viticolo
di Roberto Colletti
LAVIS. Ci sono voluti 8 anni di lavoro ed una lunga, paziente opera di convincimento. Ma alla fine la Cantina LaVis ha celebrato il matrimonio con la Cantina di Cembra, consolidando il ruolo di terzo polo produttivo che le due realtà si erano già guadagnate durante il "fidanzamento". Un matrimonio laico che ha avuto con il professor Michele Mirabella un celebrante d'eccezione.
L'attento, presidenziale e compiaciuto Mirabella ha interpretato con affabilità il proprio ruolo. Sotto il tendone eretto nel piazzale della cantina, ha intrattenuto le centinaia di soci della "nuova" LaVis - Valle di Cembra oggi forte di 1.237 produttori che nell'ultima vendemmia hanno consegnato 160 mila quintali di uve. Li ha vezzeggiati con aneddoti e battute (su vino, inevitabilmente), ma li ha anche lusingati confessando la sua sorpresa per il forte spirito mutualistico che ha riconosciuto nel loro lavoro e nella robusta realtà aziendale che hanno creato.
Un bel clima, sereno, come si conviene per un'operazione seria. La fusione tre le due cooperative è stata "lungimirante" per l'assessore Mellarini, "virtuosa" per il segretario generale della Cooperazione, Umberto Dalla Zuanna, "condivisa" per il direttore del Consorzio Vini, rann Bona e "auspicata" dal festeggiatissimo ex assessore Dario Pallaoro. Ma sopratutto, ha ricordato il presidente della Cantina, Roberto Giacomoni, è un progetto voluto dal collega cembrano Vittorio Gozzer e da mille e più imprenditori, da mille e più famiglie. Una consapevolezza diffusa, una decisione seria che rafforza la dimensione produttiva e conferma le quote di mercato conquistate. "Siamo e resteremo una cooperativa, legata al territorio, impegnata a valorizzare ciò che di meglio sappiamo produrre" ha ricordato Giacomoni. E il direttore Fausto Peratoner ha rammentato i 5 milioni di bottiglie, cui s'aggiunge un altro milione dello spumante Cesarini Sforza, gli oltre 40 milioni di fatturato, i 1.300 ettari di vigneti. Che producono oltre che Chardonnay e Müller Thurgau, anche l'ottimo Pinot Nero che l'affabile Mirabella ha continuato a lodare nella sua chiacchierata con i soci, raccomandando tuttavia - "come per qualsiasi altra cosa" - l'aurea regola della moderazione. Dal conduttore del salutista Elisir, programma di Raritre, non ci si poteva attendere di meno, anche se, ha confessato, nel pranzo che ha preceduto l'adunata, ha "ripassato" ed approfondito la conoscenza di almeno tre ottimi vini LaVis. Insomma, la cerimonia s'è consumato in un bel clima rilassato, come si conviene in un matrimonio condiviso dalla comunità. Resta il segnale importante lanciato dalla cooperativa: se lo richiedono le ragioni dei produttori, è necessario rinunciare alle piccole identità per costruirne una più grande, capace di interpretare e difendere meglio le ragioni di tutti sui mercati, nella difesa dell'autonomia economica, nella valorizzazione, in definitiva, del proprio territorio. Questa è la lezione che la Cantina LaVis ha offerto al Trentino con il gran brindisi finale ed i complimenti del professor Mirabella.


tratto da la Sicilia - 16 dicembre 2003
Brindisi alla ricerca della bollicina perfetta
Roma. Se ancora non avete comprato lo champagne per gli imminenti brindisi di Natale e Capodanno, assicuratevi, prima di farlo, che abbia tantissime e piccolissime bollicine. Perchè solo così libererà tutto il suo aroma e gusto, almeno secondo quanto sostiene Gerard Liger-Belair, dell'Università di Reims Champagne-Ardenne in Francia, che in uno studio apparso sulla rivista Journal of Agricultural and Food Chemistry è andato alla ricerca della "formula" per la bollicina perfetta.
Le dimensioni delle bollicine giocano un ruolo decisivo sul nostro palato, spiega Liger-Belair, perché nel loro moto di risalita alla superficie del bicchiere intrappolano le molecole che danno l'aroma allo champagne. Le libereranno poi solo nell'esplosione sul pelo del liquido.
Per arrivare a scoprire la "bollicina perfetta" e anche il modo di ricrearla in ogni bottiglia, gli scienziati hanno messo in gioco nozioni di fisica e di chimica, confrontando le bollicine di cinque diverse bevande, lo champagne, lo spumante, la birra, l'acqua, la soda. In tutte queste bevande, spiega ancora Liger-Belair, le bollicine si formano per l'anidride carbonica contenuta nel liquido.
Ma le differenze nelle loro dimensioni sono sostanziali e dipendono da vari fattori, tra cui il moto con cui si diffondono nel liquido. Gli esperti si sono accorti infatti che, benché spumante e champagne avessero bollicine con lo stesso potere di diffusione, la loro grandezza era molto diversa. Ed è proprio ciò, osserva Liger-Belair, che fa la differenza tra spumante e champagne.
Queste disparità di dimensioni affondano le proprie radici nell'insieme di altri composti presenti nello champagne, dai sali disciolti ai carboidrati, ai minerali. Il loro è un vero studio da intenditori visto che i loro laboratori si trovano nella zona francese più famosa per i suoi vigneti, ma la ricerca della bolla perfetta non è finita, successivi studi saranno effettuati per trovare un modello teorico al computer di tutti i fattori che concorrono alla sua formazione.


tratto da il Messaggero - 14 dicembre 2003
Impiegherà 300 persone. Dovrà dare pareri scientifici e cercare di prevenire crisi tipo quella della "Mucca pazza"
Parma capitale europea del cibo doc
La città emiliana scelta dalla Ue come sede dell'Agenzia per la sicurezza alimentare
R.Mor.
BRUXELLES. L'Italia piange sulla Costituzione mancata ma fa festa in tavola brindando alla "promozione" di Parma quale capitale europea della sicurezza alimentare. La patria di prosciutto, culatello e parmigiano ospiterà infatti l'Autorità alimentare europea (sigla in inglese Efa). La decisione è stata presa ieri a Bruxelles nell'ambito del "pacchetto agenzie". Parma ha soffiato l'Efa a Helsinki che è stata invece scelta per ospitare l'Agenzia per la valutazione delle sostanze chimiche. Le altre sedi sono state assegnate a: Lisbona per l'Agenzia per la sicurezza marittima, Colonia per la sicurezza aerea, Francia (sede da definire) l'Agenzia ferroviaria, Stoccolma per il Centro per le malattie trasmissibili, Madrid per l'Agenzia per la pesca, Atene quella per la sicurezza delle reti informatiche. La sede di Parma dell'Autorità alimentare europea(sigla in inglese Efa) potrà disporre di un budget annuo di 40 milioni di euro e impiegherà all'inizio 255 persone, che dovrebbero diventare 330 in un triennio. L'obiettivo è quello di creare un organismo indipendente, capace di presentare al legislatore comunitario pareri scientifici credibili, frutto delle informazioni più attuali, in continuo confronto con i centri scientifici europei e internazionali, tale da diventare mediatore in caso di dissensi tra Stati o istituzioni, in grado di allertare e informare tempestivamente i cittadini e soprattutto di prevenire crisi alimentari. A Parma si decideranno le strategie per la sicurezza alimentare spesso minacciata: ci sono stati la "mucca pazza" e i "polli alla diossina" e c'è il problema dell'approccio con i prodotti transgenici. Ora la sede provvisoria allestita a Bruxelles si sposterà definitivamente a Parma e questo trasloco significherà un potenziamento per i centri ricerca come la Stazione Sperimentale delle Conserve, per l'Università, per l' area del parco Ducale che ospiterà la struttura europea. Per la città intera è un trionfo e giustamente esultano il sindaco Elvio Ubaldi, il presidente della Provincia Vincenzo Bernazzoli, il presidente della Camera di Commercio Andrea Zanlari, il presidente della regione Emilia Romagna Vasco Errani, il presidente dell'Unione Industriali Marco Rosi e tutte le forze imprenditoriali. La Commissione europea aveva proposto nel gennaio 2000 - con il Libro bianco sulla sicurezza alimentare - una revisione delle politiche a favore dei consumatori dell'Unione e l'istituzione di un'Autorità alimentare europea. Tra le reazioni, tante, c'è il triplice grido di "vittoria" del ministro delle Politiche agricole e forestali Gianni Alemanno. "Il governo Berlusconi - aggiunge il ministro - è riuscito a dare all' agroalimentare italiano quella vittoria che meritava. L'Unione europea riconosce a Parma il ruolo di capitale della qualità e della sicurezza alimentare". Secondo Alemanno si tratta "di una vittoria delle tradizioni, dell'identità e della storia italiana". Il presidente del Consiglio, Silvio Berlusconi, parla invece di "vittoria dell'Italia" aggiungendo un "sono felice". "Un trionfo del made in Italy " sottolinea il presidente di Confindustria, Antonio D'Amato. Al coro si uniscono tutti: Confederazione italiana agricoltori, Confagricoltura, Coldiretti. Il presidente di quest'ultima, Paolo Bedoni, nell'esprimere soddisfazione approfitta per aprire subito un fronte caldo, quello degli organismi geneticamente modificati che vede la Ue, contraria, contrapposta agli Stati Uniti. Dice Bedoni: "Ora l'Italia ha ancora maggiore responsabilità nello svolgere un ruolo da protagonista nelle politiche comunitarie rivolte alla sicurezza alimentare e ambientale per rispettare il deciso orientamento dei cittadini verso alimenti fortemente radicati con il territorio, senza organismi geneticamente modificati (Ogm), garantiti dal campo alla tavola e con informazioni trasparenti in etichetta".


tratto da la Sicilia - 15 dicembre 2003
La grappa siciliana, poca ma molto buona
Passi da gigante in pochi anni
di Giorgio Petta
Monreale. Sono soltanto 200 mila le bottiglie di grappa siciliana prodotte ogni anno. Ben poca cosa rispetto ai 40 milioni di bottiglie - di cui 8 milioni esportate soprattutto in Germania, Stati Uniti, Giappone e Australia - prodotte nel resto d'Italia, con il Friuli Venezia Giulia, il Trentino, la Lombardia e il Piemonte in prima fila. Ma della grappa siciliana rimane ben poco nei depositi delle 45 aziende vitivinicole che da poco più di due anni hanno scoperto questo nuovo filone dell'eccellenza che fa il paio con i loro vini che stanno conquistando il mondo. "Ormai - conferma Pierantonio Zanoni, presidente onorario nazionale dell'Anag, l'associazione degli assaggiatori di grappe e acqueviti - le grappe siciliane non hanno nulla da invidiare alle altre. La Sicilia, per essere una "new entry" in questo settore, ha fatto passi da gigante, ha saputo imparare bene e ha messo molto amore finendo per ottenere prodotti di buono e ottimo livello".
L'occasione per parlare di questo nuovo tesoro enologico - che conferma il successo mondiale dei nostri vini rossi e bianchi - è stata la prima "Rassegna regionale delle grappe siciliane" che si è svolta a Monreale, organizzata dalla sezione siciliana dell'Anag e patrocinata dall'Assessorato regionale all'Agricoltura e dal Comune. Una novità nel panorama enologico isolano, ma che ha offerto l'opportunità di conoscere, grazie al banco di assaggio, il meglio della produzione. Da una parte, le 95 grappe d'eccellenza di ogni parte della Penisola fregiate dell'Alambicco d'oro tra cui una prodotta con Nero d'Avola a Santa Venerina, in provincia di Catania; dall'altro, le 45 siciliane sotto l'insegna delle "Grappe del Sole".
"Solo da vinacce buone si produce un'ottima grappa - spiega Pierantonio Zanoni - e la Sicilia dispone di materia prima di eccezionale qualità dopo la rivoluzione che ha caratterizzato la vitivinicoltura isolana specialmente con la riscoperta e il rilancio dei vitigni autoctoni. Dalle vinacce di Nero d'Avola, Zibibbo, Insolia, Moscato vengono distillate grappe così fortemente caratterizzate quanto a profumi e sensazioni che non hanno eguali e che variano secondo l'annata. La grappa, prodotto esclusivamente italiano, infatti, è l'ultima figlia dell'uva e se l'annata è stata eccezionale si avranno distillati eccezionali. Quest'anno, per esempio, tra le grappe siciliane non ce n'è una che sia mediocre, ma tutte sono buone e qualcuna addirittura eccellente e in grado di confrontarsi con quanto di meglio venga prodotto in regioni con alle spalle tradizioni antichissime di distillazione. Questo è il risultato del percorso seguito dai produttori siciliani che con molta umiltà e molta voglia di imparare sono andati al Nord a vedere e apprendere i segreti della distillazione. Oggi ci sono distillatori siciliani di grande livello".
Nel corso della Rassegna - che è andata in porto grazie all'impegno dell'enologo Gianni Giardina, presidente della sezione Sicilia dell'Anag, e dei direttori dell'Assessorato regionale all'Agricoltura Calogero Ferrantello e Dario Caltabellotta - si è svolto anche un convegno sul tema "Il futuro delle grappe in Sicilia"
. "È un prodotto elitario la grappa siciliana - dice Gianni Giardina - che conquista sempre più palati con la sua morbidezza e i suoi profumi, apprezzato soprattutto dalle donne che partecipano ai nostri corsi di assaggio. Resta, comunque, un prodotto di nicchia a cui guardano tutte le principali aziende vitivinicole che in questo modo completano la loro filiera del vino. I prezzi sono alti sia per il costo della materia prima che per l'ammortamento degli impianti di distillazione che sono molto sofisticati per rendere il massimo della qualità. Alle vinacce siciliane ormai ricorrono anche produttori del Nord. Un distillatore, per esempio, produce 20 mila bottiglie l'anno utilizzando il moscato di Pantelleria per la sua grappa. In ogni caso, è un cammino di conoscenza e diffusione segnato dall'impronta di alcuni pionieri, come la Distilleria Giovi di Valdina, in provincia di Messina".
"Il consumatore di grappa di oggi - sostiene Pierantonio Zanoni - è diverso da quello di appena una decina di anni addietro. La qualità ha raggiunto livelli altissimi grazie proprio ai distillatori, anche se nel campo della grappa nessuno può dire l'ultima parola. È un superalcolico puro e naturale il cui trend di consumo non conosce battute d'arresto. Ogni annata dà una grappa diversa dalla precedente e questo fa sì che sia un prodotto mai piatto o costante. La grappa si gusta, prima ancora di berla, con il naso, la testa e il cuore".



tratto da il Giornale di Vicenza - 14 dicembre 2003
Breganze
Torcolato alla "prima" di un'annata superba
di Piero Maestro
La splendida giornata di sole ha richiamato ieri in piazza Mazzini a Breganze per la "prima" del Torcolato un folto pubblico che ha atteso di poter gustare il delicato nettare ottenuto dalla prima spremitura. La mattinata era iniziata con la visita al castello Colleoni - Thiene, accolti dal vice sindaco Renato Corrà che ha presentato l'edizione 2004 della Mostra lattiero casearia. Nel ristorante "Al Cappello" di Breganze è stato poi allestito un laboratorio del gusto che ha proposto un abbinamento tra i vini della Doc Breganze e alcuni pregiati formaggi del vicentino. Nel pomeriggio, in piazza Mazzini, sono sfilati vecchi esemplari di trattori Landini a "testa calda", accompagnati da figuranti in costume e dal Coro di Breganze che ha eseguito brani dedicati al vino e i canti della "stella". A chiudere il corteo, i confratelli della Fraglia, accompagnati dai 7 "novizi" che ieri hanno pronunciato la solenne promessa che li vedrà impegnati a promuovere il vino breganzese. Dopo il saluto del sindaco Francesco Crivellaro e del presidente del Consorzio, Antonio Brian e del "priore" Roberto Farina, è iniziata la spremitura, sotto la regia di Fausto Maculan e Nazareno Leonardi: a dare il via è stato Jacopo Poli che ha impersonato, per l'occasione, il conte Savardo. Hanno fatto il loro ingresso nella Fraglia: Giancarlo Torresin, Claudio Pasqualin, Luigi Costa, Oscar Zago, Alberto Leoni, Mario Saccardo e Alberto Brazzale. Il Torcolato 2003 si prospetta di qualità eccellente, come conferma Innocente Dalla Valle, titolare dell'azienda Ca' Biasi: "Si tratta certamente di un'annata "storica", vista la qualità delle uve che abbiamo a disposizione. Gli estimatori non mancheranno di fare scorta di un nettare di altissima qualità. È sottolineare il pregio dei nuovi abbinamenti che si stanno proponendo, con uno sguardo alla tradizione e con grande capacità innovativa". Sulla stessa lunghezza d'onda anche Graziella Novello, titolare dell'azienda "Villa Magna" di Sandrigo: "È un'annata da incorniciare: il Torcolato 2003 meriterebbe un'etichetta di platino, vista la concentrazione di sapori, aromi e profumi. Il consistente calo di quantità dovuto alla siccità di quest'anno, sarà abbondantemente compensato dall'eccellente risultato". Nei giorni scorsi il Torcolato aveva già designato il suo primo Ambasciatore nella persona dell'amministratore dell'Enel, Paolo Scaroni, investito dell'importante incarico durante una "cerimonia" al Castello Superiore di Marostica. Lusiana. Il museo "Tradizioni della gente di Lusiana " sarà opitato nella trasmissione "Uno mattina", in onda il 19 dicembre dalle 9 alle 10. Saranno presnetati oggetti e la lavorazione della paglia, tipiche dell'Altopiano.


tratto da il Denaro - 15 dicembre 2003
IMPRENDITORI ED ESPERTI DI COMUNICAZIONE SI CONFRONTANO SULLE STRATEGIE DI CRESCITA DEL SETTORE
Vino irpino, dall'azienda alla filiera
di Boris Ambrosone
I maggiori produttori irpini di vino, addetti ai lavori, esperti di comunicazione si incontrano per fare il punto sul settore enologico in Campania e sulle strategie comunicative necessarie e si ritrovano tutti d'accordo. Il settore è cresciuto, ma ha bisogno di fare ancora un salto di qualià. Dall'azienda si tratta ora, come dice Roberto Costanzo, di passare alla filiera. L'incontro "interattivo", con tanto di degustazione finale, si è svolto ieri nella Camera di commercio di Avellino. Titolo del convegno: "Anteprima vendemmia 2003", svolgimento: "Bere bene in Campania è possibile? I produttori incontrano il mondo della comunicazione".La relazione tecnica intorduttiva che ha offerto interessanti spunti sulle qualità indiscusse dei vini è stata affidata a Gennaro Martusciello, presidente dell'Assoenologi regionale, ad Antonio Fusco, presidente dell'Associazione italiana sommeliers della Campania e al presidente dell'Università del Vino della Campania, il senatore Tommaso Sodano. Quest'ultimo spiega: "La ricetta vincente per la promozione della Campania si compone di tre ingredienti fondamentali: vino, gastronomia e territorio. E' per questo che sono importanti corsi formativi come quello delle enogastronome territoriali, e speriamo che si tratti soltanto della prima di numerose iniziative. Bisogna ringraziare l'impegno dell'Università del vino che opera volontariamente grazie alle impegno delle province campane alle quali spero che presto aderisca concretamente anche quella avellinese". Ben ventinove i vini tra bianchi e rossi protagonisti del convegno, tre docg, diciassette doc e nove Igt, frutto della terra e del lavoro delle cinque province campane. Alla tavola rotonda hanno preso parte i giornalisti Luciano Pignataro (Il Mattino), Antonio Corbo (La Repubblica), Enzo Vizzari (L'Espresso). Presente anche il winemaker Gelasio Gaetani d'Aragona Lovatelli. A fare gli onori di casa, il presidente della Camera di commercio di Avellino, Costantino Capone e il presidente della Provincia di Avellino, Francesco Maselli. Presenti tra gli altri, l'assessore regionale all'agricoltura, Vincenzo Aita.


tratto da l'Arena - dicembre 2003
Cinquant'anni di Amarone sotto il segno della Bolla
Serata di festa a Roma all'hotel Splendide Royal per celebrare il 50° compleanno dell'Amarone. Era infatti il 1953 quando, per festeggiare gli 80 anni di Alberto Bolla, i parenti confezionarono quella bottiglia annata '50 di Recioto Amarone Riserva del Nonno che fece uscire dalle cantine della Valpolicella e andare per il mondo la perla dell'enologia veronese. L'appuntamento organizzato dalla casa vinicola F.lli Bolla ha preso il via con una tavola rotonda moderata dal giornalista Antonio Paolini, durante la quale il presidente Maurizio Ferri ha spiegato l'importanza del rapporto tra l'azienda e il suo territorio. La storia di un vino che ha origine all'inizio del 500 e che fino agli Anni '90 è rimasto un prodotto a diffusione locale, è stata invece ricordata dal relatore del convegno Alfredo Antonaros, storico di enogastronomia. Durante il convegno, e sotto la guida dell'enologo di casa Bolla Gianpaolo Vaona, sono stati degustati tre diversi Amaroni dell'azienda: il Classico 1999 (prodotto in 180.000 bottiglie all'anno), Amarone Le Origini 1998 (12-14.000 bottiglie) e, assolutamente en primeur, l'Amarone Capo di Torbe 2001 ancora in sperimentazione e prodotto in sole 3.000 bottiglie.


tratto da Corriere Romagna - dicembre 2003
Come "trattare" il vino
CESENA - Sabato, nell'ambito della Mostra-Concorso a scopo benefico "Le tavole apparecchiate" si è svolta la conferenza dal titolo "Il Galateo tra vecchie e nuove regole", tenuta da Verdiana Gordini. I Sommelier della Delegazione di Cesena hanno dato il loro contributo illustrando quali sono le regole principali che occorre osservare per il servizio dei vini. A questo proposito Alessandro Mondello, sommelier e referente didattico per il comprensorio cesenate, ha evidenziato come la giusta scelta, la corretta sequenza dei vini, il tipo di abbinamento con le diverse preparazioni gastronomiche ed il servizio del vino a tavola, sono alcuni degli aspetti che permettono di valorizzare al meglio le sensazioni di piacevolezza che cibo e vino possono esprimere, e che vengono splendidamente esaltare se giustamente abbinate. Questi sono alcuni dei principi che fanno parte della didattica dei corsi che l'Associazione Italiana Sommeliers (Sezione Territoriale della Romagna) periodicamente organizza in tutta la Romagna. Dopo l'introduzione Giuseppina Brunelli, sommelier e Delegata di Cesena, ha spiegato quali sono le accortezze necessarie per la stappatura di un vino rosso importante. Ha effettuato la decantazione davanti ad una platea numerosa e molto interessata, la quale ha potuto avere chiarimenti in ogni fase della stappatura. Infatti Giuseppina con estrema disinvoltura e competenza, ha svolto tutte le operazioni motivando ogni suo gesto e rispondendo a tutte le numerose domande.Il pomeriggio si è concluso con una degustazione di vini Doc "Sangiovese di Romagna", gentilmente offerti dall'Ente Tutela Vini di Romagna.


tratto da Corriere della Sera - dicembre 2003
E De Amicis scrisse un libro tutto da bere
di Giorgio De Rienzo
Salta fuori una conferenza sugli Effetti psicologici del vino tenuta da De Amicis nell'aprile del 1890 alla Società Filotecnica Torinese. La pubblica Maria Luisa Alberico, esperta sommelier per Donnedizioni. E' un trattatello con pensieri sparsi su come il vino agisca "sull'intelligenza e sul sentimento, fin che si rimanga, bevendo, molto di qua di quel limite, varcato il quale il bevitore cade nelle mani del professor Lombroso". Il limite sta nell'"ebbrezza": quando scende giù il vino e sale l'euforia, mentre la "mente non sa più se dà o riceve" alla compagnia in cui si trova. E' allora che si rivela l'uomo. Può diventare sincero, fino all'imprudenza oppure battagliero fino alla temerarietà. C'è chi ha il vino "amoroso" e si crogiola nel ricordo (o nell'invenzione) di avventure galanti, anche spericolate. C'è chi ha il vino "malinconico" e allora si apparta dalla brigata allegra e si crogiola nella "poesia delle cose tristi", in una "giovialità vestita a bruno". C'è l'"arcade della bellezza" che vede tutto il mondo splendido. E c'è il "bibliomane del vino" che passa ore e ore in cantina a contemplarsi i suoi "classici polverosi" o le "edizioni di antica data", le "celebrità straniere", come "i prosatori un po' grevi, ma sostanziosi del nord" o la "poesia tutta fuoco del mezzogiorno. Il libro-conferenza si ferma qui nella sua arguzia di osservazioni psicologiche leggere. C'è tuttavia un'appendice cupa dedicata al "vino cattivo", dove De Amicis scava a fondo sul potere distruttore del vizio del bere. Lo definisce un tradimento di quel "sangue della terra" che è donato dalla natura all'uomo, ma è così minuzioso nel descrivere cause ed effetti da far pensare che parli di esperienze personali non ancora del tutto archiviate nella propria vita.


tratto da Gazzetta del Mezzogiorno - 9 dicembre 2003
Il Negroamaro diventa un marchio prestigioso che racchiude diverse aziende del Nord Salento
Nasce il consorzio del Salice salentino doc
De Castris: "Abbiamo intenzione di partecipare a fiere nazionali ed internazionali"
di Rosario Faggiano
Un grappolo d'uva per identificare il "Salice Salentino doc". E' questo il marchio scelto dal "Consorzio di tutela e valorizzazione" del prestigioso vino salentino. Un grappolo "speciale", ricavato da un'ingegnosa "combinazione" fra le lettere C-S-S (iniziali di "Consorzio Salice Salentino"), assemblate in forme circolari e in modo da riprodurre acini di "negroamaro", il vitigno locale dal quale si ricava il prelibato prodotto apprezzato in tutto il mondo. Il Consorzio, ufficialmente riconosciuto lo scorso ottobre dal Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, comprende centinaia di grossi e piccoli produttori, vinificatori e imbottigliatori di Salice Salentino, Guagnano, Veglie, Cellino San Marco, San Donaci, San Pancrazio e Campi Salentina. La nuova Istituzione ha ottenuto il "conferimento dell'incarico allo svolgimento delle funzioni di tutela, di valorizzazione, e di cura generale degli interessi connessi alla denominazione d'origine", nonché compiti "di proposta e di consultazione nei confronti della Pubblica amministrazione". Il Consorzio ha scelto il "Salone dei vini di Puglia", svoltosi a Lecce dal 28 al 30 novembre 2003, per presentarsi al pubblico salentino. "Ci è sembrato l'occasione giusta - dice Piernicola Leone De Castris, presidente del Consorzio - per presentare il nostro marchio e tutte le numerose aziende che fanno parte del nuovo organismo. Nei prossimi mesi saranno concretizzate altre iniziative per far conoscere sempre più il Salice Salentino doc. Abbiamo in programma partecipazioni a fiere nazionali ed internazionali, presenze nelle più autorevoli riviste specializzate e degustazioni pubbliche. Tutte le aziende consorziate - conclude - adesso potranno utilizzare il nuovo logo". Il marchio, che attesta la qualità e provenienza del prodotto commercializzato, è stato ideato dallo "Studio Associato De Riccardis-Corsetti" di Lecce. La soluzione grafica richiama anche elementi architettonici salentini. "Lo stile sobrio ed elegante delle belle dimore rinascimentali del Salento - spiegano i progettisti - rese luminose dalla chiara e calda pietra leccese, contengono il gusto ed il carattere che abbiamo voluto infondere al marchio. Gli aspetti che accomunano l'architettura in oggetto ed il doc Salice Salentino, sono diversi. La pietra leccese ed il negroamaro appartengono al territorio salentino; sono materie prime generose e duttili, solari e mediterranee, entrambe contemporaneamente struttura e prodotto finito ed entrambe alla ricerca di un armonico rapporto con l'uomo: spaziale in un caso, gustativo nell'altro".


tratto da il Tempo - 7 dicembre 2003
Marella Ferrera "veste" il Moscato di Siracusa
CATANIA - La stilista Marella Ferrera ha "vestito" il Moscato di Siracusa, vino dolce che risale alla colonizzazione greca, scomparso da tempo dalle nostre tavole, che l'azienda vinicola Nino Pupillo ha riscoperto producendo il "Solacium di Marella Ferrera". La stilista ha realizzato per il vino un'etichetta particolare, un corsetto ricamato che raffigura una donna sciolta nel vino. L'etichetta di Ferrera del "Solacium della Targia" sarà presentata domani nell'atelier Marella Ferrera a Catania e alla presentazione seguirà una degustazione del vino. "La moda - ha detto la stilista catanese - viene messa a servizio di ciò di cui l'isola maggiormente necessita, per dare forza ad un mercato, come quello dell'agricoltura, che in Sicilia ha bisogno di energia".


tratto da la Sicilia - 7 dicembre 2003
Pachino, il vino secondo i giovani. Presentato il concorso "Bere il territorio"
di Salvatore Marziano
Pachino. Si è tenuta ieri la presentazione del concorso letterario promosso da Go Wine dal titolo "Bere il territorio: i giovani raccontano il loro rapporto con il vino".
Il concorso, arrivato alla sua terza edizione, propone ai giovani dai 18 ai 30 anni di redigere un testo in forma libera che racconti il loro rapporto con il vino, facendo riferimento alla cultura, alla società ed all'ambiente che caratterizza l'universo dell' enologico.
L'idea di Go Wine, presentata da Massimo Corrado agli studenti dell'ultimo anno degli istituti superiori, nasce dal cambiamento che l'immagine del vino ha subito negli ultimi dieci anni, non solo nel nostro territorio, ma in tutto il resto d'Italia. Il consumatore principale è infatti diventato il giovane, che è anche un consumatore attento e che mira più alla qualità che alla quantità. L'associazione prende spunto dalla ricerca e dalla valorizzazione delle tradizioni culturali e sociali che accompagnano un calice di vino, e dal desiderio della scoperta di queste radici e di queste tradizioni che scatena anche la voglia di viaggiare con un conseguente sviluppo del turismo gastronomico e culturale.
I giovani vengono invitati dunque a raccontarsi ed a raccontare mediante l'esercizio dello scrivere che è uno dei modi migliori per riflettere e dichiararsi. Il titolo del concorso, "Bere il Territorio", mira a rafforzare il legame tra qualità di consumi ed i luoghi di coltivazione dei vitigni. Il vino infatti viene inteso non soltanto come bevanda ma come momento di crescita e rivalutazione di un patrimonio che sarebbe folle sottovalutare o peggio dimenticare.
Il concorso è sostenuto dal progetto culturale VeronaFiere, attraverso il 38° Vinitaly, dalla Fondazione Cassa di risparmio di Cuneo, dalla Fimer e da un comitato di 31 aziende enologiche.
Gli elaborati, che dovranno essere presentati entro il 31 gennaio, verranno valutati da una giuria composta da personalità di spicco del mondo della cultura e del giornalismo italiano, ed è prevista la selezione di due migliori testi i cui autori riceveranno un premio in denaro di 1000 euro. Inoltre un premio speciale, consistente in una cantina di 100 bottiglie di vino di qualità rappresentative delle diverse aree della penisola, sarà assegnato dalla giuria al testo che meglio valorizzerà il tema della viticoltura di montagna ed in condizioni orografiche difficili. Le scorse edizioni hanno visto la netta affermazione di donne, a conferma anche di un consumo di vino sempre più rivolto al femminile.


tratto da la Repubblica/Affari & Finanza - 1 dicembre 2003
Il Bioterrorism Act impone in tempi brevi una specie di passaporto per le merci importate
Vini e paste italiane a rischio di blocco in Usa
di ANGELO CIMAROSTI
Prosciutti e mortadelle, torroni e forme di parmigiano. O con il "passaporto" o tutti al bando, fermi in dogana a deperire, respinti alla frontiera come dei clandestini qualsiasi. Legioni di insaccati e di latticini "made in Italy" che rischiano di essere espulsi dal ricco mercato degli Stati Uniti se non si metteranno in regola, entro il prossimo 12 dicembre.
Gli Usa da questa data bloccheranno infatti i prodotti alimentari d'importazione non registrati secondo le normative del "Bioterrorism Act". Si tratta di una serie di disposizioni contro una potenziale minaccia di attacco terroristico al territorio federale con derrate alimentari contaminate da sostanze tossiconocive. La Fda (Food and Drug Administration) ha emanato protocolli precisi per la "tracciabilità" di qualsiasi prodotto alimentare commercializzato Oltreoceano. Per i produttori, gli operatori commerciali e i distributori sia americani che stranieri. L'ultima fase di questa sorta di certificazione avverrà solo da dicembre in poi. Ma chi non sarà registrato allo scadere dell'ultimatum è destinato ad essere fermato. La procedura da attuare è esclusivamente con mezzi informatici, ma è estremamente complicata. Per un sano principio di protezionismo che negli Stati Uniti non manca mai la registrazione online è una specie di labirinto. Tanto che le piccole e medie aziende del nostro paese, dai produttori di vino Doc a quelli di panettoni artigianali non riescono a compilare le schermate, ammesso che siano a conoscenza della norma. Non solo, anche le grandi industrie di trasformazione alimentare, a cominciare dai produttori di pasta, sono spesso costretti ad alzare bandiera bianca.
Un disastro. "E non è neppure il caso di sperare che gli americani concedano una proroga "all'italiana" racconta Giuseppe Patat, responsabile della società di consulenza Total Quality Food di Verona La lista dei prodotti italiani che rientrano nella categoria è lunghissima. Praticamente si va dalla A di aceto alla Z di zuppa. Le categorie merceologiche a rischio di blocco sono ventisei. Vini e bevande alcoliche, prodotti da forno, caramelle, coloranti, condimenti, prodotti ittici, carni di ogni genere, preparazioni gastronomiche, sughi e salse. Persino l'acqua minerale e l'olio extra vergine d'oliva, grani e farine. Insomma, pizza e spaghetti, trennette al pesto, cantucci e vinsanto rischiano il rinvio al mittente. "Ci stanno chiamando clienti da tutta Italia racconta Patat Anche perché si profila un altro ostacolo: il fatto che la Fda oltre al terrorismo teme anche l'obesità". Le etichette dei prodotti alimentari infatti sono un'altra frontiera, con le informazioni nutrizionali obbligatorie che devono contenere, molto diverse da quelle europee. L'altro labirinto da percorrere vede le aziende italiane impegnate in complicate traduzioni legali, nel conteggio dei valori proteici per porzione, caratteristica degli Stati Uniti. Ogni sia pur minimo errore verrà tradotto in embarghi e sanzioni a danno dei prodotti Dop nostrani e a favore dei vari e improbabili "parmesan cheese" e "mozzarella del Montana" di cui sono ormai pieni gli scaffali dei supermercati americani. Le cifre della posta in gioco sono alte. Secondo gli ultimi dati dell'Ice nel periodo gennaioagosto 2003 abbiamo esportato in Usa 1.16 miliardi di euro in vini, 477 milioni in olio e grassi, 213 in latticini e 115 milioni in pasta.


tratto da Corriere della Sera - 1 dicembre 2003
Gli esperti: i produttori assorbiranno i maggiori costi per tenere quote di mercato
Il vino "si beve" l'inflazione Brindisi a prezzi bloccati
Aumenti solo per le etichette più pregiate fino al 7 per centodi Enzo Mastrorilli
MILANO - Stappare o non stappare? Se lo chiedono quanti amano pasteggiare con il vino lombardo. Insomma quanto costerà una bottiglia nel 2004? Rispondiamo subito: Bacco è sceso in campo contro l'inflazione e l'anno prossimo i prezzi dei vini "normali" non saliranno. Certo, chi vorrà trattarsi a "grandi firme" non deve avere timori di metter mano al portafoglio. Il motivo di questa previsione di stasi dei listini è semplice: negli anni scorsi i produttori hanno aumentato i prezzi scaricandovi costi, guadagni e anche bisogno di utile. Troppo. Quest'anno le cantine hanno deciso di farsi carico dei maggiori costi, ossia di guadagnare un po' di meno pur di mantenere le quote di mercato, un bene da non perdere. E non solo in Lombardia. Su questa linea sono anche i "re delle uve" di Toscana, Veneto e Piemonte. Spiega Giuseppe Meregalli, monzese, distributore di vini italiani in tutto il mondo: "In generale il listino è stabile e anzi ci sarà anche qualche diminuzione. Per limitarmi ai "miei" lombardi, il Franciacorta Berlucchi è a prezzo fermo da due anni; nessun ritocco anche per la produzione Triacca della Valtellina. Il novello a 5,34 euro? Rischia di perdere mercato". Quest'anno, causa siccità, in Lombardia la vendemmia è cominciata in anticipo: di 15 giorni nell'Oltrepò, di 25 in Franciacorta (per entrambe inizio l'11 agosto), di 20 in Valtellina dove i primi grappoli di Nebbiolo sono stati raccolti il 20 settembre.
Con quali risultati? Risponde Carlo Alberto Panont, direttore dell'Ascovino lombarda: "La qualità è sicuramente elevata, ma bassa è la quantità. Si può stimare che se un ettaro di vigneto produceva 100 quintali d'uva con il risultato di 78 ettolitri di vino, quest'anno ne ha prodotti 55 ettolitri. In compenso la vendemmia è stata "pulitissima": costi di gestione relativamente bassi e uva stupenda, perfetta. La siccità ha azzerato il vigore vegetativo e quindi le vigne non hanno quasi avuto bisogno di essere pulite. Unico costo più alto è stato quello della raccolta anticipata: in molti casi non si poteva, per il gran caldo, lavorare più di 4-5 ore al giorno. In estrema sintesi, l'aumento possibile del vino è del 20 per cento. Ma, in generale, il prezzo della bottiglia non dovrebbe salire perché al produttore converrà, vista la situazione economica congiunturale interna e l'attuale euro forte rispetto al dollaro, farsi carico dei maggiori costi, anche alla luce degli aumenti di prezzo non proprio giustificati degli anni precedenti". Precisa Giuseppe Martelli, direttore dell'Associazione enologi italiani: "In Lombardia la vendemmia 2003 è stata come qualità davvero buona, ma anche una delle peggiori degli ultimi 50 anni: con una diminuzione del 10 per cento rispetto al 2002. Questo fa segnare aumenti, all'ingrosso, a seconda dei tipi d'uva, dal 10 per cento (Barbera e Bonarda) al 20 (Pinot e Chardonnet). Ma i produttori sono nella situazione di dover assorbire una parte dei costi, anche perché negli anni scorsi i prezzi sono saliti "troppo".
L'aumento della bottiglia, se ci sarà, non dovrebbe superare il 7 per cento e solo per alcuni vini".


tratto da Corriere della Sera - 1 dicembre 2003
LA NOVITÀ
E' nata "Enoteca Italia", promuove il made in Italy
MILANO - Stato e Regioni nella loro ultima Conferenza hanno dato vita a "Enoteca Italia", una nuova struttura con il il compito di promuovere i vini italiani in tutto il mondo. Gli strumenti a disposizione di Enoteca Italia sono le promozioni e le iniziative. Inoltre, sia in Italia sia all'estero, i vini potranno contare sull'appoggio delle Enoteche pubbliche, già punto di riferimento per molti "clienti" stranieri. Il progetto è finanziato con venti milioni di euro forniti in parti uguali da Stato e Regioni.


tratto da Corriere della Sera - 1 dicembre 2003
Vendemmie a confronto
Vendemmia 2003 in Italia (previsti 44,9 milioni di ettolitri) rispetto al 2002 (44,6 milioni)

LOMBARDIA Perdita del 10%
PIEMONTE Aumento del 5%
TRENTINO Aumento del 5%
VENETO Aumento del 10%
FRIULI Aumento del 10%
EMILIA ROMAGNA Perdita del 5%
TOSCANA Perdita del 15%
MARCHE Perdita del 15%
LAZIO Perdita del 5%
ABRUZZO Perdita del 10%
CAMPANIA Perdita del 10%
PUGLIA Aumento del 5%
SICILIA Aumento del 5%
SARDEGNA Aumento del 10%
VALLE D'AOSTA, LIGURIA, UMBRIA, MOLISE, BASILICATA, CALABRIA Aumento del 10%



tratto da Corriere delle Alpi - 1 dicembre 2003
"Vini trentini super ma Gambero Rosso li snobba"
L'accusa di Renzo Bertol alla "bibbia" dell'enologia: "Selezioni inattendibili"
TRENTO. In copertina (e che copertina!) c'è Mauro Lunelli. Con lui altri tre "giganti": Antinori, Incisa della Rocchetta e Jermann. Il titolo è: "Il vino italiano". E la rivista è nientepopodimeno che Gambero Rosso. Come si possono aver dubbi? È la consacrazione, il vino trentino è al top in Italia. "E invece no. Non è così. Il Gambero Rosso non ha dato al Trentino ciò che si merita. Ed è incomprensibile, perché abbiamo dei vini strepitosi" dice Renzo Bertol. Renzo Bertol è il titolare del ristorante Orso Grigio di Ronzone, uno dei più accreditati in provincia. Ma è anche un fine intenditore di vini. "Sono un appassionato di enologia. Sono cresciuto alla scuola di Peter Di Poli, colui che - secondo Gianni Mura - "ha il palato più importante e libero in Italia"". Già a sedici anni Bertol ha cominciato ad assaggiare vini assieme a Di Poli: giù nelle cantine, quando il vino è ancora torbido, durante la prima fermentazione. "Ora ho 29 anni, ma già sono entrato nelle migliori cento cantine del mondo". È consulente di grossisti vinicoli per wine bar ed enoteche di Brescia, e ha iniziato un rapporto di collaborazione con un distributore di Miami. E ha pure deciso di alzare la voce per difendere il Trentino che, dalla guida Gambero Rosso, ha ottenuto un premio modesto, anzi, quasi un affronto: solo tre vini nell'olimpo, contro i 18 dell'Alto Adige.
"Non è il confronto con l'Alto Adige che conta. Guardi, il Gambero Rosso è, con quella dell'Espresso, la Guida di riferimento, quella che in Italia ha reso le cantine giudicabili, le ha spronate al miglioramento e ha fatto cultura".
Alto Adige premiato, Trentino bastonato.
La cosa incomprensibile è la seconda. Il Trentino non è stato considerato. Forse dieci anni fa il giudizio poteva anche starci - io stesso dieci anni fa preferivo vendere il vino altoatesino - ma ora questo giudizio è ingiusto. Proprio il Gambero ha spinto i cantinieri trentini a migliorarsi: e hanno fatto passi da gigante. E poiché credo che il giudizio enologico sia pari alla matematica, e cioé che non sia un'opinione, non mi spiego la batosta.
Faccia il nome di alcuni vini trentini che valgano i tre bicchieri.
Faccio degli esempi credo incontestabili: 1) Maso Furli di Pressano: fa un Sauvignon che, per rapporto qualità-prezzo, è in assoluto tra i migliori d'Italia. 2) Fanti di Lavis: produce un cuveè perfetto. 3) Rosi: fa degli appassimenti capolavoro. E fa anche un lavoro rischioso: per ottenere quei risultati - avere più concentrazione, più intensità, più sapore - deve produrre quantità inferiori per ettaro. Ne ho citati solo alcuni.
E il Gambero non li cita.
No. Sono tre vini che non ha neppure portato in finale a Roma. Su 44 aziende valutate i vini trentini che sono giunti in finale sono stati 23. E tre soli sono stati premiati. In Friuli 146 aziende e 146 vini a Roma, in Alto Adige 60 aziende e 91 vini in finale. C'è qualcosa che non mi torna.
Qual è il dubbio Bertol? Che il Trentino paghi una nomea antica?
Non lo so. Mi domando perché chi fa le selezioni in Trentino consideri così pochi vini e soprattutto non ne segnali alcuni che - vi garantisco - sono fra i migliori in Regione e, probabilmente, fra i migliori in Italia. E mi chiedo: queste selezioni sono state fatte o no? Guardi che a giugno c'è stata la più importante degustazione di Traminer al mondo. Si è svolta in Alto Adige. Pirmo un vino di termeno, secondo un Cesconi di Pressano. Settimo Maso Furli. Due vini cioè sono stati ritenuti, da enologi di fama, tra i migliri Traminer di tutto il mondo e lì, in Alto Adige, non c'era certo "mano" trentina a condurre le degustazioni. Non solo: erano degustazioni alla cieca, calici senza alcuna etichetta. Ecco i vini trentini parlano una bella lingua e il Gambero non se ne accorge. Mi sembra impossibile.
Ma il Trentino non è stato dimenticato. C'è il Ferrari, il Foradori...
Sì, come no. Sono vini che non si possono dimenticare, non ci si può sbagliare. Il problema è che ci sono solo loro. ncredibile. Anzi, scandaloso.


tratto da Corriere delle Alpi - 1 dicembre 2003
Vignaioli trentini uniti da una targa
Conferita ai soci per festeggiare 17 anni di attività
TRENTO. Rappresentano una goccia nel mare di vino prodotto in Trentino e in Italia. Sono i 74 soci dell'Associazione vignaioli del Trentino, da oggi riuniti simbolicamente sotto un'unica targa, emblema dell'impegno che da diciassette anni portano avanti per valorizzare il loro vino. La consegna ufficiale della targa è avvenuta ieri sera nella sede della Camera di commercio alla presenza del presidente Roberto Zeni e dell'assessore provinciale all'agricoltura Tiziano Mellarini.
Una targa in ottone raffigurante un grappolo d'uva sostenuto da due contadini. La prima è andata al fondatore dell'associazione, Luigi Pisoni, che il 23 settembre 1987 decise di scommettere sul progetto insieme ad altri nove contadini. Da allora i Vignaioli hanno fatto molta strada e oggi realizzano il 6% del vino prodotto nel territorio provinciale. "Poco ma buono", ha ribadito il presidente Zeni, che ha anche ricordato ai soci di non lasciare la targa nel cassetto ma di apporla all'ingresso delle loro cantine. Segno tangibile di una rete ancora virtuale ma che spera presto di avere incentivi e sostegni per diventare realtà. Una promessa in questa direzione è venuta dall'assessore Mellarini: "Il vino è cultura, armonia e testimonia l'attenzione all'ambiente e alla valorizzazione di un territorio. Oggi più che mai serve mettersi in rete. Il nostro obiettivo deve essere quello di creare un percorso unico tra agricoltura, turismo e commercio, senza più logiche da compartimenti stagni".
Oggi l'associazione conta quasi 90 iscritti e tra questi molti sono figli o nipoti dei soci fondatori. Uno sforzo che finora è stato premiato e che, nonostante l'esigua quantità, produce ancora un vino di qualità che mantiene l'indicazione geografica territoriale (Igt), anche per differenziarsi dal vino doc prodotto dalla maggioranza delle cantine.


tratto da Alto Adige - 1 dicembre 2003
Termeno. L'Almanacco del Berebene ha premiato con il prestigioso Oscar il Sauvignon della Cantina Produttori
"I prezzi alti non significano alta qualità"
Il presidente Andergassen: puntiamo da sempre a soddisfare il cliente
TERMENO. Se Montepulciano di ogni vino è il re, Termeno non gli è da meno e lo dimostrano gli attestati ed i riconoscimenti che specie in questi ultimi anni ha ottenuto in campo nazionale ed europeo soprattutto per merito della Cantina Produttori. Nelle classifiche delle prestigiose riviste specializzate d'Italia i prodotti della cantina di Termeno sono più volte balzati al vertice.
Basti ricordare i "Tre bicchieri" dello scorso anno con il Gewürztraminer Nussbaumer 2002 e lo "Stoan 2002" ed anche il Terminum dell'anno precedente e lo stesso Nussbaumer ormai pluridecorato. Per non dimenticare che il cantiniere della Produttori Termeno Willy Stürz è stato nominato enologo dell'anno 2003 in campo nazionale. Ed è di pochi giorni fa l'Oscar ottenuto dal Sauvignon assegnato a Roma in occasione della quattordicesima edizione dell'Almanacco del Berebene sempre del Gambero Rosso, che ha per obiettivo gustare e premiare i vini italiani che accomunino in maniera ideale la qualità e bontà al giusto prezzo. Criterio questo che è stato apprezzato dagli stessi produttori che hanno partecipato in massa a questa rassegna. Basti dire che la giuria degli esperti ha selezionato ben 3.700 vini tra bianchi e rossi con prezzo entro gli 8 euro. La notizia di questo ulteriore prestigioso riconoscimento è stata accolta con viva soddisfazione dalla Cantina produttori di Termeno. Gongola il presidente Reinhold Andergassen: "Da tempo la nostra politica è rivolta alla qualità-prezzo, una politica che segue l'andamento di mercato laddove il cliente ha imparato a gustare il vino, abituandosi ad una scelta da intenditore ma che fa attenzione anche al prezzo. Etichette con prezzi alti non significano sempre qualità visto che spesso tengono lontano l'acquirente".
Ma non è che questo comporti una produzione più di massa che di qualità? "Assolutamente no e lo stanno a dimostrare i quantitativi registrati in questi anni. Vogliamo offrire non pochi vini d'elitè ma ottimo vino che vada bene per tutte le occasioni e ad ogni pasto. Questo Sauvignon - conclude il presidente - è eccezionale soprattutto nel gusto aromatico, delicato che si accosta molto bene a quasi tutti i cibi. Cresce sulle colline di Sella, terreno viticolo ideale e non solo per questo vino. Per ora la produzione del Sauvigon è limitata a 50 mila bottiglie ma visto il successo non è detto che tale quantitivo non venga superato nei prossimi anni".


tratto da Giornale di Brescia - 1 dicembre 2003
Dalla Regione alla Valcamonica
Contributi ai viticoltori "innovatori"
di Gian Mario Martinazzoli
VALCAMONICA I viticoltori camuni che decidono di estirpare i vitigni vecchi, improduttivi o poco compatibili con le caratteristiche ambientali e che sono pronti a impiantarne altri o a eseguire i sovrainnesti potranno ottenere un contributo dalla Regione tramite il Servizio agricoltura della Comunità montana. Le agevolazioni sono destinate a chi ha fornito a suo tempo i dati per l'inventario vinicolo e che dispone di una superficie adibita a vigneto di almeno 3 mila metri quadri, anche distribuiti su appezzamenti diversi. L'intento della Comunità montana e della Regione è rilanciare la viticoltura della Vallecamonica che a partire dagli anni '70 ha fatto un vistoso balzo all'indietro, salvo dimostrare un certo recupero nell'ultimo periodo. Insomma, sembra esserci voglia di ritornare a quanto si faceva fino agli anni '60 del secolo scorso. Il contributo messo a disposizione dalla Comunità montana è pari al 50% delle spese sostenute che non possono essere superiori a 20 mila euro per ettaro. Per informazioni e per la presentazione delle domande ci si deve rivolgere al Servizio agricoltura della Comunità montana i giorni 26, 28 novembre e 3, 5, 10, 12 dicembre dalle 9 alle 12 quando sarà presente Sergio Bonomelli, il tecnico agronomo che segue il progetto. Le domande devono essere presentate entro il 15 dicembre. È il caso di ricordare che le operazioni di estirpazione, reimpianto e sovrainnesto devono essere seguite in conformità alle disposizioni contenute nel disciplinare di produzione dell'Igt Vallecamonica, vale dire del vino a indicazione geografica tipica di cui la Vallecamonica può fregiarsi da alcuni mesi e per il quale molto ha operato l'Apav, Associazione produttori agricoli di Vallecamonica nata nel 1996 prevalentemente per venire incontro ai piccoli frutticoltori. Ultimamente, però, l'interesse principale è caduto sulla viticoltura, attività un tempo d'importanza fondamentale per alcune zone della Vallecamonica: la prova sta nel fatto che fino all'immediato secondo Dopoguerra erano circa 2.400 gli ettari di terreno coltivati a vite, mentre nel 2001 erano ridotti a 150. Un calo vistoso, legato alle ragioni più diverse che vanno dall'abbandono progressivo dell'agricoltura, ormai poco remunerativa, fino alla concorrenza di altre zone. Da qualche anno è in atto però un'evidente inversione di tendenza, confermata dal crescente interesse dei viticoltori delle Valle per tutto ciò che riguarda questo ambito. I vitigni più diffusi sono il Marzemino, il Merlot, il Barbera e il Cabernet.


tratto da Corriere delle Alpi - 1 dicembre 2003
Salutato Luciano Lunelli che lascia dopo 34 anni di attività. Rinuncia di Bebber (sostituito da Aldo Devigili) e Romeri
Cantine Mezzolombardo, un anno d'oro
Ai soci vengono liquidati 151 euro a quintale con l'aumento del 18%
MEZZOLOMBARDO. Prosit per la Cantina Rotaliana di Mezzolombardo: il fatturato totale è in crescita di oltre il 20 per cento e ai soci sono stati liquidati 151 euro a quintale, con un incremento di quasi il 18 per cento. Un brindisi dunque per festeggiare con il botto la chiusura dell'esercizio 2002 - 2003 e un brindisi, anche se un po' meno frizzante, per salutare il direttore Luciano Lunelli che dopo trentaquattro anni di attività va in pensione.
L'assemblea, "anestetizzata" dall'euforia delle liquidazioni, ha sorvolato sulla questione Cavit e sul flop del presidente Carlo Malfatti che ha tentato vanamente la scalata alla vicepresidenza.
"Ho rivendicato con forza - ha spiegato Malfatti ai soci - la rotazione della vicepresidenza all'interno della Cavit e la centralità del Consiglio d'amministrazione nelle decisioni strategiche e nella difesa del nostro Teroldego, che deve essere maggiormente tutelato nella sua identità territoriale".
Parole misurate ma che non sono state raccolte dai soci presenti e non è stato affrontata la questione della tutela del vino principe della Rotaliana. Evidentemente il compito è stato demandato al Consiglio d'amministrazione, a quel consiglio che è uscito in parte rivoluzionato dall'assemblea. Il vicepresidente Fabio Bebber e il consigliere Remo Romeri hanno deciso di non ricandidare. Apparentemente, come lo stesso Bebber conferma, si tratta di un ricambio naturale, privo di risvolti polemici.
Al suo posto come vice è stato eletto Aldo Devigili e per il consiglio c'è stata la riconferma di Marco Devigili (95 voti) assieme ai volti nuovi di Saverio Devigili (169 preferenze) e Dario Waldener con 84 voti.
Se il bilancio 2002 - 2003 si può definire uno dei migliori, forse il migliore in assoluto, il 2004 si apre con la soluzione di alcuni problemi. Il primo fra tutti la sostituzione di Lunelli che, non a torto, è stato definito il "mago del Teroldego" e lascia in eredità ai soci una struttura in perfetta salute e con un nome di prestigio. Al suo posto sarà chiamato Leonardo Pilati che attualmente ricopre il ruolo di tecnico della cantina.
"Siamo ancora nella fase delle trattative - spiega il presidente Malfatti - ma credo che entro fine anno si potrà arrivare alla decisione definitiva e all'approvazione da parte del Consiglio d'amministrazione". Ma sullo sfondo il nodo da risolvere riguarda il Teroldego e la sua produzione legata al territorio della Piana Rotaliana.
Le prospettive per la campagna vendemmiale appena conclusa sembrano essere altrettanto rosee. Se la vendemmia del 2003 sarà ricordata come la più anticipata dal dopoguerra, c'è a livello nazionale una forte contrazione del prodotto. Circa 8 milioni di ettolitri in meno rispetto alla media degli ultimi cinque anni. Questo dato, però, non tocca il Trentino dove invece si registra un forte aumento del Teroldego, del Marzemino e del Lagrein. Il tutto, unito ad una gradazione molto elevata dei mosti, fa ben sperare per un'altra annata d'oro.


tratto da Corriere della Sera - dicembre 2003
San Casciano, trent' anni di Tignanello
Antinori celebra il primo dei grandi vini toscani. Una storica degustazione con tutte le annate
di Gasperetti Marco, Arrigoni Francesco
SAN CASCIANO VAL DI PESA (Firenze). Anniversario di uno scandalo di successo. Trent' anni fa il marchese Piero Antinori stappò la prima bottiglia di Tignanello (annata 1971), vino ribelle, rosso rivoluzionario, che per la prima volta nella storia rinnegò la doc del disciplinare del Chianti Classico per trasformarsi in vino da tavola. Fu un grande successo, che aprì la strada ai Super Tuscan e proiettò la produzione Antinori nell' universo dell' enologia mondiale. Oggi Tignanello non è soltanto l' emblema di un vino, ma anche il marchio di qualità di un territorio. I 47 ettari di vigneto Antinori, nel comune di San Casciano (mezz' ora di auto da Firenze) esposti a sud-ovest su una collina a 400 metri di altezza, sono immersi nel calcaree e nel tufo e dominano la Val di Pesa, cuore del Chianti, tra le province di Firenze e di Siena e a un tiro di scoppio dai centri storici di San Casciano e Tavarnelle. E per celebrare questo successo Antinori sta preparando un grande evento, una degustazione "verticale" delle annate di Tignanello, alla quale saranno invitati esperti da tutto il mondo. Il panorama è quello della Toscana doc: terra color ocra, declivi, piccoli boschi, casali, straduzze, borghi contadini e medievali.
Il vigneto del Tignanello è uno spettacolo. Le viti procedono parallele ad altri filari di roccia friabile, infilata sul galestro, terreno argilloso e non omogeneo. "Sono pietre che si riscaldano facilmente con il sole e riflettono la luce - spiega Allegra Antinori, secondogenita di Piero, manager dell' azienda di famiglia -. Così uva e vigneti ricevono calore e luce e crescono e maturano meglio. Le abbiamo risistemante poco tempo fa, le pietre, un lavoro faticoso, eppure anch' esso pieno di fascino. Alla fine ci ha guadagnato non solo la qualità del vino: il panorama è stato impreziosito". Sopra i vigneti, alle pendici del poggio, gli Antinori hanno creato un agriturismo. Si chiama Fonte de' Medici (frazione Montefiridolfi), trenta appartamenti ricavati da vecchi casali e finemente arredati con mobili d' epoca, caminetti, arcate riportate a mattoni rossi. Nel giardino ci sono antichi carri contadini, utensili trasformati in monumenti e un frutteto con ciliegi, susini, peschi, albicocchi, fichi, castagni, mandorli, peri e meli. Poco più avanti anche un piccolo frantoio dove si produce olio extravergine fruttato. I dintorni sono uno scrigno di tesori. A Passignano c' è un' abbazia unica, costruita dai monaci vallombrosiani. A Panzano un castello ancora intatto. E nel "capoluogo" San Casciano ci si può immergere nell' antichità e visitare la Tomba dell' Arciere, tumulo etrusco di rara bellezza scoperto nel 1978. Se poi ci si sposta verso Siena, ecco Colle Val d' Elsa, magico borgo del cristallo (è una delle capitali europee) e terra natale di Arnolfo di Cambio, lo scultore e architetto trecentesco che progettò Palazzo vecchio a Firenze. Seguendo la stessa direttrice, una decina di chilometri dopo, ecco Monteriggioni, con le mura merlate che il tempo non ha deturpato. Poco distante c' è Montagnola, una zona da dove è ripartita l' allevamento della cinta senese, il maiale dal pelo striato e dal gusto delicatissimo. Se si supera Siena, ci si può immergere nella magia delle Crete, dove il tartufo ha ridisegnato il gusto della buona tavola. Già, la tavola. A vini generosi, si abbinano salumi di classe. Come il lardo di cinta senese, per esempio, prodotto dai piccoli maiali dal pelo striato.
E ancora i formaggi, pecorino e tartufato, la cacciagione (si può trovare anche il fagiano di una volta) dominata dal cinghiale in umido e naturalmente le zuppe, con fagioli, ceci e farro. Marco Gasperetti www.corriere.it In rete l' archivio dell' Italia del gusto HOTEL di charme Un centro d' arte in fattoria Agriturismo Fonte de' Medici (Montefiridolfi, loc. Santa Maria a Macerata, tel. 055.8244700, camere da 150 euro per due persone). Può competere in bellezza e servizi con tanti alberghi a 5 stelle. Dispone di varie casette deliziose. Splendidi gli appartamenti del podere Tignanello con vista spettacolare. Piccola beauty farm e piacevole ristorante. Fattoria La Loggia (Montefiridolfi, via Collina 40, tel. 055.8244288, doppia da 90 euro). Affascinante borgo medioevale ristrutturato. Camere e appartamenti arredati con mobili di pregio e opere d' arte. La fattoria ha un centro d' arte e produce Chianti Classico e olio extravergine. DA NON perdere La ricetta della rivoluzione Trent' anni fa, quando uscì il Tignanello fu l' inizio di una rivoluzione culturale enologica. Fino all' anno prima si chiamava Chianti classico riserva vigneto Tignanello, e per togliersi da quel marchio, allora svilito da produzioni eccessive, Antinori fece la clamorosa scelta. Nato con l' etichetta di Silvio Coppola, l' uvaggio ha subito varie modifiche, prima vennero tolte le uve trebbiano e malvasia, dal 1975 il sangiovese venne unito al cabernet franc e sauvignon. Era nata la ricetta imitata da molti produttori dei Supertuscans. Il Tignanello (Antinori, tel. 055.824461) resta una pietra miliare, elegante, strutturato, mai intaccato dalle mode, tanto meno quella dei prezzi folli.